Archive for Giugno, 2022

Il mondo senza globalizzazione condannato alla decrescita

domenica, Giugno 5th, 2022

MASSIMO GIANNINI

Bei tempi, quando Luigi Einaudi alla vigilia degli accordi di Bretton Woods poteva scrivere che «libertà di scambi economici vuol dire pace». L’abbiamo creduto per lunghi anni, e animati da giusta e solida fede mercatista abbiamo costruito la Ceca e il Mec, i Trattati di Maastricht e il Wto. «Dove passano le merci non passano gli eserciti», era il primo comandamento della modernità occidentale, sovranazionale, multilaterale. Un principio che ci ha guidato a lungo e con successo per i tornanti accidentati della Storia, fino a farci illudere che a un certo punto la Storia stessa fosse finita.

Come negli Anni Trenta toccò a un frustrato caporale boemo rompere il fragile incantesimo della pace di Versailles, stavolta tocca a un oscuro ex funzionario del Kgb sfasciare l’umile presepe del vecchio Ordine Mondiale. La guerra in Ucraina, oltre che di umani, fa strage di illusioni. La più importante, com’è ovvio, riguarda la nostra sicurezza fisica: nel pianeta che si riarma siamo tutti in pericolo. Non sappiamo se e come sarà possibile rideclinare il principio di deterrenza nucleare, dentro un mondo nuovamente diviso da quella che Lucio Caracciolo sull’ultimo numero di Limes definisce la nuova «Cortina d’acciaio». Sappiamo però che nel frattempo tornano pressanti l’esigenza di una «difesa nazionale» (di cui l’indicatore più lampante, oltre al riarmo tedesco da 108 miliardi, è la rincorsa verso l’ombrello della Nato di Stati da sempre neutrali come Svezia e Finlandia) e l’urgenza di una «difesa individuale» (di cui il riflesso più inquietante, nonostante la mattanza di Uvalde, è il cuore di tenebra del «forgotten man» americano, che ogni mese corre al supermarket per comprare più di due milioni di pistole, fucili a pompa e mitragliette semi-automatiche).

Non meno importante, tra le illusioni perdute, c’è la nostra sicurezza economica. Dal gas al grano, dal petrolio al palladio, l’impazzimento del listino-prezzi delle materie prime innescato dall’invasione russa sta terremotando ovunque scambi e catene di fornitura. La seconda vittima della guerra, dopo la civiltà umana, è la globalizzazione. L’ha spiegato come meglio non si poteva il governatore della Banca d’Italia, prima all’assemblea annuale del 31 maggio, poi al Teatro Carignano di Torino per il Festival dell’Economia, dove ha compiuto una meritoria «operazione-verità» sui seri guai che ci aspettano e che i governi tendono inevitabilmente a nascondere, a troncare e a sopire. Ignazio Visco vede all’orizzonte effetti «potenzialmente gravissimi» da questa guerra, che tra chiusura di commerci e di mercati, crisi energetiche e carestie alimentari, può cambiare per sempre il nostro modo di vivere, di consumare e di produrre. E soprattutto può affondare ancora una volta le sue lame nella carne viva dei più poveri e dei più deboli.

Se osserviamo il caos bellico e i suoi effetti sul pianeta, il pericolo più serio del futuro dopo-guerra è quello di una «de-globalizzazione disordinata». Con tutti i suoi limiti e le sue iniquità, negli ultimi trent’anni il processo di apertura dei mercati, superamento dei confini e liberalizzazione degli scambi su scala globale ha consentito comunque a miliardi di persone di uscire dalla fame e dalla miseria. Spiacerà a no-global irriducibili e sovranisti inconsolabili, ma è un dato di fatto: dopo la fine della Guerra Fredda, la globalizzazione ha prodotto davvero «un’espansione senza precedenti»: il Pil mondiale è cresciuto di due volte e mezzo rispetto al 1990, il Prodotto pro-capite è aumentato del 75 per cento, il commercio mondiale è quadruplicato, il numero di poveri assoluti nell’Africa sub-sahariana si è ridotto da 2 miliardi a 700 milioni. Certo, società e mercati aperti non hanno eliminato le disuguaglianze e neanche «abolito la povertà», come qualcuno dalle nostre parti sperava di fare per decreto. E ha ragione il presidente della Corte Costituzionale Giuliano Amato, nel suo «Bentornato Stato, ma..» appena uscito dal Mulino, a ricordare che la globalizzazione neo-liberista e la rivoluzione degli spiriti animali effettuata in suo nome, «diversamente da quanto asserito dai suoi cultori, non è andata a beneficio di tutti». Anche Visco lo conferma: nonostante la significativa riduzione delle disparità dei redditi pro-capite tra Paesi, le disuguaglianze nella distribuzione della ricchezza sono fortemente cresciute, soprattutto all’interno delle economie avanzate. E paradossalmente, proprio nell’Occidente che l’ha «inventata», hanno dato origine a una sfiducia nella globalizzazione, a un rigetto del progresso scientifico e tecnologico. E in fondo, aggiungo io, a un maggiore senso di esclusione sociale, e dunque a un’ulteriore forma di disincanto democratico.

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Giubileo, l’inaspettata sorpresa per la Regina Elisabetta e le lacrime del Principe Carlo che la chiama “mammina”

domenica, Giugno 5th, 2022

Una schiera di star, tra cui i leggendari Queen, ha trascinato la folla di Londra nel mega concerto che ha celebrato gli storici 70 anni di regno della Regina Elisabetta II (assente perché stanca) Alicia Keys, Andrea Bocelli, Duran Duran, sono solo alcuni dei grandi nomi che hanno sfilato sul palco, davanti a Buckingham Palace, per lo spettacolo che ha chiuso la terza e penultima giornata dei festeggiamenti del Giubileo di platino. Il tutto davanti a migliaia di persone e con una sorpresa inaspettata: un filmato inedito della regina, e anch’esso eccezionale, che ha esaltato il pubblico e tutti gli spettatori collegati da casa grazie alla Bbc.

Giubileo di platino: la regina Elisabetta sul balcone e la folla grida “urrà”

Ad aprire la serata, i Queen, che hanno interpretato brani leggendari come “We are the Champions” davanti a 22 mila spettatori che sventolavano bandiere della Union Jack, al principe Carlo e il figlio maggiore William, la moglie Kate e due dei loro figli. Decine di migliaia di appassionati, senza biglietto, hanno seguito il concerto sui maxischermi. 
Come si sapeva la regina Elisabetta II non c’era, così come Meghan e Harry anch’essi assenti, ma c’era tutta la famiglia reale dal principe Carlo a William e Kate fino al piccolo George terzo erede in successione, e pure quello della politica, con in testa Boris Johnson, stavolta accolto senza fischi.

La regina Elisabetta e il tè con l’orso Paddington: il video a sorpresa che ha aperto il concerto del Giubileo

Il Principe Carlo piange e ringrazia “mummy”
Il Principe di Galles Carlo ha reso un sentito omaggio alla sua “mamma”, la Regina, in occasione del concerto stasera per il Giubileo di Platino, che si è svolto davanti a Buckingham Palace e ha richiamato una grande folla. «Lei ride e piange con noi e, soprattutto, ci è stata vicina in questi 70 anni», ha detto Carlo, come riporta la Bbc. L’erede al trono ha aggiunto che servire i cittadini è ciò che «fa alzare mia madre al mattino» e l’ha ringraziata a nome del mondo. Anche il Principe William ha preso la parola durante l’evento, sottolineando, come riporta sempre Bbc, il fatto che la sua famiglia ha sollevato preoccupazioni per lo stato di salute del pianeta e il suo ottimismo sul fatto che le persone si uniranno per proteggerlo.

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Guerra Russia-Ucraina, Kiev sotto attacco: potenti esplosioni. Zelensky: “Dall’inizio Mosca ha sganciato 2503 missili”. È il giorno delle esercitazioni Nato

domenica, Giugno 5th, 2022

AGGIORNAMENTI DALL’UCRAINA DI MONICA PEROSINO. DIRETTA A CURA Di CHIARA BALDI

Giorno di guerra 102. Il presidente russo Vladimir Putin sfida ancora gli Usa: «Stiamo rompendo come noci le nuove armi americane». Il negoziatore di Zelensky Podolyak frena sui negoziati perché «trattare ora non ha senso» bisogna aspettare «fino a quando le truppe russe non saranno respinte il più possibile verso il confine». Mentre il ministro russo Lavrov accusa l’Occidente «che ha impedito a Kiev di proseguire i negoziati. Quest’anno – dice il ministro degli Esteri – più profitti dall’export di energia».

Ieri sono morti quattro volontari stranieri. Accuse reciproche per il rogo di un antico monastero ortodosso nell’est del Paese. Bombe sul Lugansk, 3 morti tra cui un bambino. E Mosca avverte che gli ucraini sono in ritirata da Severodonetsk perché «hanno perso il 90 per cento delle truppe». Scambio di salme dei soldati caduti, 160 per 160.

Partono oggi i 12 giorni di esercitazione della Nato nel Mar Baltico, a cui parteciperanno 16 paesi tra cui la Svezia e la Finlandia: l’Alleanza darà il via a manovre militari in acque territoriali della Lettonia fino al 17 giugno per testare la capacità di difesa collettiva nella regione e l’implementazione della politica di deterrenza.

Intanto la guerra del pane minaccia la stabilità mondiale. Il ministro degli Esteri italiano, Luigi Di Maio ha spiegato che «l’Italia lavora affinché la Russia sblocchi le 30 milioni di tonnellate di grano dai porti ucraini». Il Pontefice, rispondendo alla domanda di un bambino ucraino, ha annunciato che la settimana prossima incontrerà i rappresentanti del governo. Il segretario generale dell’Onu chiede l’accesso umanitario illimitato, l’evacuazione in sicurezza dei civili e il rispetto dei diritti umani.

Il reportage – Donbass, la riscossa degli ucraini: “Distrutta un’armata russa”

Il caso – Libano, in fuga dalla carestia

Lo speciale – Iconografia della guerra: 100 foto per 100 giorni dall’invasione russa dell’Ucraina
Come donare – Fondazione Specchio dei Tempi

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07.50 – Missili russi contro Kramatorsk. Sindaco, nessuna vittima ma danneggiate due aziende
Le forze russe hanno lanciato ieri sera un attacco missilistico contro la città di Kramatorsk, nella regione di Donetsk (est): lo ha reso noto su Facebook il sindaco, Oleksandr Honcharenko. Lo riporta Ukrinform. Secondo Honcharenko non ci sono vittime, ma «due aziende sono state gravemente danneggiate».
07.30 – intelligence, Kiev frena russi a Severodonetsk e tenta contrattacco
Le forze armate ucraine non mollano la presa a Severodonetsk, città assediata dai russi. Secondo il think tank americano Institute for War Studies gli ucraini stanno rallentando le operazioni russe per accerchiare le posizioni dei soldati di Kiev nella regione di Luhansk e assaltare Severodonetsk attraverso «contrattacchi locali prudenti ed efficaci». Un’analisi confermata pure dall’intelligence britannica che parla di “contrattacchi” ucraini mettendo in luce come in questa zona i russi stiano schierando le truppe dell’autoproclamata repubblica di Luhansk che sono tendenzialmente «equipaggiate e addestrate in maniera scarsa».

06.10 Kiev, il sindaco conferma: “Esplosioni in due distretti”

Diverse esplosioni sono state avvertite nella capitale ucraina Kiev all’alba di oggi. A riferirlo è il sindaco della città, Vitali Klitschko, su Telegram. «Diverse esplosioni si sono udite nei distretti di Darnytsky e Dniprovsky. I roghi provocati si stanno ora estinguendo», ha detto il sindaco.

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Letta: “In Italia occorre abolire gli stage gratuiti e inserire il salario minimo”

domenica, Giugno 5th, 2022

di  HuffPost

“I salari si possono aumentare solo con dei cambiamenti fondamentali sul tema fiscale”: a dirlo è il segretario nazionale del Pd, Enrico Letta, stamani a Jesi per sostenere la candidatura a sindaco di Lorenzo Fiordelmondo. “Il primo modo per aumentare i salari è concentrarsi sulla riduzione delle tasse sul lavoro”. L’Italia, aggiunge, “è un Paese che negli anni ha incentivato dal punto di vista fiscale la rendita e la finanza, invece, non ha incentivato il lavoro e quindi ci ritroviamo con il lavoro sovratassato”. Per il segretario del Pd, “occorre intervenire sul tema fiscale così da dare più incentivi al datore di lavoro ad assumere è più solidi in busta paga al lavoratore” e poi “la seconda scelta da fare è puntare al lavoro stabile e sul lavoro a tempo indeterminato”. Parlando di giovani, Letta propone “un sostegno forte alle forme di prima assunzione, basta stage e tirocini gratuiti”.

La questione dei salari, prosegue, è “la grande questione nazionale oggi e questo per due motivi: il primo perché i salari in Italia sono rimasti fermi a come erano sostanzialmente vent’anni fa ed è stato ovviamente un grande guaio di questi decenni; contestualmente l’inflazione per la prima volta dopo 30 anni a questa parte è ripartita e ha raggiunto quasi il 7%. Se mettiamo le due cose insieme l’effetto è un effetto terribile, quindi bisogna intervenire su entrambi gli aspetti”.

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Ignazio Visco: “I rincari di petrolio e gas li paghino i più ricchi”

domenica, Giugno 5th, 2022

L’aumento del costo del petrolio e del gas è “una tassa che va pagata”, e se non si possono fare altri scostamenti di bilancio perché i rischi per il debito sono troppo alti, “la può pagare sicuramente il più ricco per un periodo temporaneo”: così il governatore di Bankitalia, Ignazio Visco, in un’intervista riportata da La Stampa.
“Quando eravamo più giovani e saliva il prezzo del petrolio parlavamo della tassa dello sceicco, che andava assorbita – sottolinea Visco – il punto cruciale è che una tassa va pagata, ciò che dobbiamo discutere è chi deve pagare la tassa, la può pagare sicuramente il più ricco per un periodo temporaneo. Oppure la può pagare chi verrà dopo di noi, in quel caso si fa crescere il debito pubblico”. Ma i rischi sarebbero alti. Basta scostamenti di bilancio, evidenzia, “non lo dico io, lo dice qualcun altro”.

Ricorda che sulla tassazione dei redditi “ci sono stati dei progressi nello smussare irregolarità molto forti, però il famoso messaggio di Tremonti ‘dalle persone alle cose’ non è avvenuto, prima o poi bisognerà fare i conti con questo”.

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La domanda non è più se Salvini e Conte tireranno giù il governo, ma se la Lega e M5s tireranno giù loro

domenica, Giugno 5th, 2022

di  Mattia Feltri

È incantevole sentire Giancarlo Giorgetti parlare come se risiedesse in un altrove, fuori dalla Lega e fuori dal governo. Come ieri a Trento, dove investendo un eloquio spassionato ha tracciato la passione di Cristo da cui siamo attesi, in un autunno di inflazione, non soltanto dei prezzi ma dei toni, delle rivendicazioni identitarie e cioè propagandistiche, in una tradizionale subordinazione dell’andamento dei conti all’andamento dei sondaggi.

Per capire che cosa faranno Lega e Cinque stelle il 21 giugno, bisogna chiedere a Matteo Salvini e a Giuseppe Conte, ha detto ieri Giorgetti, sempre dal suo altrove – non vorrei essere frainteso: nel tripudio di finte isterie e isteriche finzioni, la sua continenza è in odore di santità. Il 21 giugno Mario Draghi andrà al Senato per le comunicazioni precedenti al Consiglio europeo del 23, il 22 sarà alla Camera, e si dibatterà dell’approccio italiano alla guerra in Ucraina, in particolare del sostegno armato, e si direbbe dunque il momento e il luogo giusto per i due traballanti leader, abbarbicati su un pacifismo à la page, di portare a casa qualcosa più di una chiacchiera da seconda serata. “Il Parlamento è sovrano e quindi se non la pensa come il premier bisognerà trarre le conseguenze”, dice Giorgetti. Un passaggio rischioso, aggiunge e, aggiungo io, giusto per portare a terra il ragionamento, un Parlamento che non la pensasse come il premier sulla più grande crisi mondiale degli ultimi cinquant’anni, sarebbe un Parlamento che lo sfiducia, e provoca o perlomeno introduce la crisi di governo.

Per un punto in più nei sondaggi, lo farebbero a occhi chiusi, c’è da giurarci. Per loro, la vulnerabilità del paese è nulla davanti alla vulnerabilità di due partiti che quattro anni fa governavano il Paese, dopo aver dominato uno le elezioni politiche e in procinto l’altro di dominare le Europee, e oggi relegati alla periferia dell’impero con percentuali di gradimento più che dimezzate. Si tratta di aspettare un paio di settimane e si vedrà. Soltanto una manifesta spericolatezza mi induce a pronosticare che non succederà nulla, ma sono appunto spericolato perché continuiamo ad applicare a grillini e leghisti (perlomeno ai leghisti salviniani) le categorie della logica, mentre loro si muovono nell’illogica. Ma se gliene è rimasta un brandello, di logica, e dalle dichiarazioni di queste non va escluso, si domanderanno che fare un momento dopo. Non soltanto con chi allearsi e con quali prospettive, poiché inseguono il Pd e F.lli d’Italia, e senza recuperare terreno, ma anche quali responsabilità di governo assumersi.

Ieri qui Giuseppe Colombo ha spiegato bene le prospettive economiche dell’autunno, l’aumento dei tassi di interesse, lo spread, l’inflazione, il controllo dei conti pubblici, le scelte dolorose da prendere con disponibilità molto ridotte, e senza aggiungere la responsabilità di restare allineati oppure no al mondo occidentale – alla Nato – nella contrapposizione alla guerra di Vladimir Putin. Davvero se la sentiranno di sloggiare Draghi, affrontare i conseguenti allarmi dei mercati (che saranno brutti e cattivi ma sono creditori nei nostri confronti di 2mila e 700 miliardi di euro, il debito pubblico), e subito incaricarsi della legge di bilancio? Forse nemmeno i tratti di follia e autolesionismo manifestati in questi anni bastano per pronosticarli impegnati in una tale impresa.

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Salario minimo, l’apertura di Visco: «Ben studiato è una buona cosa»

domenica, Giugno 5th, 2022

di Paola Pica, inviata a Torino

La strada del Piano nazionale di ripresa è tracciata e dal raggiungimento di quegli obiettivi non ci si può in alcun modo distrarre, specie adesso che il quadro economico si fa sempre più incerto. È per la politica il messaggio di Ignazio Visco intervenuto al Festival internazionale dell’economia concluso ieri a Torino dopo cinque giorni e 160 incontri. Dice il Governatore della Banca d’Italia al Teatro Carignano: «A tutta la classe politica si può dire che gli obiettivi sono segnati e quegli obiettivi devono restare. I progetti vanno nella direzione che tutti auspicano, la transizione ecologica, la transizione digitale, il miglioramento della scuola». Prima di lui, dallo stesso palco, anche il commissario Ue all’Economia Paolo Gentiloni, rispondendo a una domanda del direttore scientifico del Festival Tito Boeri, aveva ricordato alla politica in fibrillazione sugli scenari del dopo-Draghi le regole europee che impediscono proroghe del Piano («a parte il fatto che il governo italiano non ci pensa neanche, si tratterebbe di una messaggio autolesionista», aveva tagliato corto Gentiloni). Per Visco, « i modi a livello politico, si possono discutere. Ma pensare che ci sia un giudice a Bruxelles che decide perché gli piace o meno quello che stai facendo è un grave errore — osserva —. C’è una valutazione di come utilizziamo le risorse e stavolta bisogna utilizzarle e bene. Il rischio è quello di non spendere i soldi. L’Italia è sotto osservazione? Certamente sotto la mia osservazione». Il Pnrr rappresenta dunque un’ancora importante quando «la situazione è molto incerta». il festival dell’economia

Salario minimo «non eccessivo»

Anche nelle Considerazioni finali svolte solo pochi giorni fa, il 31 maggio «i due termini che più ho utilizzato sono stati Ucraina e incertezza. È sempre difficile fare previsioni e e il quadro è sicuramente più sfavorevole di quello che avevamo anticipato. Con la guerra è venuta meno, non solo per gli effetti diretti sul piano economico, ma anche per le valutazioni politiche e sociali, la fiducia da parte delle famiglie» spiega il banchiere centrale. Che riconosce: «Sulla guerra abbiamo sbagliato, non siamo grandi esperti di geopolitica. Però in tanti non hanno capito. Le valutazioni, allora, si basavano sulla forza del Pnrr». E se di tassi e politica monetaria il banchiere entrato nel «quiet period» (il silenzio che precede il consiglio Bce) non può parlare, sul lavoro qualcosa si può dire. Per esempio, che «il salario minimo se ben studiato è una buona cosa».

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Sviatihirsk Lavra, bombe sul monastero della Santa Dormizione cinquecentesco. L’ira di Zelensky

domenica, Giugno 5th, 2022

di Lorenzo Cremonesi

L’attacco sulla struttura lignea di Tutti i Santi a Sviatohirsk Lavra, uno dei più noti monasteri ortodossi della regione di Donetsk. Il presidente: «60 bambini all’interno». Mosca: «Sono stati gli ucraini»

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Dal nostro inviato
UMAN (Ucraina occidentale) — Ancora il patrimonio culturale, religioso e architettonico dell’Ucraina torna vittima della guerra scatenata dall’invasione russa cominciata ormai 101 giorni fa. Questa volta ad essere in fiamme è la magnifica e antica struttura lignea di Tutti i Santi, nel complesso del Sviatohirsk Lavra, uno dei più noti monasteri ortodossi della regione di Donetsk, proprio nel cuore del Donbass conteso.

Le accuse di Zelensky

Colpito da alcune bombe in mattinata, l’intero corpo centrale è in fiamme: bruciano i campanili, le torri e la parte alta dalla basilica. Di chi è la colpa? Mosca e Kiev da parte loro negano ogni responsabilità e si accusano a vicenda. «Un altro crimine commesso dai barbari russi, i quali non hanno alcun rispetto per il sacro», scrive su Facebook Yuri Kochevenko, un ufficiale dell’esercito ucraino sul posto, allegando diverse immagini del monastero che arde come un cerino. Il governo di Kiev conferma l’incendio, aggiungendo che al momento del bombardamento nel monastero si trovavano oltre 300 sfollati. Il presidente Zelensky denuncia via Telegram: «Gli occupanti sapevano cosa stavano bombardando. Sanno che non ci sono militari nel territorio del monastero, solo 300 laici che avevano trovato rifugio e tra loro 60 bambini. Ma i russi l’hanno bombardato lo stesso, come il resto del Donbass».

La versione di Mosca

Il ministero della Difesa a Mosca accusa direttamente le «truppe nazionaliste» ucraine e in particolare i soldati della 79esima Brigata d’assalto aviotrasportata. «Secondo fonti locali, sono state sparati proiettili incendiari da una potente mitragliatrice montata su di un mezzo blindato del tipo Kozak», si legge con l’aggiunta per cui in questo momento le unità russe non starebbero operando nella zona del monastero proprio per evitare di danneggiarlo.

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Il richiamo della foresta rossa

domenica, Giugno 5th, 2022

di Beppe Severgnini

Ascolto e leggo – ogni giorno, da più di tre mesi – affermazioni strabilianti sull’invasione dell’Ucraina. L’infamia – come vogliamo chiamarla? – viene taciuta; le responsabilità, sfumate; l’orrore, addolcito. Poiché quelle opinioni arrivano anche da persone intelligenti, mi domando: c’è qualcosa che mi sfugge? La guerra è una grandine che distrugge i pensieri. Forse sta accadendo anche a me, e non me ne rendo conto.

Qualche esempio del mio stupore. Carlo Rovelli, fisico: «Bisogna uscire da questa logica per cui bisogna stare da una parte o dall’altra». Mi perdoni, professore, ma questa logica appare invece rigorosa. Dobbiamo condannare l’aggressore e sostenere l’aggredito. L’equidistanza, davanti all’orrore che vediamo, è una forma di astensione. Un errore che abbiamo già commesso, nel XX secolo, e l’abbiamo pagato caro.

Ginevra Bompiani, editrice e scrittrice: «Fino all’anno scorso prendevo come unità di misura il Covid, ma era più facile perché nessuno aveva una posizione ragionevole (…) Ora con la guerra è diverso, perché la metà del Paese è contro il governo sull’invio delle armi» e «Draghi se ne frega». Mi scusi, ma esiste un parlamento, e sostiene la posizione del governo. E poi: se non aiutiamogli ucraini a resistere, dovranno arrendersi, con le conseguenze del caso. Oppressione per loro, nuovi rischi per noi.

Michele Santoro, giornalista televisivo: «Putin non è il nostro peggior nemico, il nemico più mostruoso è la guerra». Mi perdoni, il decorato collega, ma davvero non capisco. Chi l’ha scatenata, questa guerra? Io? Lei? Il Grande Puffo? Questa guerra insensata – città distrutte, civili uccisi, bambini deportati, rischi globali – l’ha voluta, preparata (negandolo) e scatenata una persona, e si chiama Vladimir Putin. E lui potrebbe farla smettere: anche oggi. Vogliamo dirlo?

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La malattia di Putin è credo popolare, così ci affidiamo alla punizione divina

sabato, Giugno 4th, 2022

Domenico Quirico

Dunque, Putin è malato, malatissimo. Anzi moribondo. I servizi segreti del Regno Unito, che sono sempre un po’ più ottimisti della Cia americana e incalzano gli spioni di oltreoceano, garantiscono addirittura che è già morto. Ma come? E allora? Semplice! Al Cremlino boiari astutissimi e affaccendati stanno regolando in santa pace i conti della successione, si esemplifica. Tanto per non far intuire nulla al Nemico di come si chiamerà il suo prossimo guaio i perfidi diadochi applicano lo stratagemma pirandelliano di altre accorte pattuglie di despoti, da Saddam Hussein a Gheddafi, sempre alle prese con il rischio pugnali e veleno: il sosia che incontra reduci e bimbetti, da ordini a generali e gerarchi, insomma fa la sua parte incarnando con efficace perizia la parte del cattivo da outretombe che continua a demolire a cannonate la sventurata Ucraina.

Giunge, con le rivelazioni “fatte filtrare” dai servizi americani, a compimento un lungo percorso di retroscena avviato con metodi più artigianali e paesani da siti, sottositi, ciarloni online, contastorie in rete e non, diventate una sorta di storia parallela della guerra nell’Europa centrale.

Già novantanove giorni fa la notizia ti agguantava, certa scontata ultrasicura risolutiva, ogni mattina. Chi non è stato vessato da amici, conoscenti e consanguinei con una affermazione perentoria e intrisa di non troppo segreta soddisfazione: «Hai visto? Putin ha il cancro!»?
Insomma: inutile perder tempo a considerare le traiettorie presenti prossime e future di questo bozzolo di terza guerra mondiale a due ore da Trieste. Ha già risolto tutto l’Onnipotente, da par suo.

Se tentavi di avanzare qualche timido dubbio («…l’ho visto ieri in tv, Putin, parlava a notabili… camminava tra la folla… e non mi pareva quasi defunto»), per debellare i ridicoli dubbi dell’apostata ti azzannavano con i dettagli della diagnosi: «È gonfio… gli trema la gamba… si appoggia con la mano al tavolo… ha l’occhio fisso… è quasi cieco (la punizione di Tiresia ma senza il dono della preveggenza)… tiene una coperta sulle gambe durante la parata militare, la veterana centenaria accanto a lui è in maglietta… come lo spieghi…? Lo hanno operato ieri… è sparito da una settimana… vive in ospedale… l’amante è già scappata in Svizzera, che vuoi di più?».

Insomma una saga, una serie televisiva con l’ultima puntata già scritta obituariamente. Per frenare questa frivolezza un po’ empia si prova a chiedere le date dell’immancabile decesso. «Manca poco» rispondono gli approssimativi. «Tre anni» i realisti che hanno probabilmente letto le cartelle cliniche compilate da medici più o meni illustri a cui è stato chiesto di procedere a una visita televisiva, diciamo così, dello zar.

La malattia mediatico televisiva di Putin, ora sanzionata dalla verità “inconfutabile” dei servizi segreti occidentali, è rivelatrice delle pieghe della drammatica vicenda ucraina, svela molte cose dell’occidente e in fondo anche degli imbarazzi della politica nei confronti del grave problema russo. I racconti popolari, e questo è la storia della malattia di Putin, non sono altro che storia magica. Come Mackie Messer e Mefisto, il nemico di Tex Willer, popolano i sogni della nostra fantasia dei fumi della polvere e di sanguinose vendette, di terrori infantili e di implacabili contrappassi. Essi mettono di fronte la società alla verità di un fatto, la guerra ad esempio, la paura del conflitto atomico, la minaccia di una anarchia violenta che travolga il nostro presente tranquillo e ordinato. Nasce un verità che tutto risolve, e Oplà! Esclamiamo: tutto torna a posto. Il cattivo è spazzato via, i buoni cioè noi trionfano.

La morale della favola popolare è: non temete, il tiranno aggressore porta dentro di se la punizione che lo rode, sa di dover pagare. I guai che ci impone sono gli ultimi sussulti di un cadavere già vinto. Dissimula ciò che svela con la sua esagerazione , con la violenza dei colori, con la sua drammatica teatralità, con una sorta di magia da fiera: la nostra paura e la nostra impotenza.

In fondo da cento giorni le potenze dell’occidente non riescono a frenare l’aggressione del tiranno. Bombe in leasing e sanzioni planetarie, espulsioni dal salotto buono dei Grandi e anatemi filosofici. Niente. Lui distrugge, annette, avanza, affama mezzo pianeta, semina zizzania. Sembra inattaccabile.

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