Archive for Luglio, 2022

Giorgia Meloni al Tg1, “FdI garanzia di un’Italia filo Nato”. Salvini e Berlusconi, nuovo fronte?

sabato, Luglio 30th, 2022

“Non mi pare ci siano nodi particolarmente critici nella coalizione di centrodestra“. Dopo le tensioni degli scorsi giorni, Giorgia Meloni in una intervista al Tg1 sembra chiudere il caso e confermare l’accordo raggiunto sia sulla distribuzione dei collegi uninominali tra gli alleati sia, soprattutto, sul candidato premier: sarà espresso dal partito che prenderà anche solo un voto in più all’interno della coalizione. 
Quindi due passaggi “da statista” che secondo alcuni sembrano diretti proprio a Silvio Berlusconi e a Matteo Salvini. “Vorrei che non si faccia una campagna elettorale facendo promesse che non si possono mantenere. Serve molta serietà, verità e responsabilità”, ha aggiunto la leader di Fratelli d’Italia, e la mente di molti su Twitter è corsa, ovviamente, alla proposta di Silvio Berlusconi di portare a 1.000 euro le pensioni, “anche per le mamme”.
Il secondo ragionamento è forse ancora più attuale e sapido. Fratelli d’Italia, sottolinea la Meloni, è il partito che più di tutti garantisce la collocazione atlantica dell’Italia. Scontato, ricordando l’appoggio totale di FdI sulla linea filo-Nato e filo-Ucraina di Mario Draghi. Molto meno se si pensa alle critiche arrivate proprio dalla Lega e da Forza Italia al premier, con tanto di accuse di filo-putinismo arrivate da sinistra sul conto di Salvini e Berlusconi.

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Luigi Di Maio “vicinissimo all’accordo”: il big con il quale fonda una lista

sabato, Luglio 30th, 2022

L’uomo che tentò di salvare Giuseppe Conte, ora lancia il salvagente al suo nemico: Luigi Di Maio. Il ministro degli Esteri e il deputato di Centro Democratico sarebbero vicinissimi a un accordo. A svelare la pesanti indiscrezioni è Dagospia con un flash, nel quale si legge: “Costruiranno una lista che appoggerà quella di centrosinistra, fino all’ultimo pensavano di aggregare anche Mara Carfagna ma i suoi elettori in Campania non avrebbero gradito la presenza dell’ex grillino Di Maio”.
Già il Foglio, qualche giorno fa, aggiungeva dettagli sull’eroica impresa. Il fu leader del Movimento 5 Stelle conterebbe sul sottosegretario di Stato alla presidenza del Consiglio per ottenere entro il 22 di agosto – ossia solo 26 giorni – le 73.500 firme, 1.500 per ognuno dei 49 collegi uninominali in cui è divisa l’Italia, che, così come impongono le regole, sarebbero necessarie per presentare il suo “Insieme per il futuro” alle elezioni del prossimo 25 settembre.
Motivo questo per cui il logo del nuovo partito di Di Maio affiancherà quello del Centro democratico. Ma nonè tutto perché proprio qualche giorno fa Di Maio, Tabacci, Beppe Sala ed Enrico Letta si sono incontrati in gran segreto a Roma. Il motivo anch’esso è un giallo, ma l’ambizione centrista potrebbe spiegare il faccia a faccia.

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La ghigliottina per cinquanta parlamentari

sabato, Luglio 30th, 2022

Marcello Sorgi

Dura lex sed lex: la decisione di Conte di confermare, come chiesto da Grillo, la regola dei due mandati – e non candidare una cinquantina di parlamentari, a partire dal Presidente della Camera Fico e dalla vicepresidente del Senato Taverna – spiega alcune cose importanti sulla mutazione genetica del Movimento. La prima, appunto, è che questa mutazione è impossibile: mesi e mesi di lavoro di Conte per trasformare i grillini in un vero partito, regolato da norme più o meno simili a quelle delle altre forze politiche, si infrangono sulla natura non modificabile della creatura di Grillo, che o esiste com’è nata o non esiste più. Introdurre le deroghe negoziate dall’ex-premier per salvare i volti noti del Movimento, nell’illusione che anche Grillo, alla fine, non cercasse altro, s’è rivelato un errore enorme. Non solo perché nel bel mezzo della crisi pentastellata le eccezioni sarebbero fatalmente diventate un altro motivo di polemica interna e con gli iscritti (Conte mai avrebbe varato cinquanta deroghe, forse neppure la metà). Ma anche perché sotto sotto (e anche questo Conte non l’aveva capito, mentre Di Maio sì) Grillo ha sempre odiato la progressiva integrazione dei suoi figli politici, le auto blu, l’attaccamento alle poltrone (eloquente l’immagine della colla sul suo blog).

L’altra cosa che si capisce e si desume dalla prima è che Conte non potrà mai essere il vero leader di un Movimento pensato a questo modo. Non importa che i sondaggi (fatti chissà come) dicano che nella base l’ex-premier è visto come l’uomo della salvezza, mentre il Fondatore, anche a causa dei suoi lunghi silenzi e della sua reale quasi uscita di scena, sia praticamente dimenticato. Grillo ci metterebbe un paio di settimane, una decina di repliche dei suoi show, a farsi di nuovo voler bene. Ma si sa che non vuole: la sua mente è occupata da altri problemi, in testa a tutti quello del figlio imputato in un processo per violenza sessuale da cui rischia di uscire con una condanna esemplare.

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Gas, Costa Smeralda e addio di Draghi: quell’amore mai finito tra Silvio e Vlad

sabato, Luglio 30th, 2022

Jacopo Iacoboni

Proprio nei giorni in cui l’emissario di Matteo Salvini entra nel vivo dei contatti con i russi per organizzare la missione del leader leghista a Mosca – con una serie di colloqui il cui contenuto è stato in parte rivelato da La Stampa – caso vuole che anche Silvio Berlusconi torni su posizioni pubbliche assai più gradite all’amico Putin, dopo che per un periodo era sembrato sia pure vagamente distanziarsene. Il 20 maggio – il giorno dopo uno degli incontri tra Matteo Salvini e l’ambasciatore Razov – il Cavaliere, tenuto per mano a Napoli dalla fidanzata Marta Fascina, dichiara: «Credo che l’Europa debba fare una proposta comune di pace cercando di far accogliere agli ucraini le domande di Putin». Pochi giorni prima, da Treviglio, ha criticato Joe Biden, e l’invio di armi all’Ucraina nella forma decisa dal governo Draghi: «Putin non tratta con chi gli dà del “criminale”. Mandiamo armi, anche noi siamo in guerra». Carlo Calenda chiosa: «Qui siamo oltre Salvini». Il consulente di Salvini, Antonio Capuano, usa proprio in quei giorni parole molto simili con i russi, e prima ancora con il capo della sezione politica dell’ambasciata cinese: l’intento del viaggio di Salvini sarebbe «preparare la pace», dice.

Berlusconi comincia anche a tenere la posizione sulle sanzioni che più piace a Mosca: «Hanno fatto molto male all’economia sovietica», ma: «hanno fatto male anche a noi». Sembra rifiorire un amore mai spento. Nel mercoledì della crisi, proprio Marta Fascina, e Licia Ronzulli, lo isoleranno dalle telefonate che cercano di convincerlo a non sfiduciare Draghi.

La storia del rapporto tra Berlusconi e Putin risale ovviamente molto indietro, in parte nota in parte tuttora in progress, e fece preoccupare tantissimo gli americani. «Quali investimenti personali hanno (Berlusconi e Putin), che possono guidare le loro scelte in politica estera?». La domanda fu girata nel novembre del 2010 dal Dipartimento di Stato, allora guidato da Hillary Clinton, all’ambasciata americana a Roma.

Nel 2008 l’ambasciatore americano in Italia, Ronald Spogli, in un cablo spedito al Dipartimento di Stato e alla Cia, e pubblicato dalla Wikileaks di allora, riferiva a Washington che la natura del rapporto tra Berlusconi e Putin era «difficile da determinare»: «Berlusconi ammira lo stile di governo macho, deciso e autoritario di Putin, che il premier italiano crede corrisponda al suo. (…) L’ambasciatore georgiano a Roma ci ha detto che il governo della Georgia ritiene che Putin abbia promesso a Berlusconi una percentuale dei profitti da eventuali condotte sviluppate da Gazprom in coordinamento con Eni». Il Cavaliere, l’unica volta che rispose, per iscritto, negò tutto. L’ambasciatore georgiano non smentì mai.

Di sicuro nell’era Berlusconi l’Eni nel maggio del 2005 firma un accordo che avrebbe consentito a Gazprom Export di rivendere gas russo direttamente ai consumatori italiani. La storia finisce nel 2008 anche all’attenzione della Commissione europea, gravi opacità ricostruite così nel 2008 in un saggio di Roman Kupchinsky per Eurasia Daily Monitor: una società viennese, Central Energy Italian Gas Holding (Ceigh) – parte di un gruppo più grande, Centrex Group – avrebbe dovuto avere un ruolo importante in quel lucrativo accordo Russia-Italia. Questa Central Energy Italian Gas Holding era controllata al 41,6 per cento da Centrex e da Gas AG, al 25 per cento da Zmb (la sussidiaria tedesca di Gazprom Export, ossia in pratica da Mosca), e al 33 per cento da due società milanesi, Hexagon Prima e Hexagon Seconda, registrate allo stesso indirizzo di Milano, e intestate a Bruno Mentasti Granelli, l’ex patron di San Pellegrino. Il saggio di Kupchinsky trasformò la cosa in uno scandalo internazionale. L’accordo con Centrex fu cancellato. Ve ne furono altri? Ci furono rumors di un giacimento di gas kazako direttamente controllato dal Cavaliere. «Assolute sciocchezze», replicò Berlusconi.

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Feluche, toghe e barbe finte

sabato, Luglio 30th, 2022

Augusto Minzolini

Premessa: il 16 luglio, per primi, aprimmo Il Giornale con il titolo fortunato «Ombre russe sulla crisi». Non bisogna essere dei Pico della Mirandola per intuire che con una crisi internazionale di queste proporzioni gli occhi del mondo sono puntati da mesi anche su di noi: siamo tra i Paesi occidentali che si sono mostrati più solidali con l’Ucraina e, visto che siamo tornati indietro di sessant’anni, ci vuole poco per rendersi conto che la nuova cortina di ferro non passa poi così distante da noi. Quindi ci attenzionano da Mosca, ma non solo. Motivo per cui bisogna muoversi con i piedi di piombo nelle congetture e nelle suggestioni. Altrimenti si rischia che questa campagna elettorale, già avvelenata di suo, sia condizionata da feluche straniere, barbe finte e immancabili toghe italiane.

Ora, tirare in ballo Matteo Salvini su Putin e sulla Russia purtroppo è diventato uno sport nazionale. La Stampa ieri ha scritto di un documento di intelligence che racconta l’aneddoto di un funzionario dell’ambasciata russa che durante i giorni della crisi avrebbe chiesto ad un personaggio che passa per essere un collaboratore del leader del Carroccio se la Lega fosse intenzionata a ritirare i suoi ministri dal governo. Il capo dei nostri servizi ha smentito l’esistenza di questa documentazione nei file degli 007 italiani. La Stampa ha confermato. Ora bisogna capire se quel dossier esiste, è attendibile e, nel caso, di quale intelligence si tratta. Se straniera o nostrana.

Il punto, però, non riguarda tanto la veridicità dei documenti, visto che in un momento del genere di «spy story» pullula il globo. Semmai, l’importante è non scambiare lucciole per lanterne per non rischiare di creare delle interferenze sul voto che in un secondo momento, conclusa la campagna elettorale, risultino del tutto false. In questo la sinistra è maestra, tant’è che ieri Enrico Letta si è presentato davanti alle telecamere per pronunciare il suo j’accuse contro Salvini, indossando i pantaloni di Le Carrè e la giacca di Ian Fleming.

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Milioni di euro triturati per errore coi rifiuti. È giallo su chi li abbia nascosti

sabato, Luglio 30th, 2022

Roberta Damiata

Sarebbero davvero parecchi soldi, forse due milioni di euro in banconote, andati al macero per sbaglio. Una vicenda che ha quasi dell’incredibile cominciata in un’azienda, la Sea di Romano d’Ezzelino (Vicenza) specializzata nello smaltimento di rifiuti. Ogni giorno arrivano lì, dai vari ecocentri del Veneto, container pieni di oggetti e rifiuti per essere distrutti, che finiscono dentro un macchinario tritatutto. Qualche giorno fa, dentro uno di questi, viene trovata una vecchia fotocopiatrice da rottamare.

Peccato che nessuno abbia immaginato che nascosti nei cassetti della carta c’era un vero proprio tesoro. Intere mazzette di denaro di cui gli operatori dell’azienda si rendono conto soltanto quando è troppo tardi e la fotocopiatrice è già nel macchinario. Impossibile recuperarla. Sotto i loro occhi increduli vengono triturate migliaia di banconote di cui ora rimangono sono alcuni brandelli, che gli operai, avvertito il titolare, hanno messo in un sacco a disposizione del misterioso proprietario.

Pezzi da 100, 200 e 500 euro, una quantità impossibile da determinare con certezza. C’è chi dice che si arrivasse almeno a un milione di euro, chi dice che fossero invece due. Il container con la macchina fotocopiatrice “milionaria” era un “rifiuto speciale” da smaltire, proveniente da Chiampo, un comune dell’Alto vicentino. La notizia fa il giro del Paese, ci si chiede chi abbia potuto nascondere quel tesoro in un posto così insolito, e perché poi la macchina sia stata portata al macero. Ma non è tutto.

Il colpo di scena… Arriva il pensionato disperato

Qualche giorno dopo arriva nel municipio di Chiampo un pensionato 70enne disperato, che racconta che in quella fotocopiatrice aveva nascosto la sua pensione e un testamento. Chiede di poterli riavere indietro. Il Comune si premura di contattare subito la Sea: “I dipendenti” racconta il sindaco del paese Matteo Macilotti, “hanno chiamato l’azienda chiedendo se il macchinario fosse già stato distrutto. Ci sono state alcune telefonate di verifica, e alla fine l’esito è stato confermato. Ma davvero non avevamo idea che quella vecchia fotocopiatrice contenesse un tesoro simile, il pensionato non ne aveva fatto parola”.

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Russia connection

sabato, Luglio 30th, 2022

Lucia Annunziata

Sullo sfondo, a partire dal 2014 le sanzioni imposte alla Russia dopo l’annessione della Crimea. Un anticipo, come si vede, di molte cose poi aggravatesi.

Questa che segue è la ricostruzione del primo scontro fra Europa e Salvini, per altro perso dal leghista, che, come si ricorderà, proprio su questo perderà il Governo, nel 2019, per mano del suo alleato di allora, il presidente del Consiglio Giuseppe Conte. La ricostruzione è tratta dal libro «L’inquilino», storia dei governi degli ultimi dieci anni, che sta per uscire per Feltrinelli.

Il caso dei fondi russi
Il 10 luglio del 2019, il sito americano BuzzFeed annuncia di essere in possesso di una registrazione del colloquio a Mosca in cui si discute delle modalità per erogare fondi al partito di Salvini. È lo stesso colloquio di cui aveva parlato l’Espresso 6 mesi prima. Ma stavolta c’è un’incontrovertibile prova: un audio. «Sei uomini si incontrano per una riunione di lavoro la mattina del 18 ottobre dell’anno scorso tra il rumore di tazzine e l’opulenza delle colonne di marmo dell’iconico Hotel Metropol di Mosca, per parlare di progetti mirati a una “grande alleanza”. I sei uomini – tre russi e tre italiani – si riuniscono sotto la spettacolare volta dipinta della lobby, avendo anche loro in mente un’operazione storica. Formalmente stanno trattando un accordo per una partita di petrolio; il vero scopo è quello di indebolire le democrazie liberali e formare una nuova Europa nazionalista allineata con Mosca».

L’audio racconta come i sei uomini discutano con cura i vari modi per poter “inviare segretamente” decine di milioni di dollari della Russia per colui che è definito «il più forte leader europeo di estrema destra». La conversazione registrata dal sito americano riprende e conferma in maniera definitiva l’inchiesta dell’Espresso nel racconto degli inviati Giovanni Tizian e Stefano Vergine, pubblicato il 24 febbraio 2018. Il piano è quello di una falsa vendita di 3 milioni di tonnellate di gasolio da vendere tramite un’azienda italiana (nell’audio si parla di Eni, che smentisce subito) per sostenere con un finto scambio commerciale i sovranisti alle vicine europee. «Non sappiamo se l’affare sia stato concluso», scrive l’Espresso. Salvini si attaccherà proprio a questo «non ho visto un rublo» per la sua difesa.

Ma l’audio del sito americano rivela una vicinanza politica imbarazzante a un certo sottobosco politico russo, personaggi vicini a Putin che lavorano non solo con Salvini ma con le maggiori figure del sovranismo europeo.

Per dirla con Marco Minniti, predecessore di Salvini al Viminale, la questione non è il finanziamento ma quello di «una possibile soggezione del Ministro degli Interni, Matteo Salvini, nei confronti della Russia». Minniti inquadra la posta in gioco di quel che succede a Mosca. «In Russia si sta certamente giocando una importante e delicata partita con l’Europa, Matteo Salvini ricopre la massima carica dello Stato in materia di sicurezza nazionale per questo il ministro deve venire a chiarire in Parlamento non in diretta su Facebook». Salvini, insomma, è parte di un nuovo “grande gioco” politico fra Russia ed Europa. Il problema infatti non è la sua collocazione, ma il suo ruolo nella costruzione di quello che, anche nel colloquio riportato da BuzzFeed, i russi con cui parlano i salviniani definiscono come il progetto di «indebolire le democrazie liberali e formare una nuova Europa nazionalista allineata con Mosca».

Le elezioni europee del 2019 tuttavia non danno la vittoria al fronte “antieuropa” come sperato dai sovranisti. Il risultato elettorale complessivo del voto di maggio consente alle forze europeiste di isolare i nazionalisti. La rottura della maggioranza del governo italiano si consuma infatti in Europa prima ancora che in Italia. I 5 Stelle votano a favore della Von der Leyen, incassando loro la vicepresidenza che sarebbe dovuta andare alla Lega. Von Der Leyen si rivelerà una pedina fondamentale contro i sovranisti.

Un altro deludente evento segna il destino di Salvini in quel periodo: il viaggio a Washington del 17 giugno programmato per capitalizzare sul fronte delle relazioni atlantiche la grande vittoria alle europee di maggio, si rivela un altro schiaffo. Ci si aspetta molto da questa visita. E in Europa la si osserva con attenzione. I grandi giornali americani (fra cui Time Magazine, che mette Salvini fra i cento uomini più influenti del mondo) lo considerano un leader «alla Trump». Ma il viaggio non va esattamente così. Salvini vede Mike Pompeo, segretario di Stato, e il vicepresidente Mike Pence. Probabilmente avrà dato spiegazioni sulle mille e contraddittorie alleanze dell’Italia gialloverde a trazione leghista – Putin, innanzitutto, ma anche tutte le altre “stranezze geopolitiche”, agli occhi di Washington, del governo populista, come la forte relazione con la Cina e il Venezuela; ed è probabile che qualcuno a Washington ricordi ancora il vecchio amore per Saddam e per Milosevic, esaltati dai ruspantissimi leghisti all’epoca della guerra con la Jugoslavia negli Anni 90.

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Civitanova Marche, nigeriano ucciso a colpi di stampella in centro. Fermato l’aggressore, un 32enne italiano: “Importunava la mia fidanzata”

sabato, Luglio 30th, 2022

Alika Ogorchukwu è stato preso a bastonate fino alla morte. La colpa? Aver fatto degli apprezzamenti su una donna. Così è morto il cittadino nigeriano di 39 anni, aggredito da un italiano di 32 anni di Salerno, che accompagnava la giovane: l’omicida lo ha colpito con la stampella che lo sosteneva, senza lasciargli scampo. È accaduto attorno alle 14, lungo lungo il Corso Umberto I, angolo via Tripoli, a Civitanova Marche. A chiamare i soccorsi sono stati dei testimoni che in quel momento hanno assistito alla scena. Ma per Ogorchukwu non c’è stato nulla da fare.

Il 39enne era un ambulante, sposato e padre di una bambina. Il suo avvocato, Francesco Mantella, lo ricorda come «una persona tranquilla». L’aggressore, invece, è Filippo Claudio Giuseppe Ferlazzo, di origini salernitane ma domiciliato a Civitanova Marche, arrestato per l’omicidio dell’ambulante. Ferlazzo lo ha aggredito, forse perché Ogorchukwu aveva chiesto denaro in maniera insistente e lo ha picchiato con la stampella dello stesso ambulante, senza fermarsi anche dopo che l’uomo era caduto a terra. Tutto è documentato in alcuni video raccolti dalla Squadra Mobile di Macerata, che sta indagando sull’episodio: Ferlazzo, che ha un corporatura robusta, a un certo punto si è seduto sulla vittima, già stesa a terra, schiacciandogli la testa e il collo. Omicidio volontario e rapina le ipotesi di reato per l’arrestato, un operaio che ha sottratto al nigeriano anche un cellulare. 

Civitanova Marche, ambulante ucciso sotto gli occhi dei passanti: le immagini subito dopo l’omicidio

La ricostruzione dei fatti
Secondo alcuni negozianti, l’ambulante era una presenza abituale in quella zona. La polizia acquisirà i video dei sistemi di sicurezza, ma ci sono anche vari filmati girati con i telefonini dai passanti che dovrebbero permettere una ricostruzione precisa della dinamica. Alika Ogorchukwu sarebbe stato inseguito dall’uomo e raggiunto facilmente, data la stampella e i problemi di mobilità conseguenti all’incidente. L’uomo avrebbe usato il bastone-stampella che la vittima usava per muoversi per colpirlo ripetutamente. Dalle riprese video, si vide la vittima a terra e il suo aggressore, che ha una corporatura robusta, che gli monta sopra, gli tiene stretto un braccio e con il ginocchio gli schiaccia la testa sulla strada. «Così lo uccidi», gli grida un passante. All’arrivo dei soccorritori, per Alika non c’è nulla da fare: è morto qualche minuto dopo il loro arrivo. Nel frattempo l’aggressore si è dato alla fuga, per poi essere fermato dagli agenti del commissariato.

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Il Paese a due volti che sa anche sorprendere (se ha un piano)

sabato, Luglio 30th, 2022

di Federico Fubini

In tutta la provincia di Modena – tasso di disoccupazione: 4% – per ogni cinque tornitori richiesti dalle imprese se ne reperiscono sul mercato due, per ogni cinque elettricisti se tre trova a fatica uno e per ogni cinque posti da idraulici si contano precisamente zero aspiranti. «A volte non si riesce neanche a fare la rosa dei candidati» allarga le braccia Camilla Rocca, specialista di selezione del personale della locale Confederazione nazionale artigiani.
Benvenuti della crisi economica più pazza della storia. Dopo una serie di recessioni che hanno riempito di cicatrici un decennio e nel pieno di due traumi – una pandemia e una guerra alle porte – l’Italia è sul punto di scendere sotto i due milioni di disoccupati:non accadeva stabilmente dal 2009. Con la fiducia dei consumatori ai minimi dal primo lockdown o dalla fine della crisi dell’euro, gli italiani vedono i loro depositi liquidi in banca gonfiarsi fino a sfiorare il record di 1.200 miliardi di euro (avendone aggiunti una cinquantina nell’ultimo anno). Intanto un’ondata d’inflazione, il gas dieci volte più caro rispetto ai tempi «normali» e un razionamento dei consumi di energia all’orizzonte annunciano di nuovo recessione: una caduta dell’attività profonda, se il taglio delle forniture russe si confermasse radicale. Il fatto stesso che gli Stati Uniti sembrino esserci già caduti, rende lo scenario più verosimile anche in Europa e agita i fantasmi che da mesi gravano sulle imprese.

Eppure per ora tutto va sorprendentemente meglio del previsto. L’economia italiana sembrava in caduta con l’inizio della guerra, invece ha già acquisto un 3,4% di crescita solo nei primi sei mesi del 2022 dopo essere cresciuta del 6,6% nel 2021. Il mondo intero continua a guardare all’Italia come l’anello debole d’Europa, mentre l’Italia continua a tenere uno dei tassi di crescita più rapidi d’Europa: non solo nel prolungato rimbalzo che segue i lockdown, perché è dal primo trimestre del 2021 che l’economia e l’industria in particolare camminano oltre le medie europee.

Persino la finanza pubblica, il solito tallone d’Achille, ha due volti. Il debito pubblico è molto più alto di due o tre anni fa e per la prima volta il premio al rischio (lo spread) sui titoli italiani viaggia stabilmente sopra quello della Grecia, data la nebbia fitta attorno a ciò che scaturirà dalle elezioni. Eppure nel 2021 il governo ha chiuso il deficit di ben quattro punti e mezzo di prodotto lordo (Pil) meglio di quanto aveva promesso, pur avendo speso decine di miliardi di euro in corso d’anno in aiuti a famiglie e imprese. E nel 2022 chiuderà con un debito ben sotto al 147% annunciato, di nuovo dopo aver speso 19 miliardi netti più altri 12 netti in arrivo sempre in corso d’anno (anche perché il fabbisogno à metà anno è dimezzato rispetto a dodici mesi fa). Quanto all’export, a giugno è di oltre un quinto sopra ai livelli del 2021: eppure la bilancia degli scambi con l’estero del Paese è caduta in rosso per la prima volta da oltre un decennio a causa di una bolletta energetica rincarata di ben ottanta di miliardi all’anno.

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Elezioni: Pd e Fratelli d’Italia appaiati al 23%. Coalizioni, il centrodestra domina

sabato, Luglio 30th, 2022

di Nando Pagnoncelli

Le dimissioni del presidente del Consiglio Mario Draghi e la fine anticipata della legislatura hanno rappresentato un fulmine a ciel sereno per molti italiani, gran parte dei quali non segue le vicende politiche, o lo fa distrattamente, soprattutto durante il periodo estivo, quando si è alle prese con i programmi delle vacanze e solitamente si pensa ad altro. La crisi di governo ha avuto riflessi positivi sull’indice di gradimento dell’esecutivo e del premier che hanno fatto registrare un aumento di 3 punti rispetto al mese scorso, passando rispettivamente da 55 a 58 e da 59 a 62, valori molto elevati a poco meno di un anno e mezzo dall’insediamento. Va sottolineato che le valutazioni positive riguardanti Draghi prevalgono tra tutti gli elettorati, sia pure con valori molto diversi: dal 92 dei dem, al 53 dei pentastellati, passando dal 77 degli elettori di Forza Italia, al 61 di quelli della Lega; anche tra le file di Fratelli d’Italia, il principale partito di opposizione, si registra un indice positivo (54) mentre tra gli astensionisti le opinioni si dividono e l’indice di gradimento si attesta a 50. Dunque, si tratta di una sorta di tributo al premier dimissionario del quale si è apprezzato l’operato in un periodo estremamente complesso della vita del Paese.

Chi guadagna e chi perde consenso dalla crisi di governo e dalla chiusura anticipata della legislatura? Tra i partiti aumentano Fratelli d’Italia (+3,3%) e Partito democratico (+2,4%), mentre arretrano Lega (-1,5%), Movimento 5 Stelle e Forza Italia (entrambe -0,8%) tra le forze politiche principali, e tra quelle minori il movimento di Luigi Di Maio, Insieme per il futuro (-1%), e Italexit (-0,9%). La graduatoria vede in testa il partito di Giorgia Meloni (23,3%) e il Pd (23,2%), distanziati di un solo decimale e ai massimi livelli registrati da sempre il primo e dall’inizio della legislatura il secondo; a seguire Lega (13,5%), Movimento 5 Stelle (11,3%) e Forza Italia (9%). Tra gli altri, superano la soglia di sbarramento la federazione Azione/+Europa (3,6%), l’alleanza tra Sinistra italiana e Verdi (3,4%) e Italexit (3,1%). Con l’annuncio della data delle elezioni si è ridotta di quasi due punti la quota degli astensionisti e indecisi, oggi al 40,6%. Il venir meno della possibile alleanza tra Partito democratico e Movimento 5 Stelle a seguito del ruolo assunto dai pentastellati nel determinare la fine del governo Draghi, assegna un netto vantaggio alla coalizione di centrodestra su quella di centrosinistra (45,8% a 33%).

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