Archive for Agosto, 2022

Lo sguardo perplesso di Agata sul voto

domenica, Agosto 28th, 2022

di Beppe Severgnini

Ho passato l’estate con Agata. Una nipotina è l’antidoto perfetto per questa tristissima campagna elettorale. I suoi sorrisi sono più sinceri di quelli che i candidati sfoggiano sui social, il suo sguardo più profondo, i suoi giudizi più appropriati. Certo, non posso chiederle risposte elaborate. Cinque mesi di vita sono pochi per esprimere un parere sulla politica energetica italiana negli ultimi vent’anni – chi ci ha legati alla Russia in quel modo? – ma «Uhhhh!» sembra un commento adeguato.

Non posso pubblicare l’espressione sbalordita mentre osserva l’ipocrisia con cui alcuni personaggi negano di aver sabotato il governo Draghi, che ha organizzato la risposta alla pandemia, rilanciato l’economia (più della Germania), creato posti di lavoro (più della Francia), stoccato gas per l’inverno e affrontato con dignità europea la guerra in Ucraina. Non posso neppure riportare la perplessità di Agata di fronte alle discussioni sulla flat-tax. Perché, quando i politici non vogliono farsi capire, parlano inglese?, chiedono i suoi occhi grigi. Perché chi pretende un’aliquota uguale per tutti – un gran regalo ai ricchi! – non l’ha adottata, quand’era al governo?, aggiungo io.

Per addormentare Agata, le leggo il criterio della ripartizione dei seggi nella quota proporzionale. Per divertirla, le racconto la favola in cui i tre porcellini, camminando in fila, cantano slogan elettorali. Al posto del lupo, scelgo un segretario di partito che non nomino, perché ne andrebbe orgoglioso.

Un’altra cosa impossibile da spiegare ad Agata: perché votare è così complicato? In Italia – l’ha ricordato ieri il Corriere della Sera – ci sono 5 milioni di fuorisede, soprattutto studenti, ma anche lavoratori: vivono in un comune diverso da quello in cui hanno la residenza. Per recarsi al seggio, dovrebbero imbarcarsi in viaggi e trasferte, lunghe e costose.

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Fisco, dal 4 settembre cambia tutto: come (e quando) si paga

domenica, Agosto 28th, 2022

Antonio Castro

Rientro amaro per i contribuenti italiani: il fisco dal prossimo 4 settembre concederà solo 30 giorni per pagare le cartelle esattoriali. E non più i 60 giorni concessi “causa pandemia” per far fronte alle pretese del fisco. E non si tratta di pochi soggetti che finiranno nei guai: si stima siano almeno 16 milioni gli italiani con qualche pendenza con l’erario. Oltre un quarto di tutta la popolazione nazionale neonati e minorenni compresi. I contribuenti” con atti “iscritti a ruolo”, sono un esercito. Un partito di maggioranza assoluta. Non a caso in passato c’è chi ha provato a cavalcare politicamente questa massa di gente, racimolando però nei risultati elettorali solo percentuali omeopatiche da “zerovirgola”.
La tregua fiscale finisce la prossima settimana. E difficilmente il governo interverrà per rinviare. Dopo oltre tre mesi di sospensione, le regole sugli avvisi bonari inviati dall’Agenzia delle entrate ai contribuenti a seguito di un controllo formale sulle dichiarazioni dei redditi verranno infatti ripristinate.
 

PERIODO NERO In sostanza dal 4 settembre (che è una domenica e quindi se ne parla dal 5 settembre) , la regolarizzazione delle comunicazioni relative ai controlli automatici sull’Irpef e sull’Iva deve avvenire entro 30 giorni dal ricevimento della prima comunicazione odi quella definitiva emessa a seguito della eventuale rideterminazione delle somme a debito. E non più entro 60 giorni come è stato stabilito dal governo a metà maggio. Il dimezzamento dei tempi rischia di mettere in affanno gli italiani già alle prese con una mitragliata di rincari che da mesi non da tregua. L’aspetto negativo è che si avrà solo la metà del tempo per pagare le tasse dovute, gli interessi e la sanzione ridotta a 1/3 rispetto quella ordinariamente prevista nei casi di omesso e tardivo versamento di imposte. In caso di avviso telematico all’intermediario che ha trasmesso la dichiarazione (commercialista, fiscalista, Centro di assistenza fiscale), il termine per effettuare il pagamento e fruire della sanzione ridotta è di 90 giorni dalla trasmissione dell’avviso. La sanzione applicabile in caso di omesso o tardivo pagamento di imposte è pari al 30% ma viene dimezzata «se il versamento è effettuato con un ritardo non superiore a 90 giorni». Se si effettua il pagamento con ritardo inferiore a 15 giorni la sanzione è ulteriormente ridotta all’1% per ciascun giorno di ritardo. Insomma, chi prima paga meno spende. Sempre che possa sganciare i quattrini richiesti. E se non si vuole o non si può cominciare a pagare? Trascorsi 90 giorni dall’invio della comunicazione (definita “avviso Bonario”), la macchina fiscale si attiverà per attivare il meccanismo di riscossione, aggiungendoci a contorno interessi e sanzione in misura piena. Nel caso il contribuente possa vantare dei crediti fiscali può portarli in compensazione così da ridurre o annullare l’importo della cartella.

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Guido Crosetto, lo sfogo: “Ecco chi non dice la verità”, profezia nera sull’Italia

domenica, Agosto 28th, 2022

Guido Crosetto non è uno che usa giri di parole. Il co-fondatore di Fratelli d’Italia è sempre schietto e non le manda a dire. E così su twitter si sfoga sulla situazione che sta attraversando il Paese, una situazione scandita dal caro vita e dal potere di acquisto ormai inesistente per pensionati e famiglie.

Il caro energia e le bollette da capogiro stanno piegando le tasche degli italiani e di fatto in questo momento in cui il Paese va verso il voto ed è in attesa di un nuovo governo, spetterebbe a quello in carica fare qualcosa, subito, per dare ossigeno alle tasche degli italiani. E di fatto Crosetto con poche parole punge chi sostiene che Draghi ha le mani legate. Crosetto scrive: “Chi dice che negli affari correnti non rientrano scelte che sono improcrastinabili senza arrecare danno ad imprese e famiglie, semplicemente non dice la verità”.

Parole chiare che di fatto segnalano come la situazione sia abbastanza grave. Le famiglie chiedono un aiuto concreto subito e Crosetto sa bene che un abbassamento consistente dei consumi potrebbe mandare il Paese in tilt dal punto di vista economico. Bisogna agire e presto, indipendentemente dalla campagna elettorale che segue comunque il suo percorso. Le bollette da pagare sono già arrivate. 

LIBERO.IT

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Sanzioni alla Russia, i dubbi dell’Economist: siamo atlantisti o masochisti?

domenica, Agosto 28th, 2022

Corrado Ocone

Are sanctions working? A chiederselo, a porre l’interrogativo, non è qualche più o meno occulto filoputiniano di casa nostra, né Matteo Salvini, ma nientemeno che, con uno strillo di copertina, l’Economist, il giornale della City, la voce per antonomasia dell’establishment economico-politico globale. Secondo il settimanale, non solo l’economia russa si è dimostrata molto più resiliente, come si dice ora, della nostra, ma, a sei mesi dall’invasione dell’Ucraina, può dirsi che essa si sia stabilizzata.

E ciò proprio mentre l’Occidente è in balia di una crisi dei prezzi energetici, in particolare di quello del gas, che presto si riverserà su altri prodotti generando inflazione e in prospettiva anche la recessione. A fronte di un calo stimato del pil del 15%, che avrebbe dovuto mettere in ginocchio l’economia russa e tendenzialmente creare tensioni sociali tali da mettere ko lo stesso Putin, il ribasso previsto per l’anno in corso è solo del 6%. Come è nello stile del settimanale inglese, ogni affermazione è corroborata da date e tabelle, in quello che è un vero e proprio report di questo ennesimo fallimento previsionale dei tecnici al servizio dei nostri governi. E, ovviamente e soprattutto, dei politici che non solo li hanno seguiti pedissequamente, con una sorta di sudditanza psicologica che andrebbe a sua volta studiata, ma che attorno alle loro errate previsioni hanno costruito una retorica trionfalistica e autocompiaciuta che non tollerava discussioni, distinguo, ragionamenti che andassero troppo per il sottile. Ogni dubbio veniva automaticamente bollato come connivenza col nemico, come un modo di favorirlo casomai perché a suo libro paga.

La sinistra nostrana, come al solito, ha sguazzato alla grande in questo polpettone mainstream e in questo dispositivo retorico, usandoli entrambi contro le destre e oscurando sistematicamente (attraverso i mezzi di comunicazione che sono sotto il suo controllo) le voci che osavano porsi gli stessi interrogativi che oggi si pone l’Economist. Ciò che però andrebbe sottolineato e stigmatizzato con forza, anche perché rappresenta una costante del modo di fare della sinistra, è la confusione di piani e l’inquinamento del dibattito che se ne è fatto scaturire (con una destra, va detto, spesso non all’altezza e quindi incapace di articolare una risposta convincente).

I piani da tenere doverosamente distinti, e che distinti non sono stati tenuti, erano due:

  1. quello della fedeltà atlantica e occidentale, che non poteva assolutamente essere messa in dubbio, e quindi della presa di distanza netta dalla politica imperialistica russa e in genere dai regimi autocratici;
  2. quello delle politiche concrete da attuare per arginare queste autocrazie e per dare una risposta efficace e sostenibile alla unilaterale e ingiustificabile invasione russa dell’Ucraina.
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Salvini: scostamento di bilancio

domenica, Agosto 28th, 2022

Annarita Digiorgio

Matteo Salvini arriva a Ceglie Messapica dopo aver incontrato gli agenti della polizia penitenziaria a Fasano e gli imprenditori dell’indotto Ilva e in Confindustria a Taranto. Si vede già a palazzo Chigi, il leghista. Spera di fare il premier perché «sono un inguaribile ottimista e penso che la Lega possa diventare il primo partito». Ma anche se così non fosse il Capitano sa che al governo non sarà una passeggiata. Ecco perché annuncia, questa la vera bomba, che «se ci rendiamo conto che stiamo andando vero una catastrofe energetica, credo si possa fare uno scostamento di bilancio di 30 miliardi». Mica bruscolini. In ogni caso, pur con cautela, Salvini lancia i suoi uomini nella probabile squadra: «Mi piacerebbe Giulia Bongiorno alla Giustizia; Giorgetti all’Economia? Può ricoprire qualsiasi ruolo». Dispensa ottimismo, Salvini, anche se ammette: «Non vorrei che da qui al 25 settembre qualcuno pensasse di cambiare in un Tribunale il risultato della cabina elettorale». Come a dire: chi tocca magistrati e giustizia rischia di prendere la scossa.

Poi, pensando al rilancio dell’Ilva, torna sulla proposta del Ponte sullo Stretto di Messina: «La Lega dice fortemente Sì. Prenderemo l’acciaio dall’Ilva di Taranto. Pd e 5S continuano a dire No? Scelgano gli italiani, il 25 settembre». In piazza lo accoglie un pubblico già caldo: «L’altra sera la Fornero ha detto in Tv che 41 anni di lavoro non sono sufficienti per andare in pensione. Forse parla così perché non ha mai lavorato in vita sua». «Noi cancelleremo la legge Fornero per restituire dignità, vita e pensione a chi ha più di 60 anni e aprire il lavoro a chi ha 20 anni, che altrimenti non campa senza lavoro». Poi spiega la proposta della Lega sul fisco: «Non dico tasse zero, perché tasse zero non è possibile, ma ridurle al 15% soprattutto per chi guadagna di meno».

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Pannelli solari condivisi, la riforma ancora a metà che potrebbe salvare l’inverno

domenica, Agosto 28th, 2022

di Elena Dusi

Più il prezzo dell’elettricità sale, più sono contenti. Non sono speculatori: anzi. Sono sindaci o cittadini riusciti ad accedere a un’iniziativa pubblica impervia dal punto di vista burocratico, ma che da qualunque lato la si guardi ha ricadute positive. Si tratta delle comunità energetiche rinnovabili.

I vantaggi

I cittadini o gli enti locali che vi partecipano realizzano impianti per produrre energia rinnovabile – perlopiù fotovoltaici – e poi ne condividono il consumo. Con tre vantaggi: non pagano l’energia prodotta dai loro impianti; ricevono un incentivo statale per ogni kilowattora prodotto dai loro impianti e condiviso tra i membri della comunità; se immettono l’energia in eccesso nella rete nazionale vengono ripagati ai prezzi correnti. Che sono vertiginosi.  “Nella primavera 2020, da quando esistono le norme sulle comunità energetiche, un megawattora costava 20 euro. Ora siamo a oltre 500” spiega Sara Capuzzo, presidente della cooperativa “ènostra”, che effettua consulenze per chi vuole imbarcarsi in questa avventura. Avventura che però, nella maggior parte dei casi, è destinata a non approdare da nessuna parte, soprattutto per la carenza delle leggi che dovrebbero definire regole e incentivi. Le lacune, promettono al Mite, Ministero per la transizione ecologica, dovrebbero essere colmate entro dicembre.  

Le norme che mancano

Di tempo, eppure, non ne è passato poco, da quando l’Europa nel 2019 ha emanato la direttiva Red II, secondo la quale nel 2030 l’Unione avrebbe dovuto produrre il 32% della sua energia da fonti rinnovabili. L’Italia si è affrettata a recepire la parte della direttiva che prevedeva le comunità energetiche alla fine del 2019, ma con grossi limiti di potenza degli impianti e di distanza fisica tra i membri. Poi, a dicembre del 2021, ha recepito la direttiva per intero, dando ampio respiro alle comunità energetiche con il decreto legislativo 199 dell’8 novembre 2021. Salvo poi mancare di approvare i decreti attuativi e le tabelle degli incentivi.

Le promesse del Mite: leggi entro dicembre

“Ci stiamo lavorando, anche insieme  ad Arera, l’Autorità di regolazione per l’energia e le reti, perché loro devono stabilire le condizioni di interconnessione nella rete, ma sono fiduciosa, entro la fine dell’anno le norme saranno complete, anche con l’ammontare degli incentivi” garantisce Valeria Amendola, direttrice generale della sezione approvvigionamento, efficienza e competitività energetica del Mite. Alle comunità energetiche, tra l’altro, sono legati 2,2 miliardi di finanziamenti del Pnrr per i comuni con meno di 5mila abitanti. Accanto alla scheda del progetto ora è scritto un laconico “da avviare”.  

I pionieri

Gse, il Gestore dei servizi energetici, dal 2019 ha censito in tutto 35 comunità. Secondo un rapporto di Legambiente altre 60 comunità stanno lottando per venire alla luce o per essere allacciate alla rete (anche quello richiede mesi). Sono tutti impianti di dimensioni medio-piccole – poche decine di kilowatt – perché la normativa attuale ha un limite di potenza di 200 kilowatt. Le regole definitive arriveranno a un megawatt: 5 volte tanto. Gli aderenti alla comunità poi, con le regole attuali, devono essere collegati alla stessa cabina secondaria della rete elettrica: di fatto devono trovarsi a poche centinaia di metri tra loro. Le norme definitive estendono molto questo limite. Occorrerà essere collegati alla stessa cabina primaria, che copre anche Comuni diversi.  

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Tito Boeri: “Dai politici solo slogan elettorali, bisogna alzare i salari ai giovani”

domenica, Agosto 28th, 2022

«È davvero incredibile come la politica italiana sembra non imparare mai dalle esperienze passate, sento gli stessi slogan della campagna elettorale del 2018. Ad esempio, nonostante il fallimento di Quota 100, adesso si propone Quota 41». Tito Boeri, economista ed ex presidente dell’Inps, ha letto i programmi dei partiti: «Lunghissime liste della spesa senza saper stabilire una priorità». Il giudizio su Giorgia Meloni è severo: «Da lei solo misure che gonfiano il debito pubblico, stavolta non basterà lo scudo della Bce a salvarci dallo spread». Boeri teme un’emergenza sociale in autunno: «Abolire il reddito di cittadinanza vuol dire condannare una fascia della popolazione a condizioni di indigenza».

Professore, la flat tax del centrodestra è incostituzionale?
«La flat tax proposta da Salvini e Berlusconi non è incostituzionale perché la Costituzione prevede che il sistema fiscale sia progressivo nel suo complesso. Abbiamo già delle imposte che sono regressive, penso all’Iva che colpisce di più le persone che hanno redditi bassi. La loro flat tax ha un elemento di progressività, anche se certamente minore dell’Irpef, in quanto c’è una soglia di reddito sotto cui non si pagano le tasse».

E la flat tax incrementale proposta da Giorgia Meloni?
«Quella è incostituzionale perché viola il principio dell’equità orizzontale, in quanto due persone con lo stesso reddito vengono trattate diversamente. Chi guadagna di più rispetto all’anno precedente viene alleggerito dalla pressione fiscale, chi perde reddito viene penalizzato, è esattamente l’opposto di quello che un sistema fiscale dovrebbe fare. La tassazione incrementale è di una complessità estrema: crea un infinito numero di aliquote perché le tasse vengono pagate non solo in base al reddito attuale, ma anche a quello passato».

Enrico Letta rilancia l’idea di una patrimoniale per finanziare una dote per i giovani. Come la giudica?

«L’Italia è una sorta di paradiso fiscale per le tasse di successione. Penso sia giusto che eredità che trasferiscono patrimoni molto alti, sopra i 5 milioni di euro, possano essere soggette a una tassazione comparabile a quella che c’è in Francia e in Germania. Ma la tassa di successione non è un argomento da sollevare in campagna elettorale, quando in tanti sono pronti a terrorizzare la gente con la patrimoniale. E non capisco questa idea della dote per i giovani, ci sono modi molto più efficaci per aiutarli. Meglio defiscalizzare i contributi sociali al di sotto dei 35 anni per permettere ai giovani di avere maggiori opportunità di impiego, e ai datori di lavoro di garantire salari netti più elevati».

Dopo Quota 100, la Lega propone Quota 41 per andare in pensione. Che cosa ne pensa?
«Nonostante il fallimento di Quota 100 si vuole creare un altro trattamento di favore per alcune categorie di lavoratori e per alcune generazioni. Quota 41 è molto onerosa, potrebbe costare 10 miliardi l’anno ed è maschilista perché le donne, vittime di molte interruzioni di carriera, difficilmente riescono ad arrivare a 41 anni di contributi».

Qual è la sua idea?
«Servirebbe un’operazione sostenibile sulla flessibilità in uscita che non imponga, a chi ha la pensione con una componente retributiva, il ricalcolo contributivo di tutto l’assegno. La flessibilità in uscita non dovrebbe essere così penalizzante come Opzione donna».

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Una campagna elettorale senza la vita delle persone

domenica, Agosto 28th, 2022

MASSIMO GIANNINI

Fateci caso: siamo ormai a ventotto giorni dal voto, e in questa mediocre campagna elettorale, in modo doloroso e quasi scandaloso, manca la vita. La vita quotidiana. La politica parla di temi generali, buttati nel tritacarne mediatico senza un pensiero. Non parla di persone. Non parla alle persone, quelle in carne ed ossa. Dal discorso pubblico manca il Paese Italia, più che la nazione italiana. Manca una riflessione vera sui bisogni, sulle cose minute, i comportamenti, i caratteri, i tic, le consuetudini della nostra società. Manca la conoscenza e soprattutto l’esperienza delle condizioni materiali in cui vivono le donne e gli uomini, i vecchi e i giovani. Molto più che l’analisi dei sondaggi, utili solo a costruire a tavolino proiezioni pseudo-ideologiche in un tempo in cui si celebra la morte delle ideologie. Mi scuserete se torno a Gramsci: i politici contemporanei ignorano la “folla”, in quanto è composta di singoli, non in quanto è popolo, idolo delle democrazie. “Amano l’idolo, fanno soffrire il singolo individuo… Non sanno rappresentarsi il dolore degli altri”.

Ora i partiti hanno scoperto l’emergenza del gas e il suo impatto sui bilanci delle famiglie e delle imprese, che ora è pesante e in autunno sarà devastante. Benvenuti nel mondo reale. Sarebbe stato un delitto chiudere gli occhi persino di fronte a un caro bollette del 340 per cento in un anno, e a un milione di nuclei familiari che rischiano di diventare morosi “per necessità”. Certo, poi ci tocca pure ascoltare le giaculatorie pelose di qualche reprobo che, dopo averlo affossato con un voto di non-fiducia, adesso corre a pregare in ginocchio San Mario Draghi perché faccia subito il miracolo, tirando fuori un’altra trentina di miliardi di aiuti naturalmente in deficit.
Ma questo fa parte della cinica ipocrisia di chi spera di vincere le elezioni del 25 settembre senza dover pagare dazio alla crisi energetica, e per questo pretende dal premier uscente che sia proprio lui a fare il lavoro sporco prima di accomodarsi alla porta. A prescindere dal prezzo folle del gas e dal costo del ricatto criminale di Putin all’Europa, per il resto si ha la mesta sensazione che la politica pensi il Paese, ma che non lo senta. Il riflesso di questa distanza, come abbiamo visto sono le liste elettorali: candidature piovute dall’alto, senza alcun legame con i territori, con le realtà sociali e locali, con la cittadinanza. Nomenklature che ormai riproducono quasi solo se stesse. “Siamo partiti, è normale che sia così”, obiettano i più. Ma pensiamoci un momento. Cosa sono, oggi, le correnti? Nei grandi partiti di massa della Prima Repubblica, ovviamente, di correnti ce n’erano tante. Si chiamavano così perché nascevano, dal basso, come “correnti di pensiero”. Nella vecchia Dc ci furono i dossettiani come Lazzati e La Pira, che incarnavano una concezione cristiana integrale della società. Iniziativa Democratica di Fanfani, che alla fine degli anni ’50 premeva per un’apertura al Psi. I Dorotei di Rumor e Taviani, che in nome della Chiesa chiedevano l’opposto. Forze Nuove di Donat Cattin e Pastore, in cui si riconosceva il mondo del lavoro e il sindacato. I Morotei che invocavano il compromesso storico e l’Alleanza Popolare di Gava, Piccoli e Forlani che voleva il ritorno al grande centro cattolico. Persino nel Pci, dove vigeva il centralismo democratico, c’erano i Miglioristi di Napolitano, Chiaromonte e Macaluso, più inclini alle istanze moderniste e filo-occidentali, e gli Ingraiani come Magri, Pintor e Rossanda, più vicini al movimento studentesco, al femminismo, all’ambientalismo. Ad ognuna di queste formazioni corrispondevano ispirazioni e aspirazioni differenti, anche se coerenti con il partito di appartenenza. Dov’è il “pensiero”, nelle correnti di oggi? Cosa rappresentano, sul piano ideale e culturale? Nulla. Sono solo incarichi, funzioni e quote di potere da spartire.
Ma lo specchio ancora più impietoso di questo abisso tra elettori ed eletti è l’inchiesta che il nostro giornale sta conducendo in alcuni luoghi-simbolo della Penisola. Dai bagni lussuosi del Twiga alle spiagge dolenti di Lampedusa, dai cantieri navali di Monfalcone alla grande ex fabbrica fordista di Mirafiori. Nella globalizzazione e nella frammentazione del nostro tempo liquido, è ormai chiaramente impossibile parlare di “classi sociali”. Ne restano giusto frammenti, ormai quasi privi di coscienza e destino. Nella migliore delle ipotesi, viene fuori una società disincantata, stanca di grancasse e promesse, che non crede più a niente e non vota nessuno. Nella peggiore, emerge un’umanità tradita, che credeva nel riscatto e chiedeva protezione, e non avendola avuta oggi è pronta a votare “per disperazione”. Come scrive Giovanni Orsina: li hanno provati tutti, e tutti hanno fallito, a questo punto tanto vale che proviamo anche Meloni e vediamo come va.

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Salvini frena Meloni: votiamo, poi sarà il presidente a scegliere

domenica, Agosto 28th, 2022

di Michelangelo Borrillo, inviato a Ceglie Messapica

Il capo leghista: «Io concorro per guidare il Paese». Poi il timore: «Non vorrei che i pm cambiassero l’esito delle urne»

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Il leader della Lega Matteo Salvini intento a concedere selfie a Ceglie Messapica

«La partita finisce quando l’arbitro fischia». Sarà perché il suo arrivo a La Piazza — l’appuntamento politico di fine agosto organizzato da Affaritaliani.it con Comin & Partners — è contemporaneo all’ingresso in campo del suo Milan a San Siro, ma le prime parole di Matteo Salvini sul palco di Ceglie Messapica sono una metafora calcistica. L’assist al leader della Lega arriva dalla prima domanda del direttore di Affaritaliani.it Angelo Maria Perrino: alle ultime elezioni Salvini fu il più votato ma il Quirinale non gli conferì l’incarico di premier; Giorgia Meloni, invece, nel caso il centrodestra vincesse e FdI fosse il primo partito non vede alternative alla sua ascesa a Palazzo Chigi. «A un mese dal voto mi sembra un dibattito prematuro — la risposta di Salvini — la Costituzione detta i modi e i tempi dell’incarico. Ma siccome sono un inguaribile ottimista — ed eccolo il gol, in contemporanea con quello del milanista Leao al Bologna — penso che la Lega possa diventare il primo partito. Poi dal 26 settembre Mattarella farà quello che riterrà opportuno».

E fa niente che i sondaggi non indichino una soluzione del genere, «perché c’è ancora tanta gente che deve decidere per chi votare: sono felice di concorrere per il mestiere più bello del mondo, il presidente del Consiglio del mio Paese». Se ci spera Salvini, perché non può farlo anche chi, a Palazzo Chigi, ha già «calcato il campo»? In collegamento con La Piazza c’è anche il leader di Forza Italia Silvio Berlusconi per il quale, «nel panorama politico italiano c’è una sola figura che ha già dimostrato di saperci fare, un signore che ha creato la televisione libera, che ha governato il Paese per quasi 10 anni e che ha vinto con il Milan — ancora i rossoneri — il maggior numero di trofei al mondo: Silvio Berlusconi». Insomma, il centrodestra sembra vedere ostacoli solo all’interno della sua coalizione, non negli avversari politici.

Al massimo, i problemi possono arrivare dall’esterno. Il primo, secondo Berlusconi, è «l’astensione, il vero pericolo della democrazia». Il secondo potrebbe essere quello segnalato, dal palco, da Marcello Minenna, direttore dell’Agenzia delle Dogane che evidenzia, da economista, il pericolo dei «fondi speculativi che stanno caricando il bazooka con livelli paragonabili a quelli della crisi finanziaria globale». Il terzo pericolo è un timore di Salvini, che in un certo senso «scavalca» Berlusconi in un campo tanto caro all’ex patron del Milan adesso passato al Monza. «L’unica variabile non dipendente da noi — spiega il leader della Lega — è il tema della giustizia che va riformata: non vorrei che da qui al 25 settembre qualcuno potesse svegliarsi male e pensare di cambiare in un Tribunale il risultato della cabina elettorale». Poi, alla giustizia, ci penserà Giulia Bongiorno che «mi piacerebbe avere come ministro. Altri nomi? Non ne faccio, ma penso che quello dell’Economia e quello degli Esteri vadano annunciati nelle prossime settimane».

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Sgravi e bollette a rate contro il caro energia

domenica, Agosto 28th, 2022

di Enrico Marro

In piena campagna elettorale si accendono i toni dello scontro tra i partiti sul caro-energia, mentre il governo, a partire da domani, comincerà a valutare nel dettaglio le risorse a disposizione per nuovi aiuti a imprese e famiglie. La linea del presidente del Consiglio, Mario Draghi, e del ministro dell’Economia, Daniele Franco, che si sono sentiti anche in questi giorni, non cambia: non ci sarà nessun ricorso a un aumento del deficit, nonostante il pressing dei partiti affinché si finanzino i nuovi sostegni con uno «scostamento di bilancio». Quindi, spiegano a Palazzo Chigi, «prima occorre trovare le risorse» e poi si possono prendere i relativi provvedimenti.

Tutte le ipotesi

Sul tavolo il menù delle ipotesi è ricco, ma il mix che entrerà nel nuovo decreto (o emendamento al decreto Aiuti bis) dipende appunto dai fondi a disposizione. C’è la proroga del taglio delle accise sui carburanti, così da confermare il taglio di 30,5 centesimi al litro del prezzo della benzina e del gasolio. Lo sconto attuale scade il 20 settembre e ogni mese in più costa un miliardo. Quasi certa anche la messa a disposizione di un pacchetto di settimane di cassa integrazione gratuita per le imprese costrette a fermare o a ridurre temporaneamente la produzione per via del caro-energia. Altre ipotesi prevedono il rafforzamento del credito d’imposta sui maggiori costi delle bollette, che è del 25% degli stessi per le imprese energivore e gasivore e del 15% per le altre, ed è stato già finanziato anche per le bollette del terzo trimestre dell’anno con 3,4 miliardi di euro nel decreto legge Aiuti bis. Le proposte sul tavolo prevedono l’aumento delle aliquote del credito d’imposta, la sua estensione anche agli esercizi commerciali, la proroga al quarto trimestre del 2022. Anche qui, tutto dipenderà dalle risorse a disposizione. Sempre per le imprese che consumano più energia elettrica e gas, è allo studio un meccanismo per cedere loro a prezzi calmierati l’energia prodotta da fonti rinnovabili e il gas estratto in Italia. I tecnici fanno però osservare che, anche in questo caso, servirebbe una copertura finanziaria perché, secondo le regole europee, oggi il prezzo di tutta l’energia, indipendentemente dalla fonte, è agganciato al prezzo di quella prodotta col gas, le cui quotazioni sono alle stelle. Confindustria ha chiesto, inoltre, la sospensione dei costosi certificati Ets che autorizzano l’emissione di CO2. La misura allo studio

Sul versante famiglie, potrebbe essere potenziata la rateizzazione delle bollette, ora prevista per quelle del primo semestre 2022 e con un massimo di 10 rate. Molto più costoso, invece, sarebbe un rafforzamento del bonus sociale per le famiglie a basso reddito (fino a 12mila euro di Isee) o l’ampliamento della platea dei beneficiari (adesso 5,2 milioni di famiglie). Sul tavolo, infine, vi sono anche norme regolamentari. Da quelle per rafforzare il piano di risparmi dei consumi (caloriferi, condizionatori, illuminazione pubblica, orari degli esercizi commerciali) a quelle per velocizzare la messa in funzione dei rigassificatori. I rincari e le imprese

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