Archive for Agosto, 2022

Come finirà la guerra tra Russia ed Ucraina, la profezia di Henry Kissinger

sabato, Agosto 27th, 2022

Henry Kissinger interviene ancora una volta sulla guerra tra Russia ed Ucraina. In un’intervista a The Post Internazionale l’ex segretario di Stato Usa ha lodato l’operato di Joe Biden sul conflitto: “L’amministrazione Usa stia agendo correttamente. Sono d’accordo con i provvedimenti adottati per opporre resistenza all’invasione russa, perché era indispensabile dimostrare che la Russia non ha il diritto o la possibilità di imporsi con la sola forza delle armi”. “Dovrà – spiega Kissinger sul momento che porrà fine alla guerra – concludersi con dei negoziati. Si potrebbe ritenere che la Russia continuerà a essere uno Stato e che anche l’Ucraina sarà uno Stato. Quindi, la situazione potrebbe cambiare radicalmente perché l’Ucraina è stata armata dalla Nato, ha avuto rapporti strettissimi con l’Alleanza e alla fine della guerra qualche tipo di rapporto dovrà pur continuare. Immagino che offrire all’Ucraina di aderire alla Nato sia stato un errore, ma alla luce di quanto accaduto è comunque un fatto del passato. Ci dovrà essere un negoziato e vorrei mettere in guardia dal rischio di lasciare che la guerra si trascini all’infinito. Perché in questo caso diventerebbe come la Prima guerra mondiale, porterebbe a un’escalation, quanto meno a una possibile escalation. Quindi auspico che a breve, se i Paesi della Nato si metteranno d’accordo su un possibile esito finale, si possa iniziare a vedere dove possa portare un eventuale negoziato. In ogni caso, non si dovrà concedere nulla alla Russia di quanto ha conquistato in Ucraina”.  “Ho suggerito, e la mia proposta è stata accolta, che i russi – spiega la propria idea Kissinger – tornino al confine precedente allo scoppio del conflitto, il che significa che la Russia prima di un cessate il fuoco dovrebbe rinunciare al 15-20% del territorio ucraino conquistato.

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M5S, il siluro di Giuseppe Conte a Luigi Di Maio: “È colpevole, ha sfasciato l’equilibrio del governo”

sabato, Agosto 27th, 2022

Tutta colpa di Luigi Di Maio. Ad individuare il vero responsabili della crisi di governo che ha portato alle dimissioni di Mario Draghi è Giuseppe Conte, intervistato dal Tg2 Post: “Su Di Maio sospendo il giudizio, fino a poco tempo fa abbiamo lavorato insieme, ma ha assunto un’iniziativa politica in modo improvvido e imprudente. Se posso dare la colpa della caduta del governo Draghi a Di Maio? Mi assumo la responsabilità politica di aver sollecitato una risposta a Draghi, ma è un fatto oggettivo che mettersi a formare una forza politica in questo contesto e attaccare una delle forze di maggioranza relativa, significa voler sfasciare l’equilibrio del governo. “Eravamo disponibili – dice ancora il presidente del Movimento 5 Stelle – a sostenere Draghi anche per rivedere il sistema di determinazione del prezzo unico del gas, che è fondamentale. Se fosse stata realizzata una misura comune europea non ci troveremmo in una spirale recessiva così grave. Era tutto scritto, l’ho denunciato a marzo a Draghi, quando la situazione era già grave, ma mi è stato detto che attentavo alla credibilità dell’Italia, che c’erano degli impegni internazionali che non si potevano trascurare – ricorda Conte nell’intervista alla Rai -. Non volevo metterli in discussione, ma fra alleati ci si parla”. “Ribadiamo la ferma condanna alla Russia e il pieno sostegno alla popolazione ucraina, ma l’escalation militare per inseguire la chimera di una vittoria militare sulla Russia ci potrebbe portare a un conflitto che potrebbe durare anni.

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L’industriale Alberto Balocco e un amico muoiono colpiti da un fulmine in Val Chisone

sabato, Agosto 27th, 2022

di Massimo Massenzio

L’altra vittima è Davide Vigo. Erano in mountain bike elettrica. Ad individuare i corpi è stato un automobilista

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L’industriale Alberto Balocco e un amico, Davide Vigo, sono morti questo pomeriggio in Val Chisone, nei pressi del rifugio dell’Assietta, nel comune di Pragelato: erano in mountain bike.

Erano arrivati in cima al colle dell’Assietta, avevano scollinato e stavano già tornando indietro, quando sono stati sorpresi da un violento temporale. L’imprenditore Alberto Balocco, 56 anni, presidente e amministratore delegato dell’azienda dolciaria di famiglia e il suo amico Davide Vigo, 55enne manager torinese con residenza in Lussemburgo, erano partiti al mattino da Sauze d’Oulx per una gita in sella a due mountain bike elettriche prese a noleggio.

Una sgambata a oltre 2 mila 500 metri di quota lungo una pista sterrata, dalla Val di Susa fino in Val Chisone. Che si è conclusa in tragedia. Erano da poco passate le 13 quando sul colle ha cominciato a grandinare. Balocco e Vigo si sono fermati e hanno indossato le giacche antivento. Forse hanno pensato di cercare riparo nel vicino rifugio Casa Assietta, a duecento metri dalla vetta. Non hanno fatto in tempo. Un fulmine, magari attirato dalle biciclette in fibra di carbonio, li ha colpiti in pieno, uccidendoli sul colpo. A dare l’allarme al 112 è stato un’automobilista che stava percorrendo la pista col suo fuoristrada: «Ci sono due ciclisti per terra, non si muovono». L’elisoccorso è decollato nonostante il maltempo, si è infilato nella nebbia ed è riuscito a portare l’équipe sanitaria su un prato lì vicino.

Il noto industriale fossanese e il suo compagno di pedalata erano a pochi metri di distanza l’uno dall’altro, vicino a un tornante da dove si possono scorgere i trampolini olimpici di Pragelato. Sul posto sono arrivati anche i tecnici del soccorso alpino e il 118: hanno provato a rianimare Balocco e Vigo, ma è stato subito chiaro che era troppo tardi. Una delle due biciclette presentava tracce di bruciatura, l’altra era praticamente intatta, a parte i graffi dovuti alla caduta. Secondo il medico legale, invece, i due corpi avevano «segni evidenti di folgorazione». Una scarica elettrica che non ha lasciato scampo ai due biker. Per il momento non sembrano esserci altre ipotesi, ma gli accertamenti, a cura dei carabinieri della stazione di Fenestrelle, sono ancora in corso. Le salme sono state trasportate, non senza qualche difficoltà, a valle, per poi raggiungere le camere mortuarie di Pomaretto. Adesso le indagini, coordinate dal pm Francesco La Rosa della Procura di Torino, dovranno accertare l’esatta causa della morte.

La famiglia Balocco aveva già subito un grave lutto all’inizio di luglio. Il padre di Alberto, Aldo, 91enne presidente onorario dell’azienda e inventore dello storico mandorlato, è morto all’inizio di luglio. Era stato lui a trasformare la pasticceria di Fossano in un colosso del settore dolciario, mentre Alberto l’aveva traghettata in una dimensione internazionale. In base alle prime ricostruzioni dei carabinieri della compagnia di Pinerolo Alberto Balocco e Davide Vigo, nato a Torino e dirigente di un’azienda del Cuneese, stavano trascorrendo gli ultimi giorni di vacanza assieme alle loro famiglie a Sauze d’Oulx. Erano entrambi appassionati ciclisti e ieri mattina avevano programmato l’escursione in Val Chisone. Con ogni probabilità sono passati lungo la strada che costeggia le piste da sci della Via Lattea e poi dritti verso Sestriere e il Col Basset. Da lì la dorsale per l’Assietta, uno dei luoghi simbolo del Piemonte, famoso per la battaglia del 1747 fra le truppe del Regno di Sardegna e i francesi, quando fu alzato il vessillo bianco e rosso che oggi è la bandiera ufficiale della Regione.

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Fed, Powell: “Gli sforzi per ridurre l’inflazione si tradurranno in dolori per l’economia”

sabato, Agosto 27th, 2022

La Federal Reserve deve continuare ad aumentare i tassi di interesse e mantenerli a un livello più alto fino a quando non sarà sicura che l’inflazione sia sotto controllo», un processo che «rischia di indebolire il mercato del lavoro e causare un certo dolore alle famiglie e alle imprese». Lo ha detto il presidente della Fed, Jerome Powell, nell’atteso discorso a Jackson Hole. «Useremo vigorosamente tutti gli strumenti che abbiamo a disposizione per domare l’inflazione», ha aggiunto Powell.  Gli sforzi per ridurre l’inflazione si tradurranno probabilmente in «qualche dolore» per l’economia ma non «riportare la stabilità dei prezzi sarebbe ancora più doloroso».

L’economia americana «sta chiaramente rallentando rispetto ai tassi di crescita elevati del 2021», ma il «mercato del lavoro è particolarmente forte». Lo afferma il presidente della Fed Jerome Powell, sottolineando che il rallentamento della corsa dell’inflazione a luglio è una buona notizia ma un «singolo mese di miglioramento» non è sufficiente per la Fed.

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Giorgia & the City: Meloni pronta a volare a Londra per rassicurare gli investitori

sabato, Agosto 27th, 2022

Alessandro barbera, Francesco Olivo

ROMA-CEGLIE. Gli inviti a incontrare le banche d’affari e i grandi fondi di investimento della City di Londra sono partiti prima del crollo del governo Draghi. Non è ancor deciso se la risposta arriverà prima o dopo il voto del 25 settembre. Per chi conosce le regole del mercato non c’è contraddizione fra le scommesse al ribasso verso l’Italia di questi giorni e il desiderio di conoscere le intenzioni della probabile premier del governo che verrà. Morgan Stanley, J. P. Morgan, Goldman Sachs e ancora Elliot, Fidelity, BlackRock, Bridgewater, per citare i più noti: la lista di coloro i quali vogliono capire cosa abbia in testa Giorgia Meloni è lunga. A fare da apripista fin qui è stato Guido Crosetto, imprenditore, uno dei tre fondatori del partito e presidente di Aiad, l’associazione dei produttori di armi italiane. Chi lo ha incontrato ha raccolto l’impressione che sarà lei – in caso di vittoria alle elezioni – la garante della continuità istituzionale dell’Italia. «Il programma che ci è stato prospettato somiglia molto a quello del primo Berlusconi, solo con un accento più marcato alla difesa delle imprese nazionali», spiega uno degli analisti sotto la garanzia dell’anonimato. Gli incontri di Crosetto sono iniziati fra maggio e giugno. Allora la crisi del governo di larghe intese non era ancora conclamata, lo era semmai la curva ascendente dei tassi di interesse, il più decisivo dei fattori di rischio di un Paese ad alto debito come l’Italia. È da allora che è iniziata a circolare insistente una domanda: che accadrà dopo? Il nuovo governo di centrodestra somiglierà a quello che nel 2011 spinse l’Italia sull’orlo del baratro finanziario o la musica cambierà?

Da allora di acqua sotto i ponti ne è passata molta, e in parte lo si deve proprio a Draghi. Dal «Whatever it takes» in poi il rischio Italia è calmierato dalla Banca centrale europea, che è oggi è uno dei grandi acquirenti del debito italiano. Ma la recente stima di Standard and Poor’s a proposito delle intenzioni di chi scommette in titoli pubblici dice che le risposte date fin qui e le promesse non sono state comunque convincenti. Più che il pragmatismo di Meloni, testimoniato in una lunga intervista giovedì all’agenzia Reuters e ribadita ieri alla kermesse di Affari Italiani a Ceglie Messapica, a preoccupare il mondo della finanza è la coesione dell’alleanza di centrodestra. Dopo dieci anni di instabilità e leader mai eletti, la coalizione che dovrebbe uscire vincente dalle elezioni sarà in grado di governare per l’intera legislatura, come avviene normalmente in Francia o in Germania?

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Il prezzo dell’addio di Draghi: “Gli investitori pronti a liberarsi di 200 miliardi di titoli di Stato”

sabato, Agosto 27th, 2022

Fabrizio Goria

Almeno 200 miliardi di euro di Btp sono a rischio vendita da parte degli investitori istituzionali. Non sono solo le scommesse dei fondi hedge, raccontate dal Financial Times, a preoccupare. L’addio di Mario Draghi a Palazzo Chigi, secondo la banca statunitense Citi, può scatenare una girandola di prese di posizione intorno al Paese. Le tensioni aumentano, l’incertezza sale, i rendimenti dei bond italiani crescono. Il Btp decennale è salito di 19 punti base su base giornaliera, fino a quota 3, 75%, la massima espansione da metà giugno. La Banca centrale europea (Bce) osserva ed è pronta ad agire nuovamente per mitigare il dissolvimento dello scudo di credibilità garantito da Draghi.

Le avvisaglie di un nuovo periodo di stress intorno ai titoli di Stato italiani, a seguito delle dimissioni di Draghi, ci sono state fin da subito. Prima Citi, che in una nota ai clienti istituzionali ha evidenziato le potenziali vendite nette sul debito italiano, da inizio anno a fine luglio, circa 97 miliardi di euro, a cui vanno aggiunti altri 100 miliardi in bilico dopo l’addio di Draghi. E poi gli altri colossi statunitensi. Come rimarcato da Jason Simpson, economista di State Street Global Advisors, «lo spread tra i Btp italiani a 10 anni rispetto ai Bund tedeschi cresciuto di 25 punti percentuali nel corso della settimana successiva alla crisi di governo». La dinamica della curva dei rendimenti è stata tenuta sotto controllo dall’intervento della Bce attraverso il reinvestimento del Pandemic emergency purchase programme (Pepp), il programma di aiuti pandemici. Dopo i quasi 10 miliardi di euro acquistati a luglio, è pronto a essere utilizzare ancora per mitigare la frammentazione in vista del voto del 25 settembre.

Negli ultimi giorni, il Ft ha rivelato la strategia di numerosi fondi d’investimento. Da BlueBay a Millennium, passando per Bridgewater, Citadel e Cqs, sono iniziate le vendite allo scoperto sull’Italia. A preoccupare crisi del gas, incertezza elettorale e gestione dei conti pubblici. Ed è quest’ultimo il punto toccato da Gregorio De Felice, capo economista di Intesa Sanpaolo. Secondo cui «una gestione ordinata della politica di bilancio e il rispetto delle regole Ue in materia di saldi di finanza pubblica e convergenza macroeconomica escludono qualsiasi criticità sul fronte del rifinanziamento del debito pubblico nel 2023». In caso di conferma degli obiettivi, e di approvazione delle tranche del Pnrr, il fabbisogno da finanziare sul mercato il prossimo anno «è stimabile nell’ordine di 50 miliardi di euro, che potrebbero essere coperti da acquisti netti di investitori domestici (intermediari e famiglie) anche a fronte di un possibile moderato flusso di vendite estere». E queste, secondo Intesa, sarebbero pari a 20 miliardi di euro.

Qualora ci fossero delle deviazioni dalla cosiddetta “Agenda Draghi”, sarebbero possibili forti turbolenze di mercato. A sottolinearlo è anche Intesa. Se ci fossero una frenata nell’attuazione del Pnrr e uno scostamento di bilancio, «si potrebbe verificare un flusso di vendite nette estere molto significativo con una severa restrizione delle condizioni di liquidità», sottolinea De Felice. E la corsa dei rendimenti potrebbe costare anche di più. Equita Sim ha stimato che ogni 100 punti base di spread in più si traducono in un aumento della spesa per interessi sul debito pubblico di 2, 5 miliardi di euro nel 2023, 7 miliardi nel 2024 e 10, 1 miliardi nel 2025.

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Quel processo ai combattenti Azov, una vendetta da Repubblica di Salò

sabato, Agosto 27th, 2022

Domenico Quirico

Nella lenta agonia di questa guerra ecco avanzare un’altra danza macabra. Niente che abbia a che fare con la strategia o la tattica. Semplicemente una mossa psicologica, propaganda cinica e volgare. Se non fosse che uomini rischiano la pena di morte non avrebbe neppure la densità o lo splendore del dramma, solo l’aria sudicia dell’impostura.

Nel teatro di Mariupol sono in corso lavori di bassa lega, si montano gabbie di ferro dove troveranno posto gli imputati, i falegnami allestiscono panche per il pubblico e scranni per i giudici. Perchè qui andrà in scena il processo pubblico imbandito dai secessionisti del Donbass ai “nazisti” dell’Azovstal, i combattenti ucraini che dopo un lungo assedio si sono arresi ai russi. Nelle foto le gabbie appaiono enormi come se dovessero ospitare non uomini ma lo zoo per esseri giganteschi e pericolosi di qualche razza perduta.

Inutile attendere i capi di accusa, le risultanze della istruttoria, l’elenco dei testimoni a carico. Parlar di codici, leggi internazionali e leggi nazionali (materia ancor più viscida in un repubblica che è riconosciuta solo dai russi che la tengono in piedi a furia di cannonate). Questo è un processo che assomiglia ai lugubri riti del castello di Verona, quando la Repubblica sociale mussoliniana saldò i conti con i traditori del Gran Consiglio e del 25 luglio. Qui siamo nel territorio oscuro e violento non del diritto ma della vendetta. Questo processo, che immagino della volontà di coloro che lo hanno organizzato vuole essere la risposta alla condanna a Kiev di un giovane soldato russo accusato di aver ucciso un civile, esattamente come l’altro sul piano assoluto della giustizia non ha fondamento. Appartiene a un altro territorio inaccettabile, ovvero quello dell’uso strumentale del diritto continuamente smentito per segnare linee di sangue nella storia e per proporre feroci catarsi collettive.

È fin troppo facile enumerare le ragioni per cui come nel caso dei frettolosi ucraini non può essere un processo regolare. La impossibilità visto che si svolge mentre la guerra infuria per gli accusati di citare liberamente testimoni a difesa. Nessuno avrebbe il coraggio di venire a portare prove a discarico degli accusati rischiando a sua volta vendette.

E poi il diritto alla difesa: impossibile per i soldati della Azovstal scegliere difensori che dovrebbero attraversare la linea del fronte per assistere al processo. Ci saranno come nel caso ucraino reticenti avvocati d’ufficio evidentemente di parte. Senza dimenticare il problema del clima in cui si svolgerà il processo che viene immaginato come una gigantesca operazione di propaganda: addirittura una Norimberga ucraina che dovrebbe portare elementi a sostegno della tesi russa secondo cui i difensori della acciaieria e le milizie a cui appartengono sono nazisti impegnati nella pulizia etnica di tutto ciò che era russofilo nelle province dell’Est del Paese.

In una guerra come quella ucraina si concepisce un odio furioso, un odio che raggiunge proporzioni puniche ed è questo, se volete, a essere la sua unica grandezza. Un odio selvaggio per il nemico, una esecrazione endemica e disperata che affila i coltelli, avvelena il passato, aggredisce i civili e i combattenti per poi ammucchiarli ai bordi di tutti i sentieri della ragione e della storia umana.

Si somministrano da una parte e dall’altra terribili veleni. Si giudicano dunque in base a questo odio anche gli eroi ambigui e sfruttati dell’Azovstal. La propaganda ha bisogno di un nuovo spettacolo tragico e lo reclama con possente e unanime clamore. La condanna scontata, lo sanno gli stessi organizzatori, sarà ben poca cosa e non cambierà il corso della guerra. In fondo tutte le possibilità propagandistiche di quel gruppo di soldati maceri e stracciati sono già state efficacemente raschiate nelle sequenze della resa, della spogliazione, della esibizione dei tatuaggi.

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Putin brucia il gas perché non può farne a meno

sabato, Agosto 27th, 2022

di Federico Rampini

Bruciare gas al confine con la Finlandia quel che sta facendo la Gazprom di Putin – è l’equivalente di bruciare banconote. Lo abbiamo visto fare in qualche film, magari da un mafioso in vena di esibizioni arroganti. È un gesto spettacolare ma tutt’altro che benefico per le proprie finanze.

Putin lo fa non perché se lo può permettere, ma perché non può farne a meno: il suo ricatto energetico contro l’Europa comincia a mostrare la corda. Il gas invenduto va distrutto, con grave danno per le finanze di Mosca, al fine di evitare danni perfino superiori: ai giacimenti, agli impianti, alla rete distributiva. È questa la tesi interessante di due esperti americani del settore energetico, Paul Roderick Gregory della Hoover Institution (Stanford) e Ramanan Krishnamoorti dell’università di Houston, Texas. In un’analisi pubblicata ieri sul Wall Street Journal i due esperti avevano anticipato la “necessità” di bruciare gas per limitare i danni tecnici agli impianti e alla rete.

Al centro della questione c’èil gasdotto Nord Stream 1 che trasporta gas dalla Russia all’Unione europea. Il gas viene estratto nelle regioni artiche della Russia. Entra nel gasdotto Nord Stream 1 a Vyborg, vicino al confine con la Finlandia: proprio lì dove adesso Gazprom lo sta bruciando. Dalla frontiera finlandese Nord Stream 1 viaggia sotto il mare fino a Greifswald in Germania, dove si collega con la rete europea. Un gasdotto parallelo è Nord Stream 2, la cui costruzione era praticamente conclusa ma che è stato bloccato dalle sanzioni. Nord Stream 1 resta quindi l’arteria principale che dalla Russia porta gas all’Unione europea. Ha una capacità massima di 62 miliardi di metri cubi all’anno. Prima della guerra in Ucraina, Gazprom lo stava usando quasi ai limiti della capacità: dal 2019 al 2021 il Nord Stream ha trasportato 55 miliardi di metri cubi all’anno.

Dopo l’invasione dell’Ucraina, l’Occidente non ha mai incluso il gas nel perimetro di applicazione delle sanzioni, però Putin ne ha fatto un’arma di pressione. Ha imposto dei tagli alle forniture per infliggere danno economico all’Europa. A fine luglio Nord Stream stava ormai trasportando solo il 40% di gas rispetto alla sua capacità massima. Poi con la scusa di lavori di manutenzione è sceso al 20%. Se dovesse continuare così, a fine 2022 avrà trasportato solo 19 miliardi di metri cubi invece dei 55 miliardi abituali. Le conseguenze sull’Europa le conosciamo bene, e rischiano di aggravarsi in autunno. La capacità di ricatto di Putin si sta dispiegando in tutta la sua potenza, e fa dire ad alcuni che le sanzioni fanno male solo all’Europa.

Ma che può fare la Russia con il gas che non vende agli europei? Il petrolio che Mosca non esporta più verso Occidente trova facilmente acquirenti, a cominciare da India e Cina, sia pure a prezzi scontati. Il petrolio viaggia soprattutto su navi ed è facile dirottarlo da un mercato all’altro. Il gas no, la parte che viene trasportata su nave è ridotta e richiede comunque la costruzione di impianti particolari (ne sappiamo qualcosa: per i paesi riceventi sono i rigassificatori, a cui corrispondono impianti speculari e simmetrici che nei paesi produttori devono trasformare il gas in liquido, quindi caricarlo su apposite navi cisterna).

Russia e Cina hanno raggiunto un accordo per costruire un nuovo gasdotto che le colleghi, ma ci vorranno anni prima che sia pronto. Invece il gas che Gazprom non sta fornendo agli europei continua a sgorgare dai giacimenti, e bisogna farne qualcosa. Immagazzinarlo? Le capacità di stoccaggio di gas russe sono già quasi esaurite. Chiudere i “pozzi”, interrompere l’estrazione? Si può fare, però correndo dei rischi tecnici. I giacimenti che smettono di fornire gas possono subire danni strutturali che ne compromettono il ritorno alla produzione in tempi successivi.

Poi ci sono i problemi tecnici che riguardano i gasdotti. Tutte le valvole, gli accessori, le attrezzature tecniche sofisticate che regolano il funzionamento dei gasdotti, sono soggette a guasti e deterioramento se la pressione scende o si azzera. Sono problemi risolvibili se c’è una manutenzione di altissimo livello. Ma qui intervengono le sanzioni economiche occidentali, che allontanano dalla Russia grandi aziende specializzate in quel tipo di manutenzione sofisticata come Halliburton, Baker Hughes, Schlumberger. Per evitare problemi e ridurre i rischi di gravi danni al gasdotto, un espediente consiste proprio nel bruciare il gas.

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Scuola, la preoccupazione dei presidi per il riscaldamento. La proposta: un giorno in meno a settimana sui banchi

sabato, Agosto 27th, 2022

di Gianna Fregonara

Per ora le scelte di risparmio restano delegate agli istituti o agli enti pubblici. Ma i dirigenti: «Dopo il Covid che non si chiuda di nuovo»

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In Gran Bretagna si è parlato addirittura di ridurre le lezioni in classe a soli tre giorni alla settimana per tagliare drasticamente consumi e costi del riscaldamento delle scuole e il numero delle corse dei trasporti pubblici per gli studenti. E benché per ora il governo inglese smentisca di aver fatto questi conti, la discussione va avanti. L’idea di accorciare la settimana scolastica, riducendola per tutte le scuole a cinque giorni, tiene banco anche tra i presidi, gli insegnanti e i politici italiani.

Molte scuole, sopratutto elementari e medie, sono già organizzate su cinque mattine e dunque non sono coinvolte, ma nelle grandi città e sopratutto le scuole superiori osservano ormai in buona parte la settimana lunedì-sabato. Nell’aggiornamento del piano di emergenza per il gas che il governo dovrebbe varare la settimana prossima l’ipotesi non dovrebbe essere contemplata: dopo due anni di Covid, ora che si torna alla normalità, imporre un altro cambiamento a ridosso dell’apertura non convince. Senza contare che andrebbe aggiornato anche il piano dei trasporti: troppo tardi ormai.

Per ora dunque le scelte di risparmio restano delegate alle scuole o agli enti pubblici (Comuni e Province) che sono i responsabili degli edifici scolastici e del riscaldamento. Della settimana corta per gli studenti si era parlato a giugno in provincia di Brescia dove il direttore dell’Ufficio scolastico territoriale Giuseppe Bonelli aveva chiesto alle 39 scuole superiori della zona di riflettere sul tema: «Non c’è stata una grande risposta, probabilmente soltanto altre due scuole accorceranno l’orario». Stringere il calendario su cinque giorni può diventare complicato dal punto di vista amministrativo: «Bisognerebbe passare alle lezioni di cinquanta minuti», continua Bonelli, ma ci vorrebbe una legge apposta.

Qualche giorno fa anche il vicepresidente della Provincia di Verona David Di Michele (Fdi), aveva proposto la settimana corta per contenere i costi energetici che, ha spiegato, quest’anno potrebbero risultare più che raddoppiati rispetto al 2020, circa 8 milioni di euro: «Sono cifre importanti e difficili da sostenere per un ente come il nostro, la settimana corta ci permetterebbe di ammortizzare costi importanti», ha detto al Corriere Veneto. Idea bocciata in diretta dal leader della Lega Matteo Salvini, che spiega: «La scuola è l’ultima da ridurre o da tagliare». Per una volta si trova d’acordo con Lia Quartapelle (Pd): «Non è tagliando le ore di lezione che si risolvono i problemi». Anche il sindaco di Vicenza Francesco Ruocco (centrodestra) frena: «Può essere una buona idea ma prevede una riorganizzazione complessa, compresa quella del trasporto pubblico che probabilmente la renderà irrealizzabile». La direttrice dell’ufficio scolastico regionale Carmela Palumbo è più possibilista:«Bisogna decidere in fretta, la scuola sta per iniziare e non possiamo chiedere dopo due anni così duri nuovi adeguamenti in corso d’anno».

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Gas, per il piano del governo contro i rincari servono 20 miliardi. La Ue convoca i ministri

sabato, Agosto 27th, 2022

di Enrico Marro

Prezzi ancora in aumento, che ieri ad Amsterdam ha chiuso a 339 euro al megawattora, ma nel corso della giornata aveva toccato il record storico di 341 euro.

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Ancora in aumento il prezzo del gas, che ieri ad Amsterdam ha chiuso a 339 euro al megawattora, ma nel corso della giornata aveva toccato il record storico di 341 euro. L’impennata delle quotazioni si è scaricata sul prezzo dell’elettricità, che in Italia ha raggiunto il picco di 870 euro per poi attestarsi su una media giornaliera di 713,69 euro, appena sotto i 718,71 euro dell’altro ieri, ma 100 euro in più di tre giorni fa e 200 euro sopra le quotazioni di una settimana prima.

L’inarrestabile corsa dei prezzi, che ha toccato livelli record anche in Francia e Germania, sta spingendo il governo Draghi a esaminare tutte le strade per nuovi interventi di sostegno a famiglie e imprese, pur in un quadro molto difficile, perché si tratterebbe di mettere in campo aiuti per una ventina di miliardi, ma non si sa come finanziarli. In questo contesto sono state accolte positivamente le notizie arrivate ieri pomeriggio da Bruxelles: la presidenza ceca di turno dell’Ue ha annunciato la convocazione, di una riunione straordinaria dei ministri europei dell’energia, entro metà settembre, «per discutere le misure di emergenza».

«Sì, è una buona notizia», commenta il sottosegretario all’Economia, Federico Freni (Lega). Che, conferma tutta la difficoltà del momento per mettere in campo gli interventi che servirebbero per contrastare gli aumenti delle bollette di luce e gas e il caro-carburanti. «Per stare tranquilli fino alla fine dell’anno – dice – dovremmo stanziare dai 20 ai 25 miliardi di euro e si può fare solo con uno scostamento di bilancio», ovvero aumentando il deficit. «Ma servirebbe in ogni caso una preventiva autorizzazione europea e poi un voto del Parlamento a maggioranza assoluta: solo dopo si potrebbe in concreto spendere lo scostamento. Insomma i tempi non ci sono». Quindi? «Per accelerare serve un nuovo quadro comunitario che semplifichi le procedure di scostamento. Nel frattempo dobbiamo rifinanziare le misure esistenti per lo sconto carburanti e per l’azzeramento degli oneri di sistema e accelerare al massimo le procedure per gli impianti di rigassificazione».

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