Annalisa Cuzzocrea
Viviamo un tempo nuovo senza neanche rendercene conto. Un secolo in
cui tutto è cambiato, rispetto al precedente, ma in cui siamo talmente
dentro da non percepirlo. «È questo – dice Corrado Augias – scrivilo, è
così». Bisogna avere lo sguardo lungo, puntato sul futuro, ma la
capacità di ricordare il passato vissuto e quello studiato, per leggere
la realtà. E così, cominciamo a parlare de La fine di Roma. Trionfo del cristianesimo, morte dell’Impero, appena uscito per Einaudi, ma finiamo per riflettere su destra, sinistra, Meloni, Salvini, Orbán.
Come mai un libro su eventi così lontani ci parla tanto di oggi?
«Sono affascinato da quel periodo che è durato secoli e in cui il
mondo ha cambiato cavalli e prospettiva. In cui una cultura poderosa dal
punto di vista economico, militare, strategico, giuridico, di civiltà è
stata sostituita quasi integralmente da un’altra. Proprio oggi, nel
2022, stiamo attraversando una fase analoga. È finita l’epoca che
faticosamente stanno studiando i ragazzini delle scuole medie. Ne è
cominciata un’altra, con nuovi strumenti di conoscenza e di
comunicazione».
Un nuovo mondo? Così come lo è stato il mondo cristiano dopo quello classico?
«Sappiamo che la storia non si ripete mai uguale, ma alcuni
meccanismi della storia si possono ripetere. La mia idea è questa e
spiega perché la politica e i personaggi che la incarnano siano così
modesti: non c’è nessuna cultura che nutra la politica. I partiti si
occupano ormai dello stato di fatto: abbassiamo le tasse, diamo un
bonus, facciamo l’autostrada. Cose anche onorevoli, ma puri effetti.
Nessun politico ti dice più le cause, nessuno ti spiega: guardate che
questo sta succedendo perché».
Come in questa desolante campagna elettorale.
«Guarda la scuola, un cardine della vita democratica. In Italia più
che altrove abbiamo un tremendo bisogno di scuola. Bisogna sollevare il
livello di acculturazione del Paese. E invece perdiamo tempo a parlare
del numero dei bidelli, della mascherina. Non ci chiediamo mai: ma
quello che insegniamo a scuola va ancora bene? O dovremmo cambiarlo?».
Da cosa deriva questo respiro corto delle idee e delle
proposte politiche? Dalla fine delle ideologie, dei vecchi quadri di
riferimento?
«È una delle ragioni, ma non sono finite solo le ideologie, è finita
anche la religione. Nel libro parlo di quali siano stati per secoli i
grandi interrogativi che le religioni si ponevano, i problemi
lancinanti, puramente astratti e che oggi nessuno si pone. Tutto questo è
finito. C’è una rivoluzione in corso».
Quella digitale?
«Avere in tasca dieci centimetri quadrati di plastica e terre nobili
che ti permettono di comunicare all’istante con tutto il mondo non è
una cosa che viene gratis. Che non cambia tutto. Vuoi che in questa
situazione di trapasso ci sia uno che scrive La ricchezza delle nazioni o Il Capitale?
Quei grandi testi che hanno dato alimento per decenni alla pratica
politica? Non c’è nessuno che lo fa, nessuno sa cosa dovrebbe scrivere».
Forse perché non ci rendiamo conto di essere dentro questo
cambio d’epoca. Non abbiamo la capacità di guardare abbastanza avanti, o
abbastanza indietro.
«Chi invece è cresciuto in un altro mondo, come me, la vede come una
cosa magnifica, prodigiosa e pericolosissima. Quando andavo al liceo
parlavamo della guerra di Troia dividendoci tra chi stava con Achille e
chi con Ettore. I ragazzini di oggi non lo fanno più. È un segno che
quella cultura sta svanendo, che siamo dentro a una frattura profonda».
È un mondo peggiore?
«Non possiamo dirlo, sarà molto diverso».
È un mondo che, col suo respiro corto, fa crescere i
populismi, le loro risposte semplici e inattuabili, il consenso per il
consenso?
«La campagna elettorale fatta dicendo che Giorgia Meloni può
rappresentare un ritorno al fascismo e in questo senso un pericolo è
sbagliata. Non c’è un ritorno al fascismo. C’è forse qualcosa di
peggiore. Ci può essere una limitazione della libertà senza ideologia.
Il fascismo aveva una rozza ideologia. Ho riletto in un bel libro di
David Bidussa tutti i discorsi di Mussolini ed è impressionante come
avesse cercato di prendere di qua e di là, da Sorel a Marx alla Psicologia delle folle di Le Bon. Ha sentito il bisogno di costruire una ideologia».