Archive for Settembre, 2022

Matteo Renzi: “Draghi accetterebbe un bis noi all’opposizione se vince Meloni”

venerdì, Settembre 16th, 2022

Carlo Bertini

«Ove si creassero le condizioni e Mattarella glielo proponesse, sono certo che Mario Draghi accetterebbe». Matteo Renzi, che guida con Carlo Calenda il Terzo Polo, non dubita che, nel caso dalle urne non uscisse un chiaro vincitore, sarebbe possibile un governo Draghi bis. Ed esclude qualsiasi sponda al centrodestra, perché «se ci sarà un governo Meloni noi saremo all’opposizione». Ma l’ex premier non risparmia fendenti a Enrico Letta, che «vive di rabbia emotiva e per rancore personale ha preferito rompere l’alleanza con Italia Viva, pensando di farci un danno, in realtà facendoci un favore».

A cosa puntate, che obiettivo minimo vi date?

«Se facciamo più del 10% saremo decisivi in Parlamento per la nascita di un governo serio e istituzionale. Se facciamo meno del 10% al Governo ci va la Meloni e noi faremo un’opposizione civile ma rigorosa. E dedicheremo il resto del tempo a creare una casa comune dei riformisti europei visto che la Meloni è sovranista e il Pd finirà di nuovo tra le braccia grilline».

La vicenda dei fondi russi a dieci giorni dal voto secondo lei desta perplessità. In che senso?

«Sollevai il tema delle ingerenze russe fin dal 2016. Pochissimi organi di stampa hanno rilanciato quei temi: La Stampa costituisce un’autorevole eccezione ma la maggioranza ha ignorato il problema. E ora all’improvviso ne parlano tutti? Qualcosa non mi torna. Cinque Stelle e Lega hanno sempre flirtato con Russia Unita ma penso lo facessero gratis. Se qualcuno ha delle prove le tiri fuori, altrimenti diventa un autogol. Mi interessa sapere quale partito ha intascato soldi russi ma mi interessa capire quali partiti hanno sprecato soldi italiani: le truffe del reddito di cittadinanza e dei bonus edilizi, quota 100, i banchi a rotelle. E in questo caso non c’è bisogno di report speciali: i responsabili sono Cinque Stelle e Lega».

In ogni caso, ha avvertito la Meloni che ogni due anni lei fa cadere un governo: prevede un’altra crisi nel 2023?

«Ho fatto una battuta scherzosa che però esprime un concetto serio: in Italia i governi si fanno in Parlamento. Nessuno può buttare giù il governo dall’esterno: occorre che qualcuno si smarchi. E vedendo i litigi di queste ore tra Salvini e Meloni ci sta che i due litighino. Non prevedo il crollo nel 2023 o nel 2024, non ho doti divinatorie: garantisco soltanto che se ci sarà una crisi di governo, faremo l’interesse del Paese come già accaduto nel 2019 quando abbiamo fermato Salvini e nel 2021 quando abbiamo fermato Conte. Meloni ha risposto piccata che io non ho rispetto istituzionale. Dico a Giorgia che se non è passata la riforma costituzionale e la legge a doppio turno con il ballottaggio è perché quelli come lei hanno votato contro al referendum del 2016».

Certo che ne ha per tutti: ogni mattina attacca Letta, i 5stelle e il Pd. Ma con quali partiti farebbe nascere un governo?

«Io non attacco il PD. È Enrico Letta che vive di rabbia emotiva. E ha talmente tanto rancore personale che ha preferito rompere l’alleanza con Italia Viva pensando di farci un danno. In realtà ci ha fatto un favore. Perché questa scelta purtroppo azzera le possibilità di molti ex compagni di strada del PD di essere eletti nei collegi – umanamente mi dispiace per loro, ma sanno che il responsabile della decisione è Letta, non sono io – ma a noi regala chiarezza. Noi vogliamo cambiare la legge elettorale, andare al ballottaggio e diventare maggioranza nel 2027 replicando lo schema Macron: prendendo cioè sia a destra che a sinistra. Se ci sarà il Governo Meloni, staremo all’opposizione. Se ci sarà un governo istituzionale guidato da Draghi, voteremo la fiducia».

Ma la voterebbe una riforma in senso presidenziale?

«Sono a favore dell’elezione diretta, ma preferisco l’elezione diretta del premier e credo che debba stare insieme alla fine del bicameralismo paritario. Credo che questa sia la volta buona per il modello del sindaco d’Italia: sarebbe una grande svolta per il Paese».

Non ha bucato lo schermo il richiamo al voto utile di Letta ma neanche il vostro Terzo Polo decolla. Sbagliato?

«Il richiamo al voto utile è l’ennesima sfolgorante intuizione di Letta insieme agli occhi di tigre, alla tassa di successione, all’archiviazione di Blair per abbracciare Di Maio, all’accordo con chi votava contro Draghi, all’inseguimento del Movimento Cinque Stelle sui temi del reddito di cittadinanza. Il voto è sempre utile quando ci sono quattro schieramenti: dire il contrario è una falsità. E del resto il vero voto utile è mandare persone competenti in Parlamento. Forse Calenda e io non siamo i più simpatici dell’universo, ma si tratta di mandare in Parlamento chi conosce i conti pubblici, non chi racconta barzellette».

Come spiega dunque la risalita nei consensi di Conte? Con la simpatia personale? Lei lo dava per morto…

«Ho sempre detto che Conte non sarebbe arrivato al 2023. Avevo visto giusto. Quando Conte lo ha capito anche lui, ha fatto di tutto per anticipare di sei mesi la corsa. Ha messo al centro l’interesse del suo partito rispetto a quello degli italiani. Si tratta di una scelta meschina ma che gli regalerà consensi. Vederlo circondato da chi percepisce il reddito di cittadinanza e lo acclama in alcune città del Sud fa male al cuore: è l’espressione di una politica che non è confronto di idee ma clientelismo e voto di scambio».

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Soldi russi, Draghi chiama gli americani. Blinken: “L’Italia non è citata nel dossier”

venerdì, Settembre 16th, 2022

Francesco Grignetti Ilario Lombardo

L’Italia non è citata nel documento annunciato dal Dipartimento di Stato americano sui finanziamenti occulti di Mosca diretti a partiti e leader di oltre venti Paesi nel mondo. Anthony Blinken è stato chiaro con Mario Draghi durante il colloquio telefonico avuto mercoledì e rivelato ieri mattina, secondo il fuso orario italiano. Come spiegano fonti di governo e di intelligence, confermate da fonti americane, il segretario di Stato Usa ha dato «ampie rassicurazioni» al premier in questo senso. Nel dossier di Washington non ci sono riferimenti a forze politiche italiane al libro paga del Cremlino. Anche se è importante aggiungere un elemento a questa ricostruzione. Le stesse fonti precisano che non si può escludere nulla: più in là qualcosa potrebbe uscire.

È stato Draghi a sollecitare una risposta cruciale in un momento in cui il Paese è alle prese con gli ultimi giorni di campagna elettorale e i sospetti possono diventare veleno. Lo scontro tra partiti in meno di 48 ore si è fatto isterico. Con la Lega costretta sulla difensiva per i passati e conclamati rapporti avuti con Mosca e per l’atteggiamento critico di Salvini verso le sanzioni imposte a Putin dopo l’invasione dell’Ucraina. Una posa che in questi anni ha scatenato più volte l’indignazione americana ma che è cosa ben diversa da un’eventuale notizia che la Lega avrebbe ricevuto i rubli di Mosca.

Blinken ha ringraziato Draghi «per la leadership esemplare» e per «il deciso sostegno sull’Ucraina». In un contesto che è tra i più complicati della storia è importante – ha aggiunto – «mantenere la solidarietà e la resilienza di fronte agli sforzi russi di usare l’energia e altri mezzi per dividerci». Sulla base di queste premesse, Blinken ha poi detto a Draghi di «non vedere l’ora di lavorare con qualsiasi governo uscirà dalle prossime elezioni». Un modo forse anche per respingere i dubbi sul senso delle rivelazioni dell’amministrazione americana mentre in Europa sono in pieno svolgimento – in Italia, ma anche in Svezia e in Estonia – importanti sfide elettorali. È stato il Dipartimento Usa a dare notizia della telefonata. Nulla è invece stato comunicato da Palazzo Chigi. Per cortesia istituzionale, ci è stato spiegato, e perché il premier vuole che sia il sottosegretario con delega ai servizi Franco Gabrielli a spiegare ufficialmente davanti al Copasir, questa mattina alle 9, le informazioni raccolte dagli alleati.

Da quello che si è potuto ricostruire, gli interlocutori statunitensi, sia in ambito diplomatico sia di intelligence, hanno spiegato che «non c’è nulla di specifico» sull’Italia. Nessuna transazione sospetta. Il documento resta in mano loro e rimane sottochiave; a Roma non è stato girato. Ma pare chiaro che a parte qualche accenno generico al «clima» che si respira nell’opinione pubblica e nell’establishment sull’impennata del costo dell’energia e una certa insofferenza verso le sanzioni , l’Italia non è certo il focus del report. E questo sarebbe il senso anche dei colloqui del presidente del Copasir e senatore Fdi Adolfo Urso nel suo viaggio in Usa.

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Sì al decreto aiuti bis, è lite sui balneari. Cala il sipario sulla legislatura

venerdì, Settembre 16th, 2022

di Marco Cremonesi

Confcommercio sull’inflazione: si rischia la recessione. Fitch: economia in contrazione per lo choc energia

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Mentre i numeri della crisi in arrivo si fanno sempre più preoccupanti, cala il sipario sulla legislatura numero 18: dopo il Senato, anche la Camera ieri ha concluso i suoi lavori. Non così è per il governo: si riunirà oggi il Consiglio dei ministri, che dovrebbe tenere a battesimo i primi decreti della legge sulla concorrenza. Ma non tutto fila liscio. Il ministro del Turismo Massimo Garavaglia ha chiesto lo stralcio della mappatura delle concessioni pubbliche, che include anche quelle balneari: «Se si fa una cosa che di fatto è inutile in un momento come questo, mi dimetto». La critica del ministro leghista è anche di metodo: «Il ministero non è nemmeno stato coinvolto. Non ha senso fare una cosa politica a una settimana dalle elezioni».

Mentre la legislatura si sta chiudendo, Confcommercio lancia l’allarme: l’inflazione in impennata potrebbe in breve portare l’Italia in recessione, «mite» grazie al boom del turismo. Il problema è il prezzo del gas. Secondo l’associazione il 2022 si potrebbe chiudere con un’inflazione media al 7,5% e proprio in settembre sono attesi i massimi rincari (+9,2%). Il rischio è la chiusura di 120 mila imprese nel terziario entro 10 mesi. Ma di ieri è anche il report di Fitch: «Lo slancio nell’economia sta rallentando. Abbiamo abbassato le nostre aspettative di crescita per il 2022 (3%) e adesso prevediamo che l’economia si contrarrà nel 2023 a causa dello choc energia (-0,7%)», peggio dell’Eurozona (-0,1%) e alla pari con la Germania.

La Camera ha chiuso i battenti con il commiato del presidente Roberto Fico, molto applaudito il suo ringraziamento ai deputati «per il lavoro fatto in questi anni, anche nei momenti difficili. L’ultimo saluto vorrei rivolgerlo agli italiani e alle italiane che in questi anni difficili sono stati vicini alle istituzioni. Per me è stato un onore». L’ultimo atto di Montecitorio è stato l’approvazione del secondo decreto Aiuti e la cancellazione della norma che consentiva di superare il tetto dei 240 mila euro per i manager pubblici. In Aula ha preso la parola anche il segretario dem Enrico Letta: «Chiediamo un cambio di passo rispetto agli impegni presi finora, perché le famiglie e le imprese non reggono più una situazione sempre più drammatica». Su Twitter, invece, si è scatenata la polemica con la leader di FdI: «Lo dico a Giorgia Meloni: non basta essere donna per fare politiche per le donne». E lei ribatte: «Enrico, ma veramente dopo che hai tentato di spiegarmi come devo fare la destra ora vuoi tentare di spiegarmi cosa significhi essere una donna? Ma ce l’hai un senso del ridicolo?»

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«Ungheria non è una democrazia». E la Ue taglia i fondi a Orban

venerdì, Settembre 16th, 2022

di Claudio Del Frate

L’annuncio atteso domenica: stop al 20% degli stanziamenti. L’Europarlamento chiede di limitare il diritto di voto a Budapest. Contrari Lega e Fratelli d’Italia

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La Ue accelera il passo sulle «punizioni» all’Ungheria, sempre più in contrasto con Bruxelles non solo sui rapporti con Putin ma anche sui principi fondanti dell’Unione. Domenica è atteso infatti l’annuncio della Commissione che taglierà i fondi destinati al governo di Viktor Orban. E proprio oggi l’Europarlamento ha votato una mozione che condanna il governo di Budapest che «non è più una democrazia compiuta». Sulla mozione hanno votato contro i parlamentari italiani di Lega e FdI, innescando una polemica tutta italiana sulla questione.

L’Ungheria è da tempo «sotto processo» da parte della Ue a causa di alcune leggi approvate da Orban ritenute in contrasto con lo stato di diritto In un documento del 20 luglio, il commissario al Bilancio Johannes Hahn ha prospettato la sospensione di circa il 70% dei finanziamenti in alcuni programmi dell’Ue (8,8 miliardi di euro, pari al 20% del budget 2021-2027 destinato a Budapest), in particolare relativi agli appalti pubblici, una decurtazione definita «proporzionata». Il Collegio dei commissari si riunirà domenica, invece del solito mercoledì, in quanto la presidente von der Leyen la prossima settimana sarà a Londra per i funerali della regina Elisabetta e poi si recherà a New York per l’Assemblea Onu.

E se a Bruxelles la commissione si appresta a punire Budapest agendo sulla leva finanziaria a Strasburgo l’assemblea parlamentare ha usato quella strettamente politica. Il rapporto approvato ieri definisce l’Ungheria «una minaccia sistemica» ai valori Ue. Nel Paese magiaro ha preso forma un «regime ibrido di autocrazia elettorale», ovvero un sistema costituzionale in cui si svolgono le elezioni ma manca il rispetto di norme e standard democratici.In particolare destano preoccupazione l’indipendenza della magistratura, la corruzione e i conflitti di interesse e la libertà di espressione, compreso il pluralismo dei media. Altre aree che destano preoccupazione sono la libertà accademica, la libertà di religione, la libertà di associazione, il diritto alla parità di trattamento, i diritti delle persone LGBTIQ, i diritti delle minoranze, dei migranti, dei richiedenti asilo e dei rifugiati. Grande scalpore ha suscitato ad esempio la legge in base alla quale le donne che intendono abortire dovranno prima ascoltare il battito del feto.

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Maltempo: bomba d’acqua nelle Marche, esondano i fiumi, strade come torrenti: «Almeno sei morti»

venerdì, Settembre 16th, 2022

di Fabio Postiglione

L’allarme prima a Cantiano, un paese di circa 2 mila abitanti, poi in tutta la provincia di Ancona. Si cercano ancora una mamma e un bambino.

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(Foto Twitter Marco M.M.)

«Che dio ci aiuti». Riccardo Pasqualini, il sindaco di Barbara, comune in provincia di Ancona, prega e invita i suoi cittadini a non uscire dalle case. Lo scrive su Facebook, chiama tutti quelli che conosce. Parla con i vigili del Fuoco, i carabinieri, la Protezione Civile. Sono da poco passate le 23.30 di giovedì. Il peggio deve ancora arrivare. Una bomba d’acqua nelle Marche ha invaso strade, allagato case, e trascinato via nel fango donne e uomini. E il bilancio è drammatico in provincia di Ancona. «Sono almeno sei i morti e cinque i dispersi» dice nella notte tra giovedì e venerdì all’agenzia LaPresse Stefano Stefoni, direttore protezione civile e sicurezza del territorio della Regione Marche. Quattro delle sei vittime sono a Ostra (Ancona), una a Trecastelli (Ancona) e una Barbara (Ancona). Molti cittadini sono ancora totalmente isolati.

Si temeva il peggio. E il peggio è arrivato. All’alba la conta dei danni è appena iniziata, così come quella dei morti. Tra i dispersi c’è una mamma con un bimbo. Elicotteri con visori notturni sono in volo per cercare tracce più o meno visibili. Un testimone, un uomo scampato alla morte che si è arrampicato su un albero nei pressi di Molino Mariani a Barbara (Ancona) ha visto «trascinare dal fiume Mise in piena l’auto con a bordo mamma e figlio». Una tragedia nella tragedia. E per tutta la notte è stato un rincorrersi di notizie, di numeri. E poi la pioggia che è continua a scendere forte. I blackout. Le linee isolate. I cellulari fuori uso. L’inferno.

Le prime avvisaglie di quello che sarebbe poi stato nel corso della notte appena trascorsa sono arrivate da Cantiano un paese di poco più di 2 mila abitanti, colpito nella tarda serata di mercoledì da una bomba d’acqua che ha trasformato le strade in torrenti e trascinato via auto. I telefoni non funzionano e il sindaco Alessandro Piccini ha lanciato un appello via social, invitando i cittadini a restare in casa. In alcune zone l’acqua è arrivata ai primi pani.

Il diluvio dalle 19

Nella zona pioveva sin dal mattino, ma la situazione è precipitata intorno alle 19. In circa due ore sono caduti 400 millimetri d’acqua, la quantità che in quella zona cade in sei mesi. E pensare che solo qualche giorno fa si parlava della siccità che aveva messo in difficoltà l’intera area. Il maltempo ha colpito duramente tutta l’area circostante, al confine con il Perugino: impraticabile la galleria che da Cantiano porta a Cagli, chiuse la Flaminia, con il passo della Contessa invaso dall’acqua, il monastero di Fonte Avellana risulta isolato, così come un agriturismo per via di una frana. Chiaserna e Pontericcioli, frazioni di Cantiano, risultano al momento isolate. Anche il sindaco di Serra Sant’Abbondio, Ludovico Caverni, ha chiesto ai cittadini di non uscire di casa e di rifugiarsi ai piani più alti delle abitazioni

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Spazio, nuova scoperta della Nasa: rocce con molecole organiche su Marte

venerdì, Settembre 16th, 2022
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Il rover Perseverance della Nasa ha trovato sulla superficie di Marte rocce che contengono molecole organiche.

Lo hanno annunciato i responsabili della missione. Secondo gli esperti dell’agenzia spaziale americana, queste rocce con molecole organiche potrebbero essere “una possibile forma della vita”, ossia riconducibili “a una sostanza o a una struttura che potrebbe testimoniare l’esistenza di una vita passata sul pianeta rosso, ma potrebbero anche essere state prodotte senza che ci fosse vita”.

Fotografato su Marte un misterioso groviglio di fili (ma c'è una spiegazione)

Il rover Perseverance della Nasa ha fotografato su Marte un misterioso groviglio di fili, che negli Stati Uniti è già stato ribattezzato “Mars Spaghetti”. Il curioso ritrovamento, avvenuto in una zona finora inesplorata del cratere Jezero, è subito finito al centro dell’attenzione dei social. Il groviglio è stato immortalato il 12 luglio, ma quattro giorni più tardi non c’era più. Nulla di anomalo comunque: secondo la Nasa, potrebbe trattarsi di uno dei resti del sistema di atterraggio del rover, arrivato fin lì per effetto del vento marziano.

Le molecole organiche trovate non sono molecole biologiche, ma comprendono una varietà di composti: soprattutto carbonio, idrogeno e ossigeno, ma anche azoto, fosforo e zolfo. Si tratta di possibili mattoncini di molecole biologiche, ma non necessariamente tali.

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Bomba sulle elezioni. “Un avviso di garanzia direttamente dagli Usa”

giovedì, Settembre 15th, 2022

Laura Cesaretti

«È un avviso di garanzia made in Usa». Un ex ministro Pd, assai ben informato sui dossier internazionali, sintetizza così la September Surprise piombata da oltre oceano sulla campagna elettorale italiana, con il rapporto dell’intelligence americana su fondi russi a partiti e movimenti stranieri e i tentativi di Mosca di inquinare il gioco politico negli altri Paesi.

Un tempo erano le iperattive procure degli Ingroia e dei Gratteri che si occupavano di vivacizzare il clima politico con inchieste ad hoc su presunte mazzette o concorsi esterni. Oggi, in tempi di guerra in Europa e di fortissime tensioni geopolitiche, entrano in campo attori assai meno folkloristici, e il gioco si fa assai più serio. In ballo c’è la collocazione internazionale del Paese, la sua fedeltà alle alleanze storiche, la strategia Nato e Ue di appoggio all’Ucraina. E «l’avviso di garanzia Usa», dice lo stesso ex ministro dem, serve ad avvertire chi, soprattutto in Europa (dalla Svezia dove si è appena votato all’Italia dove si vota tra poco), guarda ancora a Mosca, che «loro le cose le sanno bene, e sono pronti a tirarle fuori, se necessario».

La questione è esplosiva, come dimostra il nervosismo che si registra nel centrodestra (Lega in testa), l’euforia con cui il Pd martella sul tema, l’imbarazzo con cui il grillino Conte si difende dall’accusa di fare il gioco di Mosca: «È folle pensare che io abbia mai tifato Russia», giura. Ma Conte è ovviamente fuori dai giochi per il futuro governo, dunque ha un ruolo marginale. Nell’occhio del ciclone sono i probabili vincitori di centrodestra. E la pressione è forte.

Tanto da creare un sotterraneo incidente diplomatico tra governo e presidente del Copasir: il meloniano Adolfo Urso, ieri, si è affrettato a raccontare in tv che «mi sono confrontato con Franco Gabrielli (sottosegretario delegato di Draghi alla Sicurezza e ai Servizi, ndr) e dalle notizie fornitemi non risulterebbe vi sia l’Italia» nel dossier Usa. Una sgrammaticatura istituzionale grave, da parte del presidente dell’organismo parlamentare che vigila sui Servizi, che ha stupito e irritato Gabrielli e Palazzo Chigi. Il membro Pd del Copasir, Enrico Borghi, bacchetta Urso: «Sarebbe opportuno che chi ha responsabilità istituzionali si esprimesse nelle sedi opportune», anziché nei talk show. Urso poi ha tentato di mettere una pezza annunciando che venerdì il sottosegretario sarà ascoltato dal Copasir «e vedremo se ci saranno ulteriori notizie» perché «le cose possono sempre cambiare».

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“Draghi il tutore del futuro governo? No, lo danneggia”

giovedì, Settembre 15th, 2022

Marcello Zacché

Galeotto fu l’emendamento. E non tanto quello sugli stipendi dei manager pubblici, di grande risonanza mediatica, ma privo di conseguenze concrete visto che sarà cancellato; quanto piuttosto quello ben meno pubblicizzato, approvato anch’esso al Senato con il decreto Aiuti-bis, che riguarda Amco. Di che si parla? È una società del Tesoro che, dice la nuova norma, potrà costituire una serie di «patrimoni destinati» dove inscatolare i crediti derivanti dai prestiti erogati nel periodo del Covid. Quelli concessi alle imprese in difficoltà con la garanzia dello Stato. Una cosina tecnica, ma molto insidiosa. «Altroché: è una pillola avvelenata», dice al Giornale Giulio Tremonti.

Professore, perché considera aberrante questa norma sui prestiti garantiti dallo Stato?

«Perché è una partita che vale, grosso modo, 250 miliardi di potenziale nuovo debito pubblico, non ancora contabilizzato. È una cifra di enorme rilievo, da sola quasi vale circa il 9% del Pil. Indebitamento aggiuntivo che rischia di andare a pesare sul prossimo governo»

Sono crediti inesigibili?

«Come si ricorderà derivano dai finanziamenti erogati a oltre un milione di imprese, nel periodo più cupo del Covid, assistiti da garanzia pubblica quasi totale. Quindi, in ultima istanza ne risponde lo Stato. Fu una scelta positiva, c’era il Covid e la crisi. Inoltre aveva una forte copertura ideologica: era debito buono. Ora però ne dovrà rispondere lo Stato».

La norma dice che verranno gestiti da Amco. Cosa non la convince?

«È un’operazione del tipo window dressing: un’alterazione contabile per rendere una situazione più accettabile. Ma non lo è per niente. Il patrimonio cosiddetto separato: da cosa? Questi non sono come le sofferenze bancarie, questi sono crediti morti. E inoltre sono ingestibili: come può una società del Tesoro gestire oltre un milione di partite critiche? Amco non ha né le forze né gli strumenti. Questo è un puro artificio contabile che non so come farà a passare l’esame della Unione Europea».

Ma com’è che, allora, la norma è stata approvata in Senato?

«È stata una grande astuzia. Ci pensi: chiunque vinca le prossime elezioni politiche sarà stato tra quelli che hanno votato questa norma. Nessuno potrà tirarsi indietro. L’astuzia è una norma che votano tutti: la maggioranza presente e quella futura».

Non si poteva votare contro?

«Ma no, questo era un decreto buono, che serviva a tutti, quello che chiedevano e volevano tutti per il bene di tutti. E sta proprio qui l’astuzia nel disporre la trappola».

Cioè?

«Su una partita come questa non c’è stata discussione. La norma su Amco è stata introdotta in modo surrettizio. E non è questione di principio, o morale, come per gli stipendi dei manager, bensì è sostanziale. Non le sembra curioso che negli ultimi giorni di vita del governo venga introdotta una norma di questo tipo senza che sia stata discussa e votata? E quindi nemmeno capita. Quando invece, su 250 miliardi di garanzie dello Stato, forse bisognava presentarla e discuterla con il dovuto rilievo molto prima, nel rispetto dei principi costituzionali».

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Goffredo Bettini: “Il segretario dem è saldo, Conte dovrà parlare con lui”

giovedì, Settembre 15th, 2022

Carlo Bertini

ROMA. «In questi ultimi giorni ho avvertito un cambio di passo del Pd», sostiene Goffredo Bettini, testa pensante della sinistra, una delle personalità più influenti del Partito democratico. «Le nostre idee stanno penetrando maggiormente nell’elettorato. L’effetto delle tante buone candidature nei territori si fa sentire. Così come la mobilitazione di centinaia di volontari. Inoltre, Letta, a mio avviso, ha stravinto il confronto con Giorgia Meloni. C’è da combattere fino all’ultimo. Ma l’orizzonte della vittoria non è affatto chiuso».

A dieci giorni dal voto, vi mancano però due o tre parole d’ordine con le quali provare a vincere, idee forti che segnino un salto in avanti della sinistra. Perché?
«Non mi pare francamente che ci manchino le proposte. Ogni giorno le ricordiamo, sono la base costante della nostra campagna elettorale. Semmai, per serietà e rispetto dell’opinione pubblica, evitiamo di evocare promesse irrealizzabili, demagogiche, “acchiappa voti”. In confronto al passato, dove ci sono state incertezze, abbiamo definito una piattaforma sociale in grado di superare la sfiducia delle fasce più povere della popolazione italiana».

Può indicare tre messaggi forti in parole semplici?
«Primo: combattere con ben altra coerenza l’evasione fiscale. Su questo ricordo un intervento bellissimo e accorato di Romano Prodi. Attualissimo. Mi ha colpito la notizia del ritrovamento di 8 milioni di euro nel giardino di un imprenditore. Sono, pare, i primi di altri 100 sottratti al fisco. Assurdo, poi, accanirsi contro le poche centinaia di euro a sostegno di chi è fuori dal mercato del lavoro, non per sua responsabilità. Secondo: superare in tutti i modi possibili la precarietà del lavoro. Incentivando le assunzioni a tempo indeterminato e migliorando ulteriormente gli ammortizzatori sociali. I giovani, nelle condizioni attuali, non progettano la loro vita e vivono nell’ansia. Terzo: i diritti e la libertà. La destra italiana plaude i regimi illiberali. Attenzione a non tornare indietro».

La vostra posizione sulla guerra resta quella?
«Mi faccia dire: pace, pace e ancora pace. L’Ucraina è stata aggredita. La legittima difesa è stata sacrosanta. L’invio di armi giusto, perché insieme al consenso popolare sta sostenendo una coraggiosa controffensiva dell’esercito ucraino. Ristabiliti, tuttavia, i rapporti di forza, occorre trattare, trovare un nuovo equilibrio e scongiurare l’impiego delle armi nucleari. Occorre intendere bene le parole del Papa. La Chiesa non è la ricreazione domenicale dell’anima, ma una presenza concreta nella storia e va rispettata e ascoltata».

Le alleanze sono un tallone d’Achille. Il ministro Orlando dice che sarebbe il caso di indicare una prospettiva di governo agli elettori, ovvero che se vinceste dovreste allearvi con M5s e Terzo Polo. Sbaglia?
«Sono d’accordo. Dobbiamo chiedere il voto al Pd per resistere contro la destra, ma anche per dare una possibile prospettiva politica all’insieme della Repubblica. Le voglio ricordare un fatto: i comunisti italiani, anche nei momenti per loro più bui, quando era impensabile per la divisione del mondo che potessero conquistare il potere, in ogni appuntamento elettorale indicavano una precisa proposta di governo. Non si votano i partiti solo per la loro identità ma anche per la loro funzione nazionale. Questo è quello che ho imparato fin da ragazzo. Per il resto, non so prevedere tutte le evoluzioni possibili sulle alleanze. Le ho detto qual è lo spirito con il quale occorre affrontare il voto e il futuro. Comunque, se dovessimo vincere, il premier naturale sarebbe Letta, che sta dimostrando in campo una notevole tempra».

Alla luce del buon rapporto che lei ha con Giuseppe Conte, è rammaricato nel vedere come sia finita con il Pd? Lui e Letta si prendono a pesci in faccia ogni mattina…
«Il dolore, mi è già capitato di dirlo, è tanto. Si va divisi al voto. I reciproci colpi sono inevitabili. Non credo, tuttavia, che porteranno a una condizione di “non ritorno”. Il filo del dialogo con tutti i democratici non va spezzato».

Ma a cosa mira il leader dei 5stelle quando dice che con questo gruppo dirigente del Pd non si siede più a un tavolo perché non si fida? È un’ingerenza nel futuro congresso dem per aiutare qualcuno a buttare giù Letta?
«Letta è ben saldo. Chiunque, dopo il voto e con qualsiasi risultato di fronte, intenda tornare a fare iniziativa politica, dovrà confrontarsi con il segretario del Pd; che è quello attuale».

Va fatto comunque un congresso dopo il voto?
«Un congresso ci sarà. Lo prevede lo statuto. Ma non è un tema dell’oggi. Oggi si combatte. Con determinazione e lealtà».

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Casini il democristiano, Sgarbi il dadaista: il duello degli opposti in scena a Bologna

giovedì, Settembre 15th, 2022

GABRIELE ROMAGNOLI

Curiosamente alcuni attori romani hanno scelto di girare un video in cui fanno sapere per chi voterebbero se dovessero farlo a Bologna. Molti bolognesi, invece, preferirebbero votare altrove per non essere costretti a quella scelta. Casini o Sgarbi? Non esattamente zuppa o pan bagnato. Piatti dai sapori diversi, ma tradizionali, quasi antichi, un po’ fuori tempo e luogo, almeno per la collocazione sulla scheda: tagliatelle o salama da sugo al sushi bar.

Il tempo delle polemiche interne è scaduto, ora questo è il duello e non resta che assistervi, con l’impressione di spettatori d’un nuovo film per attori datati, nei ruoli rimasti disponibili dopo la rivoluzione delle piattaforme. Non c’è più il cinema d’una volta, ma loro sì.

Il primo dato di questa sfida è proprio il tempo. Erano gli Anni Ottanta quando entrambi si affacciarono sulla scena. Sembravano vite parallele. Uno politico fin dall’adolescenza, l’altro critico d’arte reso improvvidamente famoso da un insulto lanciato in televisione. Quelle specie di personaggi che s’incontrano soltanto all’inizio di una barzelletta per sottolineare la surrealtà della situazione. Chi a Bologna viveva in quegli anni ha percepito l’ascesa di Casini come inevitabile e al tempo stesso infaticabile, curata nei particolari per essere attuata dal versante più arduo della montagna (quello dc nella città rossa). Alle elezioni politiche del 1983, in cui entrò alla Camera dei deputati, feci lo scrutatore al seggio e ricevetti una sua lettera di ringraziamento per il servizio reso nella consultazione che gli era valsa l’ingresso in Parlamento. Sgarbi era allora una figura elitaria, di leggendaria raffinatezza, le cui lodi avrei sentito tessere da Franco Maria Ricci, signore della materia. Non pareva probabile dovessero mai incrociarsi. Come molte cose accadute nella storia recente di questo Paese la causa predisponente è stata Silvio Berlusconi. Nella sua spregiudicata attività di federatore mise insieme tutto quanto gli poteva tornare utile per raccogliere consensi: nazionalisti e secessionisti, grandi legulei e piccoli ribaldi. Inevitabilmente: il diavolo e l’acquasanta. Un ex democristiano e un ex di qualunque cosa. Casini potrebbe legittimamente affermare di non aver mai cambiato partito, sono stati i partiti a cambiare. Se è vero, come alcuni sostengono, che «il Pd è la nuova Dc», hanno ristrutturato la casa con lui dentro, unendo due appartamenti. Sgarbi invece è stato tutto, da monarchico in gioventù a ogni tassello dell’arco costituzionale repubblicano. Un dadaista politeista che cercò di candidarsi nella stessa elezione per il Pci e il Psi. È andato dai Radicali a La Destra passando per Pri e Pli e quando i partiti non bastavano se li inventava, mettendoci il nome e la faccia, poi diffidando dall’utilizzarli. Un tourbillon non privo di intuizioni, soprattutto nella fase nascente, se si considera che nel 1977, mentre Casini si teneva alla larga dai disordini nelle strade bolognesi in cui il suo futuro sodale Cossiga mandava i carri armati, Sgarbi pubblicava “Il populismo nella letteratura italiana del Novecento”.

L’altro incrocio delle due esistenze avvenne nel 2008, quando Sgarbi diventò sindaco di Salemi, comune siciliano, sostenuto dall’Udc di cui era leader Casini. Di lì a poco però si sarebbe verificata la rottura di quest’ultimo con Berlusconi, celebrata dalla simbolica presenza di un cactus sulla sedia dell’ospite, una performance così fantasiosa e malevola che alcuni critici potrebbero attribuirla alla scuola dello stesso Sgarbi.

Che a forza di vivere e trasformarsi finissero per scontrarsi in una specie di novecentesco play off era qualcosa che soltanto la legge dei grandi numeri poteva mettere in conto.

Che Sgarbi si presentasse come alfiere della destra, possibile. Casini della sinistra, un po’ meno e infatti sono occorse molte spiegazioni e si vedrà quanti abbiano convinto. Viceversa, che il duello avvenisse a Bologna è logico per quanto riguarda Casini, meno per Sgarbi, che è nato a Ferrara. Non è un derby stracittadino, come nel basket, è uno di quelli calcistici dove la città ha una fede sola. Eppure Sgarbi ci prova, ricorda di avere studiato e insegnato lì e si fa forte della sua ubiquità, come nell’arco costituzionale, così sul territorio. È stato sindaco, oltreché in Sicilia, nel Lazio e candidato in Lombardia. Assessore (alla rivoluzione) in Piemonte e nelle Marche. Più che extra è sovra-territoriale. Incombe. La sua è una strategia alla von Clausewitz. Ha individuato nello schieramento avversario il “punto critico”. È quello su cui si regge l’equilibrio di un apparato e che, se colpito, può provocarne il crollo. Casini è il totem che mira ad abbattere. Infatti nel cartone animato “Sgarbiman” (ora si presenta con la maglia del supereroe sotto la camicia) si lancia contro il suo mezzobusto per «liberare la città». L’altro privilegia una strategia alla Sun Tzu: cerca di vincere senza combattere, evita di demonizzare. In una intervista in bilico tra senso delle cose e astuzia smussa ogni angolo possibile, riducendo le differenze d’opinione a questione generazionale.

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