FRANCESCO RIGATELLI
Difende il reddito di cittadinanza che «ha dato potere contrattuale
ai lavoratori in un Paese in cui non ne avevano» pur ammettendo «che può
essere perfezionato», non trova «il presidenzialismo la risposta ai
bisogni dell’Italia» per cui «non è il momento di una bicamerale, ma di
risolvere i problemi energetici». Il presidente della Camera Roberto
Fico, intervistato dal vicedirettore Federico Monga in occasione della
sua visita nella redazione de La Stampa di Torino, affronta i
temi della campagna elettorale. Anche se, chiunque vinca, non teme
pericoli democratici o di collocazione internazionale.
Come giudica il dibattito in vista del voto?
«È una campagna elettorale. Si affrontano molte tematiche, ma non mi
sembra aspra. L’importante è approfondire gli argomenti così che i
cittadini possano seguire».
Tra i vari temi emerge il lavoro, anche dopo il monito del Papa. Cosa ne pensa?
«Il lavoro è il principale argomento della nostra Repubblica. Non a
caso un provvedimento proposto dal M5S è il salario minimo a 9 euro
lordi all’ora a norma di legge per impedire lo sfruttamento dei giovani.
E per le donne va favorita la parità anche a livello di stipendi.
Tematiche importanti su cui condivido le parole del Papa».
Sembrano argomenti da governo giallo-rosso più che di un eventuale esecutivo di destra o no?
«Vedremo chi governerà, ma si tratta di tematiche riguardanti tutto
il Paese. In un patto sociale anche gli imprenditori potrebbero trovarsi
d’accordo nel motivare i dipendenti con compensi equi».
Ma basta la politica a raddrizzare la società diseguale
denunciata dal Papa? Confindustria scarica la responsabilità sui
partiti. È così?
«I partiti devono raccogliere la sfida. Il prossimo Parlamento dovrà
impegnarsi per colmare i divari e alzare i salari. E una forza
progressista come il M5S si applicherà fino in fondo contro le
diseguaglianze, affinché il Paese cresca in modo uniforme da nord a sud e
anche nelle zone svantaggiate del centro-nord».
Una delle misure più discusse resta il reddito di
cittadinanza, che molti partiti propongono di cambiare o eliminare. Che
ne pensa?
«So che è così, però lo difendo fino in fondo perché non si tratta di
una misura assistenzialista ma che protegge la dignità delle persone. E
non solo al sud. Poi sono d’accordo che possa essere migliorato
nell’attuazione pratica».
Tra le varie critiche, alcuni imprenditori lamentano di non
riuscire a trovare collaboratori perché molti prendono il reddito di
cittadinanza e magari lavorano in nero…
«Rifiuto totalmente questa impostazione. La verità è che ora i
lavoratori possono scegliere di non fare certi mestieri sottopagati. Si è
dato un potere contrattuale in un Paese in cui non ce n’era. E poi per
una minima parte di truffe si è aiutata tanta gente in difficoltà. Non è
che per i falsi invalidi si è eliminata la pensione di invalidità».
Lei crede nei sondaggi?
«Li guardo».
Il M5S sembra in crescita soprattutto al sud, dove il reddito di cittadinanza è stato un grande aiuto. Un caso?
«Da sempre il M5S prende più voti al sud. Oggi c’è una squadra unita
con un programma progressista e ambientalista e questa sta pagando. Zero
diatribe interne, molte idee e candidati di valore come i magistrati
Federico Cafiero De Raho e Roberto Scarpinato e Dario Vassallo, fratello
del sindaco di Pollica ucciso dalla camorra».
Lei è sempre stato un uomo del dialogo, ma perché c’è stata la rottura M5S-Pd ed era evitabile?
«In questa fase temo di no. Ad un certo punto le strade si sono
divise in modo irreparabile. Il M5S per mesi ha cercato di porre al
governo delle questioni che sono state ignorate. Così non poteva
funzionare. L’alleato Pd su alcuni temi doveva dare una mano maggiore. E
con l’avvicinarsi delle elezioni tutti i partiti, non solo il M5S,
hanno accentuato le loro posizioni identitarie».
Come ha vissuto quei giorni?
«Ho contribuito per quanto potevo all’avvio del governo Draghi ma poi
ho capito che la tenuta della maggioranza stava peggiorando
irreparabilmente».
Il M5S si ritroverà col Pd?
«Lo trovo difficile».
Che effetto le fa vedere Di Maio in un altro partito?
«Le cose sono andate come sono andate e mi pare ormai un tema ai margini rispetto al dibattito urgente per il Paese».
E Di Battista?
«Devo dire che non lo sento da anni, anche perché ha scelto una strada molto diversa dalla mia».
Grillo invece lo sente?
«Sì e spesso. Gli piace molto l’assetto attuale del M5S e la campagna
elettorale che sta facendo. Con lui, che resta un vulcano di idee e di
umanità, parliamo soprattutto del futuro: dall’energia pulita alle nuove
città».