Archive for Settembre, 2022

Salario minimo, chi ci guadagna e chi ci perde

giovedì, Settembre 15th, 2022

di GIULIANO BALESTRIERI

La direttiva sul salario minimo è stata approvata al Parlamento europeo ma l’Italia continua ad essere uno dei pochi Stati dell’Unione a non aver mai adottato questo tipo di norma. Come mai? Cosa cambierebbe con il salario minimo? Prova a rispondere Giuliano Balestreri, giornalista de La Stampa

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La strategia della Cina, in 4 mosse: è il ritorno della diplomazia di Xi (che potrebbe non far sorridere Putin)

giovedì, Settembre 15th, 2022

di Guido Santevecchi

Xi Jinping torna a viaggiare dopo 3 anni: e a Samarcanda vedrà il presidente russo, Putin. Con lui discuterà anche della situazione in Ucraina, del gas, delle strategie comuni: ma Mosca sa che Pechino non fa niente per niente, e i politologi non prevedono alcun coinvolgimento diretto nella guerra. Perché «non ci sono eterni alleati»

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DAL NOSTRO CORRISPONDENTE DA PECHINO
È tornata la Xiplomacy, annuncia la Xinhua salutando la missione del presidentissimo della Cina per l’Asia centrale, dove da oggi è impegnato «in presenza», per la prima volta dopo quasi tre anni.

Xi Jinping ha ripreso il suo ruolo di grande viaggiatore a Nur Sultan, capitale del Kazakhstan. È arrivato protetto da una mascherina, in ossequio alle misure anti-Covid che ancora costringono al lockdown milioni di cinesi ed è ripartito dopo poche ore per Samarcanda in Uzbekistan, dove tutti i riflettori sono puntati sull’incontro con Vladimir Putin, il 39° della loro storia di amicizia anche personale.

I russi si dicono sicuri che la Cina abbia deciso di concedere un sostegno rafforzato all’impresa ucraina.

Xi e Putin lo scorso febbraio si sono promessi collaborazione «senza limiti», sono spinti l’uno nelle braccia dell’altro dal reciproco sospetto e rancore nei confronti dell’Occidente.

Ma anche se dormono nello stesso letto, non fanno gli stessi sogni. Lo dimostra la prima frase pronunciata da Xi a Nur Sultan: «Non importa quanto possa cambiare la situazione internazionale, la Cina sosterrà sempre indipendenza, sovranità e integrità territoriale del Kazakhstan». È una messa in guardia neanche troppo velata alle ambizioni di Putin: «Significa che Pechino non tollererà che la Russia si dedichi a un revival della sua antica egemonia nella regione euroasiatica», spiega Niva Yau, ricercatrice Osce per l’Asia.

L’azione diplomatica di Xi, la Xiplomacy propagandata dalla Xinhua, si può riassumere in quattro punti:

1) Rilanciare le Vie della Seta, impantanate dalla pandemia e dai problemi di debito internazionale che affliggono numerosi Paesi coinvolti nel megaprogetto cinese. Non è un caso che Xi abbia ricominciato a viaggiare con la tappa in Kazakhstan, dove nel 2013 parlò per la prima volta di «Yidai yilu» (una cintura una strada), nome mandarino del piano che ha promesso di investire più di 1.300 miliardi di dollari in 2.000 infrastrutture da disseminare in più di un centinaio di Paesi.

2. Ora la Xiplomacy fa scalo a Samarcanda in Uzbekistan, dove si tiene il vertice annuale della «Shanghai cooperation organization», un’altra creatura cinese che raggruppa otto Paesi. Fu fondata nel 2001 da Cina, Russia e quattro repubbliche ex sovietiche (Kazakhstan, Uzbekistan, Kyrgyzstan, Tajikistan). Doveva essere un forum per il dialogo sulla sicurezza incentrato sul contrasto al terrorismo e al separatismo. Ora Pechino dice che «ha un grande potenziale economico», perché facendo i conti emerge che la Sco raggruppa il 41 per cento della popolazione mondiale e il 24% del Pil globale. A Samarcanda sarà accolto anche l’Iran; un’altra pattuglia di Paesi, dalla Turchia all’Arabia Saudita, ha già il ruolo di osservatore. Anche Putin può essere soddisfatto dello sviluppo dell’organizzazione cara a Xi: può aiutare la Russia a sfuggire all’isolamento sanzionato dall’Occidente.

3.Il faccia a faccia tra Putin e Xi domina queste manovre asiatiche. Mosca ha annunciato la settimana scorsa che a Samarcanda si terrà il 39° vertice tra i due leader; Pechino per giorni non ha confermato, per dare un segnale della superiorità del segretario generale del Partito-Stato, che si degna di accettare inviti quando lo ritiene opportuno. Nessun dubbio, comunque, che il faccia a faccia si terrà domani o dopo. Questa mattina il Cremlino lo ha riannunciato, promettendo una discussione sulla guerra in Ucraina, sulla situazione a Taiwan e su altre «questioni regionali e internazionali». Obiettivo è mostrare una «alternativa» al mondo occidentale, sottolineano i russi.

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Soldi russi, il dossier secretato e il sospetto di un «avviso» al prossimo governo

giovedì, Settembre 15th, 2022

di Fiorenza Sarzanini

I dubbi su modi e tempi di diffusione delle informazioni. Verifiche del ministero del Tesoro sulla base dei dati raccolti dalla Cia

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Franco Gabrielli, sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega alla Sicurezza

Il dossier sui 300 milioni di dollari elargiti dalla Russia a venti Paesi è stato confezionato qualche mese fa, quando alla Casa Bianca c’era già Joe Biden. Le informazioni e le verifiche sarebbero state affidate a funzionari del ministero del Tesoro sulla base dei dati raccolti dalla Cia ma senza coinvolgere la National Security. Sono le prime informazioni trasmesse al governo italiano per via diplomatica e di intelligence . Un report che però non scioglie il nodo cruciale sulla presenza dell’Italia nella lista degli Stati dove ci sarebbero stati partiti e uomini politici «a libro paga». «Al momento non risulta ma le cose potrebbero cambiare», dichiara il presidente del Copasir Adolfo Urso in trasferta a Washington. E in serata twitta: «Ho appena concluso un positivo incontro al Dipartimento di Stato», con la foto delle due bandiere. La tensione in una campagna elettorale già segnata dal sospetto di interferenze straniere rimane però altissima. Perché dopo la notizia sull’esistenza del report filtrata martedì sera, nessuna comunicazione ufficiale è arrivata dagli Stati Uniti sui Paesi coinvolti. Anzi, nelle note informali di queste ore si specifica che il dossier non sarà consegnato ai governi stranieri perché «classificato». E questo aumenta i dubbi su modi e tempi di diffusione delle informazioni.

Il warning

Gli analisti ritengono che la «bomba» sganciata due giorni fa possa essere in realtà un avviso, una sorta di warning per chi vincerà le elezioni italiane rispetto all’atteggiamento da tenere nei confronti di Washington. Motivo in più per spingere l’esecutivo in carica a sollecitare informazioni chiare sugli elementi raccolti dagli analisti statunitensi. E soprattutto su eventuali dettagli italiani. Finora si è parlato genericamente di fondi ai partiti stranieri. Quali? Si tratta di finanziamenti diretti? Ci sono triangolazioni? Sono coinvolte società o altre istituzioni? Interrogativi al momento senza risposta.

«Fondi dal 2014»

Nessun chiarimento è stato fornito anche sul motivo per cui l’indagine avrebbe riguardato le elargizioni di Mosca a partire dal 2014. È l’anno dell’invasione della Crimea e del Donbass, nel febbraio ci fu la rivoluzione ucraina culminata con la fuga del presidente Viktor Yanukovich. Date cruciali rispetto alla guerra in corso tra Russia e Ucraina che potrebbero aver spinto l’amministrazione Biden — schierata al fianco del presidente Volodymyr Zelensky — a sollecitare indagini mirate sulla rete tessuta da Putin. Ma la scelta di far filtrare i risultati in maniera parziale proprio in questi giorni in Italia fa presto a trasformarsi in accusa di ingerenza sulla campagna elettorale in vista del voto del 25 settembre. Anche tenendo conto che negli Stati Uniti sono circolate indiscrezioni sul condizionamento del voto in Albania, Montenegro, Ecuador, Madagascar, ed è stato specificato che «si stanno contattando le ambasciate degli Stati interessati» ma non risultano contatti con la nostra sede diplomatica o con la Farnesina.

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Zelensky, incidente in auto nella notte. A Izyum aveva detto: «Vedo gli orrori tipici dei russi»

giovedì, Settembre 15th, 2022

di Francesco Battistini, nostro inviato a Kiev

Kiev: «Il presidente non ha riportato ferite gravi nell’incidente». Si indaga sulla dinamica. E durante la sua visita a Izyum annuncia sicuro: «Ci saranno tribunali, processi, verdetti»

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Libera nos a malo… E dai russi. E da tutto questo dolore. Volodymyr Zelensky ha la mano sul cuore, issa il blu e il giallo sulle rovine riconquistate d’Izyum. All’inizio s’abbandona a un po’ di retorica della controffensiva: «Prima, guardando in alto, cercavamo sempre il blu del cielo e il giallo del sole, ora cerchiamo solo la nostra bandiera». Quindi va in primissima linea, cosa che Putin non ha mai fatto in questi mesi, e visita gli orrori dell’Ucraina appena liberata. «Sempre le stesse violenze, le case distrutte, i civili uccisi…». A Balakliya c’è una camera delle torture. Gelida, spoglia di tutto. E sul muro solo graffiti disperati.

Le ultime preghiere, il pianto dei condannati a morte. Il disegno d’una croce, con le parole del Padre Nostro: «E non ci abbandonare», «ma liberaci dal male»… Echi di sofferenze inimmaginabili. Pallido, «Ze» sgrana gli occhi: «La visita qui è davvero scioccante. Ma non per me. Perché queste cose abbiamo iniziato a vederle da Bucha, dai territori liberati. Quel che hanno fatto a Izyum, purtroppo, fa parte della nostra storia e della storia della Russia moderna». Una certezza: «Sono sicuro che avremo i tribunali, i processi, i verdetti». Una promessa: «Un giorno torneremo anche in Crimea, sono passati otto anni. Non so quando, nessuno lo sa. Ma il mio messaggio è che torneremo anche lì».

8.500 chilometri quadrati e 388 villaggi liberati, 150 mila persone: è presto per chiamarla rivincita. Perché la guerra falcia ancora i migliori. Cade il primo ballerino dell’Opera di Kiev. Muore «Simba», il sergente paramedico Olga Simonova, che aveva rinunciato al passaporto russo per arruolarsi con gli ucraini ed era diventata il simbolo della riscossa: stava su mille manifesti, bionda e in divisa, ma l’altro giorno è saltata su una mina. «Aspettiamo a suonare la fanfara», avverte il capo delle forze armate tedesche, Eberhard Zorn: Putin ha impiegato solo il 60% delle truppe, niente marina e aeronautica, anche se «oggi possiamo dire con certezza che non riuscirà più ad avere tutto il Donbass».

Quattro giorni fa, a Izyum ci stavano i russi. Ora sono rinculati di 15 km, lasciando muri sforacchiati, negozi devastati, case scoperchiate. Spettri, pure: a Hrakove c’erano mille abitanti, ne restano una trentina, usciti dalle cantine a descrivere quegl’invasori «spaventati e paranoici» che sequestravano «perfino i nostri cellulari, per paura che usassimo i localizzatori». Zelensky ascolta, stringe mani, abbraccia. S’abbandona all’ottimismo («arriveremo alla vittoria!») ed elogia il nuovo eroe ucraino, il generale Oleksandr Syrsky che ha condotto l’arrivano-i-nostri. «Ma la riconquista va rafforzata», spiega.

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Camera ardente aperta nel Palazzo di Westminster

giovedì, Settembre 15th, 2022

La bara della regina esposta al pubblico 24 ore su 24

CorriereTv

Le prime persone in coda per rendere omaggio alla regina Elisabetta sono finalmente entrate nella Westminster Hall. Oltre due giorni in fila, accampati davanti all’entrata con tende e coperte termiche per passare la notte in strada. La bara chiusa di Sua Maestà resterà aperta al pubblico 24 ore su 24 fino al giorno dei funerali, lunedì 19 settembre. Le regole che sono state applicate per poter vedere la sovrana sono molto rigide: da una grandezza massima per le borse al divieto di portare fiori all’interno e mantenere un comportamento rispettoso. Silenzio all’interno della camera ardente e abbigliamento consono per l’occasione, specifica il Department for Digital, Culture, Media and Sport che ha stilato la modalità di controlli.

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Franceschini e la profezia alla Fassino: “Possiamo rimontare”

mercoledì, Settembre 14th, 2022

Daniele Dell’Orco

Col re delle profezie sballate Piero Fassino un po’ sottotono vista la brutta aria che tira intorno alla sinistra, il ministro dei Beni Culturali Dario Franceschini ha deciso di prendere il suo posto e sfregare la palla di vetro piddinocentrica per sfoderare la solita analisi dem sconnessa dalla realtà.

In un’intervista a Repubblica, Franceschini sostiene che, a dieci giorni dalle elezioni, il vento sarebbe “cambiato”. In favore della sinistra ovviamente, che però è assolutamente indietro rispetto all’alleanza di centrodestra, è sfaldata in almeno tre soggetti diversi, è delusa dalle liste compilate da Enrico Letta ed è in subbuglio al suo interno perché attende lo spoglio con lo stiletto già in mano.

Franceschini, però, novello Giuliacci, fuori dal suo ufficio in via del Collegio romano si è inumidito l’indice, l’ha sollevato per aria e ha capito che il vento sarebbe cambiato. Ora, dice: “La rimonta è possibile. La destra è arrivata a dieci giorni dal voto con troppa baldanza ma la gente sta iniziando a capire“.

Che la strategia elettorale dei big del Pd sia già da luglio basata su un entusiasmo di facciata per convincere i propri elettori che il risultato del voto non sia già scritto è comprensibile, avventurarsi in pronostici del genere quando la crescita del centrodestra è certificata non da settimane, ma da anni di sondaggi e voti riscossi soprattutto alle amministrative, è invece una fassinata in piena regola. Che, specie sui social, sta già scatenando l’ilarità di molti utenti tra cui quelli dello stesso Pd.

Dice Franceschini: “I sondaggi di agosto non valgono molto: la gente che ritorna al lavoro tocca con mano la drammaticità dei problemi“. Quello che dimentica, è che i problemi degli italiani non sono stati messi in stand-by dalle vacanze estive, c’erano già ed erano parecchi. Molti dei quali talmente datati da averli spinti ad abbandonare la scialuppa Pd che gli aveva promesso di portarli a riva senza remi, e di accasarsi presso altri lidi. Quindi, semmai, è proprio l’ulteriore presa di coscienza dei drammi a non deporre a favore del partito che, a vario titolo, ha governato negli ultimi 10 anni.

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Il feretro della regina Elisabetta arriva a Buckingham Palace tra gli applausi della folla

mercoledì, Settembre 14th, 2022

La pioggia non ferma i sudditi che vogliono rendere omaggio alla sovrana defunta

LaPresse / CorriereTv

(LaPresse) La bara della Regina Elisabetta II è stata accolta dalla folla a Buckingham Palace martedì sera, dopo essere giunta a Londra in aereo dalla Scozia. Nonostante la pioggia tantissimi londinesi si sono radunati davanti al palazzo reale per rendere omaggio alla defunta regina. Re Carlo III ha accolto il feretro a palazzo, dove ha trascorso la notte. Mercoledì la bara della Regina sarà trasportata su una carrozza trainata da cavalli fino a Westminster Hall dove resterà per quattro giorni prima del funerale di lunedì.

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Le destre d’Europa sono più vive delle sinistre: come sta cambiando la politica

mercoledì, Settembre 14th, 2022

Corrado Ocone

Con molta probabilità la Svezia non avrà più, fra qualche giorno, un governo socialdemocratico. Sì, proprio la Patria del welfare, quella che veniva dipinta a sinistra come la terra del benessere diffuso e dell’alta qualità della vita, dovrebbe essere guidata da una coalizione di centrodestra. Comunque andrà a finire (mancano ancora una manciata di voti per dire chiusa la partita), il dato più sorprendente è che, con circa un quinto dei suffragi, il partito dei Democratici, che la stampa mainstream continuerà a definire di «estrema destra», è diventato il secondo partito del Paese grazie a Jimmie Åkesson, un leader quarantatreenne che, come Giorgia Meloni in Italia, ha impresso alla formazione una rapida trasformazione in senso moderno.

Il tutto all’insegna di uno slogan un po’ trumpiano, ma che la dice lunga sulle sue intenzioni: «la Svezia deve ritornare ad essere bella». Il suo conservatorismo patriottico punta molto sui temi dell’identità, e quindi sulla lotta all’immigrazione clandestina e incontrollata, ma in un’ottica per niente xenofoba: nel 2010 Åkesson ha istituito una Carta che bandisce ufficialmente ogni razzismo ed estremismo dal partito. Inutile dire che i media si sbizzarriscono a scovare militanti, che spesso non solo tali, che organizzerebbero cene “nostalgiche” o sfoggierebbero simboli nazisti.

DIALETTICA TORY
Sono spesso quegli stessi media che hanno voluto dipingere la messa in minoranza di Boris Johnson a Londra come un portato della Brexit e della «impresentabilità» dell’ex premier inglese organizzatore di party in pieno lockdown. In verità, la lotta interna ai Tories non concerne affatto l’uscita dalla Ue, che è ormai considerata un dato di fatto ed è democraticamente accettata da tutti, ma la politica economica da seguire per far ripartire la Gran Bretagna e sfruttare le sue potenzialità.

Qui Johnson si è dimostrato un po’ traballante, non riuscendo a scegliere fra una svolta liberista alla Thatcher e una più «compassionevole» di aiuti e sussidi ai dimenticati della globalizzazione. In effetti, il dibattito su questi temi è aperto e molto acceso nel partito, ma da un leader ci si sarebbe aspettata probabilmente una posizione più netta. Certo, se si scende più a Sud, c’è il caso della Germa nia, retta ora da una coalizione rossoverde. Ma qui quel che è interessante osservare è che i popolari, lontani dal governo, si stanno sempre più allontanando dall’ideologia progressista, recuperando la propria tradizione liberale e conservatrice.

Il che, per la leadership che di fatto esercita la Germania in Europa, ha subito avuto un effetto a Bruxelles: a gennaio i popolari europei si sono sfilati dalla “maggioranza Ursula” e, alleatisi con le destre, hanno eletto una loro leader a guida della Commissione europea: la maltese Roberta Metsola, attestata su posizioni nettamente conservatrici.

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Kazakistan, il Papa ai leader religiosi del mondo: “Mai giustificare la violenza. Il sacro non sia puntello del potere. Dio porta pace, non guerra”

mercoledì, Settembre 14th, 2022

Domenico Agasso

INVIATO A NUR-SULTAN. «Siamo fratelli, figli dello stesso cielo. Basta fondamentalismi». Papa Francesco al Congresso dei Leader delle Religioni mondiali e tradizionali a Nur-Sultan, capitale del Kazakistan, lancia un accorato appello: «Mai giustificare la violenza. Il sacro non diventi puntello del potere. Dio conduce alla pace, mai alla guerra». Il Pontefice sottolinea che la libertà di fede è «diritto inalienabile», occorre «promuoverla ovunque». Avverte che con il Covid tutti sono «sullo stesso piano», ora servono «umiltà e lungimiranza». Finché imperverseranno «disparità e ingiustizie», dureranno odio e terrore. Il maggior fattore di rischio «dei nostri tempi permane la povertà». Bisogna proteggere la «casa comune dagli stravolgimenti climatici» e dalla «mentalità dello sfruttamento».

Nella sua seconda giornata nella Capitale kazaka, il Pontefice arriva in auto dalla nunziatura apostolica, dove alloggia, al «Palazzo dell’Indipendenza, nella piazza centrale, dove si apre il 7/o Congresso dei Leader delle Religioni mondiali e tradizionali, al quale è stato invitato dal presidente della Repubblica Kassym-Jomart Tokayev. Dopo la preghiera in silenzio dei leader religiosi nella «Sala delle Conferenze» – dove il Vescovo di Roma entra in sedia a rotelle, subito salutato da Ahmad Al-Tayyeb, grande imam di Al-Azhar – inizia la conferenza. Quindi seguirà la foto di gruppo dei partecipanti e gli incontri in forma privata.

Il Congresso dei Leader delle Religioni mondiali e tradizionali, che quest’anno (14-15 settembre) è dedicato al ruolo dei leader delle varie confessioni nello sviluppo spirituale e sociale dell’umanità nel periodo post pandemico, si è svolto per la prima volta a Nur-Sultan, allora Astana, dal 23 al 24 settembre 2003, su iniziativa del primo presidente della Repubblica del Kazakistan, Nursultan Abishevich Nazarbayev. È stato un avvenimento unico, perché, per la prima volta, ha visto i rappresentanti dell’intero mondo religioso riunirsi attorno a un unico tavolo, allo scopo di trovare punti di riferimento comuni per creare un’istituzione internazionale permanente, garantire il dialogo interreligioso e un processo decisionale coordinato. Da allora, tutti i Congressi che si sono susseguiti, ogni tre anni – nel 2006, 2009, 2012, 2015 e 2018 – fatta eccezione di quest’ultimo, che è stato posticipato di un anno a causa della pandemia, hanno visto la partecipazione di leader e rappresentanti di spicco islamici, cristiani, ebrei, buddisti, shintoisti, taoisti e di altre religioni tradizionali, e, alla fine di ogni incontro, la pubblicazione di un documento conclusivo congiunto, contenente dichiarazioni e appelli rivolti ai cittadini, ai popoli e ai governi dei paesi del mondo. Sempre al centro delle discussioni, la promozione del dialogo interreligioso per il bene della pace e dello sviluppo e l’importanza del ruolo dei leader religiosi nel rafforzamento della sicurezza internazionale. La sala circolare, dove si sono riuniti triennalmente, dopo il 2003, i delegati delle principali religioni e fedi del mondo, si trova all’interno del Palazzo della pace e della riconciliazione, conosciuto anche come «Piramide della pace e della riconciliazione», progettato dallo studio Norman Foster & Partners, costruito appositamente per questo evento nel 2004, e completato nel 2006, su iniziativa del presidente Nazarbayev. La struttura è stata concepita come sede permanente del Congresso e centro globale per la comprensione religiosa, la rinuncia alla violenza e la promozione della fede e dell’uguaglianza umana. Per ragioni di capienza, però, quest’anno l’evento si svolge nel Palazzo dell’Indipendenza.

Numerosi e di alto livello gli interventi previsti oggi. Dopo l’indirizzo di benvenuto di Tokayev, il primo intervento è quello di Jorge Mario Bergoglio. Seguono quelli di Ahmad Al-Tayyeb, grande imam di Al-Azhar, del metropolita Antonio di VoloKolamsk, capo del dipartimento delle relazioni ecclesiali esterne del Patriarcato di Mosca – è assente il patriarca Kirill – di Yitzhak Yosef, capo rabbino sefardita di Israele, e il video messaggio di Antonio Guterres, segretario generale delle Nazioni Unite. Nel seguito della sessione plenaria interverranno il patriarca Teofilo III di Gerusalemme, un video messaggio del segretario generale della Lega musulmana mondiale Mohammad bin Abdulkarim Al-Issa, quindi il sottosegretario generale delle Nazioni Unite Miguel Angel Moratinos, il rappresentante ufficiale del custode delle due sacre Moschee e re d’Arabia Saudita Saleh bin Abdul-Aziz Al ash-Sheikh, il presidente della Associazione Toista Cinese Li Guanfu, il rabbino capo ashkenazita di Israele David Lau, l’alto commissario delle minoranze nazionali dell’Osce Kairat Abdrakhmanov, il presidente del Consiglio musulmano del Caucaso Allashukur Pashadaze, il presidente dell’Unione Inter-parlamentare Duarte Pacheco, il presidente del Consiglio dell’ideologia islamica della Repubblica islamica del Pakistan. La sessione plenaria continuerà poi nel pomeriggio. A fine mattinata il Papa incontrerà in forma privata alcuni dei leader religiosi presenti. Il Congresso si chiuderà domani con le sessioni tematiche (una anche sul ruolo delle donne), con la lettura della dichiarazione finale e il discorso conclusivo di Francesco, Al-Tayyeb, Antonij, Tokayev e del presidente del Senato Maulen Ashimbayev. 

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Roberto Fico: “Giù le mani dal reddito di cittadinanza, ha protetto la dignità delle persone”

mercoledì, Settembre 14th, 2022

FRANCESCO RIGATELLI

Difende il reddito di cittadinanza che «ha dato potere contrattuale ai lavoratori in un Paese in cui non ne avevano» pur ammettendo «che può essere perfezionato», non trova «il presidenzialismo la risposta ai bisogni dell’Italia» per cui «non è il momento di una bicamerale, ma di risolvere i problemi energetici». Il presidente della Camera Roberto Fico, intervistato dal vicedirettore Federico Monga in occasione della sua visita nella redazione de La Stampa di Torino, affronta i temi della campagna elettorale. Anche se, chiunque vinca, non teme pericoli democratici o di collocazione internazionale.

Come giudica il dibattito in vista del voto?

«È una campagna elettorale. Si affrontano molte tematiche, ma non mi sembra aspra. L’importante è approfondire gli argomenti così che i cittadini possano seguire».

Tra i vari temi emerge il lavoro, anche dopo il monito del Papa. Cosa ne pensa?

«Il lavoro è il principale argomento della nostra Repubblica. Non a caso un provvedimento proposto dal M5S è il salario minimo a 9 euro lordi all’ora a norma di legge per impedire lo sfruttamento dei giovani. E per le donne va favorita la parità anche a livello di stipendi. Tematiche importanti su cui condivido le parole del Papa».

Sembrano argomenti da governo giallo-rosso più che di un eventuale esecutivo di destra o no?

«Vedremo chi governerà, ma si tratta di tematiche riguardanti tutto il Paese. In un patto sociale anche gli imprenditori potrebbero trovarsi d’accordo nel motivare i dipendenti con compensi equi».

Ma basta la politica a raddrizzare la società diseguale denunciata dal Papa? Confindustria scarica la responsabilità sui partiti. È così?

«I partiti devono raccogliere la sfida. Il prossimo Parlamento dovrà impegnarsi per colmare i divari e alzare i salari. E una forza progressista come il M5S si applicherà fino in fondo contro le diseguaglianze, affinché il Paese cresca in modo uniforme da nord a sud e anche nelle zone svantaggiate del centro-nord».

Una delle misure più discusse resta il reddito di cittadinanza, che molti partiti propongono di cambiare o eliminare. Che ne pensa?

«So che è così, però lo difendo fino in fondo perché non si tratta di una misura assistenzialista ma che protegge la dignità delle persone. E non solo al sud. Poi sono d’accordo che possa essere migliorato nell’attuazione pratica».

Tra le varie critiche, alcuni imprenditori lamentano di non riuscire a trovare collaboratori perché molti prendono il reddito di cittadinanza e magari lavorano in nero…

«Rifiuto totalmente questa impostazione. La verità è che ora i lavoratori possono scegliere di non fare certi mestieri sottopagati. Si è dato un potere contrattuale in un Paese in cui non ce n’era. E poi per una minima parte di truffe si è aiutata tanta gente in difficoltà. Non è che per i falsi invalidi si è eliminata la pensione di invalidità».

Lei crede nei sondaggi?

«Li guardo».

Il M5S sembra in crescita soprattutto al sud, dove il reddito di cittadinanza è stato un grande aiuto. Un caso?

«Da sempre il M5S prende più voti al sud. Oggi c’è una squadra unita con un programma progressista e ambientalista e questa sta pagando. Zero diatribe interne, molte idee e candidati di valore come i magistrati Federico Cafiero De Raho e Roberto Scarpinato e Dario Vassallo, fratello del sindaco di Pollica ucciso dalla camorra».

Lei è sempre stato un uomo del dialogo, ma perché c’è stata la rottura M5S-Pd ed era evitabile?

«In questa fase temo di no. Ad un certo punto le strade si sono divise in modo irreparabile. Il M5S per mesi ha cercato di porre al governo delle questioni che sono state ignorate. Così non poteva funzionare. L’alleato Pd su alcuni temi doveva dare una mano maggiore. E con l’avvicinarsi delle elezioni tutti i partiti, non solo il M5S, hanno accentuato le loro posizioni identitarie».

Come ha vissuto quei giorni?

«Ho contribuito per quanto potevo all’avvio del governo Draghi ma poi ho capito che la tenuta della maggioranza stava peggiorando irreparabilmente».

Il M5S si ritroverà col Pd?

«Lo trovo difficile».

Che effetto le fa vedere Di Maio in un altro partito?

«Le cose sono andate come sono andate e mi pare ormai un tema ai margini rispetto al dibattito urgente per il Paese».

E Di Battista?

«Devo dire che non lo sento da anni, anche perché ha scelto una strada molto diversa dalla mia».

Grillo invece lo sente?

«Sì e spesso. Gli piace molto l’assetto attuale del M5S e la campagna elettorale che sta facendo. Con lui, che resta un vulcano di idee e di umanità, parliamo soprattutto del futuro: dall’energia pulita alle nuove città».

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