Archive for Settembre, 2022

Il Draghismo in purezza della Sorella d’Italia

domenica, Settembre 11th, 2022

MASSIMO GIANNINI

È evidente che a Giorgia Meloni non conviene vincere le elezioni. Sulla carta ha l’occasione della vita. È la prima aspirante donna-premier che può sfondare il tetto di cristallo. Guida un partito di destra dura e pura che non ha mai gestito nulla, a parte i convegni di Atreju. Ha il pieno comando della sua sgangherata coalizione. Ha già fatto la ministra in uno dei peggiori esecutivi della Repubblica ma agli italiani piace perché risulta ugualmente “nuova”. In teoria, le condizioni per raccogliere con entusiasmo questa sfida ci sono tutte. Ma in pratica, chi glielo fa fare questo battesimo del fuoco a Palazzo Chigi, in una delle ore più buie della Storia? Dopo aver festeggiato il probabile plebiscito nelle urne, che speranze ha di salvare davvero l’Italia, tra la minaccia neo-imperiale di Putin e la crisi del gas, una famiglia su tre che non può pagare le bollette e 120 mila imprese che rischiano la chiusura, l’inflazione al 9 per cento e la Bce che alza i tassi di interesse?

Con questo intero gregge di mucche in corridoio, si capisce che qualche Fratello d’Italia cominci a mettere già le mani avanti e a fantasticare un’altra volta di “unità nazionale” e di “governo dei migliori”, per vedere di nascosto l’effetto che fa. Guido Crosetto, in una destra drammaticamente povera di classe dirigente, non è uno qualunque: se si spinge a dire che «Giorgia non arriverà alla guida del Paese per fare la donna sola al comando» e che «per il bene dell’Italia chiamerebbe Letta senza nessuna esitazione, così come Conte o Calenda», qualcosa dietro ci dovrà pur essere. Basta sentire il video-spot che la stessa Meloni ha diffuso giovedì scorso, intitolato “Pronti a intervenire sul costo dell’energia – Le nostre proposte”.

Dura tre minuti e 28. Il tono è grave, composto, mai polemico. E le proposte vanno dal tetto europeo al prezzo del gas al “decoupling” tra prezzo del metano e delle altre fonti energetiche, dalla tassazione degli extraprofitti ai crediti d’imposta per le imprese gasivore. Draghismo in purezza. La prima cosa che viene da dire è: troppo comodo chiedere aiuto al premier uscente, o magari persino ai leader del campo avverso, adesso che i “patrioti” stanno per entrare nella stanza dei bottoni e invece delle verdi vallate vedono la morte nera.

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Il caro-energia spinge il nucleare

domenica, Settembre 11th, 2022

Luca Monticelli

ROMA. L’Italia ha sempre più sete di energia. Con il costo del gas alle stelle, lo spettro del razionamento alle porte e il piano sulle rinnovabili che non decolla, il dibattito politico elettorale rilancia un tema che da 35 anni viene sottoposto ciclicamente agli italiani: il nucleare. Dopo i referendum del 1987 e del 2011, con cui i cittadini abrogarono le norme in favore dell’energia prodotta attraverso la fissione dell’atomo, i partiti ci riprovano. In prima fila a spingere su una nuova stagione del nucleare «di ultima generazione» c’è tutto il centrodestra, anche se con sfumature diverse, e il Terzo polo di Carlo Calenda. Sulle barricate i 5 Stelle, che avendo fatto cadere il governo Draghi per il termovalorizzatore di Roma, non vogliono certo sentir parlare di reattori nelle città, così come Verdi e Sinistra italiana alleati del Partito democratico.

Il programma del Pd non prevede centrali nucleari e preferisce puntare sull’energia pulita, più compatibile con una riduzione delle emissioni entro il 2030. Ieri, Enrico Letta, da Genova, ha stoppato così l’idea di riattivare le centrali: «Il nucleare fa parte dei sogni di Salvini, io credo che sia importante concentrarsi sulle cose fondamentali che si devono e si possono fare contro i rincari energetici. Non bisogna fare dei ragionamenti astratti, ma cose concrete», sottolinea il segretario dem.

Matteo Salvini, che è il più convinto sostenitore del nucleare nel campo del centrodestra, qualche giorno fa aveva addirittura evocato la possibilità di realizzare una centrale a Baggio, nella periferia milanese. Un’idea bollata così da Giuseppe Conte: «Allora vediamo se c’è spazio vicino alla casa di Salvini. La verità è che il nucleare senza scorie non esiste. Per quello di quarta generazione servono 15 o 20 anni». Chi promette il nucleare, sostiene Alessandra Todde, vice presidente del Movimento 5 stelle, «dovrebbe spiegare con quali soldi vorrebbe fare gli impianti, dove, e in quali luoghi stoccare le scorie radioattive».

Nel centrodestra, sebbene a favore, Giorgia Meloni e Silvio Berlusconi sembrano comunque più cauti perché lo reputano un tema delicato per quelle che sono le sensibilità degli italiani. «Bisogna ragionare su un mix energetico, partendo da quello che si ha», è il ragionamento della leader di Fratelli d’Italia in uno degli ultimi comizi. Berlusconi, invece, parla genericamente di «ricerca sul nucleare pulito che ci viene consigliata dall’Europa». Tira dritto invece Salvini che ieri ha annunciato «piani per riaggiornare il nucleare già al primo Consiglio dei ministri del governo di centrodestra».

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Perché non si è mai votato in autunno

domenica, Settembre 11th, 2022

di Antonio Polito

La campagna elettorale impedisce che dal governo arrivino direttive precise sull’ipotesi di ridurre l’orario scolastico

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Forse perché meno distratto dalla campagna elettorale, avendo deciso di non ricandidarsi, il senatore Quagliariello è stato tra i più lesti a segnalare una delle peggiori conseguenze della campagna elettorale: l’assenza di un governo nella pienezza dei suoi poteri, o almeno pronto a usare con decisione e sprezzo del pericolo i pochi che gli restano. Richiestogli un parere sull’opportunità di ridurre l’orario scolastico e di praticare la «settimana corta» per contribuire al risparmio energetico, il ministro Bianchi si è infatti prudentemente rifugiato dietro un benevolo ponziopilatismo: «C’è l’autonomia della scuola — ha detto —. Se una decide, può farlo, ma si parta dalla didattica».

Ora, che ci sia l’autonomia scolastica è fuor di dubbio (anche se viene usata solo quando conviene). Ma che il governo non debba dare un’indicazione su come comportarsi, dicendo agli istituti e alle famiglie se serve oppure no, non sembra proprio il caso; visto che tutto nasce da un problema esterno al mondo scolastico, un po’ come avvenne con la didattica a distanza. Inoltre il governo dovrebbe ridurre il più possibile le cause di caos che, come ogni settembre, già turbano un ordinato inizio dell’anno scolastico, invece di aggiungere alle incertezze tradizionali su disponibilità dei docenti, ricerca dei supplenti, calendari differenziati e orari ridotti, anche la sciarada del sabato.

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Il caso «Harry e Meghan», prima l’esclusione, poi il ritorno a sorpresa. I nodi dell’eredità e della successione

domenica, Settembre 11th, 2022

di Paola De Carolis

L’invito del principe di Galles al fratello ad unirsi per i saluti al castello di Windsor fa pensare a una pace ritrovata. Ma restano le criticità finanziarie e legate ai titoli dei discendenti

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LONDRA – Verso le sei di sera si sono aperti i cancelli ed ecco che dalle auto nere sono emersi non in due, ma in quattro. William e Kate, principe e principessa del Galles, e al loro fianco, a sorpresa, di Harry e Meghan. Tra la folla — decine di migliaia di persone lungo il Long Walk, il viale che porta al castello di Windsor — è scoppiato un applauso stupito, commosso, incredulo: la riunione dei due fratelli e le rispettive mogli nel momento del dolore è sembrato un miracolo. Che nel nome di Elisabetta sia stata raggiunta una tregua? Il video

Seri e un po’ impacciati all’inizio, c’è voluto poco per ritrovare il sorriso: 40 minuti a stretto contatto con un pubblico sempre più entusiasta in cui i duchi hanno raccolto miriadi di mazzi di fiori, stretto centinaia di mani, accarezzato dozzine di bambini, abbracciato chi aveva bisogno di conforto. Non se lo aspettava nessuno: da giorni si inseguivano indiscrezioni sul pessimo rapporto tra i due principi. Il viaggio di Harry a Balmoral, costretto a noleggiare un aereo privato perché non invitato a unirsi a William e agli zii Andrea ed Edoardo e ripartito subito, dopo appena 12 ore, con un volo della British Airways nonostante William avesse a disposizione un velivolo militare, era sembrato il segno di un divario insuperabile. Ieri eccoli insieme, con quel tocco di magia tra celebrità e regalità, belli come rockstar: i fab four dei Windsor. La morte della regina elisabetta ii

Sbigottiti i royal watchers: nessuno li aveva avvertiti. Si aspettavano William e Catherine da soli. Cosa è successo? «Il principe e la principessa del Galles hanno invitato i duchi del Sussex ad unirsi a loro», hanno sottolineato i portavoce, ma non è una frase che basta a rispondere a mille domande: da chi è partita l’idea? E perché? È il momento del disgelo? È uno sviluppo che ha colpito il Paese e sul quale indubbiamente si stende il caldo ricordo di una nonna che è sempre stata affezionatissima ai nipoti, e a William e Harry — orfani di madre da giovanissimi — in modo particolare.

Erano stati Elisabetta e Filippo, proprio a Balmoral, a prendersi cura dei principini nei terribili giorni della morte di Diana mentre il padre Carlo si recava a Parigi per recuperare la salma. Con il senno di poi, si sono compresi gli errori. A dodici anni Harry era troppo giovane per seguire il feretro in giacca e cravatta assieme agli uomini della famiglia. Era un bambino che aveva appena perso la madre. Un trauma enorme, ha spiegato da grande, ma allora era sembrata la scelta migliore chiedergli di diventare adulto così.

Prima di morire Elisabetta aveva cercato di riappacificare i due fratelli, una volta così uniti. Negli ultimi tempi Harry ha ricordato la simpatia, il senso dell’umorismo, la dedizione alla corona, la grande integrità della nonna. Ieri lo ha fatto anche William. Di fronte a una perdita tanto grave per la famiglia, il Regno Unito e il Commonwealth, di fronte al nuovo ruolo del padre e alle responsabilità che spetteranno ora a re Carlo, i due fratelli devono aver deciso che fosse il caso di mostrarsi uniti. Al termine della visita, così, sono saliti tutti sulla stessa auto, con William al volante.

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Politica e futuro, chi spinge (davvero) il paese

domenica, Settembre 11th, 2022

di Ferruccio de Bortoli

La legislatura che finisce è stata, per età media degli eletti, la più giovane della storia repubblicana ma non si è distinta per aver pensato molto alle prossime generazioni. A giudicare dai programmi elettorali e dalle dichiarazione dei leader, quella che comincerà dopo il 25 settembre se ne occuperà molto di più. Per la prima volta i diciottenni votano anche per il Senato. L’elettorato passivo è però ancora fermo a 25 anni per la Camera e 40 per il Senato. Sanna Marin, la premier finlandese, ne ha 36.

La società invecchia inesorabilmente, ma il tema demografico è trattato spesso come qualcosa di ineluttabile. Un destino che sembra sfuggire dalle nostre mani. Troppo grande per essere, paradossalmente, una priorità. Meglio rimuovere il problema, dopo tutto riguarda i posteri. Non li conosciamo nemmeno e, parafrasando Oscar Wilde, non hanno fatto nulla per noi. E poi ci sono altre e più urgenti emergenze da affrontare. Subito.

Nel 2050 avremo tre anziani per ogni giovane. Quest’ultimo, un malcapitato, non saprà più come assistere i propri concittadini sempre meno autosufficienti, né potrà garantire loro il sostegno del sistema pensionistico. Non ci rendiamo conto di quanto le scelte del presente riducano progressivamente il grado di libertà e di benessere dei nostri figli e nipoti. Le misure a favore della famiglia e del lavoro femminile sono importantissime. Vitali.

Ma è difficile che si aumenti il tasso di natalità senza più coraggiose politiche per l’immigrazione, sulle quali ovviamente si perdono voti. Dunque, buttiamo la palla o la lattina più in là. Intanto c’è tempo. No, il tempo non c’è più. Un dato estremamente significativo — e proprio per questa ragione ignorato — è stato citato in più occasioni dal ministro della Pubblica Istruzione, Patrizio Bianchi: in soli due anni, la popolazione scolastica è diminuita di 300 mila unità. Ed è come se fosse sparita una città come Catania tutta abitata da studentesse e studenti.

Un dramma nazionale. Al pari dello scandalo di avere il maggior numero di giovani tra i 15 e i 29 anni che non lavorano e non studiano. Primi in Europa in questa disonorevole classifica, mentre siamo agli ultimi posti per percentuale di laureati. Un Paese sempre più anziano tende a ripiegarsi su se stesso, coltiva la paura di perdere il benessere, non la voglia o meglio la fame (come nel Dopoguerra) di accrescerlo. È più sensibile alla stabilità delle protezioni rispetto alla creazione delle opportunità. Le prime sono necessarie se affrontano i bisogni di chi è in difficoltà, dannose se danno l’impressione di una totale prevalenza dei diritti rispetto ai doveri, svincolando la crescita anche personale dallo studio, i sacrifici e persino i fallimenti.

Se poi incoraggiano l’avversione al rischio — tipica di una società anziana — contagiano in questo modo anche le giovani generazioni, diffondendo un clima di pessimismo e di rassegnazione. Il 69 per cento dei giovani tra i 18 e i 35 anni, secondo una ricerca Ipsos, vive ancora nella famiglia d’origine. Le seconde, le opportunità, non devono essere tante se — com’è avvenuto nel 2019, l’anno prima della pandemia — 107 mila italiani se ne sono andati all’estero, di cui 90 mila giovani. Del resto, come testimoniano i dati del ministero del Lavoro, l’Italia è seconda solo alla Romania quanto a povertà lavorativa dei più giovani. Pagati scandalosamente poco. Non si investe sui talenti solo perché ci sono degli incentivi fiscali. È quasi un insulto.

Le misure di sostegno sono necessarie ma non sufficienti. È una questione di mentalità, di visione del futuro. Se si considera l’economia in una condizione statica (ragionamento che stava alla base di quota 100, escono gli anziani ed entrano i giovani) si sottovaluta l’evoluzione delle tipologie di lavoro legate alla digitalizzazione, alla robotica, all’intelligenza artificiale. Quasi come se il posto di lavoro si passasse di padre in figlio e restasse sempre lo stesso. Immutato. Se si attribuisce l’attuale tasso di crescita unicamente al bonus 110 per cento, come fanno i suoi sostenitori, si mostra un totale disinteresse per la straordinaria reazione delle imprese — quelle che stanno su un mercato aperto, concorrenziale — alla pandemia e alla crisi energetica.

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I sei passi della resistenza ucraina: così è cambiata la guerra

domenica, Settembre 11th, 2022

di Andrea Marinelli e Guido Olimpio

L’Ucraina ha lavorato con pazienza e astuzia, una serie di movimenti sulla scacchiera dove certamente l’intelligence ha svolto un ruolo fondamentale. C’è stato un lavoro di «intossicazione» e di mascheramento?

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La mappa della controffensiva ucraina nella regione di Kharkiv (foto Twitter)

L’Ucraina ha lavorato con pazienza e astuzia, effettuando una serie di movimenti sulla scacchiera dove certamente l’intelligence ha svolto un ruolo fondamentale.

Primo passo. Per settimane ha annunciato che vi sarebbe stata l’offensiva a sud, su Kherson. Lo hanno dichiarato alti ufficiali, è stato raccontato ai media internazionali perché lo ripetessero all’infinito, ha colpito in modo sistematico con armi a lungo raggio che dovevano «provare» la preparazione, ha condotto sabotaggi. E l’azione si è fatta sentire sugli occupanti.

Le ultime notizie sulla guerra in Ucraina, in diretta

Secondo passo. Insieme ai preparativi — evidenti — sono uscite però indiscrezioni e affermazioni contrastanti: generali e soldati dicevano di non essere ancora pronti, lamentavano la mancanza di equipaggiamenti. Di nuovo i media hanno rilanciato e anche gli osservatori più attenti segnalavano carenze bilanciate solo dalla qualità relativa dell’avversario. Mosca, però, si è preoccupata ed ha inviato rinforzi per sventare la manovra. Ad un certo punto si è persino parlato di una fiondata preventiva da parte degli invasori.

Terzo passo. Kiev è riuscita a creare una forza d’urto abbastanza potente ma agile per poter sferrare l’assalto nella regione di Kharkiv. Triplo successo: i russi non se ne sono accorti, hanno spostato truppe a sud, hanno sguarnito le postazioni. Gli ucraini, nelle settimane precedenti, hanno evitato di dare qualsiasi indizio e poi hanno sfruttato l’opportunità. L’intelligence ha dato il suo contributo per confondere ancora di più i russi? C’è stato un lavoro di «intossicazione» e di mascheramento? Certamente lo Stato maggiore di Zelensky ha avuto un quadro preciso di quali fossero le unità in campo e le fragilità, dati ricavati dalla propria ricognizione assistita da quella satellitare alleata. Da ricordare che fin dai primi giorni di conflitto gli Usa hanno creato un sistema per comunicare in tempo reale target e movimenti.

Quarto passo. L’iniziale avanzata a sud ha allarmato il Cremlino, il martellamento degli Himars e le incursioni di forze speciali insieme agli attacchi dei partigiani, hanno catturato ancora di più l’attenzione dell’Armata. Era ed è il segnale di un controattacco vero da parte dell’Ucraina, impegno militare accompagnato dalle promesse di Zelesnky sulla riconquista dei territori.

Quinto passo. L’Ucraina ha mosso le sue formazioni nella zona di Kharkiv puntando in modo deciso verso l’asse stradale e ferroviario che alimenta Izyum e lo scacchiere. I russi non hanno tenuto, anche perché c’era solo un velo di difesa. Ora devono rispondere, ma su più fronti. Se la resistenza è mobile, «dispersa» e non concede riferimenti statici la potenza di fuoco degli aggressori si riduce. Rilevante l’impiego dei missili anti-radar che hanno avuto un impatto indiretto su una già ridotta presenza dell’aviazione russa, con caccia ed elicotteri esposti ai tiri di una fitta contraerea, con sistemi importanti e quelli portatili (tipo Stinger).

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Totti: «Ilary? Non ho tradito io per primo. Ho trovato i messaggi sul suo telefono, è stato uno choc»

domenica, Settembre 11th, 2022

di Aldo Cazzullo

Francesco Totti racconta la rottura con Ilary: «Con Noemi stiamo insieme da dopo Capodanno. La crisi? Tutto è iniziato nel 2016, il mio penultimo anno da calciatore. E c’era una terza persona che faceva da tramite tra Ilary e l’altro». L’intervista esclusiva

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Francesco Totti, sa qual è l’argomento più cliccato e dibattuto in Rete nel 2022, più del Covid, della guerra, della regina…
«Si fermi. Questa storia per me non è gossip. Questa storia per me è carne e sangue. C’è di mezzo la mia vita. Ci sono di mezzo tre persone che amo più di me stesso: i miei figli, che voglio proteggere in ogni modo. E c’è un amore durato vent’anni. Tutto mi sarei aspettato, tranne che finisse così».

Resta il fatto che ne parlano tutti.
«Tutti, tranne me. Non ho ancora detto una parola. Avevo detto che non avrei parlato e non l’ho fatto. Ma ho letto troppe sciocchezze, troppe bufale. Alcune hanno anche fatto soffrire i miei figli. Ora basta».

Quali sciocchezze?
«Molte, in particolare una: che il colpevole della rottura sarei soltanto io. Che il matrimonio sarebbe finito per colpa del mio tradimento.

Non è così?
«Questo punto voglio chiarirlo: non sono stato io a tradire per primo. Poi tornerò a tacere. Qualunque cosa mi sarà replicata, starò zitto. Perché la mia priorità è tutelare i miei figli».

Lei e Ilary siete l’argomento dell’anno perché eravate bellissimi. Pareva una fiaba: il calciatore più amato, la star della tv.
«Le fiabe non esistono. Abbiamo avuto alti e bassi, come ogni coppia. Poi qualcosa si è rotto».

Quando?
«La crisi vera è esplosa tra marzo e aprile dell’anno scorso. Ma io soffrivo da tempo».

Perché?
«Tutto è iniziato nel 2016. Il mio penultimo anno da calciatore. Smettere non è facile. È un po’ come morire».

Lei aveva più di quarant’anni.
«Sì, ma giocavo in serie A da quando ne avevo sedici. E certe cose ti mancano. L’adrenalina, la fatica. L’ho anche detto, nel discorso di addio allo stadio: “ho paura, statemi vicino”. E i romanisti non mi hanno mai lasciato solo».

Lei in campo dava di sé un’immagine spavalda, quasi strafottente. «Mo je faccio er cucchiaio».
«Perché sapevo, in quella semifinale dell’Europeo, che il portiere dell’Olanda si sarebbe buttato a destra o a sinistra, e se facevo il pallonetto avrei segnato. Ma quel che mi aspettava dopo il ritiro, io non lo sapevo. E comunque il rigore che ricordo con più soddisfazione è quello ai Mondiali con l’Australia».

C’ero. Kaiserslautern, 26 giugno 2006. Ultimo minuto. Eravamo 10 contro 11, se lei avesse sbagliato non avremmo vinto la Coppa.
«C’era pure Ilary. Io segnai e inquadrarono lei, in mondovisione. Fu l’unica partita che venne a vedere in Germania, prima della finale».

Lei Totti mise in bocca il pollice, come un bambino.
«Come Cristian, il nostro primogenito. Aveva otto mesi. Ci tenevo: per la mia famiglia, per l’Italia, e per Lippi. Quando mi spezzarono la gamba, al risveglio dall’anestesia l’avevo trovato in clinica. Era venuto a dirmi: Francesco, ti aspetto e ti porto ai Mondiali».

Quando lei litigava con un altro allenatore, Spalletti, Ilary intervenne in sua difesa, lo definì «piccolo uomo».
«Fece tutto da sola. Voleva proteggermi, ebbe una reazione quasi materna. Di pallone non ha mai capito molto».

Lei lasciò il calcio.
«E dopo lasciai anche la Roma, dove avevo cominciato a lavorare come dirigente. La rottura con la vecchia proprietà fu traumatica: come dover abbandonare la propria casa. Ero fragile, mi mancavano i riferimenti, e Ilary non ha capito l’importanza di questo dolore. Poi è arrivato il 12 ottobre 2020».

Cos’è successo il 12 ottobre?
«È morto papà mio. Di Covid. E io l’ho visto l’ultima volta il 26 agosto. Sapevo che stava male, e non potevo fargli visita. Papà mio per me c’era sempre, non perdeva una trasferta. A me non faceva mai un complimento, ma con gli altri era fierissimo: Francesco è il numero uno, diceva. Poi ho preso il Covid pure io, in forma violenta: 25 giorni chiuso in casa, stavo per finire in ospedale. Insomma, per me è stato un periodo tremendo. Per fortuna c’erano i figli. Finalmente ho potuto stare più tempo con Cristian, Chanel e Isabel. Mia moglie invece, quando avevo più bisogno di lei, non c’è stata. Nella primavera del 2021 siamo andati in crisi definitivamente. L’ultimo anno è stato duro. Non c’era più dialogo, non c’era più niente».

E lei, Totti, non ha commesso errori?
«Certo. Quando si rompe, si rompe in due: 50 e 50. Avrei dovuto stare di più con lei, da solo. Invece nel week end organizzavo con gli amici. C’era anche Ilary; ma avrei dovuto portarla a cena, dedicarle più attenzioni».

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Fratelli d’Italia allontana il gruppo

sabato, Settembre 10th, 2022

Alessandra Ghisleri

Mancano due settimane al voto e il partito degli indecisi è ancora quello che raccoglie il maggior numero di elettori. Prosegue, più lenta la salita di Fratelli d’Italia che cerca di sfondare il suo tetto di cristallo. Il Pd contrae i suoi consensi regalando voti al M5S e ai Verdi-Sinistra italiana, suoi alleati di coalizione. I confronti importanti degli ultimi 15 giorni di campagna elettorale si scoprono nel testa a testa tra il M5S, in netta crescita sull’onda dei temi sociali e del reddito di cittadinanza cavalcati fortemente da Conte in tutti i suoi interventi pubblici, e la Lega di Salvini, ancora in calo nonostante il grande impegno del leader nella sua campagna elettorale tra piazze virtuali e reali. Un altro confronto importante vede protagoniste Azione-Italia Viva di Calenda e Renzi e Forza Italia. Per correttezza è importante ricordare che in tutti i sondaggi pubblicati fino a ieri – prima della par condicio – l’errore statistico è sempre stato intorno al 3,1% e per questo i confronti appaiono ancora più tormentati in queste due settimane di black out di numeri.

Raffrontando i risultati delle coalizioni in campo si evince che il centro destra si trova in un buon vantaggio sia a livello di percentuali sia a livello di seggi sia alla Camera sia al Senato al netto di quei pochi collegi ancora incerti sul loro esito. L’affluenza che si registra oggi è ancora scarsa per diversi motivi tra cui gli elettori segnalano il fatto che il 25 settembre si voti nel solo giorno di domenica e che non sia permesso ad esempio agli studenti e ai lavoratori fuori sede di votare a distanza. Il fatto che sia inusuale, nella storia d’Italia, il voto alla fine dell’estate potrà incidere sul tasso di partecipazione anche se questa è una tendenza costante da almeno un decennio. Si è assistito a una campagna elettorale “bizzarra”. Un’assoluta novità vista la contemporanea presenza di comizi – reali e virtuali – e ombrelloni. Sicuramente, dopo la sbornia della vittoria, dal 26 settembre, in concomitanza con l’arrivo dell’autunno, ritornerà il peso di quei due anni difficili, drammatici e complicati che ha vissuto il nostro Paese. All’improvviso gli italiani si sveglieranno dal torpore delle promesse e dalle cifre miliardarie di cui si è dissertato durante tutta la campagna elettorale. Una campagna elettorale che a giudizio degli elettori è apparsa molto concentrata sul tema delle bollette e dell’energia non lasciando spazio ad altri argomenti – che ne sarà delle restrizioni Covid? – e che ha visto anche i leader reticenti ad affrontare dei dibattiti pubblici multipli dove tutti avrebbero potuto avere l’opportunità di segnare una differenza netta tra le diverse proposte.

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La portaerei Usa incontra l’Amerigo Vespucci nell’Adriatico, lo scambio radio: “Siete la nave più bella del mondo”

sabato, Settembre 10th, 2022

Un incontro straordinario nelle acque dell’Adriatico. Da una parte un veliero, con la poesia della navigazione. Dall’altra una portaerei nucleare, con la potenza della tecnologia. Ma è stata proprio la portaerei statunitense H. W. Bush a riconoscere il fascino senza tempo dell’Amerigo Vespucci: “Siete la nave più bella del mondo”. Il video riproduce la comunicazione radio tra le due unità. A sorpresa, il comandante dell’Us Navy domanda: “Siete lo stesso veliero che nel 1962 incontrò la portaerei Independence?”. E alla risposta affermativa, David-Tavis Pollard chiede: “Dopo sessanta anni siete ancora in servizio?”. Il capitano Massimiliano Siragusa replica con orgoglio: “Siamo la più antica nave in servizio nel mondo”. A quel punto, dalla portaerei è arrivato il tributo: “Dopo 60 anni, siete ancora la nave più bella del mondo”. L’incontro è avvenuto il primo settembre mentre la Vespucci navigava tra Manfredonia e Taranto. La H. W. Bush è arrivata nel Mediterraneo da pochi giorni: è l’ammiraglia della flotta Usa impegnata a sostenere gli alleati sul fronte sud della Nato.

LA STAMPA

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Letta spinge sul lavoro dei giovani: “Basta con gli stage finti e gratuiti”

sabato, Settembre 10th, 2022

FRANCESCO MOSCATELLI

MILANO. Grandi nomi, ma anche Pmi che rappresentano la colonna vertebrale del sistema produttivo italiano. Ieri, ad ascoltare il segretario del Pd Enrico Letta nella sede di Assolombarda, c’erano oltre 300 imprenditori. «La competitività del nostro sistema è fortemente penalizzata dal costo dell’energia. Ci sono aziende che rischiano la chiusura» mette subito in chiaro il presidente degli industriali milanesi Alessandro Spada, che nelle prossime settimane dovrebbe ospitare anche gli altri leader.

Letta va dritto al punto, sfruttando l’occasione per rilanciare le ricette economiche del Pd. «Chiediamo al governo di essere molto forte nella trattativa europea sull’energia – dice Letta –. In ogni caso se le risposte europee tardano bisogna che quelle nazionali siano più forti». Poi il segretario dem parla di giovani e lavoro: «Per noi è molto importante che si introduca un contratto di primo impiego senza cominciare con quella insopportabile teoria degli stage finti e gratuiti che sono l’anticamera della fuga verso fuori». Quindi torna sul taglio del cuneo fiscale: «La nostra proposta di riduzione fiscale è una sola: dare più soldi in busta paga al lavoratore. Proporre tante riduzioni come fa il centrodestra vuol dire non proporne nessuna perché saranno irrealizzabili». Apre invece a Matteo Salvini sull’idea di un ministero a Milano. «Nel 2000 ero ministro dell’Industria, aprii un ufficio del ministero a Milano e ci passai tutti i lunedì – ricorda Letta –. Non mi scandalizzo assolutamente se c’è un decentramento di parti dei ministeri. Il tema di fondo è farne qualcosa di funzionale, non propaganda».

«Un’ora di vero confronto, non accade spesso» il commento degli imprenditori all’uscita. «Rinunciare a Draghi è stato un peccato. Ora dobbiamo andare avanti con la sua agenda – la riflessione di Gianfelice Rocca, presidente di Techint –. Letta? A lui va anche un riconoscimento umano per aver appoggiato Draghi con molto coraggio». Chiede «continuità» anche Regina De Albertis, presidente di Assimpredil Ance. Benito Benedini, già presidente di Assolombarda, non rinuncia invece a una punzecchiatura: «Non c’è stato tempo altrimenti gli avrei chiesto se il centrosinistra governerebbe con i 5S. Ecco, questo a noi non piacerebbe per niente».

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