Archive for Settembre, 2022

Giorgia Meloni: «Sul governo nessun compromesso»

martedì, Settembre 27th, 2022

di Paola Di Caro

La presidente di FdI agli alleati: «Risultati chiari, niente giochini». E intima ai suoi di evitare festeggiamenti: «Serve serietà». Lollobrigida evoca modifiche alla Carta: «Bella, ma ha 70 anni»

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È uscita solo per portare la figlia a scuola e per una seduta di allenamento in palestra per «abbassare un po’ la tensione». Perché Giorgia Meloni, premier in pectore, sa bene quante difficoltà d’ora in poi dovrà affrontare. Così, in queste ore, l’ordine dato ai fedelissimi è stato: nessun festeggiamento, compostezza e riserbo. Perché «il momento è talmente difficile che dobbiamo essere responsabili e seri». Anche per evitare sovraesposizioni pericolose, la leader di FdI con i suoi ha deciso la strategia di questi primi giorni: nessuna conferenza stampa auto-celebrativa «come avrebbe fatto chiunque avesse ottenuto un risultato straordinario come il nostro» o festa di piazza. E nessun affondo polemico: «La guerra civile di questa campagna elettorale va chiusa. Ci auguriamo nessuno si metta ad avvelenare pozzi, e magari che venga fatta un’opposizione responsabile, come la nostra».

Ma i problemi per Meloni potrebbero arrivare dalla crisi economica e dagli alleati. Sulla prima, Lollobrigida, Ciriani e Donzelli hanno spiegato che la leader sta già pensando alla prossima manovra, auspicando una collaborazione con Mario Draghi, visti i tempi ristrettissimi per varare la legge di Bilancio. Lo stesso Lollobrigida ribadisce la volontà di riformare in chiave presidenzialista la Costituzione, che «è bella ma ha anche 70 anni di età, sacrificava alla prudenza una maggiore efficienza».

Del governo Meloni ha ragionato con i fedelissimi: il calo di Salvini e le ambizioni di Berlusconi potrebbero portare a richieste ultimative. Lei è netta: i risultati del voto sono «chiari» e dovrebbero sconsigliare di creare grane. Ma, è l’avvertimento, «io non accetterò compromessi e non mi presterò a giochini». Non ci saranno cedimenti su punti del programma per realizzare promesse impossibili, e nemmeno su richieste di ministeri tali da creare problemi: «Siamo persone serie, offriamo massima collaborazione ma siamo arrivati fin qui e non vogliamo perdere la faccia. FdI non va al governo per far saltare il banco». Le condizioni per partire sono chiare: o si fanno «le cose perbene», o inutile andare al governo.

Non lo dice in pubblico Meloni, ma ipotesi come il ministero degli Interni per Salvini, o la presidenza del Senato per Berlusconi, non vengono considerate. Agli alleati si può concedere la presidenza a Palazzo Madama, alla Camera si vedrà, ma tutto dovrà essere «serio». A partire dal dicastero dell’Economia, che si pensa di affidare a un tecnico, magari non a Panetta per non scoprire il versante Banca d’Italia e Bce.

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“Dopo il voto, nulla è scontato per Giorgia Meloni: ci saranno scogli da superare”

lunedì, Settembre 26th, 2022

di Annalisa Cuzzocrea

La vicedirettrice de La Stampa Annalisa Cuzzocrea commenta le proiezioni durante la diretta dedicata alle elezioni politiche.

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Lega, zona retrocessione. Adesso Salvini è nei guai

lunedì, Settembre 26th, 2022

Alberto Giannoni

Molto bene il centrodestra, molto male la Lega. Questa la valutazione consolidata sul «ponte di comando» del Carroccio dopo la diffusione degli exit-poll (col partito intorno al 10%) e soprattutto con le prime proiezioni, che lo davano addirittura all’8%: meno di un terzo dei voti di Fratelli d’Italia, la metà di quelli dei 5 Stelle, tallonato da Forza Italia. Matteo Salvini oggi appare come il capo in difficoltà di un partito in crisi.

Il segretario leghista è arrivato alle 22.30 in via Bellerio, e nella storica sede milanese del Carroccio ha seguito lo spoglio, coi fedelissimi, in un clima di nervosismo crescente. Alle 23 e 15 il suo primo tweet: «Centrodestra in netto vantaggio sia alla Camera che al Senato. Sarà una lunga notte, ma già ora vi voglio dire grazie». Si è aggrappato alla ostentata soddisfazione per la vittoria del centrodestra, scontata, ma era il voto di lista quello più atteso, e se gli «exit poll» delle 23 hanno regalato un’illusione di «pericolo scampato», i dati reali l’hanno tramutata prima in ansia e poi in aperta, cocente delusione.

Dopo la mezzanotte le seconde proiezioni: 8,7% quelle Rai, e «Swg» per la 7, 8,1% quella «Tecné» per Rete4. Poi la terza proiezione Rai: 8,8%. Insomma, la coalizione è andata alla grande – come previsto – il partito invece no. In via Bellerio nessuno ha più parlato, e quel silenzio potrebbe anche nascondere una resa dei conti interna.

Non è stata una giornata di entusiasmi la domenica elettorale dei leghisti. Ieri mattina Salvini ha votato presto, nella sua Milano. Ha sfoderato la consueta sicurezza, e l’auspicio di un governo di legislatura. Ha gettato acqua sul fuoco degli entusiasmi e ha voluto spegnere ogni polemica con Silvio Berlusconi, che gli aveva riservato parole «agrodolci», rivelando di volere «più voti della Lega». E il fantasma del sorpasso, poi, si è quasi materializzato.

Non era stata una giornata facile, quella di Salvini, e non è stata una campagna elettorale semplice la sua: una specie di improvvisa volata a cui è arrivato con la «zavorra» di una responsabilità di governo condivisa con poca convinzione, gravato dalla sensazione di un ineluttabile calo e sottoposto all’impietoso confronto con FdI, il partito di Giorgia Meloni che è rimasto sempre all’opposizione continuando la sua progressione anche al Nord, fino a concretizzare il bruciante «sorpasso» che già si era profilato alle ultime amministrative.

I pronostici della vigilia si esercitavano sul distacco con cui FdI avrebbe «liquidato» la Lega, e sulla «soglia» che avrebbe segnato la sua sconfitta: il 12%, o il 10. Lontani i giorni delle Politiche 2018 (il Carroccio era arrivato al 17%) lontanissimo il trionfo delle Europee 2019, quando il «Capitano» aveva trascinato il suo partito oltre il 30%, superando il tradizionale arroccamento nel Lombardoveneto e sfondando anche al Sud. Sono passati solo tre anni, eppure il vento è cambiato.

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Scocca l’ora di Giorgia. Il lungo cammino dalle ceneri dell’Msi alla stanza dei bottoni. Così ha forgiato una destra moderna

lunedì, Settembre 26th, 2022

Paolo Guzzanti

Non da ieri, certamente. Ma, quasi di colpo, Giorgia Meloni è diventata una star internazionale. Tutti parlano, scrivono, analizzano, inventano o documentano in tutte le lingue l’immagine, la politica, pregi e difetti, leggende e realtà di Giorgia Meloni, sia sulle pagine di carta che sugli schermi grandi, piccoli e minuscoli perché lei è oggi la protagonista del «grande caso italiano».

Provo a ricostruire il personaggio e come è arrivato ad ambire legittimamente al ruolo di primo ministro donna, e di destra. Sulla questione della destra, di quanto sia «estrema» o normale, si capisce quanto sembri complicato orientarsi su di lei, perché Giorgia Meloni più che multipla è caleidoscopica. Un giornalista del New York Times ha chiacchierato con lei in inglese al bar di un albergo dove, sorseggiando uno spritz, le ha chiesto: «È vero o no che lei ha preso definitivamente le distanze dal fascismo?» e Giorgia Meloni (secondo il giornalista) avrebbe risposto soltanto con un distratto monosillabo: «Yeah», facendo cadere il discorso. Ma il tema del fascismo, se lei sia o non sia l’erede di Mussolini o almeno dei suoi seguaci, la segue come un’ombra, anche se dal punto di vista ideologico, più di Mussolini, morto più di trent’anni prima che lei nascesse, hanno contato i romanzi (con film e serie televisive) di J.R.R. Tolkien come Il Signore degli Anelli, Lo Hobbit e tanti altri ispirati ad un universo immaginario in cui si esalta l’unità fra simili quando sono costretti a difendere la loro identità e il loro mondo dalle invasioni degli orchi e altri mostri.

Di qui, come è evidente, si sviluppa tutta la sua politica contro «la sostituzione» di un popolo dall’arrivo di masse provenienti da altri mondi gli immigrati che sbarcano senza controllo che sostituiranno il nostro. Il fatto che Giorgia Meloni affondi le sue radici in una serie di romanzi fantasy e non dai teorici del razzismo, non la rende immune dalle accuse di razzismo e di posizioni comuni alla Le Pen, a Orbán e ai polacchi, da cui però ha cercato di prendere le distanze a colpi di timone e cambi di velatura. Ma è sicuro che queste radici l’hanno messa rapidamente in contatto con una parte crescente di italiani che in Italia, come altrove, resistono con paura alla minaccia di un cambio di identità. E su questo punto la Meloni trova più consensi nell’area di destra di quanti non incontri più Matteo Salvini perché probabilmente ha sviluppato una forma di comunicazione più diretta e comprensibile in un panorama difficilissimo in modo da rassicurare tutti.

Giorgia Meloni si è fatta le giovani ossa nell’Msi, che nell’immediato dopoguerra nacque per rappresentare i fascisti sconfitti. Non era un partito di neofascisti, ma di ex fascisti e dalle organizzazioni giovanili, il Fronte della Gioventù e le attività sindacali nelle borgate romane abitate da quella classe sociale che Karl Marx chiamava il «Lumpenproletariat», un gradino sotto il proletariato organizzabile dal Partito comunista. La sua esperienza ha avuto come teatro ed ecosistema un mondo più vicino a quello dei romanzi di Pasolini, anche se vissuto in maniera opposta. Alla sua origine sentimentale e politica c’è sempre l’idea di una piccola patria che all’inizio era la Garbatella, un Bronx romano con una umanità priva di ideologia e proprio per questo etichettata con molta pigrizia come di destra, ma un genere di destra.

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La vittoria di Meloni vista dagli Usa, il “New York Times”: radici del post-fascismo, futuro nel populismo

lunedì, Settembre 26th, 2022

Alberto Simoni

DAL CORRISPONDENTE DA WASHINGTON. La vittoria di Giorgia Meloni trova risalto sulla stampa americana che già nelle ultime settimane aveva fatto un copertura delle elezioni italiane tutta centrata sulla figura della leader di Fratelli d’Italia. Cronache, notizie live (sul New York Times) analisi e commenti a salutare la svolta a destra di un Paese del G7. Tre sono i tratti distintivi che accomunano gli articoli sui siti dei grandi giornalistI e media Usa. Il primo è la probabile ormai nomina della prima donna a Palazzo Chigi; il secondo riguarda la vittoria di un partito che «affonda le sue radici nel post fascismo» ha scritto il Washington Post. Infine, notava la Cnn, la vittoria di Giorgia Meloni offre il ritorno del populismo. Evidenzia la Cnn: «La sua piattaforma politica sarà famigliare per tutti coloro che hanno seguito la retorica dell’estrema destra negli anni recenti: Lei (Meloni) mette apertamente in discussioni i diritti LGBTQ+ e sull’aborto, punta a frenare l’immigrazione e appare ossessionata all’idea che i valori tradizionali e il modo di vita siano sotto attacco per tutta una serie di cose dalla globalizzazione ai matrimoni omosessuali».

Oltre a sottolineare che il più contento di questo vittoria sarà Steve Bannon, guru di Trump e ispiratore di un’internazionale delle estreme destre, la Cnn sottolinea che la vittoria di Meloni «emerge dai recenti trionfi dell’estrema destra ovunque in Europa». Sul Washington Post – il giornale che una settimana fa aveva fatto un’intervista esclusiva alla leader di FdI – si sottolinea la svolta epocale italiana e il rischio di un compattamento delle destre illiberali in Europa. Il riferimento è a Polonia e Ungheria. In una analisi tutta incentrata sul successo della Meloni e sulle sfide che questo pone al Paese trova spazio una riflessione sul buon risultato dei Cinquestelle alimentato dalla difesa del reddito di cittadinanza.

Il Wall Street Journal addirittura nobilita la vittoria della coalizione di centrodestra affiancando alla cronaca dall’Italia un commento in cui l’Editorial Board (che incarna la linea del giornale) evidenzia come «finalmente l’Italia abbia quel governo di destra che non è riuscita a formare nel 2018». Anche il giornale del mondo economico Usa evidenzia il nodo delle relazioni con Bruxelles sottolineando la debolezza dei conti pubblici italiani, il debito in primis «arrivato al 150% del Pil».

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Perché quello del 25 settembre 2022 è un risultato epocale

lunedì, Settembre 26th, 2022

di Francesco Verderami

L’arretramento del Carroccio costringerà la leader di FdI a non mettere in primo piano gli interessi di partito. L’obiettivo: evitare problemi per la tenuta del futuro esecutivo

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Si prospetta un risultato epocale. E non solo perché per la prima volta nella storia la destra si proietta a vincere le elezioni e ipotecare Palazzo Chigi con una donna alla guida di un governo di coalizione. Ma perché la legislatura che si apre è destinata a cambiare profondamente la geografia politica italiana. Il voto di ieri segna la fine del progetto salviniano della Lega nazionale. L’inesorabile tramonto dell’era berlusconiana. E fa emergere la grave crisi di voti e di identità del Pd, che non solo esce sconfitto dal duello con FdI, ma soprattutto viene ridimensionato nel tradizionale ruolo di punto di riferimento dei progressisti.

I risultati delle elezioni 2022 in diretta

Il successo di Giorgia Meloni — secondo i primi dati — si accompagna a una forte flessione degli alleati. La leader della destra — che ha cannibalizzato i consensi di Lega e FI — è consapevole che i nuovi rapporti di forza nel centrodestra potrebbero complicare più che la nascita del governo, la sua navigazione. E non a caso nei colloqui riservati prima del voto aveva fatto capire che si sarebbero dovuti privilegiare gli equilibri di coalizione sugli interessi di partito. «È una questione che Giorgia ha presente», spiegava a sera uno dei massimi dirigenti di FdI: «Si seguirà la linea che abbiamo già adottato sui collegi con gli alleati centristi, per esempio».

Perché un conto è vincere, altra cosa è governare, altra cosa ancora è durare. C’è da affrontare una congiuntura nazionale e internazionale molto delicata: nessun governo potrebbe andare avanti a lungo senza una forte coesione interna. E dopo il terremoto nelle urne Meloni intende stabilizzare il quadro politico del centrodestra: si vedrà come, visto che Salvini durante tutta la campagna elettorale ha rivendicato l’obiettivo di tornare al Viminale e Forza Italia aspira alla Farnesina. Senza dimenticare che sulla formazione della squadra ministeriale l’ultima parola spetterà al capo dello Stato. C’è da capire come Berlusconi gestirà il risultato e quali effetti avrà sul suo partito. Ma soprattutto bisognerà verificare in che modo Salvini affronterà il pesante risultato con il suo gruppo dirigente, dove prenderà presto corpo la richiesta di tornare all’antico ruolo della Lega per ricostruire al Nord quel rapporto con il territorio uscito distrutto dalle urne. Una linea politica esattamente opposta a quella del Capitano…

Sull’altro fronte si registra la crisi del Pd, che si trova ora insidiato alla sua sinistra da Conte e alla sua destra dal duo Calenda-Renzi. Il compito di Letta era tutt’altro che facile: un anno e mezzo fa aveva ereditato una segreteria che Zingaretti aveva lasciato dicendo di «vergognarsi» del partito. Il resto lo hanno fatto una serie di errori tattici e strategici che lo hanno consegnato «nudo» alla sfida con Meloni. E ora la politica gli presenta il conto, dentro e fuori il Nazareno. Da una parte si trova il leader del Movimento: nonostante M5S abbia dimezzato i voti rispetto a cinque anni fa, Conte avrà la possibilità di fare sponda con quella parte dei democratici desiderosa di aprire una nuova stagione di rapporti con i grillini sul modello Mélenchon. Dall’altra i vertici di Azione puntano a diventare il polo riformista per attrarre quella parte dei dem che non è intenzionata ad accettare una deriva radicale.

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Massimo Giannini: “Sono elezioni storiche, per la prima volta un partito post-fascista guiderà il governo in Italia”

lunedì, Settembre 26th, 2022

di Massimo Giannini

Il direttore de La Stampa Massimo Giannini commenta i primi instant poll durante la diretta dedicata alle elezioni politiche.

LA STAMPA

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Cacciari: “Siamo diventati fascisti? Una stupidaggine. Sinistra vittima di una catastrofe mentale”

lunedì, Settembre 26th, 2022

Paolo Griseri

Professor Cacciari, la destra radicale è il primo partito. Gli italiani sono diventati fascisti?
«Questa è una colossale stupidaggine».

Beh, si è sentita dire spesso in queste settimane: se vince la Meloni, vincono i fascisti…
«Ma, naturalmente, non è vero. Questo ragionamento è stato controproducente, come si è visto. La genesi del fascismo è lontanissima da oggi, nasceva da una crisi della democrazia, avveniva in un contesto molto diverso da quello dei giorni nostri. Quella che è stata proposta tra Fratelli d’Italia e il fascismo è stata una sovrapposizione impropria».

Però dentro Fratelli d’Italia ci sono i nostalgici del Ventennio, questo è innegabile…
«Questo è innegabile ma non è stato questo il motivo per cui gli italiani hanno votato quel partito. I nostalgici vengono tollerati come elemento identitario. Ma la Meloni sa che se solo provasse a mettere in pratica una delle ricette del Ventennio, gli italiani si ribellerebbero».

Eppure la crisi della democrazia c’era un secolo fa come oggi…
«Ma quella era la crisi della democrazia liberale. Il pericolo che corriamo oggi non ha più nulla a che fare con i totalitarismi. Quella che è entrata in crisi, e da trent’anni ormai, è la democrazia progressiva, nata in Europa dopo la seconda guerra mondiale. Una democrazia che spingeva i popoli ad aumentare i propri diritti, ad allargare la base sociale di chi ne godeva, a migliorare le proprie condizioni di vita. Quando questo allargamento progressivo si è interrotto, è nata la rivolta dei populismi e dei sovranismi contro l’Europa. Perché da quel momento l’Europa non ha più saputo darsi un’identità politica e non ha più saputo avere una linea autonoma in politica estera».

Ce l’ha mai avuta quella linea?
«Certo che l’ha avuta. Negli anni Ottanta e Novanta quello dell’Europa era un ruolo di mediazione tra gli interessi delle grandi potenze militari. Serviva da punto di incontro. Oggi invece quell’identità si è persa. La linea dell’Europa in politica estera è oggi una posizione filo-atlantica, di adesione alla linea della Nato. Il ruolo che avevamo, di mediazione preventiva con la Russia, è completamente saltato».

Basta tutto questo a spiegare le rivolte sovraniste?
«Non basta. Ma spiega perché in un momento come questo l’idea stessa di Europa è entrata in crisi».

Perché di questa crisi la sinistra ha subito le conseguenze peggiori? Nella campagna elettorale italiana è sembrata quella più in difficoltà. Come mai?
«Dire che è apparsa in difficoltà è dire poco. Io sarei molto meno generoso: la sinistra italiana è entrata in totale confusione. La definirei una catastrofe mentale».

Ci può spiegare?
«Ma come? Si sostiene che il pericolo è quello del fascismo, cioè di un attacco eversivo allo Stato, e non si riesce a trovare il modo di combattere quel rischio tutti insieme?».

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Vittoria storica tra mille incognite

lunedì, Settembre 26th, 2022

Marcello Sorgi

Benché annunciata da tempo, la vittoria di Giorgia Meloni e di Fratelli d’Italia è un fatto assolutamente nuovo nella lunga storia repubblicana che ne ha viste di ogni tipo. In un panorama più frammentato, e con un’affluenza bassissima, specie al Sud, vince, a scapito dei suoi stessi alleati, la destra-destra che affonda le sue radici nella lunga emarginazione dalla Prima Repubblica del Msi almirantiano, nato dalle ceneri di quella di Salò, fuori dall’arco costituzionale dei partiti che avevano messo a fondamento della Carta l’antifascismo.

Che questo accada a un mese dal centenario della Marcia su Roma e dell’inizio del ventennio di dittatura di Mussolini è una coincidenza: gli italiani che hanno votato Meloni non lo hanno fatto per nostalgia del Fascismo o perché la considerano fascista, cosa tra l’altro dubbia. L’unica analogia con la lontana esperienza del Duce è che anche lei arriva alla guida del governo – e si vedrà se e come, dato che adesso cominciano i suoi giorni più difficili – alla fine di una maratona solitaria contro tutto e tutti, compresi Salvini, a cui ha divorato metà dei voti, Berlusconi, che ha tenuto, e Draghi, verso il quale invece ha svolto un’opposizione attenta, calibrata e intelligente.

La sua strada verso Palazzo Chigi è segnata, ma non completamente scontata. Dipenderà da una serie di fattori che oggi devono ancora precisarsi e rassodarsi, al di là della probabilità, che sembra accertata, che il centrodestra abbia la maggioranza in entrambe le Camere: le dimensioni precise della vittoria in termini di seggi, soprattutto al Senato; le percentuali finali di Salvini e Berlusconi, tramortiti dal passaggio del carrarmato Giorgia; il peso che in una situazione instabile potrebbero avere i centristi di Lupi, Toti e Brugnaro, eletti in gran parte nei collegi messi generosamente a disposizione da Meloni, ma decisi da subito a riprendersi la loro autonomia; l’attribuzione definitiva dei collegi più contesi. Ciò che invece spinge verso la guida del governo questa giovane donna romana – nata nel quartiere borghese della Camilluccia, abbandonata da un padre commercialista di sinistra, cresciuta nella borgata “rossa” della Garbatella e forse per reazione a tutto questo diventata ragazza di estrema destra – è la sua fortissima volontà, in grado di farle superare tutte le sfide che si preparano per lei dopo la vittoria. A cominciare dal pregiudizio europeo – ma non americano – nei suoi confronti, a cui hanno dato voce la presidente della Commissione Von der Leyen, e molti giornali, in testa l’autorevole “Economist” che giudicò per primo Berlusconi incapace di governare l’Italia. E più che la Costituzione e il presidenzialismo sbandierato tra le polemiche in campagna elettorale, saranno le reazioni delle istituzioni di Bruxelles e dei mercati finanziari internazionali, oltre a una situazione sociale che potrebbe diventare esplosiva, primi ostacoli che Meloni, una volta giunta al governo, dovrebbe superare.

Sul fronte della sconfitta – annunciata, anche questa – del centrosinistra, non c’è neppure bisogno di dire che per il principale avversario della Meloni, Letta, – che inutilmente aveva cercato la competizione a due, diretta, con la vincitrice, nell’illusione di poter almeno ottenere la posizione di primo partito – si apre la malinconica via dell’uscita di scena, lenta o rapida che sarà. Forse perfino del ritorno all’insegnamento a Parigi, dal quale era stato bruscamente richiamato e nel quale aveva certo avuto più soddisfazioni. Per giustificarsi, Letta dirà di esser stato lasciato solo: dai suoi alleati con cui molto, ma non abbastanza, aveva fatto per costruire la coalizione che sarebbe servita per competere seriamente. E dai suoi amici e compagni di partito, defilatisi uno dopo l’altro in attesa del congresso che nominerà l’ennesimo successore alla segreteria del Pd. Se il partito continuerà a cercare, non una vera strategia comune e una strada per la ricostruzione, come ha suggerito Prodi, l’uomo delle due vittorie “storiche” del 1996 e del 2006, ma un modo per perpetuare e garantire il gruppo dirigente delle correnti, finirà con l’avviarsi verso una dissoluzione simile a quella dei socialisti francesi.

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Elezioni 2022, il Paese vira a destra. Giorgia Meloni: “L’Italia ha scelto noi e non la tradiremo”. FdI primo partito, crollo Lega. Delusione Pd, M5s terza forza

lunedì, Settembre 26th, 2022

A CURA DI MARCO ACCOSSATO, CATERINA STAMIN

L’Italia va a destra e sceglie Giorgia Meloni. I dati delle proiezioni confermano gli exit poll: il centrodestra ha vinto le elezioni politiche, ha la maggioranza sia alla Camera che al Senato, con Fratelli D’Italia primo partito. La leader di FdI prende parola verso le 2.30 e parla di notte di «riscatto, di lacrime, di abbracci, di sogni e di ricordi». Si dice «rammaricata» per l’astensionismo – «la sfida ora è tornare a far credere nelle istituzioni» – e rimanda «l’analisi più completa del voto a domani», ma chiarisce che «dagli italiani è arrivata un’indicazione chiara: un governo di centrodestra a guida FdI». E noi, assicura, «non li tradiremo». Alla fine di un discorso emozionale, concluso sulle note de Il cielo è sempre più blu, cita San Francesco: «”Tu comincia a fare quello che è necessario, poi il possibile e alla fine ti riscoprirai a fare l’impossibile”. È quello che abbiamo fatto noi». Se per Meloni è stato un successo come previsto, per gli alleati – Lega e Forza Italia – non è stato lo stesso. Buono il risultato del Terzo Polo, mentre cala il Pd e sale, rispetto ai pronostici, il M5S. L’affluenzacrolla di quasi 10 punti: ha votato il 63,91% degli aventi diritto, il dato più basso di sempre.

Le reazioni – Salvini esulta, centrodestra in vantaggio: grazie
I media internazionali – Meloni sarà premier più a destra dai tempi di Mussolini
Il commento – Massimo Giannini: “Sono elezioni storiche, per la prima volta un partito post-fascista guiderà il governo in Italia”
L’intervista – Cacciari: “Siamo diventati fascisti? Una stupidaggine. Sinistra vittima di una catastrofe mentale”

Tutta la cronaca del 25 settembre, la domenica elettorale

Giorgia Meloni parla dopo il voto: il discorso integrale nella notte della leader di Fratelli d’Italia

Aggiornamenti ora per ora

07.22 – Toti: “Meloni sarà in grado di governare il Paese”
«Non potevamo aspettarci in un solo mese, in piena estate, di consolidare una proposta politica nata in fretta, unendo esperienze diverse. Di certo gli elettori non l’hanno premiata come avremmo sperato». Lo scrive sulle sue pagine social Giovanni Toti, di Noi Moderati. «Le buone esperienze amministrative non sono state sufficienti a costruire una proposta nazionale di buon consenso. Gli elettori di “centro” si sono divisi scegliendo più offerte, anche su poli opposti». Ora, dice Toti, «all’Italia serve un Governo stabile e capace, e sono certo che Giorgia Meloni saprà guidarlo con equilibrio. La scelta di dare il nostro contributo di idee e di voti all’unico Governo possibile e utile al Paese credo sia stata la scelta giusta. Noi da domani mattina torniamo al lavoro per la nostra Liguria, come abbiamo fatto ogni giorno negli ultimi 7 anni». 

07.00 – Fratelli d’Italia porta il centrodestra al 44%
Il centrodestra, trainato da Giorgia Meloni e Fratelli d’Italia, vince le elezioni politiche 2022 e si prepara a governare l’Italia. Complessivamente la coalizione composta da FdI, Lega, Fi e Noi moderati raggiunge il 44,5% dei voti, sette punti in più rispetto al 37,5% del 2018. Vince nella stragrande maggioranza dei collegi uninominali di Camera e Senato. Il centrosinistra, composto da Pd, Alleanza Verdi Sinistra, +Europa, Impegno civico, si ferma al 26,5%, sostanzialmente stabile rispetto al 2018 quando il centrosinistra e Leu ebbero complessivamente il 25,7%. Sono pochi i collegi uninominali dove prevale il centrosinistra, anche in regioni come l’Emilia Romagna e la Toscana. Il Movimento 5 Stelle, correndo da solo, ottiene il 15% dei voti e vince a sorpresa in oltre dieci collegi uninominali del sud, soprattutto nel napoletano, nel palermitano e a Foggia. Rispetto al 2018, quando ebbe il 32,2%, M5s cede il 17,2%. La lista Azione-Iv, non presente nel 2018, ottiene il 7,7% Nel centrodestra la parte del leone la fa Fratelli d’Italia che sestuplica i voti rispetto al 2018, passando dal 4,3% al 26,4%. Lega e Forza Italia quasi dimezzano i loro voti: il Carroccio passa dal 17,6% al 9%; FI dal 14,4% all’8,2%. Noi moderati corre il rischio di non superare l’1%. Fratelli d’Italia oggi ha il doppio dei voti della Lega anche in regioni come la Lombardia e il Veneto. Nel centrosinistra la lista Pd-Italia Democratica e Progressista è al 19,3%. Nel 2018 Pd, Leu e Insieme ebbero complessivamente il 22,9%. Cresce +Europa che passa dal 2,4 al 3%. Male Impegno civico: appena lo 0,5%. Luigi Di Maio, sconfitto dal pentastellato Sergio Costa nel collegio di Napoli Fuorigrotta Camera, resta fuori dal Parlamento. Sono molto pochi i collegi uninominali sfuggiti al centrodestra. Il centrosinistra prevale fra l’altro a Torino centro, Milano centro, Bologna, Imola, Firenze. La lista «De Luca sindaco d’Italia» vince nel messinese. M5s prevale nel napoletano, nel palermitano e a Foggia. Tra i leader Meloni, Berlusconi e Lupi vincono largo nei loro collegi uninominali di L’Aquila Camera, Monza Senato e Lecco Camera. Bonelli è in testa a Imola Camera. Bonino è seconda a Roma centro Senato e rischia di non entrare in Parlamento se la lista +Europa non supererà il 3% dei voti nazionali. Letta, Salvini, Fratoianni, Conte e Renzi non hanno corso nell’uninominale. Calenda e solo terzo nel collegio di Roma centro Senato.

06.30 – Di Maio non rieletto a Napoli
Il ministro degli Esteri e leader di Impegno Civico, Luigi Di Maio, non è stato rieletto. Quando mancano ormai poche sezioni al risultato definitivo (403 le sezioni scrutinate su 440) nel collegio di Napoli Fuorigrotta 2 per la Camera, ha ottenuto il 24,3% dei voti. Nettamente primo l’ex ministro dell’Ambiente, in lizza per il Movimento 5 Stelle, Sergio Costa, al 40,5%. Terza Maria Rosaria Rossi, in lizza per il centro destra, col 22,2%. Solo quarta la ministra Mara Carfagna, di Azione, al 6,7.

04.57 – Esulta il figlio di Bolsonaro: Meloni è Dio, patria e famiglia
Eduardo Bolsonaro, figlio del presidente del Brasile, Jair, e deputato dello Stato di San Paolo, si è complimentato su Twitter con Giorgia Meloni, vincitrice delle elezioni italiane, ricordando che la leader di Frateli d’Italia è «Dio, patria e famiglia». Il voto in Italia precede di appena una settimana il testa-a-testa in Brasile tra Jair Bolsonaro, leader dell’estrema destra in America Latina, e il leader della sinnistra brasiliana, l’ex presidente Luiz Inacio Lula da Silva.

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