Archive for Ottobre, 2022

“Egoismo assurdo e concorrenza sleale. Governo tedesco peggio dei sovranisti”

sabato, Ottobre 1st, 2022

Stefano Zurlo

Non ci gira intorno: «È un atto di egoismo incomprensibile che rischia di essere un colpo duro al nostro sistema produttivo. Le nostre imprese, a parità di qualità, non sono in grado di competere con quelle sussidiate». Guido Crosetto, uno dei fondatori di Fdi e fra i consiglieri più ascoltati di Giorgia Meloni, riflette su quel che e accaduto: «I tedeschi sono terrorizzati».

Che cosa li spaventa ?

«A Berlino erano già in ansia per la mancanza di gas ed ora sono attoniti per quel che è accaduto sul Nord Stream. Un sabotaggio, o forse altro, non è chiaro, ma è purtroppo evidente il segnale che arriva da questo incidente: le aziende tedesche rischiano di non avere più il gas necessario per andare avanti».

Così il governo formato da socialdemocratici e verdi ha deciso di sfilarsi sul price cap.

«Una decisione pesantissima che può mettere fuorigioco il nostro sistema produttivo, perché gli italiani dovranno pagarsi bollette costosissime, mentre i tedeschi le gireranno al loro governo».

La Meloni si era schierata con Draghi e la richiesta del tetto. Si sono invertite le posizioni fra europeisti e sovranisti?

«Non mi voglio impiccare a definizioni e luoghi comuni che lasciano il tempo che trovano. Però possiamo dire che non si è mai visto, almeno negli ultimi cinque anni, un gesto così dirompente da parte di qualche esecutivo sovranista in Europa come quello di Berlino».

La destra sovranista difende l’Europa contro le spinte centrifughe della sinistra tedesca?

«Germania e Francia nei momenti topici decidono seguendo esclusivamente il proprio interesse, senza tenere in minima considerazione i problemi degli altri paesi Ue. Per loro spesso la Commissione si gira dall’altra parte».

È ricomponibile secondo lei questa divisione?

«Mi pare tutto molto complesso, complicato e noto anche l’irritazione di Draghi che evidentemente non se l’aspettava o sperava che alla fine prevalesse il buonsenso e invece si è trovato in difficoltà, abbandonato da Berlino sulla strada del price cap europeo. Ecco le sue parole cariche di delusione, quel no alle distorsioni, l’insistenza sulla necessità di tenere unita l’Europa che invece va di qua e di là».

Le accuse ai sovranisti però non smetteranno.

«Non c’è dubbio, anche se basterebbe intendersi sul significato di questa parola».

E come la dobbiamo intendere?

«Il sovranista non è nemico dell’Europa, non vuole abbatterla, ma riformarla. Non è una forma di nazionalismo cieco, semmai chiede all’Europa un aiuto collettivo per salvaguardare la crescita e il benessere in ogni singola nazione. Ad esempio Fdi vuole combattere la concorrenza sleale nell’export di alcuni paesi asiatici dove non esistono regole e controlli come quelli europei e non capisco quale possa essere lo scandalo davanti a una fermezza che io giudico sacrosanta.

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Cuperlo: “Noi del Pd stiamo sulle scatole al Paese. Paghiamo errori e arroganze”

sabato, Ottobre 1st, 2022

Carlo Bertini

«Non voglio eludere il problema e la dico con un linguaggio che non è il mio: noi stiamo letteralmente sulle scatole a una parte della società italiana, si è spezzato un rapporto e un legame di fiducia con una parte del Paese». Gianni Cuperlo, uno dei leader della sinistra interna del Pd, torna in parlamento dopo cinque anni di pausa forzata “causa Renzi”. E sferza la classe dirigente dem, senza tirarsi fuori dalla mischia, anzi. Non concorda con gli appelli di chi, come Rosy Bindi su questo giornale, chiede al partito di sciogliersi, «ma serve un vero congresso costituente». E dice di essere contrario alla costruzione di una «cosa rossa» con un’altra scissione, «perché in un momento come questo e con una destra così forte, dividere e indebolire la principale forza del campo democratico e della sinistra sarebbe un errore esiziale e contro questo mi batterò».

La domanda dunque è: perché state sulle scatole?

«Da un lato conta che da 16 anni non abbiamo vinto le elezioni e per 10 anni siamo stati al governo, con buone ragioni e facendo anche buone cose. Ma questo ha trasmesso la percezione di un partito di establishment e di potere. E in secondo luogo, paghiamo il prezzo di errori e arroganze, sul jobs act, sull’articolo 18, sulla legge elettorale, sul taglio della rappresentanza parlamentare. Quindi stare sempre al governo e avere questa arroganza nelle riforme provoca una situazione in cui non basta nemmeno avere un programma di sinistra dopo che a volte hai condiviso politiche distanti dai tuoi valori. Conta molto chi quel programma lo racconta e la lingua con cui lo fa. Devi apparire credibile e coerente».

E Letta non lo era?

«Letta ha fatto il possibile ma non si recuperano anni in pochi mesi. I nostri elettori sono esigenti, perdonano degli errori, non ti perdonano la distanza coi loro bisogni e sentimenti. E una classe dirigente deve avere l’umiltà di riconoscere questo limite. Davanti ai cancelli di Mirafiori l’atteggiamento degli operai lo percepivi nello sguardo, con l’accusa che tu fisicamente non c’eri più stato in quel luogo. Quindi abbiamo bisogno di accompagnare il racconto di un Paese più giusto con esempi coerenti».

Il Pd va sciolto e rifondato?

«No, penso che anche l’appello a scioglierci non tiene conto di due elementi. Dobbiamo essere severi, ma non possiamo permetterci di buttare via una riserva di valori, consenso e umanità. La rivoluzione digitale ha cambiato tutto e non abbiamo interpretato una inquietudine e spaesamento diffusi. Ma da soli questo confronto non siamo in grado di farlo».

Condivide il percorso congressuale di Letta?

«Va bene che non si parta dai nomi e dai gazebo. Ho ascoltato il discorso sciagurato di Putin, e allora partiamo dal capire questo tempo. Pace e disarmo non possono essere concetti rimossi. Al pari di povertà, innovazioni e diritti. Poi se alla fine capiremo che va cambiato tutto, nome, simbolo e impianto, lo si farà. Le case si costruiscono scavando le fondamenta. Se parti dal tetto, dalle candidature all’insegna dell’io ci sono, senza prima un confronto aperto tra tutti, non funziona, anche perché una casa senza il tetto può finire allagata e noi abbiamo l’acqua in casa, ma un tetto senza casa semplicemente non esiste».

No al la corsa a candidarsi?

«Beh, questa corsa repentina a candidarsi senza un attimo di pausa per capire, ascoltarsi e scavare nelle radici di quel risultato, temo sia il riflesso di un individualismo penetrato dentro di noi. Non mi convince l’idea che a turno qualcuno possa alzarsi e pronunziare la battuta di Mister Wolf in “Pulp Fiction”, “Risolvo, problemi”. Questo non serve e rischia di precipitarci nell’irrilevanza».

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Centrodestra, Sallusti ai tre leader: “Quello che nessuno può accettare”

sabato, Ottobre 1st, 2022

Per carità, Matteo Salvini avrà anche i suoi difetti e gli elettori non glielo hanno mandato a dire, ma quando ripete ossessivamente “il problema sono le bollette” non va lontano dalla realtà. E non vale la tesi “certo che se il governo non fosse caduto…” perché se non sbaglio un governo in carica lo abbiamo ed è lo stesso che nel pieno dei suoi poteri ha deciso le strategie che ci hanno portato fin qui, con l’ultimo aumento del prezzo del gas deciso ieri che sarà una botta forse fatale per imprese e famiglie. So bene che fare paragoni è un po’ semplicistico perché ogni nazione è storia a sé. Ma sta di fatto che da mesi Spagna, Portogallo, Francia e da ieri la Germania – con un maxi stanziamento da 200 miliardi per sterilizzare gli aumenti – hanno messo in sicurezza i loro cittadini e le loro imprese senza aspettare decisioni europee che chissà se e quando mai arriveranno.
Adesso la patata bollente passa nelle mani di Giorgia Meloni e del Centrodestra. Purtroppo le procedure – maledetta burocrazia – impediranno al nuovo governo di insediarsi prima di tre settimane. Non si può fare altrimenti ma per questo, di fronte a una situazione davvero emergenziale, mi permetto di dare un consiglio ai tre leader: se volete mantenere viva la fiamma che vi ha portato fin qui evitate categoricamente di mostrarvi divisi e litigiosi sulle trattative per la formazione del nuovo governo.

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Giorgia Meloni, “niente festa”: il dossier dietro alla decisione

sabato, Ottobre 1st, 2022

Antonio Rapisarda

Ormai è una prassi. La prima parte della giornata di Giorgia Meloni, da quando è uscita vincitrice assoluta delle Politiche, è dedicata a smentire titoli e retroscena della stampa progressista. Se martedì è avvenuto per i fantomatici veti nei confronti di Salvini, ieri è stato il turno delle «irreali ricostruzioni» sugli eventuali ministri del suo governo. Dopo aver letto di tutti i colori su una partita che resta delicata (sarà necessario armonizzare qualità delle scelte, indirizzo politico, attenzione internazionale e richieste degli alleati), la premier in pectore si è premurata di rassicurare gli italiani su un fatto: «Dopo le fallimentari gestioni come quella di Speranza & Co. stiamo lavorando a una squadra di livello che non vi deluderà. Non credete alle bugie che circolano».

BASTA SCIOCCHEZZE
Stesso discorso per Matteo Salvini che sfogliando le ricostruzioni sul dopo-vertice con la leader di FdI, a proposito delle presunte minacce di appoggio esterno qualora il Viminale non dovesse finire in quota Carroccio, non ha potuto che esclamare ai cronisti: «Quante sciocchezze che scrivete…». Messi a tacere i gossip “avvelenati”, Meloni si è tuffata sulla terza giornata di incontri istituzionali: stavolta non solo tra via della Scrofa e Montecitorio. In linea con il tweet programmatico-motivazionale («Ora è tempo di dimostrare il nostro valore. Siamo pronti a ridare futuro, visione e grandezza all’Italia») è stato quello con il presidente del Comitato Olimpico Internazionale, Thomas Bach, e con il presidente del Coni, Giovanni Malagò. Meloni ha offerto al capo del Cio il pieno sostegno a Milano-Cortina 2026 e il supporto al movimento olimpico: «I Giochi sono molto importanti per noi», ha esordito assicurando sul fatto che l’Italia «è più che in grado di organizzare magnifici Giochi. Vogliamo stupire di nuovo il mondo. Potete contare su di noi».

Rientrata a Montecitorio per proseguire gli screening e le valutazioni in vista del nuovo governo, è stata accolta dai cronisti con la domanda sul tema caldissimo: la decisione della Germania di stanziare 200 miliardi contro il caro-prezzi. “Scudo” che ha mandato su tutte le furie Mario Draghi, tornato a sollecitare un intervento europeo. In asse con la tesi del premier (fra i due ci sarebbe stata pure una telefonata dopo l’annuncio di Berlino) la nota serale di Meloni. La valutazione di chi è destinata a prendere il posto del premier uscente è che davanti a una sfida del genere «nessuno Stato membro» da solo «può offrire soluzioni efficaci e a lungo termine in assenza di una strategia comune». Inclusi coloro, come la Germania, «che appaiono meno vulnerabili sul piano finanziario». Di qui l’appello, sperando nelle buone notizie dal Consiglio europeo di oggi: «Confido nella compattezza di tutte le forze politiche».

RESPONSABILITÀ
Compattezza che Meloni può vantare riguardo al senso di responsabilità – in linea con il momento storico che l’Italia sta attraversando – preteso e condiviso da tutti i suoi dirigenti in questi giorni. La dimostrazione è ciò che “non” è avvenuto ieri a Roma: ossia il piccolo appuntamento di ringraziamento per i volontari ai seggi (durante la notte dello spoglio) a Spazio 900, nel quartiere Eur. Evento privato ma che è stato annullato prontamente dai promotori una volta che il tam-tam rischiava di far convogliare diversi sostenitori.

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Berlusconi-Salvini, asse anti-Meloni

sabato, Ottobre 1st, 2022

Francesco Olivo

Il triangolo va considerato. Tra i leader del centrodestra è in corso una partita delicatissima. Gli incontri si succedono: tre giorni fa Matteo Salvini e Giorgia Meloni, ieri il leader della Lega è stato ad Arcore, dove oggi potrebbe presentarsi la premier in pectore. La versione ufficiale è: non si parla di nomi. Anche a prenderla per buona, c’è materiale per riunioni intense. In discussione infatti c’è lo schema che caratterizzerà il nuovo governo, la ripartizione dei ministeri e il peso dei partiti. Meloni starebbe prendendo seriamente in considerazione l’idea di avere due vice, lo stesso Salvini e forse Antonio Tajani, con lo scopo di tenere legati i partiti all’esecutivo.

La presidente di FdI anche ieri è rimasta chiusa per tutta la giornata nella sua stanza a Montecitorio, i suoi collaboratori la descrivono come «concentrata sui dossier più delicati», tra tutti, energia, bollette, la guerra in Ucraina. Uscendo da Montecitorio Meloni dice che sui ministri «non c’è nulla da dire. Mi sto occupando delle bollette. Quella è la mia priorità, il tema energetico». E a riprova ci sono le telefonate con il ministro della Transizione ecologica Roberta Cingolani e la presidente del Parlamento Ue Roberta Metsola.

Nei corridoi che portano alle stanze del gruppo parlamentare di Fratelli d’Italia si vedono Ignazio La Russa e Giovanbattista Fazzolari, il primo si lancia in metafore calcistiche, «Crosetto è il nostro Lukaku, sarà in squadra», ma non aggiunge altro, il responsabile del programma si limita a salutare. Oggi Meloni sarà a Milano, ospite della Coldiretti, prima uscita pubblica dopo le elezioni. Appare probabile, anche se non c’è una conferma ufficiale, che da lì si possa spostare in Brianza per un primo vertice a tre del centrodestra post elettorale.

Un’anteprima si è vissuta ieri ad Arcore. Berlusconi e Salvini hanno un interesse comune: arginare lo strapotere di Meloni. Dopo aver brindato per il compleanno del Cavaliere si è entrati subito nel cuore del problema: la squadra di governo. Il timore di Lega e Forza Italia è di ricevere la lista dei ministri solo a decisioni già prese. «Stavolta conto di non venire la conoscenza dei nomi la sera prima, come successo con Draghi», ha detto Salvini lunedì scorso. Oltre al grado di coinvolgimento c’è una questione i due vogliono far passare: l’esecutivo di destra deve essere soprattutto politico e quindi i partiti devono avere un peso importante. Forza Italia pretende di avere lo stesso trattamento della Lega, si ragiona su quattro ministeri a testa. Salvini, invece, è in una posizioni complicata, dalla quale però proverà a trarre dei benefici. Meloni gli ha spiegato quello che è chiaro a tutti: le sue ambizioni per il Viminale dovranno necessariamente essere frustrate. E il duro comunicato contro l’ultima mossa di Putin è un messaggio al leader della Lega e suona come una pietra tombale sulle sue ambizioni ministeriali per l’Interno. Nel vertice di Arcore il leghista se ne è mostrato finalmente consapevole e quindi ha alzato la posta per ottenere delle compensazioni. e «Salvini può fare quello che preferisce, poi deciderà il futuro presidente del Consiglio» ha detto ieri Tajani. Uno schema ragionevole, secondo la Lega, potrebbe essere avere il ministero della Giustizia, dove è destinata Giulia Bongiorno, quello dell’Agricoltura dove andrebbe lo stesso Salvini. Un’altra richiesta sarebbe quella delle Infrastruttura e Trasporti (che ha la delega alle Capitanerie e alla guardia Costiera), dove potrebbe andare Edoardo Rixi. Al ministero dell’Interno invece Salvini punta su Nicola Molteni (richiesta che appare di bandiera) o, se servisse per un tecnico, Matteo Piantedosi, prefetto di Roma e già capo di gabinetto dello stesso Salvini. L’altro nome che circola è quello di Giuseppe Pecoraro, già prefetto di Roma. Poi c’è la questione Forza Italia: il Cavaliere ha voluto ribadire che le trattative le conduce lui, i nomi per il governo sono quelli di Antonio Tajani (Difesa o Esteri), al centro di molti malumori tra gli azzurri e anche Licia Ronzulli (Sanità o Scuola). Berlusconi vuole fortemente l’ingresso in squadra della capa della sua segreteria. Ronzulli nutre altri sogni (presiedere il gruppo al Senato) e non ha grande feeling con Meloni, ma davanti a una richiesta forte il Cavaliere sarà accontentato.

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La doppia trappola del troppo debito

sabato, Ottobre 1st, 2022

Stefano Lepri

In Europa i governi per proteggerci dal ricatto russo sull’energia subiscono una tentazione irrefrenabile a spendere a debito. La Banca centrale europea per difenderci dall’inflazione ora giunta al 10% sarà costretta ad alzare ancora i tassi di interesse. Sono due scelte che possono giocare l’una contro l’altra, purtroppo. Ogni nuovo debito (pericolosissimo per l’Italia, agevole per la Germania) dovrà quindi essere restituito a tassi di interesse molto più alti. D’altra parte ampi sussidi a famiglie e imprese potrebbero attutire l’effetto frenante dei tassi, rendendo necessario elevarli ancor più.

La politica di bilancio dei governi e la politica monetaria della banca centrale, che durante la pandemia avevano operato in buon accordo, ora si trovano contrapposte come mai prima. Al momento, la reazione tranquilla dei mercati ieri al maxi-pacchetto tedesco di sussidi può far sperare che questo tipo di danni possa essere contenuto. Il danno c’è già, invece, nelle divisioni che il ricatto del Cremlino sta aprendo fra gli europei. La Germania ha per sua colpa una grave debolezza, essere dipendente dal gas russo più degli altri grandi Paesi europei; ha per suo merito una forza, il bilancio dello Stato sano che le permette di indebitarsi con facilità. Ha deciso di gettare tutto il peso della sua forza a rimedio della debolezza senza discutere prima una strategia comune con gli altri Paesi. Al di là dell’invidia italiana quanto al debito, la preoccupazione generale degli altri governi si concentra sui vantaggi impropri che il sistema produttivo tedesco potrebbe ricevere da sussidi troppo ingenti, a danno di imprese degli altri Paesi.

Finora la Germania aveva speso, come aiuti per il caro-energia ai suoi cittadini, in proporzione, circa metà dell’Italia. Spendendo davvero tutti i 200 miliardi di euro ora annunciati andrebbe a oltre il doppio di noi. Sgradevole è che adotti un trucco di bilancio, per non violare formalmente la regola costituzionale severissima del “freno al debito” che si è data pretendendo di dare l’esempio agli altri Paesi euro. Se gli altri europei potranno lamentare che Berlino approfitta per favorire le sue imprese anche a danno delle loro, Putin avrà colto una vittoria. Dividerci tra di noi fa il gioco di quello stesso nemico che ci infligge il caro-energia. Per fortuna, è ancora possibile rimediare. Devono essere stabiliti criteri comuni per reagire, ben oltre ai punti concordati ieri. In sé, la controversia sul tetto al prezzo del gas ormai npn conta gran che, perché di gas dalla Russia ormai ne arriva pochissimo. Sarebbero invece utili criteri il più possibile omogenei sui risparmi di gas (dove siamo indietro tutti, Italia come Germania) e sulla misura dei sussidi, con un parziale ricorso a debito comune per i Paesi più deboli: se si è usato questo strumento per reagire alla pandemia, perché non usarlo contro la guerra?

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Guerra Russia-Ucraina, la Casa Bianca: “I nostri militari pronti a ogni evenienza”. Kiev: “Mosca arresta il direttore della centrale di Zaporizhzhia”. Il Guardian: “Le bombe sul Nord Stream piazzate dai robot della manutenzione”

sabato, Ottobre 1st, 2022

A CURA DELLA REDAZIONE

È il 220° giorno di guerra in Ucraina. Al Consiglio di sicurezza dell’Onu, i paesi occidentali portano al voto una risoluzione di condanna dell’annessione unilaterale alla Russia delle regioni ucraine di Zaporizhzhia, Kherson, Donetsk e Lugansk. Mosca, che aveva dichiarato di considerare possibili attacchi ucraini contro questi territori – entrati ora a far parte della Federazione – come un atto di aggressione contro il Cremlino, ha bloccato la mozione ma la Cina ha deciso di astenersi, prendendo così una certa distanza, insieme a India e Brasile.
Intanto, il presidente ucraino Zelensky ha chiesto l’adesione accelerata di Kiev alla Nato. «Di fatto, siamo già nella Nato, abbiamo già dimostrato la compatibilità con gli standard dell’Alleanza». «L’Ucraina non negozierà con la Russia finché Vladimir Putin ne sarà il presidente», ha anche aggiunto Zelensky. Mentre la Casa Bianca ha annunciato che i militari americani in Europa sono pronti a qualsasi evenienza».
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Le due esplosioni che si sono verificate ai gasdotti Nord Stream 1 e Nord Stream 2 al largo dell’isola danese di Bornholm e nel sud-est della Svezia sono «probabilmente state causate da centinaia di chili di esplosivo». La nube di metano che si è formata a seguito della fuga di gas, lo scorso 27 settembre, sta per arrivare sull’Italia. Secondo gli esperti, non c’è alcun pericolo né di inquinamento né per la salute dei cittadini, dato che la nube nei suoi spostamenti si è molto diluita in atmosfera. Le riparazioni sono difficili, fa sapere Gazprom: «Non abbiamo tempistiche». 
Aumenta il bilancio dei morti, che sarebbero almeno 30, e dei feriti, che sarebbero un centinaio, dopo la pioggia di missili su una colonna di civili ucraini inermi nei pressi di Zaporizhzhia.

Gli aggiornamenti ora per ora

8.35 – Media: esplosioni Nord Stream causate da 500 kg di tritolo
Fonti di intelligence citate dalla rivista tedesca Spiegel ritengono che i gasdotti Nord Stream 1 e 2, nelle zone economiche esclusive di Svezia e Danimarca, siano stati colpiti in quattro punti da esplosioni con 500 chili di tritolo, l’equivalente della potenza esplosiva di una bomba di aereo. Gli investigatori tedeschi hanno effettuato letture sismiche per calcolare la potenza delle esplosioni. E hanno detto ai media che subacquei o robot telecomandati potrebbero essere in grado di visitare i siti delle perdite già questo fine settimana.

8.16 – Rapper russo suicida, non voleva essere arruolato
Il rapper russo Ivan Petunin, noto col nome d’arte di Walkie, si è suicidato a Krasnodar per evitare l’arruolamento, nel quadro della mobilitazione parziale dei riservisti ordinata dal presidente Vladimir Putin. A riportare la notizia è il sito di informazione locale 93.ru, rilanciato da testate nazionali come Kommersant.
Il corpo del musicista, 27 anni, è stato trovato vicino a un edificio di più piani in via Kongressnaya, a Krasnodar. Prima di togliersi la vita, aveva pubblicato un videomessaggio sul suo canale Telegram, che è stato successivamente cancellato. In esso, spiegava di aver deciso di compiere un passo del genere perché non era pronto a «uccidere per nessun tipo di ideale».
Era sicuro che, prima o poi, sarebbe stato chiamato alle armi, nonostante avesse ricevuto una dispensa provvisoria dal servizio militare, per motivi di salute. Si stava sottoponendo a cure neuropsicologiche.

8.12 – Missili russi su Odessa, colpito sito industriale
Le truppe russe hanno lanciato un attacco missilistico sulla regione di Odessa nelle prime ore del mattino. Lo ha dichiarato il Comando operativo Sud dell’Ucraina, riporta Ukrinform. «Due missili, presumibilmente Iskander, hanno colpito una struttura industriale, danneggiando una stazione elettrica e diversi edifici circostanti. Dopo le esplosioni è scoppiato un incendio. Le fiamme sono state spente», afferma il Comando aggiungendo che non ci sono vittime.

8.01 – Consigliere Zelensky: «Sarebbe significativo se Kiev fosse fra prime visite estere di Meloni»
Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha invitato a Kiev il prossimo presidente del consiglio italiano. Lo comunica Andriy Yermak, capo dell’Ufficio del Presidente, che ha avuto un colloquio con il senatore Adolfo Urso, presidente del Copasir, aggiungendo che «sarebbe molto significativo se questa fosse una delle prime visite all’estero della signora Meloni come Primo Ministro».

7.58 – Il Guardian: «Bombe su Nord Stream causate dai robot della manutenzione»
«A piazzare le bombe che hanno provocato quattro falle nel gasdotto Nord Stream 1 e 2, a circa 80 metri di profondità nelle zone economiche esclusive di Svezia e Danimarca, potrebbero essere stati i robot di manutenzione che operano all’interno della struttura del gasdotto durante lavori di riparazione»: è l’opinione degli esperti riferita dal Guardian. «Se questa teoria si rivela corretta, la natura sofisticata dell’attacco e la potenza dell’esplosione aggiungerebbero peso ai sospetti che gli attacchi siano stati effettuati da un potere statale, con il dito puntato contro la Russia».

7.56 – Energoatom, i russi arrestano direttore centrale Zaporizhzhia: «Da lui dipende sicurezza nucleare e delle radiazioni impianto»
«Gli occupanti russi hanno arrestato Igor Murashov, il direttore generale della centrale nucleare ucraina di Zaporizhzhia Igor Murashov, che ha la responsabilità principale ed esclusiva della sicurezza nucleare e delle radiazioni nell’impianto. La sua detenzione rappresenta un pericolo per il funzionamento della più grande centrale nucleare europea», ha dichiarato su Telegram Petro Kotin, presidente della Società energetica statale Energoatom, citato da Ukrinform. Secondo Kotin, “ieri pomeriggio le forze russe hanno fermato Murashov mentre si recava dalla stazione a Energodar, è stato bendato e portato via

7.49 – Biden firma legge, nuovi aiuti a Kiev ed evitato lo shutdown
Il presidente Usa, Joe Biden, ha firmato il disegno di legge che finanzia il governo federale fino a metà dicembre e fornisce un’ulteriore iniezione di aiuti militari ed economici all’Ucraina. Approvato poco prima dalla Camera dei Rappresentanti, il documento evita così quello che sarebbe stato un imbarazzante shutdown parziale del governo federale, a meno di sei settimane dalle elezioni di medio termine, che decideranno i nuovi equilibri al Congresso. Dando il via libera ai finanziamenti governativi per le agenzie federali – che erano in scadenza a mezzanotte – i legislatori della Camera hanno inviato la legislazione alla Casa Bianca, per la firma del presidente. La legge stanzia 12 miliardi di dollari a Kiev, un miliardo di dollari per riscaldamento e assistenza ai servizi pubblici e 18,8 miliardi di dollari alla Fema, la protezione civile. Il pacchetto include 3 miliardi di dollari per armi, forniture e stipendi per l’esercito ucraino e autorizza Biden a incaricare il Pentagono di inviare 3,7 miliardi di dollari in armi e altro hardware in Ucraina. Previsti anche 4,5 miliardi di dollari in aiuti finanziari a Kiev.

7.35 – Kiev, 50 attacchi russi in 24 ore nella regione di Donetsk Stato maggiore, «per mantenere i territori occupati»
Oltre 50 attacchi sono stati lanciati dall’esercito russo nelle ultime 24 ore, soprattutto nella regione di Donetsk: «Le truppe della Federazione russa si stanno concentrando sull’occupazione completa della regione di Donetsk e il mantenimento dei territori temporaneamente catturati dell’Ucraina, oltre che all’interruzione delle azioni delle forze di difesa in alcune aree». Lo scrive lo Stato maggiore dell’esercito ucraino su Fb, citato da Unian. «I russi stanno anche bombardando le posizioni delle truppe ucraine lungo la linea di contatto, conducendo ricognizioni aeree», «il nemico sta attaccando le infrastrutture civili e le abitazioni della popolazione civile, violando le norme del Diritto Internazionale Umanitario, le leggi e i costumi di guerra», afferma l’esercito di Kiev.

6.01 – Lituania fornirà 37 droni kamikaze di costruzione polacca
Il ministero della Difesa della Lituania ha firmato un accordo con la società polacca WB Group per l’acquisto di 37 droni kamikaze e un lanciatore per l’Ucraina. Secondo quanto riferiscono i media ucraini, gli armamenti raggiungeranno Kiev in ottobre o novembre.

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La libertà, il voto e i giudizi sbagliati

sabato, Ottobre 1st, 2022

di Sabino Cassese

In Italia non è a rischio la democrazia, e neanche le alleanze che ai «sovranisti» non conviene mettere in dubbio, perché così facendo danneggerebbero l’interesse nazionale. Preoccupa invece l’astensione, cresciuta repentinamente

D emocrazia e libertà non sono a rischio, in Italia, e coloro che temono attentati derivanti dalla polarizzazione asimmetrica uscita dalle elezioni (da un lato una coalizione, dall’altro frantumi) e dalla guida del governo affidata a una forza politica che ne è stata finora lontana, muovono da un giudizio errato sulla stabilità del nostro sistema politico-costituzionale.

Una società abituata da tre quarti di secolo a democrazia e libertà non vi rinuncia facilmente; inoltre, non va sottovalutata la forza educatrice della democrazia e del suo indissolubile legame con il rispetto dei diritti. La Costituzione, i cui principi fondamentali sono immutabili (secondo un orientamento della Corte costituzionale che risale a molti anni fa), prevede presidi istituzionali alla partecipazione dei cittadini e al rispetto dello Stato di diritto, e contiene barriere sufficientemente alte alle sue stesse modificazioni. Il radicamento sociale di democrazia e libertà ha prodotto e produce anticorpi che consentono al sistema di autocorreggersi. La diffusione delle democrazie interne (8 mila comuni, 20 regioni, i cui vertici sono eletti) assicura un forte pluralismo istituzionale. La forza dei poteri indipendenti, che possono agire all’occorrenza da contropoteri, è indiscussa.

Non dovrebbe neppure preoccupare la dis-proporzionalità prodotta dalla legge elettorale. Il numero di voti andato al centrodestra non è molto diverso da quello del 2018, e anche il centrosinistra non è molto distante dal 201 8; solo il M5S si è dimezzato.

Tuttavia, secondo gli ultimi dati, la prima coalizione avrà 237 dei 400 seggi della Camera e 115 dei 200 seggi del Senato. Con il 44 per cento dei voti, avrà poco più del 59 per cento dei seggi. È un premio pari a quello previsto dalla legge del 1953, presentata da De Gasperi (anche se quest’ultima lo riconosceva alla forza politica che raggiungesse la maggioranza dei voti). Nel saliscendi della politica, quella che viene chiamata democrazia dell’alternanza — e che faceva ritenere la democrazia della cosiddetta Prima Repubblica una «uncommon democracy» perché un partito restava sempre al governo — stare all’opposizione rigenera e premia, come dimostrato dalle scelte elettorali a favore di FdI, che si è valsa anche di una leader donna e più giovane di tutti gli altri capi-partito, ma soprattutto della forza di rappresentare l’unico partito che non aveva avuto la guida del governo.

Anche le dichiarazioni «sovraniste» non dovrebbero preoccupare. Le alleanze di cui lo Stato italiano fa parte sono dettate da reciproche convenienze. Se vogliamo bere birra tedesca, dobbiamo essere sicuri della sua sanità e qualità, e dobbiamo quindi affidare a una autorità europea il controllo della sicurezza degli alimenti. Se vogliamo spendere per la difesa meno della metà, rispetto al prodotto interno lordo, degli Stati Uniti, ci conviene affidare alla Nato la difesa comune. Se vogliamo esportare prodotti manufatturieri (l’Italia è il secondo Paese in Europa), abbiamo interesse ad abbattere le barriere commerciali, e quindi a fare parte dell’Organizzazione mondiale del commercio.

Il «sovranismo» è mosso dalla difesa dell’interesse nazionale, ma questo si difende proprio cedendo una parte della sovranità, in alcuni campi, come fanno i membri di un condominio, che non rinunciano alla proprietà dell’abitazione, ma mettono in comune la gestione delle scale, la loro illuminazione, la retribuzione del portiere, e non hanno interesse a rinunciare ai benefici che traggono mettendo in comune beni, servizi e costi. Insomma, ai «sovranisti» non conviene mettere in dubbio le alleanze dell’Italia, perché così facendo danneggerebbero l’interesse nazionale. Infine, i «sovranisti» verbali, quelli che vorrebbero mettere il diritto italiano al di sopra di quello europeo, forse non sanno che sono anni che la Corte costituzionale italiana ha configurato la teoria dei controlimiti, per cui le norme internazionali da immettere nell’ordinamento italiano vanno rese compatibili con i principi irrinunciabili dell’ordinamento costituzionale nazionale.

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Putin imbocca la via senza ritorno: il concertone rock, la folla adorante

sabato, Ottobre 1st, 2022

di Fabrizio Dragosei

Migliaia di persone osannanti, portate sulla piazza Rossa con autobus speciali per il discorso di Putin. Ma nel resto del Paese continuano le fughe per evitare il richiamo

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Il discorso di Putin trasmesso sulla Piazza Rossa (Ap)

Tutto come nel 2014: stessa piazza, stesso rock patriottico, solo che ogni cosa questa volta è più in grande, più «assoluta». Se allora sembrava che, dopo l’annessione della Crimea, Mosca avrebbe dovuto subire un certo isolamento per un determinato periodo di tempo, adesso è chiaro a tutti che quella imboccata è una strada senza ritorno . La rottura è definitiva e per questo il sostegno al grande leader deve essere totale, illimitato. Così gli schermi che rilanciano gli artisti sul palco si estendono ben oltre la chiesa di San Basilio, fino al lungofiume. Migliaia e migliaia di persone osannanti, portate sulla piazza Rossa con autobus speciali direttamente dalle scuole, dalle fabbriche, dagli uffici comunali e dai ministeri. Secondo siti di opposizione, pagati anche 20 euro a testa per apparire su tutte le tv nazionali e internazionali. Nell’attesa della comparsa di Putin che ripete i concetti già espressi al Cremlino: «L’Occidente è in guerra con noi e continua a cercare di farci a pezzi, come già fece con l’Urss nel 1991. Ma la Russia compatta non si fa intimorire». Per poi invitare tutti a lanciare tre hurrah per i combattenti.

Le ultime notizie sulla guerra in Ucraina

Come nel 2014, anche se tutto oggi è diverso. L’annessione trionfale della penisola che negli anni Cinquanta Krusciov aveva staccato dalla repubblica russa per annetterla a quella ucraina («tanto siamo tutti sovietici») è un pallido ricordo. Le sanzioni che otto anni fa iniziavano a colpire solo alcune aziende e i personaggi più in vista, adesso si sono allargate all’intera nomenclatura. La bella vita nella disprezzata Europa e negli odiati Stati Uniti finisce anche per i rampolli dei fedelissimi di Putin. Quelli che erano certi di non essere mai chiamati a scontare le vere o presunte colpe dei padri. Dopo la figlia del portavoce Peskov, ecco che tocca al rampollo di Medvedev, il più falco dei falchi; alle due figlie del ministro della Difesa Shoigu e alle due di Zolotov, capo della Rosgvardia. Poi la giovane Sobyanina (il padre è il sindaco di Mosca), i ragazzi Mishustin (primo ministro), eccetera.

Ma loro, almeno, non dovranno comunque andare al fronte, come ha dimostrato la telefonata fasulla registrata con il figlio di Peskov il quale era assolutamente certo che la chiamata alle armi non potesse riguardare proprio lui. Gli altri, invece, al fronte ci devono andare e pare pure di corsa. E non «dopo adeguato addestramento», come promesso. Si dice che centomila richiamati siano già arrivati in Ucraina, anzi in quelle che da ieri sono le nuove terre acquisite dalla Russia. E il timore che qualcuno esprimeva ieri sera era che alla fine del concerto nelle strade adiacenti alla piazza Rossa ci fossero squadre di reclutatori pronti ad acciuffare i ragazzi.

Giovedì lo speaker della Duma Volodin aveva invocato la chiusura delle frontiere, salvo poi fare marcia indietro. Così chi non ha ancora ricevuto la cartolina-precetto (per loro è vietato uscire dal Paese) continua a correre verso i pochi Stati confinanti ancora aperti: Georgia, Mongolia, Kazakistan, Norvegia.

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I medici a gettone arruolati in chat senza controlli: «Guadagnano 3.600 euro in 48 ore»

sabato, Ottobre 1st, 2022

di Simona Ravizza e Giovanni Viafora

La grande fuga dagli ospedali e il business delle cooperative. Ecco le offerte e i prezzi nella giungla di Telegram. «Ci sono colleghi che si spostano con i pullman. Con 3 o 4 turni prendono più di un assunto in ospedale»

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Lo scorso marzo, in un ospedale del Bresciano, una giovane donna muore poche ore dopo aver dato alla luce il terzo figlio.
Uno dei medici che l’ha in cura, secondo un’autorevole testimonianza raccolta dal Corriere , è al lavoro da 36 ore. Al momento non si può dire se la circostanza ha giocato un ruolo diretto sul decesso; a stabilirlo dovrà essere la Procura, che sul caso ha aperto un’inchiesta (7 i sanitari indagati).

Una cosa è certa: quel medico poteva stare lì dov’era anche dopo tutto quel tempo, perché a differenza dei colleghi dipendenti dell’ospedale — e quindi vincolati al rispetto degli orari — lui era lì come gettonista. Ovvero, come uno delle migliaia di professionisti che ogni giorno entrano negli ospedali italiani, ingaggiati da cooperative esterne su affidamento delle aziende sanitarie, per coprire i sempre più numerosi buchi d’organico.

Chiamati a gettone, che vuol dire pagati per un singolo turno (di solito 12 ore), in un campo sostanzialmente senza regole. Risultato: oggi è possibile, magari spinti da necessità economiche, cumulare anche più gettoni uno di seguito all’altro. Senza che nessuno controlli. Come è successo in questo caso. Ma chi di noi si farebbe visitare da un medico in piedi da 36 ore?

Questa è solo una delle criticità emerse dalla nostra inchiesta sul fenomeno dei gettonisti. Fenomeno ormai sempre più diffuso e che sta cambiando radicalmente la fisionomia degli ospedali italiani alle prese con organici ridotti all’osso. E che rappresenta, oltre a tutto ciò che vedremo, innanzitutto un dispendio per le casse dello Stato: per un gettone si arrivano a offrire fino a 1.200 euro a turno per singolo medico, in sostanza più della metà della paga che uno specializzando prende in un mese intero.

Ma perché si è arrivati a questa situazione? Chi c’è dietro alle cooperative che fanno da intermediarie? E chi sono e come vengono scelti i medici che finiscono in ospedale? Sono le domande a cui abbiamo cercato di dare risposta per capire in definitiva, oggi, chi ci cura.

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I buchi negli organici

Si deve partire dai numeri (impressionanti) che riguardano la carenza di medici. Un fenomeno che si deve essenzialmente a tre ragioni.
Uno: il turnover in Sanità bloccato per 14 anni (dal 2005 con il governo Berlusconi 2 al 2019, con il Conte 1, che ha portato le assunzioni a un +10%).
Due: una programmazione miope, se non proprio del tutto errata, con contratti di specialità al ribasso per anni e mai tarati per sostituire chi va in pensione, tanto che dal 2015 al 2020 i pensionabili sono stati 37.800, a fronte di 24.752 specializzati pronti per entrare nel servizio sanitario.
Tre: una clamorosa accelerata delle dimissioni volontarie da parte dei medici ospedalieri, specie dopo il Covid, dovuta a un peggioramento generale delle condizioni di lavoro, con turni sempre più massacranti e un’aumentata conflittualità con i pazienti.
Nel 2021 si sono registrati 2.886 licenziamenti volontari: +39% rispetto al 2020. È un trend che, se confermato, porterà a una perdita complessiva tra pensionamenti e licenziamenti di 40 mila specialisti entro il 2024 (stima del sindacato dei medici Anaao).

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