Archive for Gennaio, 2023

Sanremo 2023, i duetti della serata delle cover

giovedì, Gennaio 26th, 2023

Ed è arrivato il tanto atteso momento dei duetti. Quella di venerdì 10 febbraio sarà la serata delle cover, tradizionalmente la più attesa dopo quella iniziale e quella finale. Modernità e tradizione si mescolano in un mix decisamente esplosivo di ospiti, alcuni dei quali decisamente inattesi. A dare l’annuncio dei duetti sarebbe dovuto essere questa mattina, come ormai è consuetudine, il conduttore e direttore artistico del Festival di Sanremo, Amadeus, durante il programma “Viva Rai2!” dell’amico Fiorello. Ma l’annuncio non è arrivato in diretta. Il motivo? Lo stesso Fiorello ha protestato a inizio programma: “Mi hanno spoilerato tutti i nomi, pensavamo di averli in esclusiva”. E quindi il video dell’annuncio da parte di Amadeus e Gianni Morandi non è stato mandato in onda.

I superospiti

Duetti, ma non solo. Ad animare le serata saranno diversi superospiti: dal trio composto da Gianni Morandi, Massimo Ranieri e Al Bano sino ai Black Eyed Peas, passando per lareunion dei Pooh e i ritorni dei Maneskin e di Mahmood e Blanco. L’annuncio di Fiorello: “Arriverà una superospite internazionale e non sarà Lady Gaga. Ha origini italiane però“. Che possa essere davvero quella Carla Bruni di cui si vocifera negli ultimi giorni? Oppure, nome ben più suggestivo, Madonna che proprio da pochi giorni ha annunciato il suo Celebration Tour anche in Italia?

I palchi

Quest’anno i palchi del Festival di Sanremo sono tre: quello tradizionale al Teatro Ariston, la cui scenografia è stata svelata pochi giorni fa dallo stesso Amadeus proprio durante il programma “Viva Rai2!”, quello sulla nave Costa Smeralda sul quale si esibirà il mondo urban rap con Salmo, Fedez, Guè e Salmo e quello in piazza Colombo sul quale saliranno Piero Pelù, Francesco Renga con Nek, La Rappresentante di Lista, Achille Lauro e Annalisa.

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Pensioni minime, febbraio thrilling: perché l’aumento può saltare anche per loro

giovedì, Gennaio 26th, 2023

A meno di chiarimenti e precisazioni al momento non pervenute, anche chi percepisce le pensioni minime dovrebbe essere costretto a ricevere gli aumenti previsti dalla legge di Bilancio non a febbraio 2023, solo dal rateo di pensione di marzo. Anche in questo caso, come per i pensionati con assegni lordi mensili superiori a 2.100 euro, l’Istituto di previdenza non sarebbe riuscito a anticipare a gennaio e neanche a febbraio l’erogazione degli incrementi collegati alla rivalutazione delle pensioni e stabiliti con le nuove regole per l’anno in corso. Il che porta a una situazione nella quale, rispetto all’impennata dei prezzi e del costo della vita, non tutti i pensionati sono uguali per l’istituto di Via Ciro il Grande. Ma non si esclude che dall’Ente possa arrivare un’informazione differente, che è stata più volte richiesta, almeno per quanto riguarda i trattamenti più bassi.

Approfondisci:Quando andrai in pensione? Te lo dice l’Inps con Pensami. Ecco le simulazioni

I salvati  

Dunque, secondo le ultime indicazioni dell’Inps, a ricevere fin da gennaio gli aumenti stabiliti dalla manovra per adeguare i trattamenti all’inflazione sono solo i pensionati che ricevono assegni fino a 2.100 euro circa mensili lordi, pari a 4 volte il trattamento minimo Inps. Per questa fascia la rivalutazione è del 100 per cento dell’inflazione, come calcolata fin dallo scorso novembre a quota 7,3 per cento.  

Gli incerti  

Come accennato, si tratta di capire se la formula utilizzata dall’Inps “fino a 2.101,52 euro” per indicare i trattamenti che ottengono da gennaio gli incrementi comprenda anche gli assegni minimi o se questi ultimi, per effetto di una differente rivalutazione, saranno “integrati” solo da marzo. Ci riferiamo alle pensioni minime che arriveranno a 572 euro mensili o a 600 per gli over 75.  

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Il Conte Verde vuole debuttare anche in Europa

giovedì, Gennaio 26th, 2023

Alessandro Usai

Ci mancava il Conte verde. Dopo aver guidato un governo con la Lega e poi uno con il Pd, ecco la svolta ecologista del leader dei 5 Stelle. Cosa significhi essere ambientalista nessuno lo sa con certezza, ma pare vada di moda soprattutto nel campo del centrosinistra. In assenza di grandi idee o di valori condivisi da portare avanti, meglio il qualunquismo ambientale a tutti i costi. Basta dire no all’inquinamento e sì alla sfrenata ecologia e tutto passa. Così cosa c’è di meglio che professarsi genericamente difensore dell’ambiente? Chi non lo è in fondo, in linea di principio? Poi però bisogna saper fare i conti con la realtà perché senza il fossile le aziende e il Paese si fermano. Dettagli. Può far ottenere qualche voto in più quindi basta emissioni, stop al gas, viva il fotovoltaico, le pale eoliche, le auto elettriche e chi più ne ha, più ne metta. Viva le case green come vuole l’Europa. E pazienza se questa transizione ecologica debbano pagarla gli italiani di tasca propria. Chi ha i soldi per acquistare un’auto elettrica? Come si rinuncia al nostro modo di vivere, viaggiare, consumare seguendo una ideologia non applicabile nella vita di tutti i giorni? E poi, le batterie o i pannelli fotovoltaici, spesso cinesi, come si smaltiscono? Non inquinano? Problemi secondari. Difendiamo l’ambiente dagli speculatori. Hai la fortuna di avere una casa, magari comprata dopo tanti sacrifici? Ecco la sventura di doverla mettere a norma secondo i dettami di Bruxelles. In fondo, chi al giorno d’oggi tra rincari e stagnazione non ha 60 mila euro da investire sulla casa?

Ma il dado è tratto. Senza polifosfati. Viva il Green. Perché il verde sta bene su tutto. Giuseppe Conte è pronto a lanciare la nuova campagna con lo slogan «Green is the new black» ma forse è già stata parafrasata da altri. Intanto, Conte vola a Bruxelles per un grande progetto politico: l’ingresso del Movimento 5 Stelle nel gruppo parlamentare dei verdi europei. «A noi non interessa trovare una casa come se fosse contingente, a noi interessa un progetto politico, abbiamo chiaro il nostro». Meno male che Conte lo ha chiaro. Non ha però tenuto conto che sono i Verdi europei un filo scettici verso i magnifici 5 eurodeputati grillini, pronti a indossare la casacca ambientalista. Ma il Conte verde non molla e ha un sogno: leader dell’opposizione in Italia con una casa ecologista in Europa.

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Presidenzialismo o premierato, l’importante è la governabilità

giovedì, Gennaio 26th, 2023

Riccardo Mazzoni

La rilettura degli atti dell’Assemblea costituente sulla forma di governo offre ancora oggi spunti di estrema attualità, all’inizio di una legislatura che dovrebbe portare a termine le riforme istituzionali in agenda nel programma della maggioranza. Einaudi, ad esempio, spiegò che la Repubblica presidenziale funziona bene negli Stati Uniti perché là c’è il bipartitismo, e che in Inghilterra funziona altrettanto bene il regime parlamentare, perché anche lì ci sono (c’erano…) solo due partiti, e concluse che dove non esistono i due partiti, ma una pluralità, «uno sminuzzamento», non funziona bene né la Repubblica presidenziale, né quella parlamentare. Un parere condiviso dall’onorevole Lussu, il quale aggiunse una considerazione figlia della situazione dell’Italia nel secondo Dopoguerra: sussistendo il pericolo della guerra civile occorreva mettere alla testa dello Stato un uomo che cercasse di evitarla. Il dilemma dunque era lo stesso che si ripropone tre quarti di secolo dopo: quale delle due forme di Repubblica, presidenziale o parlamentare, è più idonea ad avvicinare l’Italia ai Paesi in cui la democrazia funziona da secoli? La scelta allora cadde sul parlamentarismo, ma l’ormai famoso ordine del giorno Perassi per evitarne le degenerazioni non è mai stato applicato, per cui la nostra è una storia, salvo rare eccezioni, di precaria governabilità e di crisi politiche frequenti.

Eppure, è dimostrato che una democrazia, per funzionare, deve saper dotarsi di un esecutivo stabile, e che – a proposito del bipartitismo di cui parlavano i padri costituenti – in Italia il tentativo di semplificare il quadro politico si è fermato, nella seconda Repubblica, al bipolarismo Berlusconi-Prodi, accompagnato però da una nascita esponenziale di partitini che grazie all’utilità marginale hanno sempre condizionato negativamente la vita dei governi. Quindi il problema resta lo stesso posto da Calamandrei alla Costituente: «Come si fa a far funzionare una democrazia che non possa contare sul sistema dei due partiti, ma che deve funzionare sfruttando o attenuando gli inconvenienti di quella pluralità di partiti la quale non può governare altro che attraverso un governo di coalizione?». La democrazia italiana, tra mille travagli, ha retto a prove anche durissime, ma nonostante nel corso degli anni sia apparsa sempre più urgente una revisione della seconda parte della Costituzione, i tentativi di modernizzarla sono sempre sistematicamente falliti. Ora il centrodestra, forte di un ampio mandato popolare, ci riprova con l’opzione presidenzialista, ma senza porre pregiudizi o preclusioni su altri modelli di riforma che mettano comunque i cittadini al centro delle scelte, attraverso un legame diretto tra voto e governo per superare definitivamente la stagione degli esecutivi di diretta emanazione quirinalizia o che hanno restituito centralità politica e ministeri a chi, come il Pd, ha sempre perso le elezioni.

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Sondaggio regionali Lazio, Rocca stacca D’Amato e Bianchi. I dati di Pagnoncelli

giovedì, Gennaio 26th, 2023

Manca mento di un mese alle elezioni regionali nel Lazio di domenica 12 e lunedì 13 febbraio che, come sempre, oltre a scegliere il governatore e il Consiglio regionale rappresentano un dato politico nazionale. Nando Pagnoncelli giovedì 26 gennaio dedica un sondaggio e un focus alla sfida tra il presidente della Croce rossa italiana Francesco Rocca, l’assessore uscente della giunta Zingaretti Alessio D’Amato, sostenuto dal Pd e da Azione-Italia viva con altre liste di centrosinistra, e la conduttrice Rai Donatella Bianchi (Movimento 5 Stelle e Polo progressista. 

Nel Lazio “oltre sette cittadini su dieci si dichiarano soddisfatti della qualità della vita” ma “il giudizio sull’operato dell’amministrazione Zingaretti è più tiepido: solo il 50% dà un voto pari almeno a 6”, spiega il sondaggista sul Corriere della sera. Punti dolenti della gestione dem i trasporti, le infrastrutture e proprio la sanità guidata da D’Amato. L’assessore è il più conosciuto dagli elettori tra i candidati, ma questo non pare giovargli più di tanto nel sondaggio sull’orientamento di voto dei cittadini del Lazio. “Nelle intenzioni di voto Rocca è stimato al 41,2%, circa 7 punti sopra D’Amato (al 34,1%). Più indietro Bianchi, che non arriva al 20%. Tra il 2,1% e l’1,2%” i candidati minori Rinaldi, Pignalberi e Pecorilli. 

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Europa e Stati Uniti, un fronte che resiste

giovedì, Gennaio 26th, 2023

di Paolo Mieli

Più che l’invio dei carri armati all’Ucraina quel che conta (e che irrita Mosca) è il valore simbolico del fatto che ancora una volta l’alleanza a sostegno di Kiev abbia tenuto

Non è vero che con il discorso pronunciato ieri sera dal presidente americano Biden e la decisione congiunta di Stati Uniti ed Europa di inviare in Ucraina — con modalità diluite nel tempo — alcune decine di carri armati di nuova generazione si sia saliti di un gradino sulla scala che porta alla guerra mondiale. Forse è stato consentito all’Ucraina di resistere ancora per l’anno in corso. Niente di più. Del resto, gli stessi russi minimizzano il potenziale impatto dei carri armati tedeschi e americani. In assoluto, quel che conta — e che irrita Mosca — è il valore simbolico del fatto che ancora una volta Stati Uniti ed Europa sono riusciti a restare assieme. E, se guardiamo indietro all’anno iniziato con l’aggressione del 24 febbraio 2022, ha del miracoloso che il fronte della Nato non sia inciampato nelle numerose pietre che ha incontrato sul suo cammino.

Allo stesso modo ha dello straordinario il fatto che il Parlamento italiano si sia impegnato a comportarsi nel 2023 negli identici modi degli undici mesi trascorsi. Certo, si è perso per strada il M5S. Ma Giuseppe Conte già a luglio provocò la crisi del governo Draghi per rimettere in discussione le modalità del sostegno italiano all’Ucraina.

Assai importante è invece che il Pd sia rimasto sostanzialmente sulle posizioni che ebbe l’anno scorso. E che sia rimasto compatto (con l’eccezione di qualche elemento proveniente dalla diaspora bersaniana). A Enrico Letta va riconosciuto il merito d’aver inchiodato saldamente il partito a posizioni atlantiche. Posizioni che, chiunque vinca al prossimo congresso, dubitiamo saranno tenute in vita con altrettanta convinzione. Nel Pd, al di là di chi sarà il prossimo segretario, avrà un peso maggiore la componente «filocontiana». E, ad ascoltare i rumori di fondo, appare possibile che prendano il sopravvento personalità più refrattarie a rinsaldare il rapporto con l’Alleanza atlantica. Tant’è che la questione del «pacifismo» (forse di proposito) è stata tenuta fuori — al di là di qualche cenno assai generico — dalla non breve campagna che porterà all’elezione del nuovo vertice.

Del resto, di posizioni pacifiste o sottilmente filorusse, ne sono emerse in tutta Europa. Anche negli Stati Uniti e in tutti i Paesi i cui governi, pure, hanno preso le parti dell’Ucraina. Una cosa assolutamente normale, fisiologica, del tutto prevedibile. Di più: ci saremmo preoccupati se avessimo ascoltato solo voci inneggianti alla guerra come capitò quasi ovunque nel 1914 alla vigilia del primo conflitto mondiale. Bisogna anche riconoscere che talvolta nelle argomentazioni dei predicatori che fin dal giorno successivo a quello dell’invasione russa hanno sostanzialmente suggerito a Kiev di arrendersi, si son potuti cogliere ragionamenti meritevoli di un qualche interesse e di essere pubblicamente discussi.

Ma solo in Italia questi ragionamenti sono stati poi accompagnati da espressioni di dozzinale dileggio nei confronti di Zelensky. Zelensky — secondo loro — altro non sarebbe che un disgraziato attorucolo, in cerca di visibilità, cinico, nemico — per convenienza — di ogni soluzione pacifica. Sono piuttosto i pacifisti di sinistra che volentieri hanno ripiegato su questo genere di denigrazione. Quelli cattolici — va riconosciuto — raramente hanno fatto ricorso all’oltraggio antizelenskiano. Ed è una differenza non trascurabile.

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Ucraina, l’aiuto a Kiev che arriva dall’Italia: droni e sistemi satellitari

giovedì, Gennaio 26th, 2023

di Francesco Verderami

L’assistenza ai militari impegnati sul campo passa da un pacchetto di aiuti «fuori sacco». Roma contribuisce con informazioni di intelligence e strumenti per un conflitto prolungato

Ucraina,  l’aiuto a Kiev che arriva dall’Italia: droni  e sistemi satellitari

È cambiata la parola d’ordine tra i partner dell’Occidente: da «aiutare per salvarli» si è passati ad «aiutarli per vincere». Ma è evidente che il conflitto in Ucraina era e resta una guerra di attrito il cui esito non è scontato. A quasi un anno dall’invasione russa «non si vedono ancora spiragli per una soluzione diplomatica» secondo il ministro della Difesa Guido Crosetto, che entro due settimane formalizzerà il sesto decreto di sostegno a Kiev, illustrato ieri per grandi linee al Copasir. Il governo ha deciso di inviare alle Forze armate ucraine un’unità del sistema terra-aria Samp-T dotato di una ventina di missili, insieme a pezzi di artiglieria pesante, carri di movimento e gruppi elettrogeni.

Ma nel pacchetto di aiuti ci sarebbe anche una spedizione «fuori sacco», non direttamente riconducibile alla lista stilata dall’esecutivo. Fonti accreditate raccontano infatti che a Zelensky verrebbero consegnati «droni originati dal progetto israeliano e assemblati in Italia», più utili a contrastare i droni di fabbricazione iraniana che vengono usati da Mosca. Più utili e soprattutto più economici, dato che ogni missile lanciato dal sistema Samp-T costa circa un milione di dollari. Insomma Roma fa quel che può per sostenere Kiev in vista di un «inasprimento del conflitto da parte di Mosca — come dice Crosetto — con massicci attacchi di cielo e di terra».

Nonostante l’impegno non sia paragonabile allo sforzo di americani e inglesi, c’è un motivo se all’ultimo vertice Nato il segretario generale del Patto Atlantico è tornato a plaudere al contributo italiano. La collaborazione con Kiev sarà meno visibile ma non per questo meno importante. A parte l’addestramento delle Forze armate ucraine sul territorio nazionale, Roma fornisce una particolare assistenza ai militari ucraini impegnati sul campo: le loro operazioni contro i russi vengono guidate «da remoto» grazie a informazioni di intelligence e sistemi satellitari. È un’attività che — sottolineano fonti dei servizi — «va avanti dai tempi del governo Draghi». E sul dossier Ucraina, Meloni si muove «in piena continuità con il suo predecessore», come riconosce un autorevole esponente dell’opposizione. E come ribadisce il sottosegretario alla Difesa Perego: «L’Italia continuerà a fare la sua parte a supporto di un popolo aggredito».


In attesa di verificare se le previsioni diplomatiche verranno confermate, se cioè «bisognerà attendere l’estate per immaginare l’apertura di una trattativa politica», l’accelerazione militare decisa dall’Occidente con l’invio dei carri armati è insieme «un segnale a Mosca per anticipare la sua riorganizzazione sul terreno e un visibile gesto di sostegno all’Ucraina». «Un gesto», appunto. Perché passerà del tempo prima che i tank americani e tedeschi vengano effettivamente utilizzati dagli ucraini sul campo di battaglia. Il governo italiano ha seguito la complicata trattativa tra alleati sull’invio dei carri armati. Rappresentanti della Farnesina raccontano che lo stallo è stato superato dopo «un’aspra controversia» tra Berlino e Parigi.

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Carri armati all’Ucraina, la Russia si sente aggredita e cita Kruscev: «Vi seppelliremo»

giovedì, Gennaio 26th, 2023

di Marco Imarisio

I media vicini al Cremlino e i diplomatici moscoviti reagiscono all’invio dei tank, rispolverando la storica retorica della guerra fredda

Carri armati all’Ucraina, la Russia si sente aggredita e cita Kruscev: «Vi seppelliremo»
Vladimir Putin all’università Lomosonov di Mosca (foto Ap)

La Russia non l’ha presa bene, e come potrebbe. «My vas pochoronim!». Molti utenti di Tsargrad, il sito di informazione ultranazionalista, fanno ricorso al celebre «Vi seppelliremo!» usato nel 1956 da Nikita Kruscev durante un discorso agli ambasciatori del blocco occidentale.

Ma qui ormai siamo ben oltre la Guerra fredda, almeno a giudicare dai toni. E non da ieri, anche se la decisione quasi congiunta dell’invio di carri armati da parte di Usa e Germania viene letta e presentata come la prova definitiva di un conflitto contro i «poteri forti» americani ed europei, i nemici di sempre, con l’Ucraina che rimane sullo sfondo, quasi fosse un dettaglio.

In ordine temporale, la prima reazione è arrivata da Washington. L’ambasciatore russo Anatolij Antonov, già viceministro della Difesa e poi degli Esteri, ha scritto sul suo canale ufficiale Telegram che «gli Usa stanno continuamente alzando l’asticella del soccorso militare al loro governo fantoccio (…). Persino molti loro esperti riconoscono che stanno combattendo una guerra per procura contro il nostro Paese. A questo punto dovrebbe essere chiaro chi è il vero aggressore nell’attuale conflitto».

Le ultime notizie sulla guerra in Ucraina, in diretta

Che sia declinato in maniera più o meno aggressiva, ripetuto nei talk-show o dai politici più agguerriti, il messaggio è questo. Fuori dalla Russia appare come un capovolgimento dei ruoli, ma al suo interno è un argomento che invece ha molta presa. Ieri, Santa Tatiana, si celebrava la giornata dello studente. Vladimir Putin non ha fatto commenti diretti su Leopard e dintorni. Ma agli allievi dell’Università moscovita Lomonosov ha riservato la propria lezione di storia, affermando che i contingenti militari presenti in Germania vanno considerati come truppe di occupazione risalenti alla fine della Seconda guerra mondiale. «Noi ce ne andammo volontariamente, legalizzando la fine di questo stato di possesso. Gli Stati Uniti invece, no».

Per dovere di cronaca e di censo va segnalato il commento dell’ex presidente Dmitry Medvedev, che prima di abbandonarsi a una considerazione sull’eventuale fornitura di sottomarini a Kiev condita da riferimenti non proprio chiari alla Yellow submarine dei Beatles, ha scritto sul suo profilo Telegram che l’appetito vien mangiando. «E per chi soffre di bulimia, il senso della fame è infinito. Così i capetti da strapazzo della Piccola Russia vogliono sempre di più. Più carri, macchine, cannoni». Tutte armi che secondo il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov «bruceranno come le altre, ma costeranno molto di più, con il prezzo che come al solito verrà pagato dagli europei e non dagli americani».


Le dichiarazioni sono molte e tutte dello stesso tenore. Si distingue per originalità quella di Konstantin Gavrilov, capo della delegazione russa dell’Osce a Vienna. «I Leopard 2 e gli autoblindo americani sono dotati di proiettili dal nucleo di uranio, il cui uso conduce alla contaminazione del terreno come è successo in Jugoslavia e Iraq. L’eventuale fornitura a Kiev di questa dotazione verrà valutata come un utilizzo contro la Russia di bombe nucleari sporche, con tutte le conseguenze che ne potrebbero derivare».

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Gli ex scissionisti del Pd tornati nel partito lo rispaccano sulla Nato

giovedì, Gennaio 26th, 2023

Laura Cesaretti

Gli ex scissionisti del Pd tornati nel partito lo rispaccano sulla Nato

Il giorno dopo lo strappo anti-Ucraina di un pezzo del gruppo parlamentare (alcuni di Articolo 1, Laura Boldrini, il devoto di Sant’Egidio Paolo Ciani), il malessere nel Pd è palpabile.

Molti si affannano a dire che si tratta di pochi casi individuali, ma il segnale politico è chiaro: su un tema epocale e dirimente come la collocazione internazionale e il supporto a Kiev e al fronte delle democrazie occidentali, la sinistra è profondamente divisa. E se il Pd tenta di resistere sulla linea euro-atlantica impressa dalla segreteria Letta, le parole d’ordine anti-Nato e filo-russe dei 5 Stelle di Conte fanno breccia nell’ala ex Pci e tra i cattopacifisti. E il voto di martedì sul decreto Ucraina getta una luce inquietante sul ritorno a casa (il «ricongiungimento familiare», come lo definisce Elly Schlein) degli ex scissionisti dalemiani. Tanto che un analista spietato della sinistra, come l’ex direttore del Corriere della Sera Paolo Mieli, disegna uno scenario assai cupo: la saldatura tra M5s, dalemiani e «rappresentanti di Sant’Egidio» rischia di formare «un nucleo d’acciaio» anti-occidentale che a breve «comanderà su tutta la sinistra italiana».

Che il problema esista lo dimostra anche il fatto che da sinistra si cerchi di buttare acqua sul fuoco. Bersani prova a dare un colpo al cerchio e uno alla botte: certo «la resistenza ucraina non può essere abbandonata», e lui avrebbe anche votato a favore del decreto, ma con una «distinzione tra armi di offesa e di difesa» (solo ombrelli, niente tank?). Il vicesegretario dem Peppe Provenzano dice che «è stato un errore» quello di chi non ha votato il decreto: «Non possiamo avere nessuna equidistanza o tentennamento. Se smette di combattere la Russia finisce la guerra. Se smette di combattere l’Ucraina finisce l’Ucraina». É molto netta la candidata segretaria Paola De Micheli, che ricorda «i nostri nonni partigiani cui arrivavano le armi degli Alleati. Come gli Ucraini, che difendono il loro territorio e l’Europa da uno stato autocratico».

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Il Csm cambia volto. Eletto Pinelli: per la prima volta toghe governate da un moderato

giovedì, Gennaio 26th, 2023

Massimo Malpica

Il Csm cambia volto. Eletto Pinelli: per la prima volta toghe governate da un moderato

Un vicepresidente del Csm espressione del centrodestra. Il successore del dem David Ermini è Fabio Pinelli, avvocato eletto in Parlamento in quota Lega e votato dall’Aula, una settimana fa, tra i dieci componenti laici dell’organo di autogoverno della magistratura con 516 voti. Dal plenum di Palazzo dei Marescialli, ieri, di voti ne ha presi invece 17 al terzo scrutinio, quello decisivo.

Solo secondo Roberto Romboli, costituzionalista pisano vicino al Pd e favoritissimo alla vigilia, che il 18 gennaio era stato il membro laico più votato dall’Aula. Proprio per questo Romboli si era ritrovato tra i tre componenti della Commissione verifica titoli del Csm e aveva potuto giudicare se il suo status di pensionato fosse o meno una condizione di ineleggibilità, come qualcuno sosteneva. La Commissione ha escluso qualsiasi condizione di ineleggibilità e il plenum ha approvato la delibera che dava luce verde a Romboli, con il solo voto contrario del più «anti-correnti» e «anti-sistema» dei componenti togati, Andrea Mirenda. Poi il voto, e la sorpresa.

Come detto, un vicepresidente di centrodestra a Palazzo dei Marescialli è un elemento inedito: Michele Vietti fu scelto nel 2010 in quota Udc, ma il partito di Casini in quel periodo era in fredda con il Pdl e lo stesso Vietti venne eletto proprio perché non considerato organico al centrodestra. «Orienterò ogni mio comportamento nell’interesse del Paese con la guida e il faro del presidente della Repubblica», ha commentato Pinelli dopo la sua elezione, spiegando di essere «onorato dell’incarico e del ruolo che mi avete riconosciuto. Una grande emozione. Una gravosissima responsabilità». L’auspicio, ha proseguito il nuovo vicepresidente, è cercare «di essere credibili, trasparenti, mai obliqui nell’interesse del Paese». Un pensiero lo ha rivolto anche al Carroccio: «Ringrazio la parte politica che ha ritenuto di poter spendere e investire con una candidatura in Parlamento su una figura non politica e indipendente».

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