Annalisa Cuzzocrea
A differenza di quello che dice il ministro della Giustizia
Carlo Nordio, «cambiare le norme sulle intercettazioni non serve né a
evitare abusi né a tutelare la privacy». Il procuratore di Catanzaro
Nicola Gratteri ritiene totalmente «infondate» le motivazioni tirate
fuori in questi giorni dal Guardasigilli.
Mettiamo da parte i reati di mafia e corruzione, che
sarebbero esenti dalla modifica. Per tutti gli altri si possono fare
indagini efficaci senza avere accesso agli ascolti?
«Le
rispondo con un paio di esempi. Poniamo di essere davanti a un reato di
emissione di fatture per operazioni inesistenti. Con indagini
tradizionali, come le verifiche fiscali, si può giusto arrivare ai
prestanome, senza patrimonio e ignari del meccanismo. I veri registi, i
professionisti compiacenti e i beneficiari dei profitti, tutti sempre
coinvolti in organizzazioni di stampo criminale, senza intercettazioni
non si colpiranno mai».
Ne ha pronto un altro.
«Certo, la corruzione
mediante consulenze fittizie: senza intercettazioni gli inquirenti
acquisiranno contratti di consulenza e pagamenti mediante bonifici
apparentemente regolari. Ma non potranno dimostrare che le parcelle sono
in realtà mazzette da destinare a pubblici ufficiali».
Insomma, le ritiene indispensabili.
«Lo sono».
Che tipo di inchieste sarebbero a rischio se il governo andasse avanti con la riforma prospettata da Nordio?
«Inchieste
su reati contro la pubblica amministrazione, reati finanziari,
bancarotte, organizzazioni dedite a furti e rapine. Estorsioni. È un
lungo elenco».
La maggioranza accusa: sui giornali escono ancora intercettazioni non rilevanti, come nel caso Zaia-Crisanti.
«La
riforma entrata in vigore il 1 settembre 2020 è chiara: le
conversazioni non rilevanti non possono essere inserite in atti, ma
devono confluire in un archivio riservato. Se chi ha accesso
all’archivio le divulga, commette un reato. Nel caso che cita, se sono
state divulgate, evidentemente sono state ritenute rilevanti».
Al di là delle intercettazioni, cosa pensa dell’impianto di riforma proposto dal governo?
«La
separazione delle carriere è assolutamente inutile, perché di fatto una
separazione già esiste, attraverso gli assai rigidi limiti territoriali
e numerici di cambio di funzioni. In più, è negativa, perché fa perdere
la cultura giurisdizionale al pm, come soggetto terzo nelle indagini. E
spalanca le porte a qualcosa di ancora peggiore».
Cosa?
«La sottomissione del pm all’esecutivo».
Secondo Nordio è il Parlamento a essere supino rispetto ai magistrati.
«Se fosse così oggi non avremmo la riforma Cartabia, che la magistratura non ha certo voluto».
Il governo si è impegnato a correggere l’effetto pericoloso dell’improcedibilità d’ufficio per alcuni reati.
«Quello dei reati a querela è solo l’antipasto, se mi consente il termine».
Cos’altro non funziona?
«Vengono appesantite le
procedure, rendendo più difficoltosa l’organizzazione degli uffici
piccoli e più lunghi i processi di primo grado. In più, quando si arriva
in appello, dopo tutto l’impegno profuso, in molti casi arriva la
mannaia della improcedibilità. Il sistema è destinato a girare a vuoto».
Ma condivide la necessità di velocizzare i processi?
«Certo,
ma per farlo bisogna ottimizzare le risorse che sono mal distribuite.
Nella sanità si sono chiusi importanti presidi ospedalieri sul
territorio, e non si ha il coraggio di chiudere tribunali piccoli
distanti 20 o 30 km da quelli più grandi, peraltro alla vigilia
dell’entrata in vigore, anche nel penale, del processo telematico».
Basterebbe questo? Pura logistica?
«No, serve una
depenalizzazione di reati che di fatto non hanno alcuna valenza
offensiva. Si devono snellire le procedure, facendo esattamente
l’opposto di quanto dettato dalla Cartabia».
E poi forse bisognerebbe alleggerire le carceri,
sovraffolate, troppo spesso teatro di violenze, dove i suicidi sono in
costante aumento.
«Il problema lo si risolve costruendo
carceri attrezzati, potenziando le comunità di recupero dei
tossicodipendenti, evitando a questi ultimi di andare in carcere».
È possibile ci sia stata una trattativa per la cattura di Matteo Messina Denaro?
«Non conosco il caso e non mi esprimo su ciò che ignoro».
Riformulo. È possibile nascondersi 30 anni in “pieno giorno”, nei luoghi di sempre?
«Parlo in linea generale. Il reato di associazione mafiosa ha come
elemento strutturale la valenza intimidatoria come fonte di omertà. Se
in una comunità la presenza della mafia è forte, sarà meno facile per lo
Stato penetrarvi».