dal nostro corrispondente Claudio Tito
BRUXELLES – “Sulle interferenze straniere avremmo dovuto vigilare di più”, non solo per quanto riguarda il Marocco e il Qatar ma anche sulle altre autocrazie come la Russia e la Cina. Il Parlamento europeo “non meritava questo scandalo” e ora serve una risposta in tempi brevi. In discussione c’è anche l’ipotesi di sospendere la pensione per chi viene condannato a oltre due anni di reclusione. “Ridurremmo i tempi” anche per la revoca dei due eurodeputati indagati, Andrea Cozzolino e Marc Tarabella, ma serviranno “due mesi”. La presidente del Parlamento europeo, la maltese Roberta Metsola, prova a reagire dopo la tempesta che ha investito l’unica istituzione elettiva dell’Unione europea. Ieri ha proposto un pacchetto di 14 misure per provare ad arginare i rischi di corruzione e inquinamento dell’attività parlamentare. “Tutti i gruppi mi hanno detto di andare avanti”.
Facciamo però un passo indietro. Che sensazione ha avuto quando sono uscite le notizie sul Qatargate?
“Uno shock. Beh, io ero a Malta. Ero andata a trovare alcuni parenti che
non stavano bene. Ho chiesto: quanto è grande questa vicenda? Di chi si
tratta? Chi e come hanno fatto tutto questo, ma non conoscevo la
persona al centro dell’inchiesta”.
Panzeri?
“Si, mai conosciuto. Volevo dare una risposta immediata perché il
Parlamento non si meritava questo scandalo. Ero furiosa. Ho detto:
dobbiamo reagire. Abbiamo lavorato tutte le vacanze di Natale per
questo”.
Però sembrano misure sulla carta. Quando potranno essere concretamente approvate?
“Alcune regole ci sono già: dichiarazioni sugli incontri, conflitto di
interessi, chi ti paga, cosa dichiarare. Possiamo rinforzarle subito e
renderle operative. E da subito fermiamo gli accrediti permanenti per
gli ex europarlamentari. Su questo ho ricevuto il sostegno unanime dei
capigruppo. Ho il permesso di approfondire subito tutti i temi
immediatamente. E domani (oggi ndr) ci sarà già riunione tecnica su
questi punti. Poi ci sono altre questioni che riguardano il comitato
etico o la commissione d’inchiesta e che richiedono tempo. Sono
procedure sui cui dobbiamo stare attenti. Toccano le istituzioni”.
Anche le cosiddette porte girevoli per gli ex europarlamentari che svolgono attività di lobbing?
“Ecco, questa sarà la cosa più difficile. Per me è importate introdurre un sistema
per cui non si può cominciare subito a fare lobbing. Dovremo negoziare,
a partire dalla tempistica. Su quanto deve durare il divieto”.
Perché la più difficile?
“Ci sono opinioni molto differenti. Ad esempio: può essere applicabile ma non obbligatoria perché non siamo come la Commissione Ue che paga per due anni dopo il mandato per non lavorare sulla stessa materia. Non voglio dire che questo Parlamento sia stato vittima della corruzione ma ci siamo aperti per essere trasparenti. Certo la cosa più semplice sarebbe non incontrare nessuno e legiferare senza parlare con gli stakeholders. Ma una volta che le regole non sono state rispettate – e in questo caso siamo dentro una corruzione criminale con milioni di euro in gioco provocata da una interferenza straniera – qualcosa andava fatta”.
Ma lei pensa che questi provvedimenti possano davvero bloccare episodi del genere? Sembrano tutti facilmente aggirabili.
“Adesso forse si. Ma li rafforzeremo”.
Come?
“Con un codice di condotta che se viene violato si può venire da me, in
presidenza, con una raccomandazione del comitato che si occupa di questi
casi. Voglio insomma assicurarmi che ci siano sanzioni disponibili e
rapide. Le sanzioni sono i veri deterrenti. Oggi è così per tutti? Ad
esempio per i relatori-ombra? No e allora voglio che non sia più così”.
D’accordo. Ma quali sono le sanzioni?
“Alcune sono già previste nel regolamento. Si può perdere lo stipendio.
Un paio di gruppi hanno chiesto di andare oltre e di bloccare anche la
pensione. Chi viene condannato a più di più di due anni di reclusione,
perde la pensione. È un’ipotesi ma devo vedere se è legalmente
possibile. So che il potere può portare il crimine e allora servono dei
“firewall”. L’allarme insomma deve suonare prima”.
Lei ha avuto la sensazione che oltre al Qatargate in questi
anni ci sia stata la possibilità di condizionare e infiltrare il
Parlamento anche da altre forze straniere come la Russia e la Cina?
“La cosa più sorprendente non era che ci fossero dei rappresentanti
stranieri invitati a parlare. O che mi abbiano invitato ad assistere ai
mondiali di calcio. Ho detto no. Ma chi mai me l’avrebbe detto in quel
momento…”.
Una fortuna.
“E mi sono ricordata di aver detto no
solo dopo. Ciò che mi ha sorpreso di più non è stato che un paese terzo
cercasse di influenzare ma che una Ong, una cosiddetta Ong che si
occupa di diritti umani, sia stata utilizzata da un regime autocratico
per corrompere”.
Ma ha mai avuto sospetti?
“Sospetti no. Mi sono resa però conto che c’era qualcosa di diverso
quando si è svolta quella votazione in quella commissione. Forse si è
arrivati al Qatar nelle indagini pensando che i manovratori fossero
Russia e Cina. Siamo sempre preoccupati per questo genere di cose, ma il
punto è che in questo caso ci sono riusciti”.
Eppure poco più di un anno fa il Parlamento aveva già approvato un rapporto che indicava la Russia e la Cina come Paesi in grado di infiltrare e penetrare l’Ue. Perché non si è subito corso ai ripari?
“Col senno di poi ci si sarebbe potuto chiedere cosa stesse succedendo nella commissione parlamentare sui diritti di cui forse ci si sarebbe potuti fidare di meno. Ma siamo membri eletti e siamo responsabili nei confronti dei nostri elettori. Certo quando abbiamo parlato di interferenze straniere, della Bielorussia o di paesi autocratici, avremmo dovuto controllare, ad esempio quando un deputato cambia posizione. Ecco perché essere più trasparenti ci proteggerà senza però colpire la libertà del mandato parlamentare. Serve responsabilità”.