Archive for Gennaio, 2023

Da Meloni a Draghi: la politica prega per Benedetto XVI

giovedì, Gennaio 5th, 2023

Michel Dessì

Da Meloni a Draghi: la politica prega per Benedetto XVI

La nebbia avvolge Piazza San Pietro, la grande cupola è avvolta da un velo. Dalla tristezza. Un apparente stato di smarrimento, il simbolo della Casa della Chiesa nel Mondo non si vede. I fedeli, in religioso silenzio, entrano piano piano e prendono posto. Con loro anche i politici. I nostri, quelli italiani. Arrivano alla spicciolata. Facce cupe, rispettose. Seduti sul sacrato della Piazza, alla sinistra dell’altare. A pochi passi dal feretro che fa il suo ingresso accolto da un lungo applauso.

Per i funerali di Benedetto XVI ci sono quasi tutti. Uno dei primi ad arrivare il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano. Al suo fianco Pier Ferdinando Casini. Nessun colore politico per oggi. È lì, insieme ai membri del governo. Parla. Poco dopo arriva Guido Crosetto, ministro della Difesa insieme a Giancarlo Giorgetti, ministro dell’Economia. A seguire Carlo Nordio, titolare della Giustizia. È avvolto da una lunga sciarpa azzurra. Sembra di assistere ad un Consiglio dei ministri, ma composto. Taciturno. La musica sacra risuona e fa eco alle preghiere. Al santo Rosario. Con loro le campane che scandiscono il tempo prima della celebrazione della messa.

Dietro i ministri alcuni sottosegretari e parlamentari. C’è Lucio Malan, di fratelli d’Italia e Giulio Tremonti, Maria Tripodi di Forza Italia. Il parcheggio del Vaticano antistante la Piazza è pieno di auto blu. Prima dell’arrivo del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella e di Giorgia Meloni, Presidente del Consiglio, arriva Mario Draghi. La sua fede è nota, come il suo passato giovanile. È impassibile, come sempre. Saluta qualche ministro e prende posto, in sesta fila. Vicino al sindaco di Roma Roberto Gualtieri. Unico assente il Presidente del Senato Ignazio Larussa costretto a rinunciare per una lieve influenza.

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Migranti, lo schiaffo svedese

giovedì, Gennaio 5th, 2023

Flavia Amabile

ROMA. Non ci sarà una riforma sull’immigrazione prima del 2024. Una dura lezione di sovranismo viene impartita ai sovranisti al governo in Italia. «Faremo sicuramente avanzare il lavoro con tutta la forza» ma «non ci sarà un patto migratorio completato durante la presidenza svedese», ha spiegato Lars Danielsson, rappresentante svedese presso la Ue in un’intervista rilasciata al Financial Times nel giorno di inizio del semestre europeo guidato da Stoccolma, a proposito di un accordo a livello europeo sulla ripartizione dei migranti. Danielsson ha aggiunto che un accordo non sarà raggiunto prima della primavera del 2024.

La presa di posizione del governo svedese di destra da poco formato lascia, quindi, l’Italia e gli altri Paesi del Mediterraneo a gestire da soli i flussi provenienti dal Nord Africa. E ha costretto il governo a mostrarsi pienamente in grado di gestire il colpo e che non ci si trova di fronte a una rottura ma rientra in un clima di collaborazione anche se Giorgia Meloni, presidente del Consiglio, a metà dicembre al Consiglio Europeo aveva chiesto una risposta europea a un tema centrale per Italia ma un problema europeo e che come tale va affrontato.

La prima risposta arrivata dall’Ue, quindi, è che tutto continuerà secondo il sistema attuale almeno ancora per un anno. Dal Viminale fanno sapere che l’annuncio non è una sorpresa, perché nessuno si aspettava che una riforma di questo tipo possa avvenire in tempi rapidi.

Il compito di esprimere la scelta del governo di evitare polemiche viene affidato al ministro per gli Affari europei, la Coesione e il Pnrr Raffaele Fitto. L’ex europarlamentare conosce bene gli ingranaggi dell’Ue e nello scontro con la Francia sui migranti dell’autunno scorso, pur ribadendo le posizioni del governo Meloni, si è adoperato per non esasperare la tensione. Quella della Svezia – spiega – «non è una posizione contro uno Stato membro specifico, il dossier della riforma strutturale dell’asilo è molto complesso».

Quello che più crea difficoltà è lo scontro tra politico tra sovranisti, uno schiaffo ricevuto da un partito alleato. Il governo di Stoccolma è presieduto dal moderato Ulf Kristersson e si regge anche sull’appoggio esterno del partito sovranista Svedesi Democratici, il secondo più ampio nel Parlamento svedese, e una formazione che, in Europa, siede nel gruppo dei Conservatori e Riformisti, lo stesso di Fdi. E’ stato facile, quindi, per diversi esponenti dell’opposizione in Italia, sottolineare il paradosso . Come ha avvertito la deputata di Azione-Iv Daniela Ruffino, si è trattata di «una lezione di sovranismo ai sovranisti» perché – ha sottolineato – questo è «il succo dell’europeismo in salsa sovranista: ognuno per sé e Dio per tutti. La Svezia, al pari dell’Italia, ha un governo di destra. Chi pensa di costruire la solidarietà europea con certe forze politiche prima o poi dovrà rendersi conto che è impossibile. Gli amici svedesi di Meloni e Salvini lasciano l’Italia con il cerino in mano».«A fare i sovranisti trovi sempre qualcuno più sovranista, che difende solo gli interessi del proprio Paese», ha commentato anche l’ex ministro per gli Affari Ue. il deputato Pd Enzo Amendola. Critiche che il governo respinge. Secondo Raffaele Per Fitto, le parole di Danielsson «non possono in alcun modo essere strumentalizzate politicamente a livello nazionale». Il rappresentante svedese presso la Ue ha anche ridimensionato la possibile influenza dei Democratici Svedesi sulle scelte di Stoccolma nel semestre di presidenza. «Probabilmente – ha detto . ci sono argomenti tabù per loro ma io ricevo istruzioni dal governo». E nel loro governo non ci sono ministri sovranisti.

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Inflazione, la tregua

giovedì, Gennaio 5th, 2023

Fabrizio Goria

Prima la Germania, poi la Spagna, infine la Francia e ora potrebbe toccare all’Italia. Il picco dell’inflazione – stando ai dati di dicembre – sembra essere stato raggiunto. Ma analisti ed economisti restano cauti, perché la Banca centrale europea ha indicato più volte nelle ultime settimane che ulteriori rialzi dei tassi d’interesse sono già in cantiere.

Se è vero che, secondo il consensus dei mercati finanziari, la lettura di oggi dovrebbe segnalare il secondo calo consecutivo dell’indice dei prezzi nell’eurozona e in Italia, è altrettanto vero che la persistenza dell’inflazione potrebbe essere elevata per buona parte del 2023. Nonostante il quadro in chiaroscuro, gli investitori hanno continuato il rally d’inizio anno, sia sull’azionario sia sui titoli di Stato, con il rendimento dei Btp a dieci anni a quota 4,29%, meno 19 punti base rispetto al giorno precedente.

In una settimana avara di spunti per cavalcare, ci ha pensato Parigi a fornire un motivo per proseguire con gli acquisti in Borsa. E potrebbero arrivare anche sorprese dall’inflazione per l’area euro, attesa al 10%, con un calo di un decimale rispetto al mese precedente, e per l’Italia, che dovrebbe attestarsi all’11,6%, con una flessione dello 0,2% rispetto a un mese prima.

A sorpresa, dopo Germania e Spagna, anche la Francia ha registrato un rallentamento delle fiammate dei prezzi. Secondo l’istituto nazionale di statistica l’indice dei prezzi al consumo è salito a dicembre, anno su anno, del 5,9% contro il +6,2% di novembre. Le attese del mercato erano per un +6,4 per cento. A causare il rallentamento, spiega l’Insee, è stato il calo dei prezzi dell’energia e «in misura minore, dei servizi».

Fattore positivo, visto che il combinato disposto di un inverno più mite del previsto, del price cap a livello Ue, e del calo dei consumi su base europea stanno producendo un’apparente sicurezza energetica tale da spingere al ribasso il prezzo del metano, che ha chiuso a 64 euro per MWh, ai minimi dal 2021 e del greggio, con sia il Wti statunitense sia il Brent europeo in decisa contrazione sui listini. Inoltre, i buoni dati degli indici Pmi, raccolti da S&P Global, indicano che la recessione sarà meno severa del previsto nell’area euro, anche se le incognite geopolitiche sono svariate e impediscono di fare calcoli di lungo periodo in modo puntuale e preciso, come rimarcato dalla banca americana Wells Fargo.

Tanto è bastato per alimentare l’idea che la Bce decida di rallentare il processo di normalizzazione della politica monetaria. Piazza Affari ha guadagnato l’1,74%, ma a indossare la maglia rosa continentale è però stato il Cac 40 di Parigi, che ha guadagnato il 2,3%, seguito dal Dax 30 di Francoforte con +2,16 per cento. «È molto complicato che Francoforte decida di fare una retromarcia così significativa», spiegano dalla banca transalpina Société Générale.

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Ricostruzione, Aifa, Tesoro: lo spoils system del governo

giovedì, Gennaio 5th, 2023

Antonio Bravetti Luca Monticelli

Dopo Giovanni Legnini, Nicola Magrini. Il governo Meloni applica lo spoils system: lunedì ha rimosso il commissario per la ricostruzione delle aree colpite dal terremoto, sostituito con Guido Castelli. Ieri è toccato al direttore generale dell’Aifa, in carica dal marzo 2020, in piena pandemia. Insorge il Pd, che non gradisce la rimozione di Magrini: «Una scelta di discontinuità grave e sbagliata – dice Enrico Letta – un segnale pericoloso e preoccupante». E non è finita qui. Nel mirino dell’esecutivo di centrodestra ci sono ora altri ruoli apicali, a partire da Alessandro Rivera, direttore generale del Tesoro. Sono in bilico Biagio Mazzotta, ragioniere generale dello Stato, ed Ernesto Maria Ruffini, numero uno dell’Agenzia delle entrate, che però nelle ultime ore vede salire le possibilità di restare al suo posto.

Il 24 gennaio scadono i 90 giorni dello spoils system, che assegna al vincitore delle elezioni il diritto di nominare funzionari di propria fiducia a capo degli uffici dell’amministrazione pubblica. Si tratta solo dell’antipasto, il menu prevede – dalla primavera in poi – il rinnovo dei cda di molte società pubbliche.

Ieri il direttore generale dell’Agenzia italiana del farmaco ha ricevuto una lettera dal ministro della Salute Orazio Schillaci: mandato concluso, Magrini proseguirà nel suo attuale incarico per la gestione ordinaria fino al 23 gennaio. Per sostituirlo il ministero punterebbe a una soluzione “interna” all’Aifa, come il presidente Giorgio Palù. Circola anche il nome di Patrizia Popoli, presidente della commissione tecnico-scientifica di Aifa e direttrice del Centro nazionale ricerca e valutazione dei farmaci dell’Iss. Non è escluso l’arrivo di un super tecnico, un docente universitario specializzato in Farmacologia.

Intanto, non si placano le polemiche per la rimozione di Legnini, il centrodestra però tiene il punto: «Il Pd ha la faccia di bronzo», sostiene il capogruppo di FdI a Montecitorio Tommaso Foti, mentre Giorgio Mulè, vice presidente della Camera in quota Forza Italia, attacca: «Il governo ha il dovere di scegliere persone capaci nei ruoli più diversi. Lo avesse fatto anche la sinistra non avremmo da avvicendare personalità scelte molto spesso solo con il criterio dell’appartenenza politica e non in base al merito».

Tra gli incarichi in ballo, quello del direttore generale del Tesoro è un ruolo fondamentale. Il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti finora ha difeso Alessandro Rivera, ma le spinte che arrivano da Fratelli d’Italia e da Palazzo Chigi per cambiarlo sono fortissime. Non solo la premier Giorgia Meloni gli imputa di aver gestito male la vicenda del Monte dei Paschi di Siena – «pessima» è l’aggettivo usato dalla presidente del Consiglio alla conferenza stampa di fine anno – ma Rivera è stato accusato dalla maggioranza pure per i ritardi sulla manovra. In prima fila per la successione c’è Antonino Turicchi, ora alla presidenza di Ita. Un altro funzionario apicale che rischia di pagare per le polemiche sulla legge di bilancio è Biagio Mazzotta, il ragioniere generale dello Stato. Quando la manovra tornò in commissione per correggere i 44 errori segnalati dalla Ragioneria, Foti di Fratelli d’Italia intervenne in aula attaccando i vertici del Mef: «Prenderemo provvedimenti».

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Ratzinger seppellito al posto di Giovanni Paolo II, l’allestimento della tomba di Benedetto XVI nelle Grotte Vaticane

giovedì, Gennaio 5th, 2023

Gli operai preparano la tomba dove verrà seppellito il papa emerito Benedetto XVI dopo i funerali. Ratzinger sarà sepolto al posto di Giovanni Paolo II nelle Grotte Vaticane, una cripta situata sotto la basilica e contenente più di 90 tombe di papi. Il corpo del suo predecessore è stato trasferito nella parte principale della basilica in occasione della sua beatificazione nel 2011. Giovanni Paolo II è stato fatto santo nel 2014.

LA STAMPA

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“Vietato criticare la Bce”, crocifissione per Crosetto: la carica degli anti-italiani

giovedì, Gennaio 5th, 2023

Carlantonio Solimene

«Demenziale e pericolosa». Con queste parole il leader di Azione! Carlo Calenda ha bollato l’intervista a Repubblica nella quale Guido Crosetto, ministro della Difesa, ha messo in dubbio l’efficacia delle misure adottate dalla Bce per contrastare la spirale dell’inflazione. E cioè la corsa continua ad alzare i tassi d’interesse e il taglio del programma di acquisto dei titoli di Stato dei Paesi con lo spread più alto. Alle critiche di Calenda si sono rapidamente allineati il Pd con Ricci, Italia viva con Marattin, Più Europa con Della Vedova. Una levata di scudi che ha provocato un’ulteriore presa di posizione di Crosetto: «Criticano senza aver letto la mia intervista. E comunque sarebbe interessante che i grandi esperti che perdono tempo a commentare le mie interviste, aprissero anche in Italia una riflessione su ciò di cui Blanchard e Krugman stanno dibattendo da tempo, in merito agli strumenti per affrontare l’inflazione». Già, perché l’intervista incriminata è arrivata all’indomani di una analisi degli economisti del Financial Times, secondo i quali Roma sarebbe la più esposta – a causa del debito pubblico – nel caso in cui Francoforte continuasse nella corsa forsennata ad alzare i tassi. Opinioni che, per ammissione comune, più che un alert al governo italiano rappresentano una tirata d’orecchie proprio alla Lagarde, che ha deciso di affrontare un’inflazione anomala (dovuta al rialzo dei prezzi dell’energia e non a un eccesso di domanda) con strumenti tradizionali.

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Roma, Stazione Termini sotto assedio: è il nuovo ghetto tra tendopoli, bivacchi e degrado

giovedì, Gennaio 5th, 2023

Susanna Novelli

La brutale aggressione, avvenuta la sera del 31 dicembre alla Stazione Termini ai danni di una giovane turista israeliana da parte di uno sbandato ha avuto l’effetto di una doccia fredda sulle istituzioni, locali e nazionali, sullo stato di degrado sociale in cui versa l’intero quartiere della Stazione Termini, ovvero l’Esquilino. Tra i primi effetti quello del rafforzamento dei controlli intorno allo scalo nella fascia oraria ritenuta più critica, quella che va dalle 20 alle 24. Una disposizione che si affianca alle quotidiane operazioni interforze già disposte dall’ex prefetto Matteo Piantedosi per arginare la micro criminalità della zona. Ma non basta. Ne è convinto anche il neo successore del ministro a Palazzo Valentini, Bruno Frattasi, che già nelle scorse settimane aveva posto la questione al tavolo con il Campidoglio. Una questione che non ha nulla a che vedere con un presunto “sgombero” dei senza tetto, piuttosto di una diversa, e migliore, organizzazione dei servizi di accoglienza che oggi sono concentrati in un unico, ristretto quadrante. Basti pensare che alla mensa serale della Caritas di via Marsala si aggiungono ad appena un chilometro quella pomeridiana in via Paolina, a 1,4 chilometri le docce e la colazione servita a San Martino ai Monti e a circa 2 chilometri scarsi la mensa diurna di via delle Sette Sale, adiacente a uno degli ingressi del parco di Colle Oppio e a poche centinaia di metri da San Pietro in Vincoli. Non sorprende dunque che, tutto intorno, sia un enorme bivacco a cielo aperto, da viale Pretoriano – dove addirittura è stata montata una tendopoli – fino al Colosseo, dove decine di senza fissa dimora si intrattengono tra un pasto e l’altro. La proposta ribadita ieri dal prefetto Frattasi è chiara ed è quella di esaminare «la possibilità di incrementare la ricettività, nelle ore serali e notturne, delle persone senza fissa dimora, utilizzando strutture ubicate anche in zone diverse della città. Tale inziativa – conclude il prefetto in una nota – potrà garantire condizioni migliori delle zone adiacenti alla Stazione Termini sia sotto il profilo del degrado urbano che della sicurezza personale». Una proposta caldeggiata da Fratelli d’Italia che da anni denuncia il crescente degrado che dall’Esquilino si sta allargando anche al rione Monti e al quartiere universitario, quest’ultimo già interessato dalle baroccopoli della Stazione Tiburtina. «Il sindaco di Roma non può risolvere il problema dei senza fissa dimora scaricando sui residenti dell’Esquilino tutto il peso sociale di questo dramma – ha commentato il vicepresidente della Camera dei deputati Fabio Rampelli (FdI) – sono certo che il ministro Piantedosi, da me sensibilizzato nel corso di diversi incontri su questo problema quando era prefetto di Roma, saprà incrementare il controllo per aumentare la sicurezza, garantire il decoro e la dignità. Il nuovo prefetto Bruno Frattasi a sua volta proseguirà l’intenso lavoro del suo predecessore inducendo il sindaco Gualtieri a retrocedere dalla sua intenzione. I senza fissa dimora, aumentati a dismisura in questi anni, devono essere sistemati in sedi adeguate purché dislocate in tutto il Comune in piccoli insediamenti, liberando l’Esquilino, rione umbertino a vocazione turistica, cerniera tra il centro storico e la stazione ferroviaria, da un destino improprio, quello di diventare un hub dell’accoglienza». E in effetti dal Campidoglio non arrivano segnali rassicuranti.

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Fondo salva Stati: un’idea sul debito europeo

giovedì, Gennaio 5th, 2023

di Francesco Giavazzi

Un’istituzione creata per emettere debito europeo comune col quale assistere Paesi dell’Unione che si trovino in difficoltà. Le modifiche proposte sono già state approvate da 18 Stati su 19 membri: manca solo l’Italia

Il Parlamento deve decidere se approvare le modifiche al trattato che dieci anni fa istituì il Meccanismo europeo di stabilità, il cosiddetto «Fondo salva Stati», un’istituzione creata per emettere debito europeo comune col quale assistere Paesi dell’Unione che si trovino in difficoltà. Le modifiche proposte sono già state approvate da 18 Stati su 19 membri: manca solo l’Italia.

Finora il fondo è stato utilizzato raramente e solo ai suoi inizi, per aiutare Spagna, Grecia e Portogallo. Da allora i governi sono sempre stati riluttanti a farvi ricorso. Non solo perché per accedere a questo finanziamento un Paese deve accettare «condizionalità», cioè un controllo esterno sui propri conti pubblici, ma soprattutto perché chiedere aiuto al Fondo significa ammettere che quel Paese non riesce più a finanziarsi sul mercato: un segnale di debolezza che potrebbe scatenare la speculazione.

Il nuovo trattato fa un piccolo passo avanti consentendo di usare le risorse del Fondo per arginare una crisi bancaria: è un passo verso l’unione bancaria europea, ma non risolutivo. Un fondo come questo, con risorse ampie ma non illimitate, non può arginare una crisi bancaria. Per fermarla è necessario che lo Stato, o un suo fondo, siano disposti a impiegare risorse illimitate (whatever it takes). Se le risorse sono limitate sarà la speculazione ad avere la meglio. In conclusione, questa riforma del Fondo è un piccolo avanzamento nella giusta direzione, ma è probabile che i governi continueranno a non usarlo.

Nella conferenza stampa di fine anno Giorgia Meloni non si è detta contraria alla ratifica — che peraltro spetta al Parlamento, non al Governo —, ma dubbiosa sulla sua utilità. «Piuttosto che ratificare una riforma che in ogni caso, temo, manterrà quelle risorse bloccate, vorrei lavorare su qualcosa di diverso, che possa essere vagamente utilizzabile dai Paesi che ne fanno parte. Quindi con condizionalità diverse e minori. E magari anche con obiettivi un po’ più centrati rispetto alle attuali priorità».

Ha certamente ragione, ma chiedere minore condizionalità è una strada pericolosa che ci porterebbe ad uno scontro con i Paesi del rigore, dal quale usciremmo perdenti. Anziché arrivare per ultimi e approvare le modifiche del trattato dicendo che però non servono a nulla, il governo italiano potrebbe intraprendere un’altra strada. Nel momento in cui il Parlamento ratifica il trattato, dovrebbe mettersi al centro della discussione europea facendo una proposta che risolverebbe un problema oggi centrale nell’unione monetaria.

Non è un’idea nuova: fu scritta un anno fa in un documento italo-francese (scritto da Charles Weymuller, consigliere economico dell’Eliseo, Veronica Guerrieri, Guido Lorenzoni, Leonardo D’amico ed io) e illustrato da Draghi e Macron in un articolo sulFinancial Timesdel 24 dicembre 2022.

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Perché le parole di monsignor Georg su Ratzinger danno inizio alla «fase due» del papato di Francesco

giovedì, Gennaio 5th, 2023

di Massimo Franco

Monsignor Ganswein, che ha rivelato il dolore di Benedetto per le decisioni di Francesco sulla messa in latino, era già finito al centro dello scontro tra i tradizionalisti e i bergogliani. Oggi la storia rischia di ripetersi: e l’ala più distante dal Papa, priva del «freno» rappresentato da Ratzinger, sembra pronta a esplicitare le sue critiche

Perché le parole di monsignor Georg su Ratzinger danno inizio alla «fase due» del papato di Francesco

L’inizio della fase due del papato di Francesco è stata marcata dal secondo inquilino del Monastero dove viveva Benedetto XVI: il prefetto della Casa pontificia, monsignor Georg Gänswein.

In un’intervista al giornale tedesco Die Tagespost, l’uomo più vicino da sempre a Joseph Ratzinger parla di «punto di svolta» nei rapporti con Jorge Mario Bergoglio nel 2021: l’anno in cui da Casa Santa Marta, residenza di Francesco, arrivò la decisione di scoraggiare la celebrazione della Messa in latino.

Papa Benedetto lo lesse «con il dolore del cuore», ha raccontato Gaenswein, che è stato con lui fino all’ultimo; e che in questi giorni ha vegliato la salma esposta nella basilica di San Pietro, commosso e con l’aria provata, accompagnando i visitatori illustri.

La sua può essere stata la rivelazione di un episodio che aveva colpito particolarmente Ratzinger; e che non nasconde nessuna intenzione di creare polemiche sui rapporti tra i cosiddetti «due papi».

Ma Die Tagespost è lo stesso giornale, considerato vicino all’Opus Dei e pubblicato a Wurzburg, che il 5 febbraio del 2020 rivelò la rimozione di «don Georg» dal suo incarico.

Scrisse che il papa gli aveva ordinato di non sedere più alla sua destra nelle udienze pubbliche; di non andare nemmeno in ufficio e di assistere soltanto Benedetto al Monastero. Era stato l’epilogo di un sordo conflitto tra i tradizionalisti cattolici che cercavano di strattonare il papa emerito perché criticasse di più Francesco, e la cerchia della «corte parallela» di Casa Santa Marta.

Gänswein, stretto sempre più nella gabbia di una doppia fedeltà, alla fine era diventato il capro espiatorio dello scontro.

Pretesto scelto per metterlo da parte: il pasticcio editoriale di un libro del cardinale conservatore Robert Sarah, che sembrava avesse scritto insieme con Ratzinger. Benedetto, invece, aveva soltanto autorizzato la pubblicazione di un suo breve saggio sul «no» al sacerdozio degli uomini sposati. Ma l’operazione editoriale, condotta maldestramente, aveva aumentato la tensione già latente tra i cerchi magici dei «due papi»: fino al cortocircuito che aveva portato a sacrificare «don Georg».

La cosa singolare è che la sua scomparsa accanto a Bergoglio dal 15 gennaio del 2020 non è mai stata mai annunciata dal Vaticano. Per tre anni nessun comunicato ufficiale. Nessuna motivazione, tranne quella un po’ goffa secondo la quale non c’era stata «nessuna sospensione»: solo «un’ordinaria redistribuzione dei vari impegni e funzioni» del Prefetto della casa pontificia, spiegò imbarazzato il portavoce vaticano Matteo Bruni.

Ma quella scomparsa dalla scena pubblica, sostituito dal suo vice monsignor Leonardo Sapienza, è stato il primo indizio di una continuità interrotta, e di un’armonia incrinata.

E ora che Benedetto è morto, ci si chiede se stia per cominciare una stagione di confronto più aspro tra i vari settori della Chiesa; di critiche aperte nei confronti di alcune scelte del pontefice argentino; e di resa dei conti finale con «don Georg», magari usando anche la sua ultima intervista al quotidiano tedesco.

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Benedetto XVI, i funerali di papa Ratzinger in diretta | Piazza San Pietro è già piena di fedeli

giovedì, Gennaio 5th, 2023

di Redazione Online

Alle 9.30, i funerali di Ratzinger, «solenni ma sobri»: ultime notizie. Sono attesi oltre 100mila fedeli

Benedetto XVI, i funerali di papa Ratzinger in diretta | Piazza San Pietro è già piena di fedeli

• Alle 9.30 iniziano i funerali di Benedetto XVI.
• In Vaticano sono attesi oltre 100mila fedeli, al rito presenzieranno 3.700 sacerdoti.
• Rispetto al protocollo tradizionale, ci saranno alcune variazioni: per esempio non è prevista la processione dal Palazzo Apostolico né un conclave.
• Per Papa Francesco inizia ora la «fase due» del Pontificato.

Ore 08:31 – Tra poco comincia il trasporto del feretro, rosario alle 8:45

(di Fabrizio Roncone) Dal portone della basilica ha fatto capolino il cardinale decano Giovanni Battista Re, che celebrerà la messa funebre (Papa Francesco terrà solo l’omelia e i riti di commiato finali): sul sagrato, ai lati dell’altare, nei posti riservati, affluiscono le delegazioni straniere, autorità politiche (Pier Ferdinando Casini accolto come un cardinale emerito), gli ultimi rappresentanti della nobiltà papalina romana. Con Battista Re, concelebreranno altri 120 cardinali, 400 vescovi, 3700 sacerdoti. Due chierichetti portano l’ultimo enorme candelabro. Non ci sono fiori. Dagli altoparlanti, i canti sacri del coro della Sistina. Tra pochi minuti comincerà il trasporto del feretro del Papa emerito, che giungerà così sul sagrato. Alle 8:45, è previsto l’inizio del rosario che precede la cerimonia funebre.

Ore 08:29 – Alemanno: «Sono venuto a salutare un Santo»

«Sono venuto a salutare un Papa che sentivo amico quando lo incontravo da Sindaco e che oggi percepisco già come un Santo». Sono le parole di Gianni Alemanno, ex sindaco di Roma e portavoce del comitato «Fermare la Guerra», all’Agi mentre entra in una piazza San Pietro già piena di fedeli per i funerali.

Ore 08:21 – Nebbia a Roma, in Vaticano dall’alba. «È stato il Papa della mia infanzia»

(di Ester Palma) Il giorno dei solenni funerali di Benedetto XVI Roma si sveglia sotto una fitta nebbia. Ma il popolo di papa Ratzinger è lì, molti da prima dell’alba: «È stato il Papa della mia infanzia, mia nonna me lo faceva vedere sempre in tv. Ora lei non c’è più e io sono qui anche per lei», racconta Martina Chiari, 22 anni, partita da Firenze apposta con due amiche.

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(Ap)

Ore 08:09 – La Russa ha l’influenza, per il Senato ci sarà Gasparri

A causa di un «leggero stato influenzale» il Presidente del Senato Ignazio La Russa «non parteciperà ai funerali di Papa Benedetto XVI. Il Senato sarà rappresentato dal vicepresidente Maurizio Gasparri». Lo comunica la presidenza del Senato.

Ore 07:47 – Piazza San Pietro inizia a riempirsi di fedeli

(di Fabrizio Roncone) Il colpo d’occhio su piazza San Pietro, che inizia a riempirsi sotto un cielo basso, nebbioso, nelle luci giallognole dei lampioni: folla di fedeli, suore che recitano il rosario, colf straniere, preti, turisti in vacanza che si sono ritrovati dentro un evento mondiale, boy-scout, crocerossine in divisa. Transenne, metal-detector, spaventoso spiegamento di polizia e carabinieri, i cecchini già appostati sul colonnato del Bernini. E poi: ecco i cardinali che sfilano diretti all’interno della Basilica insieme a donne vestite di nero, con cappelli neri come le veline. Guardie svizzere in alta uniforme. L’altare, laggiù, sul sagrato dove, alle 9, giungerà il feretro del Papa emerito Benedetto XVI.

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(Ap)

Ore 07:50 – Un pezzo di Baviera a San Pietro: la banda con strumenti e vessilli

(di Paolo Conti) Ore 7, via delle Fornaci (che collega a san Pietro l’area di villa Pamphilj e del quartiere Gianicolense) diventa un pezzo di Baviera. Tre pullman fanno sbarcare un gruppo compatto di componenti di una banda musicale con vessilli bianco/celesti (il vessillo della Baviera), i caratteristici cappelli piumati, le giubbe di pelle per gli uomini e le gonne ampie e fiorate per le donne. Si mettono in fila e ricevono ordini secchi, di sapore militare. I romani che abitano lì si affacciano incuriositi, a Roma si vede di tutto ma questo è uno spettacolo insolito. Poi un grido e la banda parte con gli ottoni in prima fila. Però anche loro devono superare i controlli di sicurezza. Tromboni e pifferi inclusi.

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(Ap)

Ore 07:47 – Il libro di padre Georg sulla vita di Ratzinger: il racconto dell’ultimo giorno del pontificato

(di padre Georg Gänswein) L’ultimo giorno del pontificato l’ho vissuto quasi in apnea. Al mattino, nella sala Clementina, ci fu l’incontro di Benedetto con i cardinali presenti a Roma. Era stato un suo vivo desiderio poter dare loro un saluto di congedo collettivo e la scelta di prorogare al 28 febbraio la permanenza sulla Cattedra di Pietro aveva tenuto conto anche della necessità di consentire ai più lontani il tempo per sistemare le cose in diocesi prima di raggiungere Roma. «Per me è stata una gioia camminare con voi in questi anni, nella luce della presenza del Signore risorto. La vostra vicinanza e il vostro consiglio mi sono stati di grande aiuto nel mio ministero», furono le grate parole pronunciate da Papa Ratzinger. […]

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