Archive for Gennaio 23rd, 2023

Chi decide le sorti del nostro futuro? Foa, Tremonti e Caracciolo raccontano la crisi della globalizzazione

lunedì, Gennaio 23rd, 2023

Andrea Muratore

Quali forze guidano, oggi, l’ordine globale? Chi sono i potentati di riferimento e che ruolo hanno sfere come la politica e l’informazione per condizionarli? Questi i temi al centro dell’incontro Chi decide le sorti del nostro futuro? – Globalizzazione, guerra e il ruolo dei media, organizzato da IlGiornale.it e InsideOver nella giornata del 10 febbraio.

Sede dell’incontro sarà la prestigiosa cornice del Palazzo delle Stelline, situato nel cuore di Milano in Corso Magenta. Qui, nel Salone Leonardo alle 18, in un evento a accesso libero fino a esaurimento posti, discuteranno di questi temi tre ospiti di eccezione. Sul palco dialogheranno Lucio Caracciolo, direttore della rivista italiana di geopolitica Limes e attento studioso delle dinamiche di potere globali, che nel recente saggio La pace è finita ha presentato la sua visione sul caos globale scatenato dall’invasione russa dell’Ucraina e dalla competizione con l’Occidente; Marcello Foa, giornalista e docente universitario, presidente della Rai dal 2018 al 2021, che nel suo ultimo libro Il sistema (in)visibile ha parlato di tecniche di manipolazione e condizonamento mediatico e del loro legame con l’effettività della nostra democrazia; Giulio Tremonti, per tre volte Ministro dell’Economia e delle Finanze e oggigiorno Presidente della Commissione Esteri della Camera dei Deputati, da tempo attento studioso delle crisi della globalizzazione, come studiato nel suo ultimo libro Globalizzazione. Le piaghe e la cura possibili. A moderare l’incontro sarà invece Andrea Indini, caporedattore de IlGiornale.it.

L’incontro sarà l’occasione per vedere confrontarsi tra loro le opinioni e le visioni di tre esperti di spicco che studiano attentamente la complessità del sistema globale. Oggi giunto a un punto critico, soprattutto per l’Occidente, che si trova in crisi interna sul fronte economico e sociale, segnato da disuguaglianze e problemi strutturali di fiducia nella democrazia, e sfidato sul fronte internazionale dall’ascesa di potenze esterne che ne contestano la leadership. Di fronte ai macro-trend e ai grandi cambiamenti globali, di fronte alle sfide poste nell’ultimo ventennio da una serie di crisi (tempeste finanziarie, insorgenza terroristica, pandemia, crisi ambientale, rivalità geopolitiche) sono cambiati molto anche gli assetti di potere e sono emerse forze, spesso slegate dai controlli democratici, che possono condizionare autonomamente l’ordine globale. Dall’impatto delle nuove tecnologie a quello del sistema economico-finanziario, la fase di crisi della globalizzazione si è sommata a un riassetto dei poteri dell’economia. Sullo sfondo, la sempre più critica crisi ambientale aggiunge elementi di complessità che non possono essere sottovalutati.

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Sondaggio sulle primarie Pd, crollo dopo il confronto tv: chi è fuori dai giochi

lunedì, Gennaio 23rd, 2023

Ci si avvicina alla data del 26 febbraio, giorno delle primo stop delle primarie del Pd. Il dato che emerge dal sondaggio presentato da Fabrizio Masia ad Agorà, su Rai3, lunedì 23 gennaio fa emergere che l’elettorato dem si stringe sui candidati ritenuti più forti. Aumentano così le probabilità che al ballottaggio finale che deciderà il nuovo segretario del Partito democratico ci saranno Stefano Bonaccini e Elly Schlein. 

Ma andiamo a vedere dati e tendenze del sondaggio Emg-Different limitato agli elettori del Pd. Il governatore della Regione Emilia-Romagna guadagna dal 16 gennaio, data dell’ultima rilevazione, il tre per cento e si attesta al 44. Cresce anche la sua vice che guadagna però solo un punto e si attesta al 23 per cento. Dopo di loro, il diluvio… Perdono terreno infatti gli altri candidati. Paola De Micheli cala dello 0,1 e scende al 9 per cento, Gianni Cuperlo perde due punti e si attesta al 7. Il 14 per cento degli intervistati non risponde. Ormai, è una corsa a due. 

Il sondaggio arriva dopo il primo confronto tv tra i quattro candidati alla segreteria dem. Bonaccini, Cuperlo, De Micheli e Schlein sono intervenuti a ’Mezz’ora in più’, ospiti di Lucia Annunziata. Nessuno ha rispolverato termini come “rottamazione” o “lanciafiamme”, cari alla stagione renziana, ma tutti si sono impegnati per un cambio di rotta netto nella scelta dei protagonisti che siederanno nella stanza dei bottoni dal 26 febbraio in poi.  Insomma, la classe dirigente dem va cambiata alla radice. 

IL TEMPO

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Sondaggio Masia, cosa dicono i dati su FdI e Pd. La stoccata alla sinistra

lunedì, Gennaio 23rd, 2023

Le fibrillazioni nella maggioranza e lo scontro sul caro-vita e sulle accise influenzano i risultati degli ultimi sondaggi politici, ma ci vuole “onestà intellettuale” nel valutare i dati più recenti, afferma Fabrizio Masia di Emg-Different nel corso della puntata di lunedì 23 gennaio di Agorà, su Ra3. L’ultimo sondaggio di Masia riporta che il partito della premier Giorgia Meloni è ancora in calo. Fratelli d’Italia fa registrare un -0,4 per cento e si attesta al 27,8. Il secondo partito del panorama è sempre il Movimento 5 stelle di Giuseppe Conte che guadagna due decimali e sale al 17,6 per cento. Si avvicina il Pd che cresce dello 0,3 e si attesta al 14,4.  Perdono due decimi la Lega (8,8 per cento) e l’alleanza Azione-Italia viva (8,2), stabile Forza Italia al 7 per cento. Torna a crescere (+0,3 per cento) dopo il caso Soumahoro l’alleanza Sinistra-Verdi: 3,8 per cento, sotto il 2,5 pe cento tutti gli altri partiti,  Come leggere questi dati?

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Anziani, i dimenticati della sanità

lunedì, Gennaio 23rd, 2023

Paolo Russo

La popolazione italiana invecchia facendo aumentare le persone non autosufficienti, che sono già 2,9 milioni, destinate quasi a raddoppiare da qui al 2030, quando si stima diventeranno 5 milioni, su 20 milioni di over 65. Ma per 97 di loro ogni cento l’assistenza domiciliare integrata, l’Adi come si chiama in gergo, resta un miraggio, perché in media solo il 3% riesce a ottenere che un infermiere, magari ogni tanto anche un riabilitatore e un medico, si affaccino periodicamente a casa per impedire il formarsi delle piaghe da decubito o magari per rimettere in piedi chi ancora può farcela. Un diritto che diventa privilegio di pochi, pochissimi quando si parla di Calabria, dove solo l’1,2% di anziani è assistito a domicilio, o di Alto Adige (0,6%) o della piccola Valle d’Aosta (0,2%), mentre la Sardegna di privilegiati non ne ha per il semplice fatto che l’Adi non viene erogata a un sardo che sia uno. Va un po’ meglio in Sicilia (4,4%) o in Molise, che con il 5,1% è in cima alla classifica. Un quadro che nel tempo potrebbe essere anche peggiorato, perché gli ultimi dati disponibili sono del 2019, risalenti all’era pre Covid.

Una recente indagine dell’Osservatorio malattie rare – perché anche chi ne soffre ha a volte necessità di essere assistito a casa – ha rilevato che nel 60% dei casi le prestazioni sono molto diminuite e in un altro 8% si è comunque avuta una riduzione delle ore erogate. Insomma in 7 casi su dieci si è persino andati indietro anziché avanti. Secondo un sondaggio della Confad, il Coordinamento nazionale delle famiglie con disabilità, durante la pandemia il 65% degli intervistati ha dichiarato di non aver avuto nessun contatto con i centri di riferimento, con la drammatica conseguenza che non è stato attivato nessun servizio (fisioterapia, logopedia, infermiere, operatore sociosanitario, educatore). Nel 74% dei casi non c’è stata nemmeno un’offerta di assistenza da remoto e i servizi sul territorio hanno evidenziato uno stato di carenza tale per cui nell’80% dei casi i servizi non erano previsti oppure, se attivi, sono stati interrotti. Parallelamente, è stato inevitabile riscontrare un aumento del carico di assistenza da parte del caregiver familiare, al punto che, nella fase iniziale della pandemia, l’86% di loro ha dichiarato di aver subito un danno fisico-emotivo.

Un problema per chi ha bisogno di assistenza e un costo maggiore per le casse dello Stato, «visto che dove si fa meno Adi aumentano i ricoveri», fa notare Salvatore Pisani, epidemiologo e direttore del centro studi Fismu, sindacato dei medici territoriali. «E quando si leggono quelle percentuali risibili sugli anziani che hanno accesso all’Adi bisogna considerare che il problema è ancora più grave al Sud, dove – continua Pisani – sia per ragioni culturali sia per le difficoltà a sostenere le spese della retta in Rsa, molti anziani non autosufficienti vengono assistiti in casa, con grande sacrificio dei familiari».

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Baiardo rivela a ‘Non è l’Arena’: “Matteo Messina Denaro non ne ha per molto”

lunedì, Gennaio 23rd, 2023

“Matteo Messina Denaro non ne ha per molto”, lo ha detto Salvatore Baiardo, a Non è l’Arena su La7. “Penso non ne abbia per molto, altrimenti non succedeva quanto è successo, almeno questo presumo”. L’uomo che aveva gestito la latitanza dei fratelli Graviano, durante lo speciale della stessa trasmissione intitolato “Fantasmi di Mafia”, andato in onda nel mese di novembre 2022, aveva profetizzato la cattura del boss. In un altro passaggio dell’intervista, lo stesso Baiardo ha detto che la sua fonte sullo stato di malattia di Messina Denaro “arriva dall’ambito palermitano, e non dai Graviano”.

LA STAMPA

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Caso Nordio, la premier Meloni teme l’asse con Renzi. Il Guardasigilli: c’è chi mi rema contro

lunedì, Gennaio 23rd, 2023

Ilario Lombardo

D’all’inviato in Algeria. Giorgia Meloni sta per prendere un aereo che la porta in Algeria. È ora di pranzo, nel dossier che le hanno preparato i diplomatici c’è tutto quello che deve sapere sul gas e sul piano per rendere l’Italia un hub energetico nel Mediterraneo e per tutta l’Europa, sugli accordi tra Eni e il colosso locale Sonatrach, sulle altre intese commerciali, sui bilaterali con il primo ministro e con il presidente algerino. Eppure è altrove che si sposta la sua attenzione. La maggioranza rischia di finire a pezzi sulla giustizia. I primi segnali sono preoccupanti. Il ministro Carlo Nordio è furibondo: si sente abbandonato dal partito che lo ha candidato, dalla leader che lo ha fortemente voluto nelle sue liste con la promessa di destinarlo al ruolo di Guardasigilli.

La settimana che è iniziata con la gioia per l’arresto del capo dei capi di Cosa Nostra Matteo Messina Denaro non poteva finire peggio. Le dichiarazioni di Nordio sulla magistratura e sull’antimafia hanno lasciato ferite. La coalizione di governo sbanda per tre giorni e solo ieri a Meloni diventa chiaro che la situazione può sfuggirle di mano. La lettura dei giornali che raccontano la solitudine di Nordio e le contraddizioni nella maggioranza le rendono poco piacevole la mattinata. E la nota che Palazzo Chigi pubblica prima di partire per Algeri racconta proprio di questa ansia.

In realtà, Meloni sa bene cosa è successo. Sa bene che ci sono due anime militarizzate nella destra, inconciliabili tra di loro, una meno e una più attenta alle ragioni dei magistrati. Troppe voci differenti, senza un coordinamento e una linea chiara. Bisogna fare ordine. Fissare un cronoprogramma, che la presidente del Consiglio ha intenzione di discutere in settimana con il ministro della Giustizia. Anche perché su questo tema rischia di aprirsi una faglia che può spezzare i confini interni ed esterni della maggioranza. Il Terzo Polo di Matteo Renzi e Carlo Calenda non ha mai nascosto le simpatie per Nordio, e l’asse potrebbe favorire anche i berlusconiani più insoddisfatti dagli equilibri del governo. Alla Camera, durante le comunicazioni in Aula, a molti deputati non è sfuggito quell’annuire convinto del ministro mentre il deputato di Azione Enrico Costa illustrava il suo progetto di legge per limitare la pubblicazione delle intercettazioni sui giornali. Non solo. Nel giro massimo di un paio di settimane, la commissione Affari costituzionali dovrebbe calendarizzare l’altra proposta di Costa, sulla separazione delle carriere dei magistrati. Altro capitolo caro a Nordio, su cui è possibile una convergenza con i centristi e con Forza Italia, anche se la discussione sarà lunga e non porterà mai a una legge prima di due-tre anni. «Resta il fatto – spiega Costa – che noi continuiamo a sostenere le linee programmatiche del ministro, note a tutti da sempre e che Meloni conosceva benissimo prima di chiamarlo al governo. Forse è la premier ad aver cambiato idea».

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La Russia ha più uomini, mezzi, risorse: o la Nato entra in campo o Kiev perderà

lunedì, Gennaio 23rd, 2023

LUCIO CARACCIOLO

La guerra in Ucraina avrà una soluzione militare o non ne avrà. Immaginare una soluzione diplomatica è buono e giusto. Lavorarci in segreto, come stanno tentando da mesi emissari russi e americani più qualche mediatore sparso, è necessario per mantenere oggi i contatti e preparare una tregua domani, fors’anche una miracolosa pace dopodomani. Ma il negoziato serio sarà frutto della vittoria di una parte o dell’altra. O dell’esaurimento materiale e spirituale di entrambe.

Il conflitto è ormai esistenziale per i russi come per gli ucraini. Chi perde non perde una guerra ma la patria. Come minimo, ne riduce formato, benessere e prestigio a dimensioni inconcepibili prima del 24 febbraio scorso. Dunque inaccettabili dai rispettivi popoli e regimi. Quanto ai decisori di ultima istanza, Putin e Zelensky, un passo indietro e sono finiti.

Vittoria o sconfitta non si misurano nei metri quadri conquistati o persi nel lungo fronte ucraino. La guerra è di taglia mondiale. Perché vi si scontrano sempre meno indirettamente Russia e America. E perché la Cina, partner insofferente e disilluso di Mosca, entra nell’equazione principale – lo scontro con gli americani per il primato mondiale – ed è trattata come tale da Washington, che non considera vitale il fronte ucraino. Siccome gli europei non sono attrezzati alla guerra né i cinesi vogliono entrarvi per i begli occhi dei russi, i gestori di questa carneficina apparentemente interminabile sono Mosca, Washington e Kiev. Tradotto: solo gli Stati Uniti sono in grado di imporre la fine della guerra.

Tre possibili vie: ridurre il sostegno militare a Kiev fino a convincere Zelensky dell’impossibilità di vincere, dunque della necessità di compromettersi con Mosca; entrare in guerra per salvare l’Ucraina e distruggere la Russia a rischio di distruggere anche sé stessi; negoziare con i russi un cessate-il-fuoco alle spalle degli ucraini per imporlo agli aggrediti. Scenari molto improbabili (primo e terzo) o semplicemente assurdi (il secondo). Né la Casa Bianca ha fretta di interrompere un duello nel quale la Russia, unico anche se non spontaneo socio del nemico principale, paga ogni giorno un alto prezzo materiale, umano e soprattutto immateriale, perdendo quota nella gerarchia delle potenze.

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Il ritorno (dannoso) dei muri

lunedì, Gennaio 23rd, 2023

di Danilo Taino

Ha iniziato Trump imponendo sanzioni e tariffe, Biden lo segue. Ora la Ue sta reagendo allo stesso modo

L’Occidente ha imboccato una strada che ha ottime possibilità di finire in un vicolo cieco. Improvvisamente convinti che la globalizzazione dell’economia sia finita — mentre non lo è, sta solo cambiando sentieri —, Stati Uniti e Unione europea si stanno chiudendo a fortezza nei rispettivi confini. Con la possibilità che si scontrino tra loro e con la certezza di mettersi contro il resto del mondo: non tanto la Russia e la Cina, che per cercare conflitti non hanno bisogno di stimoli occidentali, ma con Paesi che stanno emergendo in modo potente dal ridisegno delle rotte dell’economia dopo il Covid-19 e dopo l’invasione dell’Ucraina. Perché chiudersi all’India, alla Malaysia, a Taiwan, alle Filippine, alla Thailandia, al Sudafrica, al Messico?

Da Washington a Bruxelles, da Berlino a Parigi passando per Roma, il concetto che sta mettendo radici è «Politica industriale». È il ritorno di un’idea di economia che non era mai scomparsa ma che per tre-quattro decenni — appunto quelli della globalizzazione — è andata via via sbiadendo. Fondamentalmente, i governi americano ed europei intendono riproporre un intervento massiccio degli Stati nella gestione dell’economia: attraverso pacchetti di sussidi con i quali indicano quali settori e quali business devono essere privilegiati e in generale con politiche che puntano a dare una direzione alle scelte delle imprese (e spesso dei cittadini).

In passato, prima degli Anni Ottanta del secolo scorso, questo dirigismo ha forse prodotto qualche risultato, date le grandi quantità di fondi impiegati. Però, ha causato notevoli sprechi di denaro pubblico, allocato non sempre in modo produttivo (l’Italia ne sa qualcosa), e soprattutto ha frenato l’innovazione e la dinamicità delle imprese, attratte più dai finanziamenti di Stato che dal mercato.

Quando le barriere agli scambi sono cadute, quando i capitali hanno preso a muoversi liberamente per finanziare idee e opportunità, quando la tecnologia ha permesso un boom infinito di scambi di informazioni, le politiche industriali e il dirigismo hanno iniziato a declinare. Oggi, però tornano. Il Partito comunista della Cina in realtà non ha mai smesso di guidare l’economia. In Occidente, invece, ha iniziato Donald Trump con il protezionismo, imponendo sanzioni e tariffe, e Joe Biden lo segue con due massicce iniziative: 370 miliardi di dollari di sussidi alle imprese americane per investire soprattutto nelle auto elettriche (ma non solo) e cento miliardi per bloccare l’emergere tecnologico di Pechino. A questo, la Ue sta reagendo: teme che le imprese europee siano allettate dai sussidi di Biden e lascino l’Europa. A sua volta, dunque, si prepara a creare un fondo — o un fondo sovrano, secondo la presidente della Commissione Ursula von der Leyen — per sostenere le aziende del continente e non farle emigrare. Inoltre, la commissaria alla Concorrenza Margrethe Vestager, una liberale, si è detta (moderatamente) favorevole ad addolcire le norme che vietano gli aiuti di Stato — un pilastro del mercato unico — a patto che questi siano europei e non nazionali. In più, la Ue punta a una tassa «climatica» all’ingresso delle merci extra-Ue per prodotti realizzati con eccesso di emissioni serra, misura accusata di essere protezionismo mascherato dal resto del mondo. Parigi e Berlino guidano da tempo la battaglia a favore di questa svolta.

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Gianni Agnelli, le frasi più celebri dell’avvocato

lunedì, Gennaio 23rd, 2023

Un’icona di stile senza tempo che ha fatto la storia del Novecento

CorriereTv

Da “Buscetta ha detto di essere ossessivamente un tifoso della Juventus? Se lo incontrate ditegli che è la sola cosa di cui non potrà pentirsi” fino a “Platini lo abbiamo preso per un tozzo di pane e lui ci ha messo sopra il foie gras”. Sono solo alcune delle frasi più celebri pronunciate da Gianni Agnelli. È stato un imprenditore italiano che ha fatto la storia del Novecento. Nato a Torino il 12 marzo del 1921 e morto il 24 gennaio del 2003 resta un’icona di stile senza tempo. Noto al mondo come l’avvocato è stato per moltissimi anni ai vertici della Fiat e della Juventus.

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I pizzini di Messina Denaro ai suoi uomini: «Io sono qua, anche più di prima»

lunedì, Gennaio 23rd, 2023

di  Giovanni Bianconi, nostro inviato 

L’operazione nel 2020 e il ritorno a Campobello. Nell’ultima indagine le tracce del suo potere

Matteo Messina Denaro, i pizzini del padrino ai suoi uomini. «Io sono qua, anche più di prima»

PALERMO-  Il 4 giugno 2021 Matteo Messina Denaro era stato operato da oltre sei mesi — il 13 novembre 2020 — per un tumore al colon all’ospedale Abele Ajello di Mazara del Vallo, con la falsa identità di Alfonso Bonafede. Dunque il latitante era tornato nella sua terra, di origine e di mafia; andando verosimilmente a vivere a Campobello di Mazara, dove il vero Bonafede aveva affittato la casa di via San Giovanni, in cui il ricercato è rimasto fino a giugno 2022, quando s’è spostato in vicolo San Vito. L’intervento era andato a buon fine, ma tra i mafiosi veri e presunti di Campobello — intercettati dai carabinieri nell’operazione «Hesperia», che a settembre ha portato in carcere 35 indagati, oggi imputati, per mafia e altri reati — c’era chi sosteneva che «iddu» fosse morto.

«Chiedi scusa»

Piero Di Natale, quarantunenne di Castelvetrano, considerato dagli investigatori uno dei principali affiliati del clan guidato Franco Luppino (solo omonimo di Giovanni, l’autista di Messina Denaro arrestato insieme a lui), ne parlava con Marco Buffa, cinquant’anni, inquisito per traffico di droga, concorso in associazione mafiosa e porto illegale di armi. Accusandolo di aver messo in giro quella voce sulla fine del padrino; una bugia e un pericolo per lui, giacché al boss — chiamato Ignazieddu — non faceva piacere. E Buffa negava.
Di Natale: «Vedi che è arrivata la notizia di questo discorso… Non parlare in giro di questo fatto che hai detto tu che è morto… Perché già la notizia gli è arrivata… Che c’è stato qualcuno sta dicendo che Ignazzieddu è morto…Vedi che a quello quando pare che non gli arriva… Perché ha sempre sette-otto persone che lo informano…».
Buffa: «Non accusate a me perché vi vengo ad ammazzare tutti e due là… Io non l’ho detto mai questa cosa… Io a te l’ho detto… Ti ho detto: “Secondo me è così”… Finisce a coltellate… Non diciamo minchiate…». Di Natale rivelava a Buffa di aver parlato di questo incidente con Franco Luppino, consigliandogli di «chiedere scusa», e confermava che Ignazieddu era «vivo e vegeto». Con Buffa che si raccomandava: «Appena ci vai… Glielo dico a lui personalmente… Io non le ho mai dette queste cose… Io ho detto solo “secondo me, per me”, gli ho detto “per me non c’è… È morto… Per me…”».

«È vivo e vegeto»

 Un’opinione e niente più. Che però era pericoloso far circolare nell’ambiente mafioso di Campobello, dove evidentemente il peso del padrino continuava a farsi sentire ed era necessario che nessuno lo mettesse in discussione. Questione di potere. Anche perché, dal resto della conversazione, s’intuisce che Matteo Messina Denaro non solo stava combattendo contro la malattia, ma continuava a dare disposizioni attraverso il suo rappresentante diretto sul territorio: Franco Luppino. Sempre attraverso il sistema dei pizzini, secondo l’interpretazione dei carabinieri che stavano intercettando quella conversazione.. È ancora Di Natale a parlare: «Allora in uno degli ultimi… gli ha detto salutami a Sandrone (persona che gli investigatori non sono ancora riusciti a identificare, ndr) e digli che io sono qua come prima, anzi più di prima… E lui è il suo pensiero… Perché io a questo l’ho messo qua… a questo l’ho messo qua e a questo l’ho messo da questa parte… Tu se hai bisogno ti puoi rivolgere a questo, tu con questo se hai bisogno rivolgiti a questo… Io personalmente stavo svenendo per la serie di nomi che ci sono stati…».

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