Archive for Febbraio 10th, 2023

Foibe, botte, molestie, torture. Le violenze titine dopo la guerra

venerdì, Febbraio 10th, 2023

Fausto Biloslavo

Trieste. Mariti e padri scaraventati nelle foibe, pistolettate, botte, molestie sessuali, carcere, torture ed epurazioni nel nuovo paradiso socialista di Tito. Violenze e soprusi perpetrati dopo la fine della Seconda guerra mondiale, fino gli anni Cinquanta. E denunciati dalle vittime in 909 dichiarazioni giurate davanti ad un notaio a Trieste, dopo la fuga dell’esodo. Una documentazione eccezionale, in gran parte inedita, che fa parte dell’archivio del Cln dell’Istria, il Comitato di liberazione nazionale, composto da antifascisti e democratici, che assisteva i profughi e si opponeva al terrore titino. “C’era la volontà legale di mantenere una memoria certificata di soprusi, violenze, aggressioni subite dalla popolazione istriana dopo la guerra”, spiega Barbara Sabich, l’archivista che custodisce la preziosa documentazione presso l’Irci (Istituto regionale per la cultura istriano-fiumano-dalmata) di Trieste. “Non solo memoria storica, ma la volontà che diventi una prova legittima” spiega Sabich sfogliando con cura i fogli delle denunce battuti a macchina, che emergono dal passato per il giorno del ricordo della tragedia delle foibe e del dramma dell’esodo. Prove firmate di un processo che non si è mai tenuto ai crimini dei “liberatori” sul sangue dei vinti e di tanti italiani che non hanno nulla a che fare con il ventennio fascista, ma spesso vengono additati come “nemici del popolo”. Anzi, all’inizio restano nella Jugoslavia di Tito, come Emilia Smoliani, 23 anni, di Dignano che fugge a Trieste nel luglio del 1948. “Mio fratello Ferdinando di anni 17 al tempo dell’occupazione jugoslava dell’Istria si trovava a Pola e lì rimase quando subentrò l’amministrazione anglo americana” si legge nella dichiarazione giurata. Il fratello trova lavoro come inserviente nel corpo della polizia civile della Venezia Giulia sotto controllo alleato. Il 10 luglio 1947 torna a casa dai familiari nell’entroterra istriano. “Quella sera stessa la polizia jugoslava lo arrestò – denuncia la sorella – La mattina del 14 luglio venendo ad avvisarci a casa che mio fratello si era impiccato in carcere”.

“Quella sera stessa la polizia jugoslava lo arrestò – denuncia la sorella – La mattina del 14 luglio vennero ad avvisarci che si era impiccato in carcere”.

Emilia vede la salma “che recava grossi ematomi sulla fronte e aveva profonde ferite e lacerazioni sui polsi sino a lasciar vedere le ossa”. La sorella scoppia a piangere e ricorda che “il suo vicino di cella, Fratti Giovanni, ci confermò il giorno stesso del seppellimento di aver sentito urlare mio fratello mentre lo torturavano”. Per avere accusato i titini di omicidio, Emilia è ricercata e deve nascondersi nei boschi per poi fuggire a Trieste.

Foibe, eliminazioni, arresti a guerra finita

Carmela Del Ben, di Umago, ha perso il marito Libero Stossich prelevato dai partigiani di Tito il 28 aprile 1945 e accusato di essere un criminale fascista. “Era una calunnia perchè egli navigava e non si interessava di politica – racconta nella dichiarazione giurata – Più tardi la pubblica accusa per il distretto di Buie e di Capodistria dichiarava che probabilmente l’infossamento era dovuto ad un errore”. Carmela ricorda che “la salma di mio marito dopo sei mesi venne recuperata nel fondo di una piccola foiba sita nei pressi della sua abitazione assieme a quello di Cesare Grassi e Antonio da Zara”.

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Banche, tsunami Ue e Italia a rischio

venerdì, Febbraio 10th, 2023

Sta per arrivare uno tsunami europeo sull’industria italiana della consulenza finanziaria e del risparmio gestito, proprio quell’industria che negli ultimi giorni, da Azimut a Fideuram Intesa Sanpaolo, fino a Banca Mediolanum l’altroieri e ieri Banca Generali ha visto ottimi numeri dei bilanci 2022? Il “D-day”, se verrà confermato, sarà il prossimo 5 aprile quando la Commissione Europea presenterà la “Retail Investment Strategy” nella quale sarà affrontata la questione delle commissioni di “retrocessione” o “inducement” riconosciute nella vendita e distribuzione dei prodotti e servizi d’investimento. Sono quella parte di remunerazione che riceve dal cliente la banca che gli vende un prodotto (il classico fondo comune, ad esempio) e che poi la stessa “retrocede”, cioè “gira” alla struttura distributiva, appunto le reti dei consulenti finanziari.

La Commissione vorrebbe di fatto abolire le retrocessioni, uniformando le modalità di remunerazione della distribuzione dei prodotti finanziari e dell’attività di consulenza in tutti i paesi della stessa comunità europea. Si tratta di commissioni che nel nostro Paese valgono circa 7 miliardi di euro e che rappresentano una buona fetta dei ricavi degli utili delle banche-reti di consulenti finanziari. In Italia prevale questo meccanismo di remunerazione perché nel paese sono in minoranza i consulenti indipendenti i quali, invece, si fanno pagare con parcella direttamente dal cliente, come quando si va dall’avvocato, dal commercialista o dal medico.

La Commissione trae ispirazione dal modello britannico quando intorno al 2010 la Gran Bretagna vietò le retrocessioni di commissioni per i distributori. Il risultato fu che il mercato del risparmio si polarizzò: da una parte la clientela benestante o superbenestante che ha ricevuto un servizio totalmente indipendente pagato a parcella; dall’altra i clienti piccoli, che si sono riversati sulle piattaforme di trading, senza più consulenza personale.

A metà strada sono rimasti quelli i risparmiatori “orfani” che pur dotati di una buona dotazione di patrimonio non avevano più un servizio perché per gli intermediari finanziari era antieconomico offrirlo, e non avevano neanche consulenti a cui rivolgersi, perché il loro numero si era drasticamente ridotto. E per costoro è forte la tentazione degli investimenti fai-da-te, da sempre rischiosissimi. L’attuale configurazione della distribuzione dei servizi e strumenti finanziari dell’industria italiana si pone su posizioni decisamente contrarie alle proposte della Commissione e qualora dovesse passare la norma della abolizione delle commissioni si creerebbero le condizioni per una destabilizzazione di tutto il sistema.

In modo particolare dovranno essere riviste le politiche gestionali ed elaborare nuove strategie di vendita; dovranno essere modificati tutto il quadro dei rapporti dei consulenti con le società prodotto e Sgr, rivisti gli assetti organizzativi che riguardano le società di distribuzione e collocamento, nonché i modelli dei contratti applicati alle figure professionali quali i consulenti, agenti, mandatari e subordinati. Tutta l’industria della distribuzione ne sarebbe fortemente penalizzata e quindi costretta a rivedere strutturalmente il proprio business e strategie con costi rilevanti.

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Elezioni regionali, parla Matteo Salvini: “È ora di cambiare anche nel Lazio”

venerdì, Febbraio 10th, 2023

Dario Martini

Dopo dieci annidi amministrazione targata Pd, nel Lazio «è ora di cambiare aria». A pochi giorni dal voto, il vicepremier e ministro delle Infrastrutture e deiTrasporti, Matteo Salvini, è certo che il voto di domenica e lunedì segnerà una svolta nel futuro della regione. Ma il verdetto che uscirà dalle urne avrà inevitabilmente dei riflessi anche a livello nazionale.

Ministro Salvini, i candidati governatore del centrodestra sono dati per favoriti sia nel Lazio che in Lombardia. Sarà un voto di fiducia anche al governo?
«Sarà soprattutto un voto per confermare il buongoverno che da decenni caratterizza la Lombardia e per cambiare aria nel Lazio, dove la sinistra ha operato malissimo soprattutto in settori delicati come sanità o rifiuti. Poi, certo, mi piace credere che i cittadini siano soddisfatti del lavoro del governo nazionale».

Alle Politiche in Lombardia e nel Lazio la Lega ha ottenuto il 13,3% e il 6,3%. I sondaggi finora sembrano confermare queste percentuali anche per le Regionali. Sarebbe soddisfatto di confermare questi numeri o punta più in alto?
«Non mi pongo limiti, l’importante è che vinca il centrodestra e sono certo che la Lega farà un ottimo risultato».

Il Lazio e Roma hanno problemi con radici lontane, dai rifiuti alla sanità. Perché Rocca dovrebbe riuscire a risolverli?
«Perché è sostenuto da una coalizione seria, con un programma credibile. D’altronde in altre regioni il centrodestra ha dimostrato e dimostra di saper governare bene».

A suo giudizio, qual è la qualità migliore di Rocca? E, nel caso, ci può dire un difetto?
«È un uomo del fare, ma ammetto che non andiamo d’accordo sul calcio!».

Lei ha annunciato un piano per la sicurezza delle stazioni, cosa farete a Termini?
«È partito un piano di assunzioni straordinaria di vigilantes e con le Ferrovie stiamo collaborando in modo così affiatato che è già realtà Fs security che ha l’obiettivo di migliorare e razionalizzare i servizi di controllo nelle stazioni. Sono risultati concreti».

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Meloni contro Macron, ma la politica estera non si fa coi lamenti

venerdì, Febbraio 10th, 2023

Lucio Caracciolo

La prima cosa da fare quando si partecipa a una competizione è sapere da dove si parte. Avere la misura di sé stessi. Quando poi la gara è fra noi europei, epigoni di nazioni che fino a un secolo fa dettavano legge nel mondo e che non hanno ancora finito di elaborare il lutto, l’operazione verità è assai dolorosa. Ma necessaria.

Guerra Russia-Ucraina, le notizie di oggi in diretta

E la realtà è che in ambito europeo l’Italia non è allo stesso livello della Francia o della Germania. Quando Giorgia Meloni bolla «inopportuno» l’invito di Macron per ricevere Zelensky con Scholz all’Eliseo, prima del Consiglio europeo cui per la prima volta il leader ucraino ha direttamente partecipato, dimostra di non considerare i rapporti di forza. L’unica potenza nucleare e membro permanente del Consiglio di Sicurezza nell’Ue, insieme alla maggiore economia continentale, hanno da tempo formalizzato il loro primato in ambito comunitario. Mascherando le fondamentali differenze di cultura e di interessi che le dividono.

Ma sapendo che proprio per questo hanno bisogno l’una dell’altra. L’Italia viene subito dopo, ma appunto dopo. Spesso si trova ad arrancare in categorie inferiori al suo peso causa la difficoltà a stabilire quel che vuole.

Inoltre, se si soffre un’esclusione comunque scontata, forse lamentarsi in pubblico non è il miglior modo di reagire. Se fai l’offeso contribuisci ad autoridurti. Infatti Macron ha colto l’occasione di affondare il colpo. Il presidente francese ha osservato con gusto: «Come sapete, Germania e Francia hanno un ruolo speciale nella questione ucraina da otto anni. E poi credo che spetti a Zelensky scegliere il formato che preferisce». Sia chiaro: in quegli otto anni (2014-22) la “coppia” franco-tedesca non ha prodotto un successo. Ancora una volta per non aver misurato la propria potenza. È chiaro che Putin considerava e continua a considerare solo gli americani veri interlocutori sull’Ucraina. Quanto agli americani, la loro opinione sulle velleità di mediazione franco-tedesca (allargata ai polacchi) nel 2014 a Kiev è stata lapidariamente consegnata alle cronache da Victoria Nuland, plenipotenziaria Usa impegnata a scatenare piazza Majdan contro il presidente pro-russo Janukovič: «Unione Europea fottiti!». A ciascuno il suo. Ma solo se te lo puoi permettere. Certo, nella stagione di Draghi un marziano avrebbe potuto credere che Parigi e Roma fossero alla pari. Ma scambiare il rapporto personale fra due leader che se avevano un problema lo affrontavano improvvisando una cena “privata” con quello fra i rispettivi paesi porta fuori strada.

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Addio Burt Bacharach, l’uomo che ha trasformato l’easy listening in arte

venerdì, Febbraio 10th, 2023

Simona Siri

NEW YORK. L’uomo che ha trasformato il genere easy listening in una forma d’arte. L’ha definito così il quotidiano The Guardian, celebrandolo per l’ultima volta. Burt Bacharach è morto ieri all’età di 94 anni nella sua casa di Los Angeles per cause naturali dopo una vita dedicata alla musica. Si lascia dietro un’eredità artistica impareggiabile: 73 singoli nella Top 40 negli Stati Uniti e 52 nel Regno Unito; un centinaio di artisti che hanno interpretato la sua musica; collaborazioni con Dionne Warwick, Frank Sinatra, The Beatles, Barbara Streisand, Tom Jones, Aretha Franklin e Elvis Costello; titoli come I Say A Little Prayer, Walk On By, What The World Needs Now Is Love, Magic Moment, The Look Of Love. Persino due Oscar, il primo nel 1969, per l’intera colonna sonora del film Butch Cassidy and the Sundance Kid e un altro nel 1981 per Arthur’s Theme cantata da Christopher Cross, colonna sonora del film Arthur con Dudley Moore e Liza Minnelli.

La vita
Nato a Kansas City, Missouri, nel 1928 e cresciuto a New York, Bacharach inizia ad amare il jazz da ragazzino, intrufolandosi nei jazz club della città per andare a sentire Dizzy Gillespie. A scuola intanto studia i classici come Stravinsky e Ravel e dopo un periodo nell’esercito degli Stati Uniti, diventa pianista accompagnatore di Vic Damone, degli Ames Brothers e la sua prima moglie, l’attrice Paula Stewart. Tra la fine degli anni ’50 e l’inizio degli anni ’60 lavora anche come arrangiatore ed è il direttore d’orchestra per Marlene Dietrich durante i suoi tour europei. La svolta pop arriva nel 1957 grazie all’incontro con il paroliere Hal David. Insieme, i due sfornano un successo dietro l’altro, a partire dai due singoli iniziali: The Story of My Life cantata da Marty Robbins e Magic Moments cantata da Perry Como. Grazie alla sdolcinatezza dei testi di David e agli arrangiamenti ricchi di archi e melodie facili di Bacharach, i due insieme compongono canzoni che sfidano l’usura del tempo e che arrivano intatte ai giorni nostri, senza aver perso un briciolo del genio e del fascino che avevano quando sono state composte e che infatti ancora oggi sono suonate, trasformate in cover, ri-arrangiate da musicisti di ogni genere e età. Alcuni titoli: Say a Little Prayer, originariamente cantata da Aretha Franklin; What’s New Pussycat? con la voce di Tom Jones; The Look of Love cantata da Dusty Springfield e Make It Easy on Yourself dei Walker Brothers. Raindrops Keep Falling on My Head, interpretata da BJ Thomas e che appare nel film Butch Cassidy and the Sundance Kid, vince un Grammy e un Oscar nel 1969.

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Patto del Quirinale, Mattarella chiede rispetto

venerdì, Febbraio 10th, 2023

Ugo Magri

ROMA. «Non siamo gli interlocutori giusti»: è la risposta standard del Colle quando volano scintille a livello internazionale e si chiede lassù che aria tira. Stessa reazione anche ieri, dopo lo scatto di nervi di Giorgia Meloni contro Emmanuel Macron, cioè no comment sul presupposto che la politica estera spetti al governo e il presidente della Repubblica debba svolgere compiti di alta rappresentanza, coltivare relazioni coi capi di Stato, garantire le scelte di fondo scolpite nei trattati sottoscritti dall’Italia senza però immischiarsi nelle tattiche diplomatiche, figuriamoci nelle polemiche di queste ore. Certo (ma pure questo è noto) ai rapporti con l’Eliseo Sergio Mattarella tiene parecchio. È convinto che un legame operativo tra Italia e Francia possa essere di grande aiuto all’Europa in generale, e a noi in modo particolare. Oltre alle affinità elettive con i «cugini» d’oltralpe, alle comuni radici culturali, c’è un intreccio di convenienze economiche che suggeriscono di muoversi a braccetto per fare fronte comune contro certi atteggiamenti dei cosiddetti “frugali” nordeuropei. Non a caso Mattarella, subito dopo il giuramento del nuovo governo, aveva favorito il primo colloquio a quattr’occhi fra Macron e Meloni, sperando che i due s’intendessero; e quando erano esplose le incomprensioni, a causa della Ocean Viking dirottata a Tolone insieme ai migranti che aveva a bordo, il presidente aveva tentato di mitigare lo strappo con una telefonata al suo omologo francese (colloquiare con gli altri capi di Stato fa parte delle sue prerogative).

Stavolta non si prevedono iniziative né rammendi da parte del Quirinale: sarà la premier a giocare le sue carte con Macron e in Europa. Per quanto il clima con Mattarella sia buono, secondo alcuni ottimo, Meloni non tollererebbe di sentirsi sotto tutela. Al massimo accetterebbe buoni consigli. E, a pensarci bene, il presidente uno gliel’ha dato. Il primo febbraio scorso, salutando l’entrata in vigore del Trattato con la Francia detto «del Quirinale», Mattarella ne ha rimarcato l’importanza strategica.

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Cerotti come in gioielleria e alcuni farmaci costeranno il 100% in più: ecco l’elenco di tutte le medicine coinvolte

venerdì, Febbraio 10th, 2023

Paolo Russo

Il tam-tam tra chi è costretto a fare spesso la spesa in farmacia era cominciato da un po’, senza che nessuno tra associazioni dei consumatori e istituzioni sanitarie varie facesse caso al nuovo aumento di questo annus horribilis dei consumatori italiani. Quello a carico di prodotti dei quali difficilmente si può fare a meno: i farmaci. A gennaio, certifica F.Press, sono aumentati in media del 10,4% rispetto a dicembre. Parliamo dei circa 1.100 medicinali di fascia C, quelli a totale carico del cittadino ma dispensabili solo dietro presentazione della ricetta medica. Pillole e sciroppi più importanti quindi, tra i quali la Tachipirina iniettabile, antidolorifici vari come il Toradol o il Muscoril, ansiolitici, medicine per la disfunzione erettile e molti altri ancora. Un mercato che vale 3,46 miliardi che diventano 5,8 miliardi se si considerano anche i medicinali a pagamento, ma senza obbligo di ricetta. Anche loro in aumento, del 5,1% nel caso di quelli “da banco”.

La stangata era in realtà attesa, perché i medicinali di fascia C, pur essendo a prezzo libero, possono variare solo a gennaio degli anni dispari. Dietro all’aumento medio del 10 e passa per cento, si cela una grande variabilità che arriva oltre il 100%. Il Tadalafil, il generico del Cialis nella confezione da 4 compresse da 10 mg è balzato da 22,9 a 57 euro, per un incremento pari al 148,9%. Ma ad aver fatto il botto sono anche farmaci indicati per il trattamento di patologie gravi. Il Sildenafil Zentiva, indicato per chi ha disfunzione erettile, nella confezione da 4 compresse da 25 mg ha raddoppiato il prezzo da 12,2 a 24 euro. L’Effortil serve per il trattamento dell’ipotensione ortostatica. Chi ne soffre sa bene come alzandosi da una poltrona o dal letto si possa finire a terra per le vertigini causate dal repentino abbassamento della pressione. In questo caso la scatola con sei fiale da 10 mg è balzata da 40 a 69 euro (+72,5%).

Con gli aumenti superiori al 50% si potrebbe ancora andare avanti a lungo. Ma per i pazienti i più dolorosi sono quelli scattati su confezioni già di per se care. Per il Dantrium, nella confezione da 36 flaconcini indicati per l’ipermetabolismo fulminante si dovranno sganciare ad esempio 168,8 euro in più.

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Tensioni e trappole

venerdì, Febbraio 10th, 2023

di Massimo Franco

Viene naturale difendere l’onore italiano offeso dal presidente francese, ma sottolineare lo sgarbo finisce anche per accentuare l’immagine di collateralità rispetto ai grandi alleati europei

Tensioni e trappole
Giorgia Meloni con Emmanuel Macron a Roma in ottobre (LaPresse)

Parlare di Italia isolata e umiliata per l’esclusione dal vertice di Francia e Germania con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky è fin troppo scontato. Forse è un po’ semplicistico anche accreditare una presunta marginalità del nostro Paese in Europa evocando le polemiche delle settimane scorse tra Roma e Parigi, o il fatto che il governo sia guidato dalla destra. Certo, stupisce una lite sul palcoscenico continentale con una nazione con la quale è stato sottoscritto da pochi mesi un patto di collaborazione; e a poche ore dall’apertura di un Consiglio europeo. Ma le responsabilità sono ben distribuite.

Le tensioni vanno sommate, senza però essere scelte in maniera strumentale. La verità è che, tranne rare parentesi come quella del governo di Mario Draghi, il nostro Paese ha sempre cercato di inserirsi come terzo interlocutore nell’asse franco-tedesco. Ma raramente ci è riuscito. Lo stesso ex presidente della Bce, quando era a Palazzo Chigi, in qualche occasione ha faticato a farsi ascoltare. E i «dispetti» dei cugini francesi non sono mai mancati. Semmai, c’è da chiedersi se la reazione puntuta di Giorgia Meloni, che ha additato il rischio di una spaccatura del fronte anti-russo in Europa, sia stata la più meditata.

È probabile che aumenti la sua popolarità elettorale, perché viene naturale difendere l’onore italiano offeso dal presidente francese Emmanuel Macron. Ma sottolineare lo sgarbo finisce anche per accentuare l’immagine di collateralità rispetto ai grandi alleati europei. Risospinge l’esecutivo in un girone dei sorvegliati speciali dal quale, in realtà, in questi tre mesi e mezzo non è mai entrato o rimasto. E ripropone una maggioranza sospettata di esitazioni sulla politica estera; e un Paese spaccato sulle alleanze internazionali più di quanto non sia, con le opposizioni che puntano il dito accusatore.

Le parole di Zelensky, che ha precisato di avere deciso con Macron e il cancelliere tedesco Olaf Scholz «cose che non possiamo annunciare», accentuano l’impressione di un «primo cerchio strategico» dal quale gli altri Paesi europei sarebbero esclusi. E questo sta creando malumori comprensibili e diffusi che vanno oltre Palazzo Chigi e i confini italiani. Affiorano perfino in alcune istituzioni europee che si sono sentite tagliate fuori. Per questo i danni potrebbero risultare superiori alla realtà dei fatti: soprattutto se l’episodio dovesse modificare una strategia della prudenza e della rassicurazione che finora ha funzionato, sebbene con esiti controversi. Di certo, la cautela con la quale la premier, al contrario di qualche ministro, si è mossa in materia di bilancio, ha evitato tensioni sui mercati finanziari e attriti con la Commissione europea. E la fermezza atlantista di fronte all’aggressione russa all’Ucraina le ha conferito agli occhi della Nato una credibilità a prova di sospetti.

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Sanremo 2023, la terza serata: Grignani show, il monologo di Egonu, Mengoni sempre in testa

venerdì, Febbraio 10th, 2023

di Matteo Cruccu

Nella terza serata del Festival di Sanremo, su Rai 1, ad affiancare Amadeus la pallavolista Paola Egonu. Gli ospiti sono i Maneskin. Si esibiranno tutti i cantanti: chiudono Olly, Anna Oxa, Articolo 31, Ariete, Sethu, Shari, Gianmaria, Modà, Will

Sanremo 2023, la terza serata:  Grignani show, il monologo di Egonu, Mengoni sempre in testa
Ansa

La terza serata del Festival di Sanremo è la serata di Paola Egonu , e del suo monologo, atteso intorno alle 23.45. Ed è la serata dei Maneskin, che hanno infiammato l’Ariston con il chitarrista Tom Morello. Mengoni verso il trionfo.

LA SCALETTA DELLA TERZA SERATA | LA CLASSIFICA| IL CASO FEDEZ | LA CO-CONDUTTRICE PAOLA EGONU | COME SI VOTA

I 28 cantanti in gara si esibiranno in questo ordine: Paola e Chiara, Mara Sattei, Rosa Chemical, Gianluca Grignani, Levante, Tananai, Lazza, Lda, Madame, Ultimo, Elodie, Mr. Rain, Giorgia, Colla zio, Marco Mengoni, Colapesce Dimartino, Coma_Cose, Leo Gassmann, I Cugini di Campagna, Olly, Anna Oxa, Articolo 31, Ariete, Sethu, Shari, Gianmaria, Modà, Will. Ospiti i Måneskin con Tom Morello, Sangiovanni e il comico Alessandro Siani.

Ore 02:02 – Sorpresa al terzo posto

Nessuna sorpresa dunque nella classifica finale, almeno per quanto riguarda la vetta. Mengoni è sempre più primo: quel che colpisce è il podio semmai. Ultimo risale tantissime posizioni e si piazza secondo. Ma soprattutto è Mr.Rain il vero coup de theatre: coi suoi bambini arriva terzo. Chissà se resisterà anche domani sera

Ore 01:36 – Si chiude con Will e Siani

Su Will non ci ripeteremo: rileggersi quando detto per Sethu, Gianmaria, Olly. Si corre verso le classifiche finali. Sarà ancora Mengoni il Papa (provvisorio) del Festival? C’è spazio per un intermezzo con Siani

Ore 01:28 – I Pooh (ancora intonati)

Ed ecco i Modà che si riaffacciano dopo essere caduti nel gorgo della depressione, come ci ha raccontato lo stesso Kekko. Al netto dell’empatia umana, peccato però che la proposta sia stravecchia, come già detto, dei Pooh ancora intonati.

Ore 01:23 – Corsa verso il finale

Altro giovane in batteria, gIANMARIA: si corre veloce senza interruzioni verso la terza classifica. Anche se la sensazione è, come già detto, che Amadeus si sia reso conto di aver messo troppi esordienti in pentola e quindi li ha un po’ confinati sul finale: anche perché pure lui sembra decisamente acerbo.

Ore 01:19 – Shari, meglio al secondo round

Madame Salmo ovvero Shari si muove bene sul palco, è precisa nel canto e il brano che le ha tagliato sul misura il fidanzato funziona ancora meglio al secondo ascolto

Ore 01:11 – Guazzabuglio Sethu

Per Sethu invece vale il discorso di Olly: altro guazzabuglio, un po’ indistinguibile. Con l’aggravante di quel caschetto che viaggia tra Giovanna D’Arco e il Gianduia Vettorello di Teo Teocoli

Ore 01:07 – Impeccabile stavolta Ariete

L’abbiamo detto più volte, questo teatro può giocare brutti scherzi. L’altro ieri Ariete ha steccato più volte, come la ben più navigata Giorgia, per dire. E come l’altra, stasera è stata impeccabile, facendo meglio apprezzare anche il brano con le sue inquietanti vasche di squali

Ore 01:03 – Gli amici ritrovati

Gli Articolo 31 celebrano di nuovo la loro pace, di rosso vestiti come dei rapper americani: niente lacrime oggi, però un omaggio al tempo che fu e all’amicizia ritrovata. Al di là della resa, una pagina da libro Cuore qui all’Ariston

Ore 00:45 – Anna arrabbiata

Arriva Anna Oxa: non è stato molto rilassato il suo ritorno in Riviera, con rabbiosi attacchi alla stampa ingrata (e smentite su presunte liti a colpi di bicchieri d’acqua nel backstage con altri concorrenti). E sembra arrabbiata anche la canzone che si perde tra montagne russe vocali. Comunque il pubblico dell’Ariston la ama e le tributa una standing ovation

Ore 00:41 – Troppo autotune ( e troppi giovani)…

Ecco Olly: autotune a profusione, molta confusione, dei giovani quello che ha convinto meno. Ed è forse una delle poche critiche che si possono muovere all’Amadeus quater: era davvero necessario ingaggiare ben 28 concorrenti?

Ore 00:24 – Né trash né autoriali

Ecco la quota vintage (in gara) del Sanremo 2023: sinceramente più trascurabile rispetto a quella extra (il trio Morandi ecc). Perché tentano la via del nuovo, con l’aiuto del Rappresentante di Lista, perdono la strada del trash. E non sembrano arrivare da nessuna parte…

Ore 00:08 – Gassmann ora significa cantante

Al secondo ascolto cresce Gassmann Jr: il testo scritto con Zanotti dei Pinguini è ficcante, l’interpretazione anche. La saga di questa grande famiglia italiana ora svolta definitivamente verso il canto? Stasera Leo non è sembrato figlio di (tantomeno nipote di)

Ore 00:01 – Al Bano e Romina a tutti gli effetti

L’hanno detto oggi: dopo aver cantato il loro disamore, oggi celebrano l’amore per sempre, con l’annuncio delle loro nozze. Ora sono Al Bano e Romina a tutti gli effetti, i Coma Cose, per inciso bravissimi per testo e armonizzazioni

Ore 23:45 – È il momento di Paola

È il momento dell’attesissimo monologo di Paola Egonu. Parole semplici, metafore immediate, qualche incespicatura dovuta all’emozione: ma il messaggio che siamo tutti dello stesso colore, passa diretto. E l’orgoglio di indossare la maglia azzurra chiama la standing ovation. Nulla di elaborato, ma a volte è più importante il contenuto del contenitore.

Ore 23:38 – Pop di altissima fattura

Si ritorna sulla nave, ma questa volta Gue, a differenza di Fedez, non fa scherzi. E si rientra all’Ariston con i più autoriali, visti fin qui: Colapesce e Dimartino. Al secondo ascolto, ancora meglio del primo: voci che si fondono, testo finemente cucito, in questo incubo urbanomarittimo. Pop di altissima fattura.

Ore 23:28 – Fuga per la vittoria

Ci sono dubbi? Difficilmente qualcuno si potrà interporre tra Mengoni e la vittoria finale: canzone scritta per trionfare, interpretazione impeccabile e da casa non possono che sostenere lui. La tiara si avvicina.

Ore 23:17 – Scanzonati Colla Zio

Gianni Morandi scherza con Paola Enogu, prendendo uno sgabello per mettersi alla sua altezza. E la pallavolista se la cava egregiamente tra una presentazione e l’altra: tocca ai Colla Zio, della banda dei giovani, forse i più promettenti. Belle armonizzazioni, scanzonature al punto giusto, bravi.

Ore 23:09 – Il riscatto di Giorgia

Che impressione al debutto: un’altra campionessa come lei, stonata, tanto che aveva fatto poco apprezzare anche il brano. Stasera è riscatto, Giorgia non sbaglia una nota e anche la canzone è bella come recita il testo. Una standing ovation alla fine che cancella il brutto film di ieri.

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Ore 23:02 – Non siamo all’Antoniano

Mr. Rain non si discosta dalla scelta (infelice) del debutto, Povia ossigenato con coro di voci bianche che non aiuta il brano, come se fossimo all’Antoniano e non all’Ariston.

Ore 22:59 – Splendida Elodie, ma il brano…

Tocca alla splendida Elodie, fasciata di nero. Voce sempre splendida, calda, black, arrangiamenti ben fatti, eppure tutto questo sembra sopravanzare la canzone in sé che non vola altrettanto alta.

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Ore 22:44 – Ultimo, finto giovane

Ecco un altro che partiva dalle prime file della griglia: Ultimo. A livello musicale non si discute, però per approccio e testo sembra molto, ma molto più vecchio dei suoi 27 anni (per dire l’approccio del trio Al Bano- Ranieri- Morandi è sembrato più giovanile). A quale pubblico si rivolge quindi? Non è facile da comprendere

Ore 22:38 – Annalisa diventata fatale

Si vede un’altra vecchia conoscenza dell’Ariston, Annalisa, questa volta ospitata all’esterno del teatro: diventata femme fatale anche lei, Emma Stone ligure, la voce però è quella cristallina di sempre, mentre attacca con «Bellissima»

Ore 22:25 – Morandi cambia partner

Morandi cambia partner, dopo il felice rencontre con i coetanei ottuagenari di ieri, Massimo Ranieri e Al Bano, scende di qualche generazione e ingaggia il celebratissimo idolo dei teenager, Sangiovanni per intonare «Fatti mandare dalla mamma» che compie 6o anni proprio ora. Bizzarro ma alla fine riuscito duetto.

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Meloni, gelo con Macron: «Così indeboliscono tutti». Il malumore condiviso con i vertici europei

venerdì, Febbraio 10th, 2023

di Marco Galluzzo

Meloni ha riaperto uno scontro diplomatico con la Francia, accusando Macron di indebolire l’Europa. Il faccia a faccia con i primini ministri di Polonia e Repubblica Ceca

Meloni, gelo con Macron: «Così indeboliscono tutti». Il malumore condiviso con i vertici europei

Giorgia Meloni non è affatto pentita. Ha da poco riaperto uno scontro diplomatico con la Francia, accusato Macron di indebolire l’Europa, rischia di apparire o di essere indebolita dalle sue stesse parole, ma ritiene di averle pronunciate a ragione. «Finora tutto il segreto e l’efficacia della reazione europea alla guerra è stata l’unità, stiamo facendo tutti dei sacrifici e invece in questo modo si indebolisce tutto questo lavoro», è il ragionamento che si raccoglie nella delegazione italiana che partecipa al Consiglio europeo.

Le parole della presidente del Consiglio, l’accusa a Macron di aver preso una decisione che va contro gli interessi dell’Unione per motivi di immagine e di politica interna, tengono banco nelle prime ore di un vertice che è stravolto nella sua agenda dalla presenza del leader ucraino. I lavori iniziano con otto ore di ritardo. Giorgia Meloni prima ancora di Zelensky vede i leader del suo stesso partito, ha un incontro con primi ministri di Polonia e Repubblica Ceca, Mateusz Morawiecki e Petr Fiala. Si cercano sponde, per gli obiettivi del vertice, in primo luogo su migranti e aiuti di Stato alle aziende europee, fra gli alleati della destra continentale: entrambi i i primi ministri appartengono al partito che presiede la nostra premier. Potrebbe rivederli in un vertice a tre, nei prossimi giorni, a Varsavia. Forse poco prima di recarsi a Kiev.

C’è anche una rivendicazione nell’entourage del capo del governo, ed è quella di aver rappresentato pubblicamente un malumore che è condiviso da molti altri Stati europei. Organizzare una cena all’Eliseo alla vigilia del summit di Bruxelles, costringendo «persino Scholz a correre a Parigi», verrebbe giudicato «inopportuno» anche dai vertici delle istituzioni comunitarie, da Ursula von der Leyen al presidente del Consiglio europeo, Charles Michel. Eppure l’unica che si è esposta è stata lei e insieme alla rivendicazione si raccolgono anche velate perplessità sulla bontà della decisione: Berlino e Parigi restano comunque, volenti o nolenti, il motore storico dell’Unione. E anche fra chi lavora per il governo italiano è possibile ascoltare dubbi sull’opportunità della scelta di Meloni.

Una scelta che inevitabilmente lascia sullo sfondo le materie e i dettagli del vertice, la partita italiana sugli aiuti di Stato alle aziende europee e i passi avanti possibili sul dossier migranti. Tutto retrocede di un passo rispetto alla presenza di Zelensky e all’incontro che Meloni stessa ha annunciato la sera prima con il presidente ucraino. In un primo tempo appare slittato, così come i bilaterali di tutti gli altri leader europei. La presidente del Consiglio incontra il capo della resistenza contro la Russia insieme ai leader di Spagna, Svezia, Romania, Olanda, Polonia e Svezia. All’incontro arriva in leggero ritardo, insieme al premier olandese Mark Rutte.

Subito dopo però è lo staff di Palazzo Chigi a comunicare che si è svolto anche un faccia a faccia con Zelensky, richiesto dallo stesso presidente ucraino. Quindici minuti di colloquio, secondo fonti italiane. I due leader vengono ripresi dalla telecamere mentre parlano in piedi, appoggiati al grande tavolo del vertice a 27. Si discute della prossima visita a Kiev di Meloni, forse anche della necessaria autorizzazione italiana (oltre a quella di altri Stati) per far arrivare in Ucraina i caccia promessi da Londra. Sistemi di difesa e armi che hanno componenti di tecnologia che necessitano del via libera di un gruppo di Paesi diversi.

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