Archive for Febbraio, 2023

Se un selfie ferisce il dolore

lunedì, Febbraio 27th, 2023

Paolo Giordano

Se un selfie ferisce il dolore

Lei educata, quasi impietrita dal dolore. Loro indifferenti al servizio del totem più adorato degli ultimi anni. Ieri alcune persone hanno chiesto un selfie a Maria De Filippi nella camera ardente di Maurizio Costanzo. La fila per entrare nella Protomoteca in Campidoglio, un omaggio alla bara e poi la richiesta senza pudore. Facciamo un selfie? La signora ha accettato senza protestare, senza lamentarsi, senza eccepire che quella non era la situazione giusta, che non era il luogo ideale, che il dolore si rispetta. Il dolore è il porto franco della celebrità. Anche se uno è famoso e ha il massimo della riconoscenza e dell’affetto per i propri fan, in quel momento no, nel momento del dolore ha diritto di rimanere con se stesso. Essere famosi non significa essere di tutti sempre. Ci sono momenti nei quali no. Magari senza volerlo, chi ha preso il cellulare per la fatidica foto ha superato la frontiera della convivenza civile. Chiedere un selfie a chi vive un dolore immenso e cerca tiepida consolazione nell’abbraccio del pubblico che ama l’amato è uno sberleffo al buon senso, oltre che una violazione dello stesso codice dell’esposizione della salma alla visita di parenti e amici. La camera ardente è un «non luogo» dove necessariamente si incontrano dolore, silenzio, rispetto e basta. Non è ammesso altro. Non a caso si chiama «camera ardente» perché già ai tempi di Roma antica si collocavano fiaccole e candele per creare un ambiente raccolto e silenzioso che consentisse l’ultimo saluto a chi se ne sta andando per sempre. Ma il totem del selfie evidentemente va oltre, drammaticamente oltre. Non per tutti, per carità, solo per qualcuno, ma non è comunque un bel segnale.

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L’incredibile talento del piccolo Jude: “A 11 anni suona il pianoforte come Mozart”

lunedì, Febbraio 27th, 2023

È un talento eccezionale, qualcuno lo ha paragonato a un piccolo Mozart: Jude Kofie ha solo 11 anni, non ha mai preso una lezione di pianoforte, ma usa le mani come un pianista navigato. Il bambino, che vive in Colorado, è affetto da autismo. I genitori, originari del Ghana, hanno scoperto il talento del figlio trovandolo in cantina alle prese con una vecchia pianola abbandonata e hanno pubblicato alcuni video sui social, che sono diventati subito virali. Un benefattore, colpito dal talento del bambino, ha deciso di spendere 14mila euro per comprargli, a sorpresa, un pianoforte di ottima qualità e regalargli anche alcune lezioni di musica.
Di Rosita Gangi

STAMPA TV

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Attorno ai migranti il vuoto dell’opposizione

lunedì, Febbraio 27th, 2023

Alessandro De Angelis

E ci risiamo. Il principio di realtà, che ha il volto dei morti al largo di Crotone, diventa l’elemento disvelatore del problema: l’assenza di una politica sull’immigrazione. La tragedia squaderna l’emergenza: solo nel mese di febbraio gli sbarchi hanno raggiunto la cifra record di 14.104 (dati del Viminale), circa il triplo dello scorso anno di questi tempi (5.345), un trend ormai consolidato da mesi. In vista della stagione estiva, una situazione tecnicamente fuori controllo.

Solo qualche settimana fa, nel corso del Consiglio europeo – quello dell’incidente con Macron – Giorgia Meloni aveva definito “storica” la risoluzione approvata sui confini, in preda, nell’entusiastico giudizio, a un evidente richiamo della foresta di Visegrad. Peccato che mentre Orban può costruire muri, avendo attorno la terra ferma, l’Italia ha attorno un dettaglio chiamato mare, che rende complicata l’opera edilizia ed è in grado, appunto, di risucchiare vite umane.

Da un lato dunque c’è il fallimento della destra, proprio sul dossier attorno a cui gli impresari della paura hanno costruito le loro fortune. In Europa, innanzitutto. Bel paradosso: sull’economia, i sovranisti nostrani si sono consegnati al vincolo esterno, mentre sui migranti, dove l’Europa una linea non ce l’ha, non sono riusciti a intavolare una discussione, dopo che, in omaggio ai Paesi di Visegrad, è saltato il meccanismo della redistribuzione. Poi in Italia. Abbandonato l’antico cavallo di battaglia del blocco navale, perché infattibile, la linea del governo è stata passare dai “porti chiusi” a quelli itineranti per prendere tempo scorrazzando le Ong (il 10 per cento degli arrivi), da una parte all’altra. Da ultimo, nel Mediterraneo allargato: ci si doveva portare l’Europa con un piano per l’Africa, c’è andata l’Italia ma solo per chiudere accordi commerciali sul gas.

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I dannosi timori italiani sulla concorrenza

lunedì, Febbraio 27th, 2023

di Ferruccio de Bortoli

La legislazione comunitaria è stata fermata per ora sul «bagnasciuga». Il termine porta male. L’emendamento al decreto Milleproroghe — che ha sollevato le obiezioni del Quirinale — crea sulle concessioni balneari una situazione paradossale. I Comuni possono procedere con i bandi, così come previsto dalla legge sulla concorrenza che, ricordiamo, è indispensabile per avere tutti i fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). Ma il rinvio della mappatura e l’estensione degli attuali contratti al 31 dicembre 2024 pongono rilevanti interrogativi sulla compatibilità con il diritto europeo.

Il rischio di una procedura d’infrazione da parte di Bruxelles indebolisce il nostro potere negoziale su fronti assai più complessi: dal nuovo patto di stabilità alla spinosa questione degli aiuti pubblici all’industria. La giurisprudenza, con le pronunce del Consiglio di Stato e della Corte di Cassazione, è chiara.

Il «bagnasciuga» è un argine illusorio, ma politicamente utile. Risponde alle attese di una parte dell’elettorato, di una delle tante lobby, corporazioni del nostro Paese. Piccola però, ve ne sono tante altre. Più potenti e meno visibili. Le imprese che gestiscono, su spiagge demaniali, gli stabilimenti vanno salvaguardate — e la normativa dà garanzie adeguate — nella tutela degli investimenti e nel riconoscimento di avviamenti decennali. Ma non è giusto — anzi diciamo è un vero scandalo — che tutti insieme paghino, nonostante gli aumenti previsti dei canoni, poco più di 100 milioni l’anno, 6 mila euro a chilometro quadrato. La sola galleria Vittorio Emanuele rende in affitti, al Comune di Milano, 65 milioni l’anno.

Se i proprietari delle spiagge fossero dei privati, magari con la parcellizzazione tipica dei terreni agricoli, avremmo l’insurrezione di chi si sente impoverito dalla scarsa valorizzazione dei propri diritti. Lo Stato siamo tutti noi. Ma pensate soltanto, per un istante, se tutto il resto dell’economia fosse regolato dallo stesso principio — lunghe concessioni, trasmesse di padre in figlio — ci ritroveremmo ancora immersi in una sorta di Medioevo. Ha qualche ragione però chi teme che mettendo a bando le concessioni possano vincere società multinazionali che nulla hanno a che vedere con le comunità locali. Sì, ma si può obiettare che favorire le aggregazioni territoriali o nazionali e creare società in grado di esportare un modello gestionale di successo, aprirebbe al made in Italy altri e forse persino più redditizi mercati. Se invece ci si limita a una semplice protezione corporativa — come è avvenuto per il settore alberghiero dove vi sono quasi solo giganti esteri — si prolunga solo il declino degli operatori minori senza aiutarli a crescere. Chi ha saputo per tempo organizzarsi, per esempio nel commercio al dettaglio, è diventato socio di catene più grandi, innovative e redditizie (anche nazionali), con non trascurabili vantaggi per i clienti e i consumatori.

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Pensioni, scatta l’aumento legato all’inflazione: ecco chi lo avrà e chi resterà fuori

lunedì, Febbraio 27th, 2023

Sandra Riccio

Più soldi per i pensionati in arrivo a marzo. Con l’assegno del mese prossimo verrà pagata la rivalutazione della pensione legata all’inflazione e saranno versati anche gli arretrati relativi a gennaio e febbraio. Non tutti però hanno diritto a questo incremento. C’è infatti chi ha già visto crescere l’assegno e quindi è escluso da questo nuovo giro di rialzi. Ecco chi sarà coinvolto dalla novità e che cosa sapere.

Il tetto
C’è un tetto che farà scattare gli aumenti di marzo. Questi coinvolgeranno soltanto chi ha un reddito da pensione superiore a 2.101,52 euro (quattro volte il minimo) che riceverà a marzo la rivalutazione della pensione rispetto all’inflazione sulla base delle percentuali inserite in legge di bilancio. In pratica l’Inps ha considerato diversi livelli di pensione. Va ricordato che chi ha un reddito da pensione fino a quattro volte il minimo (2.101,52 euro) ha già ricevuto l’assegno maggiorato del 7,3% da gennaio. Per fare un esempio, per una pensione da 1.200 euro al mese, la maggiorazione sarà di circa 87 euro.

Le percentuali di rivalutazione
Cosa succede alle fasce di pensionati che vedranno l’aumento a marzo? L’Istituto ha ricordato le percentuali per questa nuova tornata di incrementi e ha precisato che a marzo saranno corrisposti anche gli arretrati. Più l’assegno è corposo e più sottile sarà la rivalutazione: chi ha un reddito tra le quattro e le cinque volte il minimo lo vedrà rivalutato dell’85% del 7,3% ovvero del 6,205% mentre chi conta su un reddito da pensione tra le cinque e le sei volte il minimo (da 2.626,91 a 3.152,28 euro) riceverà solo il 53% dell’inflazione pari a una rivalutazione del 3,869%.

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Calabria, cimitero sulla spiaggia. I sopravvissuti al naufragio: “Gli scafisti ci gettavano in mare”

lunedì, Febbraio 27th, 2023

dal nostro inviato Niccolò Zancan

«Terra!». Continuavano a urlare, a pregare, a vomitare. Mare forza 6, vento di scirocco. «Quando abbiamo visto le luci, credevamo di essere salvi. “Vengono a prenderci!”. A quel punto, gridavamo tutti, eravamo sicuri di avercela fatta. Ma gli scafisti hanno iniziato a buttare giù i ragazzi, li tiravano per le braccia e li gettavano nel mare. A bordo si è scatenato il panico. La barca si è capovolta. E non era vero che ci avevano visto, non sono venuti a salvarci». Fino a quel momento, i fantasmi del motopeschereccio partito dalla Turchia erano sopravvissuti a una traversata terrificante sulla rotta Smirne-Crotone, la rotta ionica. Sono morti a 200 metri da riva, a 200 metri dall’Europa. Qui a Steccato di Cutro, in Italia. È stato un pescatore ad accorgersi per primo del naufragio. «Erano le cinque del mattino quando ha chiamato il mio amico Antonio Grazioso. Lui ha telefonato a me, e insieme siamo arrivati sulla spiaggia. Dopo quello che ho visto e che non potrò mai dimenticare, non sono sicuro che lo rifarei». L’operaio Vincenzo Luciano, cittadino di questo piccolo paese sul Mar Ionio, ha visto i cadaveri spogliati dalla tempesta. Ha visto i sommersi. «Non sapevamo da che parte incominciare. I corpi erano ovunque, per almeno duecento metri di spiaggia. Morti dappertutto, una cosa incredibile. Una donna con le braccia larghe stava là, come crocefissa. Due bambini era vicino a lei. E ne abbiamo presi tanti dalle onde, qualcuno ancora vivo».

Crotone, la distesa di lenzuola bianche che copre i cadaveri dei migranti morti nel naufragio

Sul peschereccio di venti metri partito dalle coste turche, c’erano due cassoni carichi di nafta. E acqua, biscotti, redbull, ginseng, libri di preghiere, scarpe da ginnastica numero 34, una bicicletta da bambino e pochi salvagenti, perché il viaggio con giubbotto di salvataggio costa più caro. È tutto qui. Perfettamente chiaro. Su questa spiaggia.

A bordo viaggiavano da 150 a 180 persone: pachistani, afghani, iracheni, iraniani. Tutti inviati dai loro parenti, in missione per la vita. Con i risparmi messi insieme dopo anni di lavoro e sacrifici. Quattro giorni nel mare, tre notti intere contro le onde. Prima di arrivare a scorgere quelle luci sulla costa italiana. I morti sono già 74, molti sono minorenni. Ottantadue i salvati. Molti altri non si trovano, nessuno sa dire con esattezza quanti. Ventuno ragazzi e bambini sono ricoverati nel reparto di pediatria dell’ospedale di Crotone. Era una barca carica di futuro. Un peschereccio di legni azzurri che alle cinque di ieri pomeriggio, dopo il naufragio, era ormai completamente distrutto dalle onde, ridotto in pezzi fra la risacca e la battigia. Ed era già tutto già visto, già vissuto. La stessa identica storia. La stessa vergogna di essere vivi per un privilegio, Lampedusa, Malta, Portopalo di Capo Passero: non cambia mai niente, se non i nomi dei morti.

Strage di Crotone, i sommozzatori recuperano i resti del naufragio in riva al mare

«Ormai erano arrivati», dice senza smettere di fissare il mare Gianluca Messina. È il caposquadra del nucleo sommozzatori arrivato dalla Sicilia. Anche lui c’era il 3 ottobre del 2013 a Lampedusa, per quel naufragio identico a questo davanti alla spiaggia dei Conigli. «Non riesco a crederci, anche questa volta erano a un passo dalla salvezza», continua a ripetere. «Quando siamo arrivati, alle prime luci dell’alba, molti cadaveri erano già sul bagnasciuga. Lo scafo del peschereccio era ancora intero. C’è un video in cui si vede bene. Ecco, guarda. Deve aver picchiato in una secca laggiù, dove si infrangono le prime onde. La barca si è capovolta e sono finiti tutti in mare. Ma lo sappiamo bene che molti di questi ragazzi non sanno nuotare perché non hanno mai visto il mare in vita loro».

E chi sapeva nuotare, ha provato a tenere in alto il più piccolo dei viaggiatori. «Eravamo circondati da cadaveri», dice Laura De Paoli, medico della Fondazione Cisom Cavalieri di Malta. «A un certo punto abbiamo visto due uomini che tenevano in alto un bambino piccolo. Siamo riusciti a recuperali, erano il fratello e lo zio di quel bambino. Abbiamo provato a rianimarlo, ma aveva i polmoni pieni d’acqua e non ce l’ha fatta».

Strage di migranti, il gesto di umanità dei crotonesi: appesi fiori dove riposano le salme

Sulla spiaggia adesso arriva un parroco per la benedizione delle salme, si chiama don Pasquale Squillacioti: «Siamo di fronte a una scena apocalittica. Ho visto tirare fuori dalle onde un ragazzino completamente nudo, e in quell’immagine ho visto la carne di Cristo».

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Anche a sinistra è “Fattore Donna”

lunedì, Febbraio 27th, 2023

Annalisa Cuzzocrea

Il primo dato è la partecipazione. Portare a votare dopo due sconfitte clamorose, alle politiche e alle regionali, un milione di elettori, significa che il disincanto democratico non è un destino. Che c’è chi nel centrosinistra e nel Paese cerca disperatamente un’alternativa al governo delle destre. E che soprattutto la cerca ancora, nonostante gli errori i tradimenti e i disastri, nel Partito democratico.

Il Pd non era morto o moribondo, non deve cambiare nome, ragion d’essere o valori. Deve semplicemente ritrovarsi e riconnettersi con un popolo. Che non sarà compatto come cinquant’anni fa, sarà sperso in mille rivoli senza rappresentanza, ma è quello dei progressisti nel mondo: i più fragili, i meno garantiti, i più poveri, i più emarginati. Così è lì che è andata a bussare Elly Schlein. Porta a porta, con lo zainetto, come aveva promesso. Le hanno ritagliato addosso l’immagine della privilegiata, borghese, incapace di capire dov’è la sofferenza e cos’è il disagio. Diranno ora: ha vinto soprattutto nei grandi centri urbani, non parla alle periferie. Come se il voto fosse leggibile solo attraverso i codici postali. Diranno poi: eh certo, è donna, ma vedete quanti uomini ha dietro, le correnti, i capi occulti. E ci sono davvero, accanto, Franceschini Orlando Zingaretti. Più giovane, e dal primo momento, Provenzano. Nessuno però è apparso – neanche per un momento e per la prima volta nel Pd – stare sopra, come un padrino. O dietro a una pesante tenda rossa a muovere i fili, come un burattinaio. Sono le istanze che contano allora mettiamole in fila: Schlein ha detto no con nettezza alle politiche migratorie attuate anche dal Partito democratico con l’ormai famigerato accordo con la Guardia costiera libica. Sulle migrazioni in Parlamento europeo ha fatto più di una battaglia. Che la sua vittoria arrivi in un giorno di lutto come questo, con il nostro mare che restituisce i corpi di bambini afghani, iraniani, iracheni, siriani, rende il quadro delle primarie pd ancora più chiaro.

E’ stato un voto per cambiare tutto. Come sul lavoro, perché chiede con nettezza la riduzione di quello precario. Non dice: paghiamolo meglio. Dice: ostacoliamolo, facciamo come in Spagna, sennò avanti non si va. Perché la linea di faglia che separata garantiti da non garantiti è sempre più larga, incolmabile, ingiusta. E ancora sui diritti, Schlein ha detto: basta con questa storia che parlare dei diritti civili significa disinteressarsi di quelli sociali. Devono e possono andare insieme. Come la tutela dell’ambiente, che deve farsi carico anche della questione sociale. Non può essere fatta a discapito di chi ha meno e meno può permettersi, ma resta ineludibile.

Quindi sì, il voto delle primarie ha sovvertito quello dei circoli, degli iscrittii. Nei circoli però hanno votato in 150mila e ieri un milione. Hai voglia a dire allarghiamo, apriamo le porte, se non ti prendi esattamente questo rischio: che il tuo elettorato potenziale indichi una strada diversa da quella del tuo nocciolo duro. Che sia meno spaventato e ti porti a un azzardo, che ti chieda di trasformarti davvero, di saltare più lungo. Portando alla guida una donna per la prima volta nel campo progressista e questo, il fattore D, ha pesato molto di più di quanto molti avevano previsto.

Perché soprattutto a sinistra le donne le abbiamo viste sempre in lotta tra loro e sempre per un posto da comprimarie con un uomo davanti a dire “prego, siediti qui, l’ho tenuto per te”. E invece ieri molte di coloro che sono andate a votare hanno pensato: stavolta tocca davvero a una di noi e lo ha deciso lei, senza chiedere il permesso.

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“Ora difficilmente resteranno uniti”. La profezia nera di Cacciari sul Pd

lunedì, Febbraio 27th, 2023

Luca Sablone

"Ora difficilmente resteranno uniti". La profezia nera di Cacciari sul Pd

L’inaspettata vittoria di Elly Schlein contro Stefano Bonaccini ha aperto fin da subito una serie di analisi su quello che sarà il futuro del Partito democratico che, a detta di molti, da oggi rischia di imboccare la strada di una scissione. Non si tratta di una gufata o di una previsione affrettata, ma di una conseguenza non troppo lontana in seguito al trionfo della nuova segretaria dem che strizzerà l’occhio al Movimento 5 Stelle su diverse battaglie. Pertanto i riformisti potrebbero abbandonare il Pd e abbracciare, ad esempio, il Terzo Polo.

La previsione di Cacciari

La grande festa al Nazareno potrebbe presto lasciare spazio ai primi scossoni interni a causa di una lotta tra correnti che difficilmente cesserà da un momento all’altro. Personalismi, punzecchiature a distanza e veti incrociati rischiano di spianare la strada a una spaccatura insanabile. Su questo punto si è espresso anche Massimo Cacciari, intervistato da Massimo Giletti nel corso dell’ultima puntana di Non è l’arena (programma in onda la domenica sera su La7).

Il filosofo, commentando i primi risultati che stavano arrivando in diretta, è andato dritto al punto: “Con un dato di questo genere il Partito democratico difficilmente può restare insieme”. A suo giudizio questa fase potrebbe rappresentare un’occasione di chiarezza per le dinamiche interne: “Quella che fino a ora era stata un’accozzaglia di indistinti sentimenti può finalmente avere una sua decisione e quindi con chiarezza configurarsi una parte ‘renziana’ e una parte che tenta la strada di una ricomposizione a sinistra”.

Cacciari ha sostenuto che per un largo settore dell’elettorato e dei simpatizzanti del Pd era una sorta di scelta obbligata: non dei circoli, degli iscritti e dei militanti ma dell’opinione pubblica attorno al Partito democratico. “La Meloni ha tirato la volata alla Schlein, non c’è dubbio alcuno”, ha dichiarato in maniera chiara.

La fuga verso il Terzo Polo?

Indubbiamente il successo di Elly Schlein sposterà la galassia dem sempre più verso la sinistra e i grillini, allontanandosi così da quella parte di elettorato riformista. Non è da escludere che diversi esponenti di peso possano abbandonare la nave del Pd, dicendo addio al nuovo corso e magari imboccando un’avventura nuova con il Terzo Polo. D’altronde Carlo Calenda e Matteo Renzi sarebbero ben lieti di accogliere i fuoriusciti del Partito democratico all’interno del loro schieramento.

Il loro intento è quello di rimpolpare i consensi del Terzo Polo ad esempio in vista delle elezioni europee del prossimo anno. E un punto di partenza potrebbe essere proprio la fuga di alcuni dem a vantaggio di Azione e Italia Viva. Le porte sono pronte ad aprirsi e a determinare l’ennesimo terremoto nel Partito democratico.

IL GIORNALE

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L’inquilina inamovibile di Rai3 dove “mezz’ora” dura vent’anni

lunedì, Febbraio 27th, 2023

Luigi Mascheroni

Domanda. Il ruolo di conduttrice in una trasmissione del servizio pubblico televisivo, è compatibile con quello di portavoce di Gianfranco Fini? «Io sono stata bresidende della Rai, e garandisgo ghe si può. E comunque gui si fa gome digo io…».

Dicono che faccia sempre quello che dice lei. Autoritaria, incomprensibile, intrattabile, incazzosa. Quando stava per prendersi la striscia di informazione fra il Tg1 e il prime time poi andò male – risuonò stentoreo nei corridoi Rai: «Je spacco er culo a Lilli!».

Sangue caldo meridionale e vocetta perennemente raffreddata, partita primula rossa e arrivata a resuscitare mediaticamente l’ex leader di An l’irrilevanza dei fondatori e l’ostinazione delle inamovibili – Lucia Annunziata, cronista di razza campana e pasionaria di ascendenze comuniste, flirta da sempre col giornalismo e con la politica. Convinta che il primo serva a rafforzare la seconda, la seconda a proteggere il primo.

Primadonna, e non solo in ordine alfabetico, delle Nostre Signore dei Talk Show Annunziata, Berlinguer, Gruber, Palombelli che castrando la mascolinità catodica ed esagerando con le quote rosa tracciano la rotta della telepolitica italiana, Lucia la sciantosa (ragazza carinissima, ai tempi del Manifesto faceva girare tutti i colleghi, da cui il soprannome «la svolta di Salerno») è da trent’anni in Rai e da quasi venti, minuto più minuto meno, accompagna la controra domenicale degli italiani, in una mezz’ora annunziatesca che ormai si dilunga oltre l’ora, le opere, i giorni, le settimane, le stagioni, gli anni…

La Santissima Annunziata. Chi buttiamo giù dalla torre Annunziata? Nuntio vobis… Santa Lucia protettrice degli occhi e della vista. Lucky Lucia. Renzi e Lucia. Lucy in the Sky with Rai…

Cronaca di una cronista Annunziata. Figlia di un ferroviere comunista e partorita dall’Agro Nocerino Sarnese, terra di Osci, di Sanniti e di baroni, narra la leggenda – che è un racconto solo un po’ meno affidabile del giornalismo che da piccolissima, già scampata a un fulmine che le lesionò un occhio, il papà la portasse tutte le mattine all’asilo, in treno, affidandola a un collega in quel di Avellino Scalo. Un giorno nevicava. E per non farle bagnare le scarpine, Lucia fu deposta su un giornale. E la sera si scoprì che sapeva leggere: aveva imparato da sola. Tanti anni dopo, rievocando quelle antiche storie di folgori e miracoli, Enzo Siciliano, prefigurazione della presidenza Rai, la chiamò «la maga di Sarno».

Poi il mito diventa Storia. Da Salerno ai grandi reportage nel mondo, dopo la laurea in Filosofia e un esilio da insegnante in Sardegna, fra Gramsci e li beltj, li boi e li peguri, Lucia Annunziata, cresciuta nel ventre ideologico romano e militante scatenata nel ’68, comincia a collaborare col Manifesto, pezzi lunghi e gonne corte, e poi con Repubblica, corrispondente dagli Stati Uniti, quando le malelingue dicono che le riscrivessero i pezzi perché scritti in un italiano stentato… La rivoluzione in Nicaragua in sandali e Sandinisti, la guerra civile salvadoregna, l’invasione di Grenada… Poi corrispondente dal Medioriente, con base a Gerusalemme, già molto filo-israeliana. Poi il Corriere della sera e di nuovo negli Usa, Paese cui Lucia l’Amerikana resterà sempre legata per motivi professionali e sentimentali (il marito è un giornalista del Washington Post), dalla sinistra operaista e radicale al mainstream globalista e transnazionale Aspen Institute, Eni, Fondazione Italianieuropei… – e quindi negli anni ’90 il ritorno in Italia, da papà e da Mamma Rai. Scarpe rasoterra e autostima altissima, cuore rosso e tailleur total black, Lucia Annunziata – citizen journalism, servizio pubblico e battaglie private conduce Linea tre, poi dirige il Tg3, quindi l’agenzia di stampa APBiscom e infine, nel 2003, Governo Berlusconi, quando la Rai veniva spacchettata tra maggioranza (che esprimeva il direttore generale, all’epoca Flavio Cattaneo) e opposizione (cui spettava la Presidenza), Lucia Annunziata diventa la seconda donna presidente della Rai, dopo Letizia Moratti. Con l’auspicio di tutti che «Peggio di quell’altra non potrà fare».

In sella al Cavallo di viale Mazzini Lucia, l’amazzone – «Femmina alfa» che si veste e pensa da uomo dura il tempo direttamente proporzionale al suo potere decisionale: pochissimo. Lo spazio di una raffica di crudeli parodie di Sabina Guzzanti, che la Presidente non digerisce, e se ne va sbattendo la Porta a Porta (l’Annunziata e Bruno Vespa non si possono vedere, ndr).

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La Schlein si prende il Pd coi voti di ex pci e grillini

lunedì, Febbraio 27th, 2023

Laura Cesaretti

La Schlein si prende il Pd coi voti di ex pci e grillini

Vince (smentendo il voto degli iscritti al Pd) la neo-tesserata Elly Schlein. E l’effetto deja-vu è impressionante: all’improvviso tornano, col sorriso dei trionfatori, i volti di un passato che sembrava archiviato dalla storia fallimentare del Pci e della sua eredità: rispunta Achille Occhetto, esulta Pierluigi Bersani, ride sotto i baffi Massimo D’Alema, trattiene a stento il pugno alzato Goffredo Bettini.

Perché, come insegna il Gattopardo, nulla è in grado di rivitalizzare, preservare e ridare smalto al passato quanto travestirlo da «cambiamento». E in un partito tramortito dalla sconfitta elettorale e sotto choc per la vittoria della destra, l’operazione ha funzionato. Un «rinculo identitario», come lo definisce un dirigente schierato con Stefano Bonaccini, che rischia di avere effetti profondi e a lunga scadenza sul principale partito del centrosinistra. A cominciare dal ritorno di fiamma per il populismo contiano, apertamente teorizzato da tutti i principali sostenitori di Schlein: Boccia, Franceschini, Articolo 1, Bettini e chi più ne ha più ne metta.

Nella notte si maneggiano i dati con cautela. Ma «siamo in testa in 14 regioni», annunciano dal comitato Schlein. E dopo le 22 appare chiaro che, anche se arrivasse un forte recupero dal Sud (in parte schierato con Bonaccini), non sarebbe sufficiente a recuperare il gap del voto delle città e delle regioni più popolose, come Lazio e Lombardia. Nel quartier generale degli sconfitti c’è un silenzioso smarrimento. «Comunque vada è una grande festa di democrazia, un dato che ci dimostra che Pd più vivo che mai», si limita a dire Dario Nardella. A ora di pranzo la paura del ribaltone rispetto alle chiarissime scelte degli iscritti dem, in stragrande maggioranza pro-Bonaccini, inizia a circolare sotto traccia. «É in atto un tentativo di Opa esterna sulla segreteria Pd», sussurra ai compagni di partito l’ex ministro della Difesa Lorenzo Guerini. Ai seggi si registra un afflusso superiore al previsto, soprattutto nelle grandi città: «Un voto che inevitabilmente tende a premiare Elly Schlein», osserva Gianni Cuperlo. L’ «Opa esterna» di cui parla ironicamente Guerini è quella di chi non vota e non appoggia il Pd ma altri partiti (rosso-verdi, Cinque Stelle, i residuati bellici del dalemiano Articolo1) che, secondo gli scrutatori di molti seggi, soprattutto nei pi si starebbero presentando a votare molti simpatizzanti di altre forze politiche, quelle interessate ad uno slittamento radical-populista e putinian-pacifista del Pd, a una sua rinuncia al ruolo di perno politico del centrosinistra e alla «vocazione maggioritaria» di veltroniana memoria, per slittare progressivamente verso il connubio con i Cinque Stelle.

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