Archive for Febbraio, 2023

Quell’eterna spaccatura della sinistra

domenica, Febbraio 26th, 2023

Marcello Sorgi

La lente deformante – sottolineato: deformante – delle primarie ha restituito alla fine della lunga corsa congressuale due candidature opposte, non soltanto avversarie, che si sfideranno oggi nei gazebo, coinvolgendo non uno, ma due diversi popoli e due idee alternative di sinistra. La prima candidatura ha una proiezione soprattutto istituzionale, e non solo perché si tratta del governatore di una regione chiave come l’Emilia-Romagna. La seconda proviene dalla società civile, nasce non a caso nel movimento “Occupy Pd”, vive un po’ dentro e un po’ fuori il partito, in cui rientra, riprendendo la tessera per poter correre per la segreteria.

Non sono neppure le due metà di una mela, ma come una mezza mela che dev’essere assemblata con una mezza arancia. Quando Bonaccini ricorda che Schlein è stata la sua numero due in Regione, non lo fa certo per mostrarle affinità. E altrettanto Schlein, quando dice che l’epoca delle donne vice è finita. Così che il risultato di oggi, il vincitore o la vincitrice delle primarie rischieranno, o di dare la sensazione della vittoria dell’apparato, o di quella delle diverse aree movimentiste che mai erano riuscite a conquistare la tolda di comando. Restando così fino all’ultimo come due mondi inconciliabili e confermando i presupposti di tutte le divisioni interne, che difficilmente potranno ricomporsi.

Sarà uno strano destino per il Pd, nato dalle eredità dei due ex grandi partiti di massa novecenteschi. Se c’era una caratteristica, infatti, di Dc e Pci, era che erano avversari, avevano due diversi sistemi di valori, due differenti reti di collateralismo fortemente radicate nella società civile; predicavano l’interclassismo contrapposto alla lotta di classe, e viceversa. Ma poi sapevano sempre trovare un punto di incontro in Parlamento e nelle istituzioni, fino al “compromesso storico”, che pure li introdusse nella fase critica avviandoli verso la scomparsa.

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La solitudine di Giorgia, è allarme tra i fedelissimi: “A ogni difficoltà gli alleati scappano”

domenica, Febbraio 26th, 2023

Francesco Olivo

Quando il gioco si fa duro lì intorno non c’è più nessuno. I partiti si sentono trascurati e scaricano tutto sulla presidente: «Chiedete a lei». La solitudine a Palazzo Chigi è una condizione fisiologica, ci si chiude in quelle stanze, si devono prendere decisioni in pochi minuti e si vive sotto assedio. Ci sono passati tutti e sono bastati quattro mesi per capire che Giorgia Meloni non è un’eccezione. La vicenda dei balneari con la presidenza del Consiglio costretta a rassicurare il Quirinale, davanti a quelle che vengono definite «provocazioni dei partiti», è solo l’ultimo capitolo di una lista già abbastanza lunga.

La sensazione di chi vive a stretto contatto con la premier è che, se il rapporto con i ministri è molto buono, gli alleati in Parlamento non siano davvero tali: a ogni momento di difficoltà la leader di Fratelli d’Italia si ritrova da sola. Gli esempi iniziano a essere troppi per non diventare una tendenza. Dalla sede del governo segnalano almeno quattro momenti critici durante i quali nessuno si è preso la responsabilità di difendere la presidente: l’aumento del prezzo della benzina, le polemiche sulla giustizia (la questione intercettazioni e il caso Delmastro-Donzelli), la decisione del taglio del superbonus e, appunto, la dura nota della presidenza della Repubblica contro la decisione di prorogare le concessioni dei lidi. Situazioni difficili dal punto di vista comunicativo e politico, nelle quali Meloni si è sentita sotto attacco senza che nessuno dei suoi soci muovesse un dito per difenderla. Anzi spesso erano dall’altra parte della barricata. Nella migliore delle ipotesi, è la lettura dei suoi fedelissimi, i partiti scaricano le responsabilità su di lei, nella peggiore, e questo potrebbe essere il caso delle concessioni balneari, la mettono con la malizia davanti alle proprie contraddizioni, la Meloni oltranzista di ieri contro quella istituzionale di oggi. «Il centrodestra è abituato a governare insieme da trent’anni», ripete Francesco Lollobrigida uno dei pochi pontieri tra la sede del governo e il mondo di fuori. Ma il cambiamento dei rapporti di forza all’interno della coalizione è stato tale che quello che valeva fino a pochi anni fa oggi non valga più. I sospetti dei meloniani aumentano anche perché gli argomenti dove non arriva il soccorso degli alleati sono quelli più sensibili per l’opinione pubblica, dove cioè il rischio è di pagare in termini di consenso. E il prossimo appuntamento è sulla carta ancora più critico: la partita delle nomine. I tavoli promessi, denunciano gli alleati, non vengono convocati, «per ora tutto è in mano a Fazzolari, la sorella di Meloni, Lollobrigida e pochi altri». La premessa di una battaglia.

Se Forza Italia, con grande cruccio del vicepremier Antonio Tajani, si è ritagliata il ruolo di voce critica («avete visto che fine ha fatto Gianfranco Fini? » ha ricordato con durezza Lollobrigida agli azzurri in un’intervista a La Stampa), la Lega è più cauta. Matteo Salvini ne ha fatto un metodo: «Oneri e onori», risponde a chi gli chiede dell’alleata. La strategia del leader del Carroccio è di evitare di polemizzare apertamente con la premier, anzi di elogiarla in pubblico, salvo non andare mai in suo soccorso quando ci sono insidie sul cammino, «non le facciamo da parafulmine», è la parola d’ordine data ai dirigenti da via Bellerio.

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Chi sono i figli di Maurizio Costanzo, Saverio, Camilla e Gabriele

domenica, Febbraio 26th, 2023

I primi due li ha avuti con la seconda moglie, Flaminia Morandi, l’ultimo, il più piccolo, lo ha adottato con Maria De Filippi nel 2001

Chi sono i figli di Maurizio Costanzo, Saverio, Camilla e Gabriele

Sono tre i figli di Maurizio Costanzo: Saverio e Camilla, avuti con la seconda moglie , la giornalista e scrittrice Flaminia Morandi, e Gabriele adottato con Maria De Filippi.

Camilla è la più grande. Nata nel 1973, è una scrittrice e sceneggiatrice, ha un marito e due figli. Non ama i riflettori e si tiene lontana dai social. All’inizio della sua carriera si è cimentata nel ruolo di attrice ma poi ha cambiato strada.
Nel 2009 ha pubblicato il libro Ero cosa loro. L’amore di una madre può sconfiggere la mafia, con Giusy Vitale. Nel 2015 ha firmato il romanzo Una bellissima notte senza luna. Della sua vita privata si sa pochissimo.


Saverio è nato a Roma nel 1975, oggi ha 47 anni. Regista e sceneggiatore di successo anche lui ha avuto due figli dall’allora compagna Sabrina Nobile, ora è legato sentimentalmente all’attrice Alba Rohrwacher. Laureato in Sociologia della Comunicazione, ha iniziato la sua carriera come conduttore radiofonico, sceneggiatore e attore. Alla fine degli anni ‘90 si è trasferito a New York per perseguire la carriera da regista. Tra le sue opere più importanti ci sono L’Amica Geniale e la serie tv In Treatment, Private e La solitudine dei numeri primi.

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«Costanzo? Gli presentai io Maria De Filippi. Giovedì mi disse: ci vediamo presto. Invece se l’è portato via una polmonite»

domenica, Febbraio 26th, 2023

di Giovanna Cavalli

Giorgio Assumma, avvocato e grande amico di Costanzo: «Quando la conobbe, fu duro con Maria. Poi mi disse: “È brava, la vorrei come assistente”. Lo mise a dieta, ma lui si comprava di nascosto le caramelle. Mi disse: “Nell’aldilà si potrà avere una tv? Se no, che noia”»

«Costanzo mi chiese: “Potrò avere un televisore nell'aldilà? Se no sai che noia”»

«Maurizio mi chiese: “Secondo te, quando si va all’altro mondo, di là che succede?” Risposi: “Non lo so, però si va a stare meglio”. “E potrò avere un televisore?”. “Non credo”. “Sai che noia allora”. “Ma no, vivrai nella pace del Signore”. Vabbè, allora facciamo che chi arriva primo aspetta l’altro».

Migliori amici da 50 anni, Maurizio Costanzo e Giorgio Assumma, 88, ex presidente Siae, avvocato e confidente di molte star di cinema e tv, si conobbero nel 1973. «Ero presidente della Rusconi Film, lo contattai per un biopic su De Gasperi, poi la politica ci impose Rossellini. Lui non se la prese: “Le cose al mondo vanno così”. Da allora però non ci siamo più persi. Almeno una telefonata al giorno, caffè ogni lunedì e mercoledì al bar Vanni, davanti alla Rai. Mi chiedeva un giudizio su ogni suo progetto, io consiglio sulle cause legali, mai uno screzio».

 Al teatro Parioli, per il Maurizio Costanzo Show, c’era sempre una poltrona in prima fila prenotata per Assumma. «“Se ci sei tu io mi sento più tranquillo”. L’unica volta che mancai gli misero la bomba in via Fauro. Da allora Maurizio mi fece promettere che non avrei più perso una puntata». 

Fu Giorgio a presentargli la signorina De Filippi. «Maria era una brillante laureata in legge, consulente dell’associazione fonografici italiani, a Milano. La sentivo spesso. Mi chiese se potevo trovarle un moderatore famoso per un convegno sulla pirateria discografica a margine della Mostra di Venezia. Baudo era impegnato, Vespa pure, Maurizio traccheggiò e infine accettò. Maria venne a prenderci in aeroporto, lui manco la guardò, quasi seccato. Al Lido, scesi dalla barca, si fece sotto un fotografo. Al che Maurizio le disse secco: “Per favore, dottoressa, mi resti lontana, non voglio paparazzate”. E anche a cena la fece sedere dall’altra parte del tavolo. Tornammo a Roma e per due volte l’aereo incontrò una brutta turbolenza sopra Tarquinia, il pilota atterrò in verticale, manovra rischiosissima, che paura. “Siamo stati fortunati, oggi comincia una nuova vita”, commentammo una volta a terra». 

E infatti. «Dieci giorni dopo, era sabato, incontrai Maria in un bar di viale Mazzini. “Sono venuta a trovare una zia”. Finsi di crederle. Il lunedì Maurizio mi disse: “Sai, quella dottoressa De Filippi è in gamba, la vorrei come assistente”. E così andò». 

Tutto il resto è vita. Nozze in Campidoglio nel 1995, celebrante Francesco Rutelli, ricevimento per cento invitati a villa Assumma. «“Grazie a te ho trovato la donna che sognavo, quella che vorrei guardare negli occhi quando me ne andrò”, mi confidò. 

Ogni agosto partivamo tutti per Ansedonia. Alle 7, noi due soli, facevamo colazione leggendo i giornali, poi Maurizio si metteva a mollo in piscina, senza nuotare, fermo nell’acqua con la testa di fuori. Si portava dietro le cassette dei film di Totò, li avrà visti decine di volte, quanto rideva. La sera si andava a ballare il liscio in un paesino della Maremma, con l’orchestrina del posto, lui solo i lenti però, quelli del mattone, si divertiva. Dopo tre giorni di ferie però cominciava a smaniare, non riusciva a stare senza lavorare. “Beato te”, mi diceva quando ripartivo per Roma. 

Prima di conoscere Maria non aveva mai fatto una vacanza. E non si era mai messo a dieta. Una mattina, a San Giuseppe, prendemmo un caffè e, dietro mia insistenza, pure una piccola zeppola con la crema. Nel pomeriggio tornai nello stesso bar e il titolare mi disse: “Sa avvocato, quel suo amico è ripassato e si è mangiato dodici bignè, uno dopo l’altro”. Poi è arrivata Maria che lo teneva a stecchetto e chiedeva alle segretarie di farle la spia, se il marito sgarrava. Maurizio di nascosto si comprava le caramelle».

 Si sono sentiti l’ultima volta giovedì. 

«Gli ho telefonato in clinica. Maurizio stava molto meglio, aveva superato bene il piccolo intervento, una sciocchezza, nessuno di noi era preparato al peggio. Era di ottimo umore, abbiamo parlato di lavoro, di una nuova sceneggiatura per il cinema, di un contratto per la tv. Mi ha salutato così: “Ci vediamo presto, tanto non questa, ma la prossima settimana esco”. 

E invece una polmonite se l’è portato via. Il giorno dopo è morto. Era il mio unico vero amico. Adesso con chi parlerò?” 

CORRIERE.IT

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Barcone si spezza in mare davanti a Crotone: “Eravamo in 250”. La premier Meloni: “L’impegno del governo è impedire le partenze e le tragedie”

domenica, Febbraio 26th, 2023

Tragedia sulle coste calabresi. Una barca di migranti ha fatto naufragio stamattina davanti alle coste calabresi di Steccato di Cutro, a una trentina di chilometri da Crotone. Secondo quanto si apprende dalle operazioni di soccorso, erano circa in 180 i migranti ammassati sul vecchio barcone che non ha retto al moto ondoso spezzandosi in due e facendo cadere in mare i migranti. Circa 50 persone sono state tratte in salvo, oltre 30 i corpi recuperati – tra cui diversi bambini – mentre al momento risultano disperse quasi un centinaio di persone. I corpi di alcuni migranti morti nel naufragio dell’imbarcazione sulla quale viaggiavano sono ancora sulla spiaggia di Steccato di Cutro, coperti da teli bianchi. La pietosa opera di recupero dei cadaveri sta procedendo. I corpi, una volta rimossi, vengono raccolti nelle adiacenze del luogo dell’incidente in attesa di essere trasferiti.

[[(gele.Finegil.Image2014v1) Migranti: naufragio davanti a coste di Crotone, diversi morti_IMG-20230226-WA0002-400×267]]

E il bilancio potrebbe ancora aggravarsi. Il barcone dei migranti, che era molto carico, si è spezzato in due a causa del mare molto agitato. «In Calabria nel 2022 sono arrivati circa 18mila immigrati clandestini, la stragrande maggioranza dei quali a Roccella Jonica, un Comune in provincia di Reggio Calabria diventato ormai punto di approdo delle rotte illegali dei mercanti di esseri umani. I calabresi – un popolo che ha conosciuto il dramma dell’emigrazione – hanno accolto questi migranti, senza alzare polveroni e senza causare tensioni, ma la situazione sta davvero diventando ingestibile. Cosa ha fatto l’Unione europea in tutti questi anni? Dov’è l’Europa che dovrebbe garantire sicurezza e legalità? Che fine hanno fatto le operazioni di dialogo con i Paesi d’origine dei migranti? Tutte domande che, purtroppo, ad oggi non hanno alcuna risposta. E chi sta nei territori, a stretto contatto con la realtà di tutti i giorni, è costretto a gestire le emergenze e a piangere i morti» afferma in una nota Roberto Occhiuto, presidente della Regione Calabria. 

«È qualcosa che non si vorrebbe mai vedere. Il mare continua a restituire corpi. Tra le vittime ci sono donne e bambini» commenta Antonio Ceraso, sindaco di Cutro, il comune del crotonese dove è avvenuto il naufragio. «si vedono i resti del barcone su 200-300 metri di costa. In passato c’erano stati sbarchi ma mai una tragedia così».

«Ancora una catastrofe nel Mediterraneo. Dolore e sgomento per le vittime che si contano a decine. Uomini, donne e bambini. Intollerabile che l’unica via d’accesso all’Europa sia il mare. L’assenza di missione di ricerca e soccorso europea è un crimine che si ripete ogni giorno» Così un tweet di SeaWatch, l’organizzazione tedesca no-profit che opera nel Mediterraneo centrale. 

Meloni: «Profondo dolore per le vite stroncate dai trafficanti di uomini» 

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Perché l’Italia ha bisogno del Partito Democratico

domenica, Febbraio 26th, 2023

MASSIMO GIANNINI

Servirebbe quasi un appello “a tutti gli uomini liberi e forti” come quello che Don Sturzo rivolse agli italiani il 18 gennaio 1919, per convincere almeno un milione di cittadini coraggiosi ad accorrere questa mattina ai gazebo, per votare alle primarie del Pd. Servirebbe la consapevolezza di “questa ora grave”, per spingerli a versare 2 euro e depositare quella scheda nell’urna, sentendo “alto il dovere di cooperare ai fini superiori della Patria” e propugnando “nella loro interezza gli ideali di giustizia e libertà”. Ma sarebbe inutile. Non siamo nel ’19, anche se in giro tira un’arietta “diciannovista”. Stefano Bonaccini e Elly Schlein non sono Don Sturzo. E in quel partito pare ormai perduta ogni gravitas, ogni coscienza di sé e del suo posto nel mondo e nella Storia. È una sinistra sospesa tra Kafka e Sanremo. Da una parte si macera in un congresso lungo cinque mesi, tra regole esoteriche e astrusi commi 22. Dall’altro lato si crogiola con le canzoni di Ultimo dopo aver dimenticato gli ultimi e con i testi di Rosa Chemical dopo aver archiviato quelli di Rosa Luxemburg.

Eppure a questa Italia in amore con Giorgia Meloni, a tratti più per consunzione che per convinzione, un’alternativa politica credibile e spendibile servirebbe come l’aria. Non perché i patrioti non abbiano gambe per camminare fino al termine della legislatura. Le hanno, eccome se le hanno. Anche se non saprà mai capire né accettare la benedetta pedagogia costituzionale di Sergio Mattarella, questa destra durerà. Durerà nonostante i provvedimenti senza coperture finanziarie e i cedimenti senza vergogna alle lobby balneari, gli strappi di Berlusconi per l’amico Putin e gli spasmi di Salvini per le armi a Kiev, i pasticci sulle accise e i bisticci sul Superbonus, le bravate para-squadriste di Donzelli&Delmastro e le sparate cripto-fasciste di Fazzolari&Valditara.

Ma un’opposizione seria e solida è essenziale. Più Palazzo Chigi è contendibile e il ricambio è possibile, più la maggioranza dovrà almeno provare ad alzare gli standard di qualità del governo e abbassare il tasso di conflittualità interno. In caso contrario l’Italia rischia di scivolare verso un regime di democrazia bloccata. Per certi versi simile a quella della Prima Repubblica dominata dall’eterna Dc, ma stavolta senza più neanche il contrappeso di un altro partito popolare di massa, per quanto interdetto dal “Fattore K”, come il Pci. Al suo posto, avremo chissà ancora per quanto un’accozzaglia informe di capi e capetti in conflitto sistemico, una rissosa macchinetta da guerra comunque votata alla disfatta permanente.

Per questo, comunque la si pensi, converrebbe al Paese che alle primarie del Pd ci fosse più partecipazione possibile. Non sarà né potrà essere una “festa di popolo”, come successe nel 2005, quando vinse Prodi col 71% e andarono a votare in 4 milioni e 311 mila. Risultato impensabile, oggi. Vuoi per la diserzione generalizzata dalle urne che abbiamo già visto dilagare alle politiche del 25 settembre e poi alle regionali del 12 febbraio, dove al seggio sono andati 4 elettori su 10. Vuoi per la disaffezione specifica della gente di sinistra, già certificata dalle ultime primarie del 2019, quando vinse Zingaretti col 66% ma votarono solo in 1 milione e 582 mila. L’emorragia delle primarie è dolorosa: quasi 3 milioni di voti persi. Quella delle politiche è addirittura clamorosa: nel 2008 il neonato Pd attraversato dallo “spirito del Lingotto” veltroniano prese 12 milioni di voti, oggi è sceso a 5,3 milioni. I voti persi, in questo caso, sfiorano i 7 milioni. Un disastro. Anche se in Lazio e in Lombardia il partito-zombi che tutti davano per spacciato ha perso ma è sopravvissuto, dimostrando un’inaspettata resilienza.

Il partito-kebab, che a ogni tornata elettorale viene fatto a fette da un nemico finché resterà soltanto l’osso, ha ancora carne e sangue per resistere. E persino il leader-ombra Enrico Letta, che tutti davano alla macchia, ha lasciato tracce non trascurabili. In questi mesi ne abbiamo dette, scritte e sentite di tutti i colori “sull’apposito Pd”. Partito ipotetico, prima liquido e poi gassoso. Partito in gabbia, fatto e finito. Partito di baroni e di capibastone. Da ultimo, tra sacchi di petrodollari del Qatar e visite agli ergastolani di Sassari, anche partito corrotto e fiancheggiatore di mafiosi e terroristi. Persino il mite Gianni Cuperlo ha perso la pazienza: “Adesso basta, ci vuole rispetto per il Pd: non siamo né Sturzo né Gramsci, né Tina Anselmi né Nilde Jotti, ma non siamo nemmeno Brancaleone da Norcia”.

Purtroppo tra tante accuse esagerate c’è anche qualche amara verità. È vero che in questi anni, a forza di andare sempre un po’ più “oltre”, la sinistra si è smarrita. La malintesa “vocazione maggioritaria”, la pretesa del catch-all, la forza pigliatutto aperta inclusiva e contendibile, scevra da ideologismi e genericamente liberal, senza più ancoraggi a ceti e a classi, è finita in un “altrove” dove non si è più riconosciuta e non è stata più riconoscibile. La fusione a freddo tra le due anime, l’ex democristiana e l’ex comunista, ha prodotto “l’amalgama mal riuscito”. Lo scarso spirito di appartenenza è diventato il difetto di fabbrica della “Ditta”, generando scissioni “a schiovere” e leadership a perdere, sempre sacrificate nell’assurda cerimonia cannibale officiata sull’altare del risentimento, dove sono passati Prodi e D’Alema, Veltroni e Bersani, Renzi e Letta. Sempre più disancorato dai valori fondativi indicati da Bobbio, cioè libertà uguaglianza e solidarietà, il partito ha smesso di sognare e di pensare, ripiegandosi sulla gestione del potere e l’amministrazione di apparati e compiacendosi dei suoi stessi vizi: il “governismo” che l’ha sdraiato per 11 anni in un osceno kamasutra di larghe intese e unità nazionali senza un’elezione vinta, “l’elitismo” che ha coltivato nei salotti Ztl ricchi e riflessivi e sempre più lontani dalle periferie della marginalità e del disagio, il “correntismo” che l’ha immiserito nella cinica spartizione di tessere e prebende, candidature e poltrone.

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Piemonte, medici in fuga dalle scuole di specialità

sabato, Febbraio 25th, 2023

Alessandro Mondo

TORINO. Non va confusa la carenza di medici specialisti con quella di laureati: in Italia e in Piemonte mancano specialisti, non laureati», avvertiva pochi giorni fa Chiara Rivetti, segretario del sindacato Anaao Assomed, rettificando le lamentele della Regione. Tema del comntendere: la scarsa assegnazione dei posti per il corso di laurea in Medicina e Chirurgia.

Vero è che, in ogni caso, più posti per il corso di laurea non guasterebbero: il ministero della Ricerca e dell’Università, su sollecitazione di quello della salute, ha già dato assicurazioni al riguardo. Doppiamente vera, e persino più preoccupante, la fuga dei medici dalle borse (tecnicamente: contratti) di specializzazione. Senza considerare la disomogeneità nella scelta delle specializzazioni, per coloro che scelgono questo percorso.

La rappresentazione plastica di questo piano, sempre più inclinato, è contenuta nello studio realizzato da Anaao sull’effettiva fruizione da parte dei medici neolaureati dei 1861 contratti statali banditi in Piemonte negli ultimi due concorsi di specializzazione (2021 e 2022). Obiettivo: capire come è orientata la scelta dei futuri medici specialisti. Due voci: “contratti non assegnati”, ovvero quelli che in sede concorsuale non sono stati assegnati a nessun medico perché nessuno li ha scelti: “contratti abbandonati”, ovvero quelli assegnati a medici che l’anno successivo hanno riprovato il concorso cambiato specializzazione tramite una nuova assegnazione. In Piemonte una borsa di specialità su 5 (19% dei contratti) non viene assegnata o viene persa durante il percorso di specializzazione.

Fenomeno nazionale: quasi 6 mila, in Italia, i medici in fuga dalle scuole di specializzazione. Non c’è una sostanziale differenza percentuale tra le varie regioni italiane. Analizzando l’entità dei contratti non assegnati, ad eccezione della Regione Sicilia (3%), tutte le regioni italiane hanno una sostanziale identità percentuale di contratti non assegnati, con una forchetta tra il 7% e il 22% e con il Friuli Venezia Giulia in cui c’è quasi un contratto su tre (29%) non assegnato.

Il problema nel problema, come si premetteva, è la pressochè completa adesione a quelle scuole di specialità in cui l’attività privata e ambulatoriale rientra tra gli sbocchi lavorativi: scartate, o subito abbandonate, quelle prettamente “ospedaliere e pubbliche”. Particolare non trascurabile: le protagoniste nella lotta pandemica, prima tra tutte la Medicina d’Emergenza Urgenza, oltre che nella quotidianità.

Qualche dato: in Piemonte la Medicina d’Emergenza Urgenza registra il 57% delle borse perse, la Microbiologia il 57%, Patologia Clinica il 74%, Radioterapia l’86%. Interessante anche il dato della Rianimazione con il 33% di mancate scelte. «La carenza di organico rende il lavoro più disagiato e questo allontana i giovani medici», spiega Rivetti.

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Addio a Maurizio Costanzo, aperta la camera ardente in Campidoglio: la diretta video

sabato, Febbraio 25th, 2023

Il feretro accolto dal sindaco di Roma Gualtieri

CorriereTv

Il sindaco di Roma Capitale Roberto Gualtieri accoglie il feretro di Maurizio Costanzo in Campidoglio per la camera ardente nella Sala della Protomoteca. La sala sara’ aperta al pubblico dalle 10:30

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Maurizio Costanzo, intelligente e potente: ognuno di noi gli deve qualcosa (ecco perché)

sabato, Febbraio 25th, 2023

di Aldo Cazzullo

Bastava una sua battuta in un romanesco sminuzzato per far aprire una persona e un mondo. Lanciò Sgarbi e Maria De Filippi, forse l’uomo e la donna più conosciuti d’Italia

Maurizio Costanzo, intelligente e potente: ognuno di noi gli deve qualcosa (ecco perché)

Come Molière, Maurizio Costanzo è morto in scena. O, se si preferisce un’espressione di Renzo Piano, è morto nel cantiere. Senza mai smettere di lavorare; che per lui significava vivere.

Ha fatto un sacco di cose, quasi tutte (ma non tutte) bellissime. Fu il primo a invitare in televisione i capi del partito comunista. A «bontà loro» chiedeva a ogni ospite: «Cosa c’è dietro l’angolo ?». Giancarlo Pajetta rispose: «Un altro angolo».

Giorgio Amendola, ingelosito, volle essere invitato anche lui. Scrisse Una giornata particolare per Scola e Se telefonando per Mina. Lavorò a «Paese Sera» con Mughini e Dario Argento.

Inventò un genere, la tv popolare, parlando pochissimo: bastava una sua battuta in un romanesco sminuzzato per far aprire una persona e un mondo. Si iscrisse alla P2, diresse un giornale della Rizzoli piduista, ma a differenza di altri ammise di aver sbagliato.

Ospite del suo show, confuso tra il pubblico, una volta ci fu anche il latitante Matteo Mesina Denaro.

Inventò Sgarbi e Maria De Filippi, forse l’uomo e la donna più conosciuti d’Italia. Distrusse Pippo Baudo quando divenne direttore di Canale5. Introdusse Giovanni Falcone al grande pubblico. La mafia tentò di ammazzarlo.

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Maria De Filippi scioccata dalla morte del marito Maurizio Costanzo: non se lo aspettava

sabato, Febbraio 25th, 2023

di Renato Franco

La conduttrice andava a trovarlo mattina e sera in clinica e non immaginava questa evoluzione. Erano uniti da 33 anni e insieme avevano anche un figlio adottivo

Maria De Filippi scioccata dalla morte del marito Maurizio Costanzo: non se lo aspettava

Molto provata, scioccata, basita. È questo lo spettro di sentimenti che attraversa l’animo di Maria De Filippi, che è stata colta di sorpresa dalla morte di Maurizio Costanzo. Non se lo aspettava, non c’erano avvisaglie. Lui era stato ricoverato in una clinica romana per un piccolo intervento, «un problemino fastidioso, ma non grave». Lei lo andava a trovare mattina e sera, poi come sempre al lavoro, a registrare Amici. Una routine normale ed eccezionale li legava ogni giorno da 33 anni. La cena insieme, sempre, ma anche le vacanze (tranne in montagna a sciare, andava solo lei), una convivenza quasi simbiotica che il Covid aveva cementato ancor di più. Con il tempo lei era diventata il suo sergente di ferro — come scherzavano tra loro: controllava dieta e salute, centellinava cibi e dolci.

Il loro è stato un amore (insieme hanno avuto un figlio adottivo Gabriele, oggi 30enne), ma anche un’alleanza e una staffetta. L’intesa che si rinsalda in un passaggio di testimone. Prima lui potentissimo e lei una signora nessuno, ma con tanta stoffa. Infatti cresce alla velocità della luce. Arriva il momento in cui in coppia sono «la» televisione, ascolti & potere. Un sodalizio (non solo sentimentale) che continua finché lei — forte dei 23 anni in meno — diventa il pilastro di Mediaset come un tempo era stato lui. Costanzo & De Filippi, un marchio, un brand, una coppia indissolubile, la più potente della tv. Mai ci fu connubio più influente. Due che hanno fatto (lei la sta ancora facendo) la storia della tv.

Maurizio Costanzo e Maria De Filippi si conoscono nel 1989 quando il giornalista era già un nume tutelare di Canale 5, successi e insuccessi passavano per la vetrina del suo talk show, che decreta trionfi e disfatte, apre o stronca carriere. Un trampolino di lancio, quei 15 minuti di celebrità che se riuscivi a bucare lo schermo si potevano ripetere in un istante che diventava eterno. Anche Maria è una sua intuizione (tra i tanti che ha lanciato si deve aggiungere anche lei). All’inizio Queen Mary era ancora una principessa povera: «Quando ancora non ero popolare, e arrivavamo nei posti, mi sentivo messa da parte, direi sicuramente di essere stata gelosa di Maurizio. Poi ho imparato che Maurizio sa esserci, è un punto fermo, penso che mi abbia rasserenato. Io avevo due lati diversi. Uno molto forte, la certezza di saper fare, mentre dal punto di vista emotivo ero insicura».

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