Archive for Febbraio, 2023

L’uomo che inventò il talk

sabato, Febbraio 25th, 2023

Massimiliano Panarari

Il talk show prima che imparassimo a chiamarlo così ha avuto un creatore indiscusso. Maurizio Costanzo ne è stato il demiurgo nazionale. Lo ha inventato sotto le vesti di «Bontà loro», e in seguito ne ha brevettato la formula-format, salutata da un successo via via crescente, stabilendone stilemi e variazioni interne con il programma che da lui ha tratto il nome e il titolo, il famosissimo e intramontabile Maurizio Costanzo show.

È stato un talento comunicativo molto versatile, che ha esordito con la stampa cartacea (fare il giornalista rappresentava la sua aspirazione giovanile) tra il quotidiano Paese Sera, il settimanale Grazia e la direzione de La Domenica del Corriere. Ha fatto l’autore radiofonico ed è stato pure il coinventore del personaggio di Fracchia. E a lui si deve la copaternità di un tentativo originale nel panorama della stampa italiana, la direzione nel’79 de L’Occhio, ovvero un esperimento di quotidiano popolare in un Paese quale il nostro che, per molteplici ragioni, è rimasto perennemente estraneo a quel paradigma giornalistico che ha riscosso tanto successo in molte altre nazioni. Ma la sua impronta più rilevante, naturalmente, l’ha lasciata in virtù del suo ruolo storico di «comunicatore della tv», ovvero di inventore-utilizzatore della logica del piccolo schermo quale medium attraverso cui riscrivere la grammatica comunicativa e conversazionale generale del vasto pubblico che lo seguiva con assiduità.

Il «Codice Costanzo» è stato uno dei capitoli e degli snodi fondamentali della neotelevisione italiana, per usare la nota categoria di Umberto Eco, ispirato – come da precetti della cultura postmoderna della cui applicazione al tubo catodico il conduttore-autore ha giustappunto identificato un pioniere – alla mescolanza «alto-basso» e all’ibridazione dei generi. Con quell’aria sorniona e ammiccante (connotato antropologico di una certa romanità), e quel look rassicurante – e immutabile – imperniato sul panciotto e su una camicia azzurra senza cravatta, è divenuto la quintessenza di una «forza tranquilla» televisiva. In grado, pertanto, di entrare nelle case di tutti avvalendosi di un linguaggio familiare, ma che – attraverso quella che si potrebbe etichettare come la «disciplina della chiacchiera» – faceva della contaminazione la propria cifra distintiva e disseminava il discorso di spunti tutt’altro che scontati e temi della vita pubblica. Era proprio la disinvolta «chiacchiera tra amici» (che, nell’arco di un quarantennio di programma, ha visto susseguirsi svariate decine di migliaia di interviste) a fare scattare il meccanismo mimetico e dell’identificazione tra il costanziano salotto mediatico e quello domestico e casalingo dove era collocato il televisore. Quella chiacchiera che, difatti, era frutto solo all’apparenza di casualità e divagazione e, al contrario, come tutto ciò che sembra «naturale» dentro il piccolo schermo, costituiva l’esito di una lavorazione e di una scrittura piuttosto intense.

Tra il 1976 e il 1978 Bontà loro in onda sulla Rai – espressione che risuonava come un tributo a coloro che facevano la gentilezza di rendersi disponibili all’intervista in trasmissione – aveva consentito il rodaggio dello «show di chiacchiere di varia umanità», via via perfezionato, fino all’approdo al suo omonimo programma-ammiraglia trasmesso da Fininvest a partire dal 1982. E in questo periplo televisivo, come nelle varie altre tappe del suo viaggio autoriale e di conduttore – Acquario, Grand’Italia, Fascination e Buona domenica – si colgono con nettezza i tratti e gli elementi costitutivi di quello che possiamo chiamare il “mauriziocostanzismo”, da cui traspaiono anche una passione per il potere e quella dimensione self-centered, che la televisione – in Italia vero potere fortissimo e autoriferito – compendia infatti in maniera esemplare. E, dunque, nel «mauriziocostanzismo» si ritrovano la circumnavigazione attorno alla sfera privata e intima dell’ospite, che viene invitato a mettersi a nudo e a una sorta di confessione per scoprire – riprendendo uno dei suoi slogan più conosciuti – «cosa c’è dietro l’angolo». E, in materia, rimane agli annali la replica di Giancarlo Pajetta – «un altro angolo» –, la migliore risposta mai ricevuta, a insindacabile giudizio dello stesso conduttore-intervistatore. Ancora, il gusto, molto italico, per la conversazione (per l’appunto la chiacchiera), che spazia in lungo e in largo, e senza soluzione di continuità, tenendo insieme argomenti e argomentazioni differenti, secondo uno schema di orizzontalizzazione che nell’età postmoderna ha trovato la propria celebrazione assoluta. Insomma, se il giornalismo popolare cartaceo, per la cui diffusione Costanzo si era adoperato, non ha colto i risultati sperati, per contro i suoi format hanno imposto una televisione e informazione pop decisamente vincenti, e capaci di fare scuola. Uno «spettacolo di parola» che ha fatto da palestra e luogo di scouting di talenti e personaggi tv, e in cui hanno trovato spazio eventi mediali unici e dirompenti come la maratona-staffetta Rai-Fininvest contro la mafia condotta insieme a Michele Santoro, che ha spianato la strada al salto nel talk show cosiddetto «di seconda generazione» (e nella quale si intravede anche la relazione di amicizia e stima che legava Costanzo a Giovanni Falcone).

Rating 3.00 out of 5

Maurizio Costanzo, l’ultimo show

sabato, Febbraio 25th, 2023

Ha lavorato fino alla fine, Maurizio Costanzo, perché per lui la morte vera, quella che ti coglie prima del tuo tempo, è sempre stata la noia. Ed è stata anche questa insofferenza che lo ha reso quello che è stato e che ancora è, perché è complicato immaginare il nostro piccolo mondo senza la sua voce che fa capolino da ogni mezzo di comunicazione possibile. Oggi e domani la camera ardente sarà allestita in Campidoglio, lunedì i funerali nella Chiesa degli Artisti in Piazza del Popolo. Autore per il teatro e la televisione, paroliere, sceneggiatore, regista, scrittore, attore, professore all’Università e naturalmente conduttore televisivo e radiofonico. Un curriculum iniziato giovanissimo, a soli 17 anni, con un diploma da ragioniere in tasca, e una collaborazione con l’edizione serale di un quotidiano romano, Paese Sera, dove gli affidarono una piccola rubrica sugli intellettuali e lo sport, grazie alla quale conobbe anche Pier Paolo Pasolini.

Il sogno del giornalismo realizzato con i consigli di Indro Montanelli, a cui scrisse, ancora sui banchi di scuola e che è sempre rimasto per lui un punto di riferimento importante, soprattutto nei tempi bui, quelli dello scandalo P2, «l’unico errore della mia vita», come diceva spesso Costanzo. Unico, certo, ma imponente, in grado di spezzare la vita, non solo una carriera. Ma non quella di un uomo che aveva una determinazione e un sogno capaci di portarlo via dalle secche. Quando lo intervistavi, questo capitolo era sempre lì, pronto a emergere dal passato e così era lui che lo anticipava, senza tentare giustificazioni impossibili con l’intelligenza di chi riconosce gli errori e sa anche superarli.

Quando esplode lo scandalo Costanzo è già un giornalista affermato: dopo Paese Sera era andato a Genova al Corriere Mercantile e poi a TV Sorrisi e Canzoni, e nel 1963 alla Rai, dove esordisce alla radio come autore per il programma Canzoni e nuvole di Nunzio Filogamo. Nel 1976 aveva raggiunto la grande popolarità conducendo il talk show Bontà loro ma sempre famelico di nuove sfide nel 1978 accettò di dirigere la Domenica del Corriere e nel 1980 fondò L’Occhio, portando il format del giornale popolare, sul modello inglese, in edicola. Il riferimento era il Daily Mirror, con foto e titoli gridati, e anche battaglie populiste, come la pena di morte nei giorni del sequestro del magistrato Giovanni D’Urso. Un esperimento durato poco e che si concluse per colpa, anche, dello scandalo della P2, la loggia massonica di Licio Gelli a cui risultarono iscritti i vertici del gruppo editoriale (il presidente Angelo Rizzoli, nipote del fondatore, e l’amministratore Bruno Tassan Din), ma anche il direttore del Corriere della sera Franco Di Bella e lo stesso Costanzo che pochi mesi prima, il 5 ottobre 1980, aveva per di più firmato in terza pagina sul Corriere un’intervista accondiscendente proprio a Gelli.

Iniziò da qui un momento buio in cui, il telefono a casa non suonava più. Poi lo squillo che cambiò tutto. «Non lo dimenticherò mai», ha raccontato Costanzo. Dall’altra parte della cornetta c’era Sergio Zavoli. «Mi disse: la vuoi smettere di fare l’ambasciatore a San Marino? Mi spronò a riprendere, a rimettermi al lavoro. Ricominciai da zero. Da Videolina a Cagliari e da una tv di San Benedetto del Tronto, facevo le interviste lì». Una nuova gavetta insomma. Ma durò poco, perché il 14 settembre 1982, su Rete 4 va in onda la prima puntata del Maurizio Costanzo Show, trasmesso prima dal Sistina e poi dal Parioli. «Io peraltro l’ho sempre vissuto come un evento teatrale, con personaggi che si scontrano o si amano», spiegava Costanzo che su quel palco crea personaggi, uno fra tutti Vittorio Sgarbi. Le notizie serie e quelle frivole, il gossip e le battaglie civili, le storie umane, il cabaret, un palco che accoglie tutto e tutti e che in fondo non è altro che la rappresentazione di quello che sarebbe potuto essere il quotidiano L’Occhio. In quello show si parla molto anche di mafia, soprattutto dal 1991 dopo l’omicidio dell’imprenditore palermitano Libero Grassi. Costanzo lanciò una campagna contro la criminalità organizzata, per sensibilizzare coscienze, sollecitare le istituzioni, dare voce ai giudici che rischiavano ogni giorno la vita in prima linea, come Giovanni Falcone che salì diverse volte su quel palco. In una puntata Costanzo bruciò una maglietta con la scritta «Mafia made in Italy».

Rating 3.00 out of 5

Revisione auto, arriva il bonus per compensare gli aumenti

sabato, Febbraio 25th, 2023

Dario Murri

Scadenza obbligata per i possessori di autoveicoli e motoveicoli, la revisione periodica è un adempimento di legge, che però ha un costo, soggetto anch’esso ad aumenti. Per controbilanciare quello scattato a novembre 2021 e i precedenti, quest’anno il governo ha deciso di introdurre un “bonus revisione”. Vediamo in cosa consiste e come ottenerlo.

Che cos’è la revisione auto

Ogni veicolo circolante sul territorio italiano è soggetto a controlli periodici, che ne verificano il corretto funzionamento delle parti meccaniche ed elettroniche. Revisionare un mezzo significa monitorarne funzionamento ed efficienza, anche a livello ecologico; più esso invecchia più i controlli si intensificano. I controlli riguardano freni, sospensioni, luci, frizione, emissioni gas, il livello di rumorosità, che non deve superare i limiti di legge, ma anche tergicristalli e clacson, oltre ad eventuali sensori per il parcheggio. Sottoposto a verifica e confrontato con quello riportato sulla Carta di Circolazione anche il numero di telaio, che dev’essere leggibile a norma di legge, per evitare contraffazioni. La revisione accerta inoltre le buone condizioni di carrozzeria e cristalli, e ancora, la presenza di accessori fondamentali in caso di avaria, come cric, triangolo segnalatore ed eventuale ruota di scorta.

Ogni quanto va effettuata la revisione

Il tempo che intercorre tra un controllo e l’altro è determinato dal tipo di veicolo e dalla sua età. Per i veicoli nuovi o di recente immatricolazione la revisione è prevista a distanza di 4 anni, in base al mese di immatricolazione. Dopo i primi quattro anni, la revisione seguirà una frequenza biennale, sempre nel mese di riferimento. Se ad esempio l’auto è stata immatricolata il 20 maggio 2019, la prima revisione andrà effettuata entro il 31 maggio 2023, la seconda entro il 31 maggio 2025 e così via. La revisione segue le stesse tempistiche per auto, ciclomotori, autocaravan e mezzi oltre le 3,5 tonnellate; regole diverse invece per mezzi di trasporto pubblico, rimorchi e taxi, soggetti a procedura annuale.

Come funziona e quanto costa la revisione auto

La revisione può essere effettuata presso la Motorizzazione Civile o i centri meccanici autorizzati dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. I prezzi di una revisione variano in base al centro presso cui viene effettuata e in media oscillano tra i 54,95 euro della Motorizzazione e i 79,02 euro di un’officina autorizzata. Chi volesse risparmiare può scegliere la prima opzione, ma dovrà mettere in conto tempi più lunghi: bisognerà infatti prenotare direttamente presso la sede provinciale, presentarsi il giorno dell’appuntamento e attendere il proprio turno. Di solito nelle officine convenzionate la procedura viene espletata in meno di un’ora, o al più tardi in giornata. I costi indicati non includono però eventuali riparazioni, sostituzioni, pezzi di ricambio necessari per rendere il mezzo idoneo al superamento dei controlli. Alcune officine inviano un avviso scritto al proprietario del mezzo un mese prima della scadenza della revisione, così da poterla pianificare per tempo e rimanere al passo con gli obblighi di legge.

Revisione con la Motorizzazione Civile

Nel caso in cui si opti per la Motorizzazione Civile, bisognerà compilare il modello MC2100, reperibile anche online, o chiederne una copia gratuita direttamente allo sportello. Al momento di prenotare l’appuntamento bisognerà aver già versato i 54,95 euro necessari sul conto corrente 9001 del Dipartimento dei Trasporti Terrestri, portando con sé la ricevuta di pagamento. La prenotazione si effettua presentando il libretto di circolazione e il documento di identità del proprietario. Verrà quindi fissato l’appuntamento, ma conviene essere molto in anticipo sui tempi, visto che possono passare diversi giorni tra prenotazione e giorno della revisione.

Rating 3.00 out of 5

Pestaggio di Firenze, Stefano Massini: “I patrioti rivalutano il fascismo”

sabato, Febbraio 25th, 2023

ANNALISA CUZZOCREA

«Ho fatto un sogno», dice Stefano Massini. «C’era il ministro Valditara che giurava davanti a Mattarella sulla nostra Costituzione repubblicana, ma dev’essere stato appunto solo un sogno, non può essere vero. Altrimenti la condanna per il pestaggio di Firenze sarebbe già arrivata e quel ministro, il ministro dell’Istruzione e del merito, non se la sarebbe presa con la dirigente del liceo Leonardo Da Vinci».

È un liceo, il Leonardo da Vinci, che lo scrittore e attore fiorentino – dal 6 marzo in scena con Bunker Kiev nel vero bunker del teatro della Pergola di Firenze – conosce bene. Non solo perché era la scuola di sua madre, ma perché lì ha tenuto un laboratorio teatrale per 15 anni. Un legame speciale, quindi, ma non è questo il punto.

Il punto è quel giuramento davanti alla Costituzione repubblicana?
«Mi sembra di ricordare che la nostra sia una Costituzione antifascista, o ho sognato anche quello? Perché non è possibile che chi ha giurato fedeltà ai valori dell’antifascismo pensi anche lontanamente a provvedimenti disciplinari contro una preside che ha scritto una lettera molto bella e molto giusta. Sarebbe da spergiuri».

Valditara ora nega di aver minacciato sanzioni, ma sono stati in molti da destra ad attaccare Annalisa Savino. È come si fosse costruita una realtà parallela secondo cui l’antifascismo non dovrebbe essere un valore comune. Come fosse “di parte”.
«Condivido quest’analisi e ne aggiungo una mia. Credo ci sia un problema di distorsione ottica, di dismorfismo. La destra ha vinto le elezioni del 25 settembre, ma vorrei chiedere ai suoi rappresentanti: siete proprio sicuri che i milioni che hanno votato Giorgia Meloni e lo schieramento di centrodestra abbiano votato per questo revanscismo? Per il ripristino e la risurrezione di tutta una serie di valori, codici linguistici, comportamentali, morali, estetici, defunti con la caduta di Benito Mussolini dopo la catastrofica alleanza con Tokyo e Berlino? Siete sicuri vi abbiano dato questo mandato? Io non lo sono».

Pensa che la mancata condanna di pestaggi come quello davanti al liceo Michelangiolo a opera di sei giovani di Azione studentesca danneggi la maggioranza?
«Credo la indeboliscano il silenzio assordante su quanto successo davanti al Pascoli e al Michelangiolo, unito al clamore assordante delle dichiarazioni contro la preside Savino».

La destra ha mancato di condannare molte cose già in passato.
«Credo che chi abbia vinto le elezioni sia titolato a governare e anche a fare cose di destra, ma di una destra del terzo millennio, non nostalgica e anzi addirittura col torcicollo a furia di rivendicare quel tipo di paternità».

Rating 3.00 out of 5

Balneari, il richiamo di Mattarella: così la maggioranza ora riaprirà il dossier. La mediazione di Fitto

sabato, Febbraio 25th, 2023

di Paola Di Caro

Era nell’aria, ed è arrivata la censura del capo dello Stato al decreto Milleproroghe che, dicono dalla maggioranza, la stessa premier Giorgia Meloni aveva provato ad aprire a modifiche proprio per non incorrere nei rilievi del Quirinale. Non c’è quindi irritazione a palazzo Chigi, piuttosto una presa d’atto che fa presagire un intervento in tempi brevi sulla eterna querelle dei balneari. Sia per mantenere buoni i rapporti con il Quirinale — nella nota non a caso si apprezza la volontà di Meloni di confrontarsi con il Parlamento e di evitare un eccessivo ricorso ai decreti legge — sia per non incorrere nella procedura di infrazione della Ue, che da tempo chiede che le concessioni sulle spiagge siano sottoposte a concorrenza. È infatti attesa forse già tra due mesi la decisione della Corte di giustizia europea sulla questione e se bocciasse la norma «per i balneari sarebbe un disastro», ammettono fonti di FdI. Quindi, la decisione di Mattarella di richiamare governo e Parlamento potrebbe essere perfino utile per riaprire un tavolo con le categorie ed arrivare a modifiche prima che sia troppo tardi.

La nota ufficiosa del governo

Dal governo arriva quindi una nota ufficiosa in cui si apre ai rilievi di Mattarella: «Rispetto alla norma che formalmente è in vigore, quanto richiamato dal capo dello Stato meriterà attenzione e approfondimento da parte del governo nel confronto con le forze parlamentari». La norma che proroga le concessioni al 2025, si precisa, è appunto ormai legge, ma si cercherà di modificarla. Niente affatto facile però. Nei giorni scorsi, la moral suasion del capo dello Stato era stata efficace per eliminare dal Milleproroghe una norma proposta dal presidente della Lazio, nonché senatore, Claudio Lotito per prorogare al 2026 la concessione per trasmettere il campionato di calcio a Dazn. Un pressante «invito» che la premier aveva accolto, tra i mugugni delle società di calcio. Sui balneari invece, bacino di voti di tutti i partiti del centrodestra, la resistenza è stata feroce.

Il tentativo di Fitto

Raccontano che nelle scorse settimane il ministro per gli Affari europei Raffaele Fitto, incontrandosi con le associazioni di categoria, avesse tentato di aprire un dialogo, trovandosi però di fronte un muro. A quel punto, il governo non ha forzato, e ha lasciato alle forze parlamentari la decisione di presentare l’emendamento per prorogare le concessioni. Nei giorni scorsi al Senato il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani, aveva avvertito i capigruppo del centrodestra: il Quirinale si oppone alla norma, e potrebbe perfino non promulgare la legge rinviandola alle Camere. Ma trasversalmente sia da FdI sia soprattutto da Lega (che al momento non commenta) e Forza Italia non hanno voluto sentire ragioni: noi siamo il Parlamento e decidiamo liberamente, il senso delle risposte soprattutto dell’azzurro Maurizio Gasparri e del capogruppo leghista Massimiliano Romeo.

Rating 3.00 out of 5

“Dopo 30mila ospiti sono ancora curioso. Che serate con Sordi, la Vitti e i tre tenori”

sabato, Febbraio 25th, 2023

Paolo Giordano

"Dopo 30mila ospiti sono ancora curioso. Che serate con Sordi, la Vitti e i tre tenori"

Pubblichiamo uno stralcio di una intervista concessa da Maurizio Costanzo al Giornale nel dicembre del 2021. Costanzo racconta i primi giorni del suo Show e rivela quali furono i suoi modelli.

Si ricorda la prima?

«Andava in onda soltanto una volta alla settimana su Rete4, allora di proprietà della Mondadori. Poi la comprò Berlusconi e mi chiese di fare una puntata al giorno».

Adesso siamo arrivati a 30mila ospiti. Da Kirk Douglas a Carmelo Bene all’uomo qualunque, passando per politici, giornalisti, cantanti, star.

«L’ospite che per primo mi viene in mente adesso è Aïché Nana, sa la ballerina che negli anni Cinquanta improvvisò uno spogliarello citato anche da Fellini nella Dolce Vita?».

La famosa festa organizzata dall’appena scomparsa Olghina di Robilant al Rugantino di Roma che diventò il manifesto di un’epoca.

«Un atto casuale ma dirompente. Uno di quei gesti che entrano nella storia del costume. Mi piaceva la sua voglia di vivere, di rimanere sempre la Aïché del ristorante Rugantino, piena di entusiasmo».

Il bello del Maurizio Costanzo Show è che talvolta diventa un «confessionale».

«Una volta Andreotti disse: Lo sa che quasi tutti i miei compagni di scuola sono diventati cardinali? Loro hanno fatto carriera. Ma come, gli risposi, loro hanno fatto carriera? E lei?».

Era presidente del Consiglio.

«Ma quella risposta era forse la conferma di un suo riflesso mentale, magari una conseguenza dell’educazione per la quale il Vaticano restava per lui sempre il punto di riferimento più importante».

Ci sono stati ospiti che, da soli, valevano il biglietto.

«Sordi. Oppure Gassman. Oppure i tre tenori Pavarotti, Carreras, Domingo. O Monica Vitti, che ricordo con tenerezza. L’ultima volta che è venuta da me ne aveva 70 e quella sera ho intuito che non stava già bene. Non aveva nulla di visibile, per carità, solo una mia sensazione».

Costanzo ha «importato» il talk show dagli Stati Uniti.

«E ho voluto l’orchestra sul palco perché l’avevo vista da Johnny Carson nel Tonight Show».

Rating 3.00 out of 5

Quando Costanzo raccontava il rapporto con Maria: “Mi bullizza ma è la donna nella cui mano vorrei morire”

venerdì, Febbraio 24th, 2023

In collegamento nella puntata di Che Tempo Che Fa Maurizio Costanzo e Maria De Filippi hanno scherzato con Fabio Fazio e Luciana Littizzetto sulle loro dinamiche di coppia. Costanzo ha raccontato “Io sono un vecchio goloso finito con una che lo tiene a stecchetto. Maria mi bullizza, non mi rivolgo ad Amnesty International… Però…” poi ha aggiunto “Lei rappresenta la donna più importante che io abbia incontrato, la donna nella cui mano vorrei morire.”

Video RaiMaurizio Costanzo, è morto l’icona del giornalismo e della tv

Rating 3.00 out of 5

Maurizio Costanzo è morto, il giornalista e conduttore tv aveva 84 anni

venerdì, Febbraio 24th, 2023

di Renato Franco

Maurizio Costanzo: la morte venerdì a Roma. Ha alternato impegno e disimpegno, programmi buoni e ottimi a meno buoni e meno ottimi, è stato quello della camicia con i baffi nello spot Dino Erre Collofit, quello della tessera numero 1819 della P2

Maurizio Costanzo è morto, il giornalista e conduttore tv aveva 84 anni

È morto Maurizio Costanzo. Il giornalista, conduttore tv, autore e sceneggiatore aveva 84 anni. È morto venerdì a Roma. La camera ardente sarà allestita sabato dalle 10.30 alle 18 in Campidoglio.

«Bboooni, state bboooni». Quando il tasso di diverbio si alzava ricorreva all’adagio romanesco. Quante volte lo ha detto Maurizio Costanzo nelle 4.480 puntate del suo Show, quello che portava il suo nome, quello che ha segnato le serate di 41 anni di televisione italiana. Lo avevano chiuso nel 2009, ma non se ne poteva fare a meno, e lo avevano riacceso nel 2015.

Ora Maurizio Costanzo si è spento per davvero.

Ha alternato impegno e disimpegno, programmi buoni e ottimi a meno buoni e meno ottimi, è stato quello della camicia con i baffi nello spot Dino Erre Collofit, quello della tessera numero 1819 della P2, quello che la mafia ha provato a far saltare in aria per il suo impegno prima al fianco poi in ricordo di Giovanni Falcone.

È stato giornalista, ma anche autore radiofonico, televisivo, di canzoni (per Mina, Se telefonando, scritta con Ghigo De Chiara, un successo nel 1966), autore di opere teatrali, sceneggiatore (per quattro film di Pupi Avati; per Una giornata particolare con Sophia Loren e Mastroianni diretti da Scola nel 1977).

Nato a Roma il 28 agosto 1938, Maurizio Costanzo inizia come cronista di Paese Sera nel 1956. Altri sette anni per debuttare come autore radiofonico in Rai con Canzoni e nuvole, condotto da Nunzio Filogamo. Sono piccoli passi che lo portano alla televisione. È suo il primo talk show della tv italiana — un genere che diventerà poi tanto imprescindibile quanto inflazionato: Bontà loro (Rai1, 1976 – 1978) è il primo seme di una serie di programmi che avranno la loro fioritura finale nel 1982 con il Maurizio Costanzo Show, in scena dal Teatro Parioli di Roma.

Se Bruno Vespa ha riprodotto in televisione la terza Camera dello Stato, C ostanzo ha inventato il «salotto mediatico» che parte su Rete4 per poi allargarsi su Canale 5, un luogo di transito e discussione, a volte alta, altre meno, dove si fa prima a elencare chi non è mai stato invitato piuttosto che il contrario: alla fine saranno oltre 30mila. Persone comuni e personaggi affermati. Con il suo Show ha scritto una pagina indelebile della storia della tv, raccontando come non era nai stato fatto prima il costume e la politica con i suoi protagonisti.

Rating 3.00 out of 5

Otto e mezzo, Severgnini stronca Travaglio: “Chi sono gli scemi di guerra”. Gruber sbotta

venerdì, Febbraio 24th, 2023

Giada Oricchio

L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, la sua narrazione e la propaganda da entrambi i fronti fanno litigare Beppe Severgnini e Marco Travaglio a “Otto e Mezzo”, il talk preserale di LA7, giovedì 23 febbraio. La conduttrice Lilli Gruber ha domandato a Travaglio chi fossero gli “Scemi di guerra” del suo nuovo libro e il direttore de “Il Fatto Quotidiano” non ha avuto peli sulla lingua: “Chi dice scemenze e soprattutto chi le subisce, cioè i popoli europei. Se un anno fa potevano farsi abbindolare dalla propaganda sull’onda dell’emozione, adesso dovrebbero aver imparato a vaccinarsi dalla favola di Cappuccetto rosso”.

Travaglio ha sostenuto che ogni tentativo di negoziato è stato mandato all’aria dall’Occidente (Biden o Nato) e che la visione manichea del buono da una parte e del cattivo dall’altra è una “balla”. Se Putin è certamente l’aggressore, è altrettanto vero che in Ucraina ci sono “i finti buoni che si fanno i loro porci comodi sulla pelle delle uniche vere vittime, i cittadini ucraini”, mentre dal punto di vista economico i Paesi europei “stanno pagando carissimo la propaganda della Casa Bianca”.

Il giornalista del “Corriere della Sera” Beppe Severgnini ha sbuffato più volte davanti alla tesi di una stampa acriticamente filoatlantica in Italia: “Non è vero. A differenza di Travaglio, io di questi temi mi sono sempre occupato. E gli chiedo: perché devi chiamare scemi di guerra chi non la pensa come te? Prendere posizione sulla resistenza in Ucraina è lacerante, è un dilemma morale, perché li tratti come scemi?! È un titolo quasi volgare”. Il direttore si è difeso sostenendo di appellare in quel modo “chi dice scemenze, non chi la pensa diversamente da me” e ha aggiunto: “Il nostro livello di propaganda è doppiamente grave. Stiamo mentendo e in più crediamo alle nostre balle illudendo gli ucraini”.

Gruber è intervenuta decisa: “Ma quali balle?! Raccontare le guerre è una delle cose più difficili al mondo, mi pare che la stampa italiana, pur con certe differenze, stia facendo il suo lavoro”. Marco Travaglio ha colto l’assist per tirare una bordata a Severgnini: “Si lamenta per il titolo del libro, ma per un anno chi ha messo in dubbio la santità di Biden e Stoltenberg, sono stati sbattuti dal suo giornale in prima pagina: ecco la lista dei putiniani d’Italia schedati dai servizi segreti. Poi si è scoperto che sei nomi su undici, ve li eravate inventati voi del Corriere! Questa è una cosa vergognosa, è stato criminalizzato chi criticava il pensiero unico”.

L’intemerata del direttore è proseguita ricordando il flop (attualmente) delle sanzioni alla Russia e del sabotaggio (sembra americano e non russo) al gasdotto Nord Stream, ma Severgnini: “Banalmente ti segnalo che tutti i governi europei sostengono il mio pensiero cioè se non aiuti l’Ucraina, Putin diventa ancora più pericoloso. Tutti scemi?”.

Rating 3.00 out of 5

Lega e Forza Italia, l’errore è doppio

venerdì, Febbraio 24th, 2023

GIOVANNI ORSINA

Che il conflitto in Ucraina sia diventato il principale spartiacque politico dei nostri tempi è un dato di fatto dal quale non si può prescindere. Certo, ci si può chiedere quanto sia stato saggio attribuirgli un così grande rilievo, e si può senz’altro constatare con una certa mestizia come il normalmente pessimo dibattito pubblico italiano ne sia stato reso se possibile ancora più isterico, polarizzato e apocalittico. Piaccia o non piaccia, a ogni modo, l’aggressione russa ha aperto una faglia profonda nel quadro globale e ha obbligato tutti a decidere da che parte stare, con l’eccezione di pochissimi che si son potuti permettere di non schierarsi. Fra i quali pochissimi non c’è l’Italia, Paese particolarmente esposto e sensibile, per ragioni storiche, alle intemperie internazionali.

Bisogna dare atto a Giorgia Meloni di aver compreso subito, nel momento stesso in cui la Russia invadeva l’Ucraina, che si trattava d’una scelta determinante per il suo futuro politico, e di aver assunto e tenuto da allora, all’opposizione e al governo, una posizione chiara e coerente. È stata una decisione cruciale, tanto più per una figura politica come quella di Meloni, esposta su altri terreni al rischio di delegittimazione. Prima e dopo il voto di settembre l’idoneità di Fratelli d’Italia a governare la Penisola è stata effettivamente contestata, entro i confini nazionali e all’estero. E non mi pare impossibile sostenere che, se questi tentativi di delegittimazione sono falliti e possono dirsi oggi archiviati in via definitiva, oltre che per il carattere evidentemente pretestuoso di tante accuse, è stato anche grazie alla solida posizione atlantista che Meloni ha assunto in occasione del conflitto ucraino.

Non altrettanto pronte a interpretare la cesura storica sono state invece Lega e Forza Italia, attardate su posizioni vecchie. Vecchia di lustri nel caso di Berlusconi, comprensibilmente affezionato allo «spirito di Pratica di Mare»: a un’idea di relazioni internazionali a somma positiva ch’era in voga alla fine del ventesimo e all’inizio del ventunesimo secolo, e al ruolo di mediazione che l’Italia poteva svolgere in quel contesto. E vecchia di anni nel caso di Salvini, risalente alla stagione del populismo rampante, 2016-2018, quando la Russia di Putin poteva sembrare un valido contraltare all’Occidente degenerato. Due posizioni che, qualunque fosse la loro plausibilità prima del 24 febbraio 2022, dopo quella data si sono fatte semplicemente insostenibili.

Qui dobbiamo intenderci, però. Lega e Forza Italia hanno votato tutti i provvedimenti a favore dell’Ucraina e contro la Russia sotto questo governo e sotto il precedente. Nei fatti, insomma, hanno mostrato chiaramente di aver compreso che il conflitto aveva definito per l’Italia una sorta di stato di necessità – che era impossibile muoversi diversamente. I distinguo sono stati retorici, allora, non reali: una critica di quello stesso stato di necessità al quale pure i due partiti, di fatto, si adeguavano. Si dice che queste prese di posizione abbiano obiettivi elettorali, ovvero si rivolgano a quella parte consistente dell’opinione pubblica che preferirebbe l’Italia si tenesse lontana dal conflitto. Può darsi, ma mi chiedo allora che tipo di impatto abbiano avuto. Come in tutte le democrazie, pure in Italia gli elettori non votano sulla politica estera. E in genere amano poco, e tendono a punire nelle urne, chiunque dica una cosa ma ne faccia un’altra.

Si può ipotizzare che i due partiti stiano cercando di disarticolare lo stato di necessità, di aprire un varco attraverso il quale si possa in futuro giungere a scelte differenti. È possibile, ed entro certi limiti l’operazione può anche avere un senso e un’utilità. È impensabile tuttavia che una questione così delicata sia affidata a uscite estemporanee, quando non a provocazioni. Può funzionare soltanto se la si integra seriamente nella politica internazionale del Paese, facendone una sorta di elemento dialettico nel contesto di una comune assunzione di responsabilità.

Rating 3.00 out of 5
Marquee Powered By Know How Media.