Archive for Marzo 11th, 2023

“Il Mediterraneo brucia. Va coinvolta la Nato per arginare l’ondata”

sabato, Marzo 11th, 2023

Pier Francesco Borgia

Il giorno dopo il Cdm di Cutro è ancora il tema «migranti» a dettare l’agenda politica. Abbiamo chiesto al capogruppo leghista a Palazzo Madama, Massimiliano Romeo un giudizio sul decreto.

Senatore Romeo, è soddisfatto del decreto?

«La direzione è giusta. La soluzione si muove su due binari: da una parte cerca di favorire gli ingressi per i migranti che vengono a lavorare. E, come recita il Decreto Flussi, verranno favoriti i migranti di quei Paesi dove l’azione di contrasto all’immigrazione clandestina è più efficace. E il secondo binario è quello dei corridoi umanitari per chi viene da Paesi in guerra».

I giornali parlano del decreto come di una «vittoria di Salvini».

«Perché no? Questo decreto se da un lato favorisce l’immigrazione legale, dall’altro si pone come un argine forte a quella illegale e al traffico di essere umani. Attingendo ampiamente ai famosi Decreti sicurezza che, per farle un solo esempio, misero un limite alla cosiddetta protezione speciale che risultava essere una sorta di sanatoria per gli immigrati economici».

E con la Lamorgese quelle protezioni speciali sono tornate.

«E il risultato è sotto i nostri occhi. Basta andare a vedere in Stazione Centrale a Milano quanti migranti abbandonati a se stessi ne hanno usufruito».

Quindi è d’accordo con Salvini che dice che i suoi Decreti sono stati l’argine più efficace contro gli sbarchi?

«È un dato di fatto che sotto la sua gestione dell’Interno si sono verificate meno partenze e meno sbarchi e di conseguenza il minor numero di morti. Quelle norme funzionavano per disincentivare le partenze. Una stretta su quei permessi si è resa necessaria. Altro punto su cui la Lega aveva puntato era proprio un controllo più rigido sulle cooperative».

Berlusconi plaude al decreto ma dice che c’è spazio per miglioramenti. È d’accordo?

«Certo. In Parlamento si potranno perfezionare alcuni passaggi e stringere ancor di più le maglie».

Il decreto prevede anche una deroga agli appalti per la realizzazione dei centri per i rimpatri. Era proprio necessario?

«È una lotta contro il tempo. Più centri per i rimpatri efficaci e capienti ci sono, più è facile snellire le pratiche di espulsione per chi non ha diritto di restare in Italia».

C’è unità nel centrodestra sul tema?

«A dispetto delle cassandre del centrosinistra, direi proprio di sì. Ho fatto parte del gruppo che ha steso il programma elettorale. Le assicuro che su questi temi la visione è di massima armonia. Poi ovviamente non siamo un monolite e si fa sintesi delle differenti proposte».

Come nel caso dell’articolo 10 del Decreto (cassato) che attribuiva più poteri alla Difesa.

«Lo stesso Crosetto, mi pare, ha chiesto di ritirarlo. E comunque l’ultima volta che si accentrò tutto il potere sulla Difesa fu in occasione dell’operazione Mare Nostrum, non certo in linea con la politica di un governo di centrodestra».

Ora però gli sbarchi stanno aumentando.

«A causa dell’instabilità politica nell’area del Nord Africa. Soprattutto in Tunisia. Usata come corridoio dai trafficanti di esseri umani proprio per l’instabilità del Paese»

Il decreto funzionerà da argine?

«Il nostro lavoro l’abbiamo fatto. Ma funziona meglio se interviene anche l’Europa. Anche la Nato».

Rating 3.00 out of 5

Il decreto mette d’accordo tutta la maggioranza. Ora si punta a superare la “protezione speciale”

sabato, Marzo 11th, 2023

Fabrizio De Feo

Una partita a scacchi, non priva di tensioni, conclusa con un buon compromesso tra i partiti della maggioranza. La necessità di incassare qualcosa di concreto dall’Unione Europea dopo la lettera con cui Ursula von der Leyen ha parlato dell’urgenza di una «soluzione europea per una sfida europea». L’incognita dell’inchiesta della magistratura calabrese.

Il giorno dopo l’annuncio di un decreto legge che introduce nuove regole sull’immigrazione, la maggioranza riflette a mente fredda sulla linea della fermezza, adottata senza indulgere in eccessi. Inasprimento delle pene contro gli scafisti e riapertura dei flussi legali sono questi i punti cardine del provvedimento varato dal Consiglio dei ministri a Cutro. Con l’introduzione di nuovo reato, chiamato «morte o lesioni come conseguenza di delitti in materia di immigrazione clandestina» che prevede pene da 20 a 30 anni di detenzione se viene causata la morte di più persone; da 15 a 24 anni se viene causata una sola morte; e da 10 a 20 anni se vengono causate lesioni gravi a una o più persone.

Ciascun partito alla prova dei fatti ha dovuto rinunciare a qualcosa. Matteo Salvini ha rinunciato all’ipotesi di reintrodurre le norme del decreto sicurezza varate dal governo Conte 1 e poi cancellate dal Conte 2, mentre il ministro della Difesa, Guido Crosetto all’ipotesi di consegnare alla Marina il compito di controllare i barconi degli immigrati, sottraendolo alla Guardia Costiera (che risponde al ministero delle Infrastrutture). Il tutto in attesa che si definisca il quadro dell’inchiesta della magistratura calabrese che potrebbe coinvolgere il ministero dell’Interno, quello delle Infrastrutture e quello dell’Economia che hanno rispettivamente la responsabilità della sicurezza, della Guardia costiera e della Guardia di finanza.

La lotta senza quartiere agli scafisti viene declinata e accompagnata dalla riapertura e dall’allargamento dei flussi legali. Un approccio, come sottolinea l’azzurro Giorgio Mulè, all’insegna «dell’umanità e della fermezza». La Lega però almeno ufficialmente non abbassa la guardia. «Ora in conversione del decreto bisogna completare il ripristino dei decreti Salvini» dice il sottosegretario agli Interni Nicola Molteni.

Rating 3.00 out of 5

Nella tana del lupo: Meloni il 17 marzo al congresso nazionale Cgil a Rimini. Landini: “Segno di rispetto e riconoscimento del nostro ruolo”

sabato, Marzo 11th, 2023

PAOLO BARONI

ROMA. Giorgia nella fossa dei leoni. La premier venerdì prossimo interverrà al congresso della Cgil ed in assoluto sarà il primo presidente del Consiglio di centrodestra a partecipare ad un’assise nazionale del sindacato da sempre collocato a sinistra. «Il fatto che Giorgia Meloni abbia accettato di partecipare al nostro congresso lo considero positivo» ha spiegato ieri il segretario generale Cgil, Maurizio Landini, presentando a Roma la 4 giorni in agenda dal 15 al 18 al Palacongressi di Rimini. «La sua è presenza importante: è il segno di rispetto e riconoscimento del ruolo di un’organizzazione che rappresenta milioni di persone. Per noi – ha poi aggiunto Landini – è una prassi invitare i capi del governo in carica. Non abbiamo mai avuto pregiudiziali verso alcun governo, siamo abituati a misurarci coi governi che ci sono».

In precedenza solo tre presidenti del Consiglio hanno raccolto l’invito della Cgil: Spadolini nell’81, Craxi nell’86 e Prodi nel 1996. Nel 2010 Berlusconi mandò Gianni Letta a rappresentare il governo, mentre negli anni più recenti, nel 2014 e nel 2019, sia Renzi che Conte rinunciarono a partecipare.

Da Giorgia Meloni il segretario della Cgil si aspetta le risposte precise. «Mi auguro che si determini quello che finora non si è realizzato» ha spiegato durate la conferenza stampa, e cioè che ci possa essere «una discussione preventiva sulle riforme che quando vengono annunciate sono già decise, mentre invece devono essere oggetto di confronto e negoziazione».

Sono diverse le questioni aperte e su cui la Cgil, assieme a Cisl e Uil, ha avanzato proposte: la riforma del fisco, delle pensioni, del Reddito di cittadinanza e i temi come la legge sulla rappresentanza, l’aumento dei salari a partire dal rinnovo dei contratti pubblici e privati, il superamento della precarietà e come si interviene sull’orario di lavoro.

«Perché tornino centrali i temi del lavoro e della condizione delle persone» la Cgil però si rivolge a tutto il Parlamento. E anche per questo tra i tanti interventi previsti a Rimini, giovedì 16, a confrontarsi con Landini in un talk show condotto da Lucia Annunziata saranno tutti e quattro i leader del centrosinistra: Elly Schlein, Giuseppe Conte, Carlo Calenda e Nicola Fratoianni.

Per il segretario della Cgil, che dal palco del congresso lancerà la proposta di un nuovo modello sociale all’insegna dello slogan “Il lavoro crea il futuro”, «per dare un futuro al Paese» innanzitutto «è necessario il superamento della precarietà e va affrontato il problema della retribuzione, perché si è poveri anche lavorando. Ci sono due strade: una passa dal rinnovo dei contratti nazionali e da una legge sulla rappresentanza, oltre al fatto che le regole devono riguardare tutti i lavoratori, sia dipendenti che partite Iva; l’altra passa attraverso la riforma fiscale, che nel nostro Paese deve essere fondata sulla progressività del sistema e anche sull’allargamento. In un Paese con più di 100 miliardi di evasione, significa recuperare risorse sanità e sociale». Richiesto di un parere sulla delega fiscale che il governo sta preparando Landini è stato tranchant: «Non ci è stato presentato niente. Da quel poco che ho capito la loro proposta va nella direzione opposta alla nostra».

Rating 3.00 out of 5

Siamo alla frutta: in 15 anni spariti 100 mila ettari coltivati

sabato, Marzo 11th, 2023

Valeria D’Autilia

Michele è un agricoltore di Lugo di Romagna, zona storicamente vocata alla coltivazione di pesche. Ha dovuto dimezzare il suo frutteto e orientarsi su produzioni industriali e alberi di noce. Mattia, in Piemonte, ha detto addio a 12 ettari di kiwi, estirpati nel giro di pochi anni. Adesso coltiva quasi soltanto mele, con i conseguenti rischi di una produzione sbilanciata. In Puglia, Dario ha scelto di destinare una parte dei terreni agli avocado, nuovo simbolo di una regione dal clima sempre più tropicale. Come loro, tanti altri imprenditori agricoli di un’Italia che sta cambiando volto: in 15 anni sono scomparsi oltre 100 mila ettari di superficie coltivata a frutta e 100 milioni di piante di frutta fresca. Un danno per il comparto, con effetti drammatici anche su consumi e paesaggio, con una crescente desertificazione dei territori.

Numeri ufficializzati da Coldiretti che parla di «strage» e ieri è scesa in piazza, a Cosenza, per protesta. La situazione peggiore si registra su arance, con 16,4 milioni di alberi abbattuti, pesche e pere dove il segno meno tocca rispettivamente 20 e 13,8 milioni e sull’uva dove sono scomparse 30,4 milioni di viti. In controtendenza, cedro e bergamotto. Le cause sono soprattutto nel cambiamento climatico e negli insetti alieni, spesso conseguenza del surriscaldamento. A questo si aggiungono prezzi bassi ai coltivatori, rincari energetici, concorrenza sleale.

«In Europa – commenta Lorenzo Bazzana, responsabile economico di Coldiretti – siamo i primi produttori per pere, ciliegie e uve da tavola e secondi per mele, ma le perdite sono davvero pesanti. Il consumo pro capite è al livello minimo consigliato dall’Oms. La contrazione è preoccupante: sembra che alla minore disponibilità di prodotto nazionale, sia seguito un minore consumo di frutta e ortaggi, anche a causa della crisi economica».

Michele Graziani, perito agrario 29enne, lavora nell’azienda di famiglia in provincia di Ravenna. Sino a un po’ di tempo fa, coltivava frutta da consumare, adesso da trasformare. E così le sue pesche si utilizzano per i succhi. «In questo modo, abbiamo contratti a prezzo stabilito per almeno un decennio. Il frutteto ha costi molto alti e, senza ritorno economico, non sta in piedi». Da queste parti, negli ultimi 20 anni, gli agricoltori hanno dovuto fare i conti con la concorrenza estera e l’arrivo della cimice asiatica che ha compromesso i raccolti. «Di pari passo, ci siamo orientati sul noce da frutto, cambiando specie. Questo prodotto per l’80% arriva da California, Cile e Australia e abbiamo deciso di sperimentarlo anche noi. Peraltro, essendo ad alto fusto, non ha problemi con gelate e brinate».

Anche Mattia Quaglia ha fatto una scelta in controtendenza rispetto alla storia di Verzuolo, nel Cuneese, tra le prime in Italia – già negli anni ’70 – a piantare kiwi. Dopo vari tentativi, ha detto basta. Come lui, tanti altri. «Per la zona è stato un cambio epocale: tra batteriosi e moria radicale, sono stati estirpati centinaia di ettari». Neppure il tentativo di coprire le piante con le reti ha funzionato. Le grandinate creano una miriade di ferite ed è lì che il batterio si insinua. Così, nella sua azienda, ora produce quasi soltanto melo.

Rating 3.00 out of 5

Così la guerra in Ucraina ridisegna gli equilibri in Europa

sabato, Marzo 11th, 2023

Lucio Caracciolo

La guerra in Ucraina esalta rango e ruolo della Polonia per l’America. Nella grande strategia di Washington quello Stato che negli ultimi due secoli e mezzo è apparso e scomparso a ripetizione incarna il senso stesso della Nato: America dentro, Russia fuori, Germania sotto. Perfettamente coincidente con la ragion di Stato polacca. Per tenere i russi a distanza e i tedeschi a bada la Polonia deve ospitare gli americani in casa e abitare da coprotagonista la casa europea dell’America che è l’Alleanza Atlantica in espansione.

Vista da Washington, Varsavia è parente stretta. Assai più che alleata. Perno della prima linea di contenimento antirusso. Oggi vitale per il rifornimento di armi a Kiev. Funzione tattica inscritta nella collocazione strategica della Polonia all’interno della geopolitica globale a stelle e strisce, da cui deriva per cinque passaggi incastrati come matrioske.

Primo: l’obiettivo dell’America è impedire alla Cina di intestarsi il primato mondiale nel XXI secolo.

Secondo: per questo non può impegnarsi direttamente in una guerra sull’altro fronte eurasiatico, contro la Russia che rifiuta di svestire i panni imperiali.

Terzo: in Europa servono partner capaci di partecipare al contenimento della Russia senza pretendere troppo dall’America. Burden sharing, not power sharing, nel pentagonese spiccio, per cui Stati non sovrani devono seguire la cometa senza farsi venire idee.

Quarto: le avanguardie antirusse dell’Alleanza svolgono perfettamente tale funzione, polacchi in testa – cuneo fra Germania inaffidabile e Russia nemica – domani raggiunti dagli svedesi, atlantici antemarcia in attesa di biglietto d’ingresso, e dai finlandesi. Non troppo sullo sfondo, i «brillanti secondi» di Carlo III, che per farsi notare si sporgono oltre il posto assegnato da Washington.

Quinto: Varsavia assurge a prima inter non pares, suffraganea americana nello schieramento anti-russo, quindi anche anti-cinese, piattaforma strategica dell’Europa a stelle e strisce.

Polonia esulta. E s’impegna a strutturare il suo sub-impero inquadrato nella Nato. Ispirato al concetto di «Nuova Europa» coniato da Donald Rumsfeld, ex segretario alla Difesa ai tempi della coalizione anti-Saddam, quando il duo franco-tedesco, cuore della «Vecchia Europa», tradì. La configurazione del sub-impero est-europeo nell’impero globale americano erige il Baltico a Lago Atlantico legando l’intera Scandinavia alla Polonia, insieme alle appendici lituana, lettone ed estone. Ne consegue il frenetico riarmo polacco con armi americane di punta. A medio termine Varsavia ambisce affermarsi massima potenza militare d’Europa, vedremo se dotata della Bomba che coronerebbe il sogno della sovranità.

Rating 3.00 out of 5

Fisco, arriva la stretta sulle detrazioni

sabato, Marzo 11th, 2023

Luca Monticelli

ROMA. Arriva il tetto a detrazioni e deduzioni fiscali. Nella bozza della delega a cui sta lavorando il governo non compaiono cifre, ma nei decreti legislativi che verranno emanati entro 24 mesi si vuole introdurre una soglia massima di sconti parametrata al reddito dei contribuenti. Una stretta che però non riguarderà le spese sanitarie, quelle per l’istruzione e gli interessi passivi dei mutui sulla prima casa. Dovrebbero essere escluse anche le detrazioni edilizie sul risparmio energetico e sull’adeguamento sismico degli immobili. È questa la strada tracciata dalla riforma attesa in Consiglio dei ministri la prossima settimana. Le associazioni degli imprenditori plaudono alla direzione presa dal governo, dalla Confedilizia alla Confartigianato, dalla Cna a Confcommercio, ma tutte chiedono un confronto con l’esecutivo. I commercialisti parlano di «occasione storica per il riordino della normativa tributaria», sottolinea il presidente dei professionisti Elbano De Nuccio. Rimane prudente Confindustria: «La riforma ha senso se è organica», spiega Carlo Bonomi che aggiunge: «Noi pensiamo che si debba cambiare il paradigma, non più un fisco che pensa solo al gettito, ma che sia amico delle imprese e di chi vuole fare». Bonomi è scettico sul taglio dell’Ires legato alle assunzioni: «Meglio la decontribuzione».

Critica invece la Cgil: «La nostra proposta va nella direzione opposta rispetto a quella che si sta discutendo», osserva il segretario Maurizio Landini, che però attende di conoscere il testo definitivo. «Se il governo non si confronta con noi – attacca – decideremo come sostenere le nostre rivendicazioni e proposte».

Le coperture

La riforma del fisco non può essere finanziata in deficit e le coperture non possono che venire dal recupero dell’evasione e dalla revisione delle 600 voci delle tax expenditures. Il viceministro Maurizio Leo non si sbilancia su quante siano le risorse disponibili, ovvero i soldi che giacciono nel fondo alimentato dalle entrate strutturali derivanti dalla lotta all’evasione. Il governo Draghi aveva messo da parte 3 miliardi, ora, visto il recupero record del 2022 che ha consentito all’Agenzia delle Entrate di portare a casa 20 miliardi, quelle risorse dovrebbero essere aumentate. «Quando scriveremo i decreti legislativi valuteremo quanti soldi abbiamo a disposizione, la delega che porteremo la settimana prossima in Consiglio dei ministri non ha bisogno di coperture», afferma Leo.

Rating 3.00 out of 5

Migranti a Cutro, il video di Frontex dà ragione al governo: “Nessuna criticità”

sabato, Marzo 11th, 2023

Un video che stravolge le carte in mano a tutti coloro che avevano criticato il governo di Giorgia Meloni sul naufragio andato in scena davanti alla spiaggia di Cutro, un evento dove hanno perso la vita almeno 73 persone (un altro cadavere è stato ritrovato in giornata). La sera di sabato 25 febbraio l’aereo Eagle 1 di Frontex, l’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera, girò anche un video oltre a segnalare la presenza in mare di un’imbarcazione che viaggiava in buono stato di galleggiabilità nello Ionio. 

Come riferisce l’Ansa, visionando le immagini non sono emersi elementi che potessero far ritenere che ci fosse una situazione di pericolo. Il filmato dura diversi minuti, con l’aereo di Frontex che compie più sorvoli sopra il barcone diretto verso le coste italiane: si può vedere l’imbarcazione che naviga senza alcuna criticità e non si nota alcuna presenza di migranti a bordo. Elementi che sono stati condivisi con tutti i soggetti coinvolti e che, in quel momento, non davano evidenze di un’imbarcazione carica di migranti o di una situazione di distress. Le immagini sono un elemento che smentisce tante delle ricostruzioni della sinistra sulla vicenda.

IL TEMPO

Rating 3.00 out of 5

Conte cerca i Verdi europei ma ma rimedia un altro schiaffo

sabato, Marzo 11th, 2023

Gaetano Mineo

Giuseppe Conte, continua a bussare invano. La porta dei Verdi/Ale al parlamento europeo è sempre più sbarrata. In meno di due mesi, il capo del M5s è andato due volte a Bruxelles per incontrare i parlamentari ambientalisti e convincerli ad accettare l’ingresso del Movimento Cinquestelle nel loro gruppo. Niente da fare. In Europa, dei pentastellati non vogliono sentir parlare. Quindi, porte ancora sbarrate. L’impresa, per l’ex premier, diventa ancora più ardua per il veto anche dei Verdi italiani, secondo cui ci sono posizioni del M5S che «non coincidono con quelle dei Verdi europei, di cui condividiamo la cautela».

Filiberto Zaratti, capogruppo di Alleanza Verdi e Sinistra in commissione Affari costituzionali dalla Camera, non lo manda certo a dire. «Ognuno di noi è il portato della propria storia e il M5s, negli anni di governo, ha fatto scelte che contrastano con aspetti fondanti dei Verdi Ue, a partire dalla questione migranti», dice all’AdnKronos, ricordando i decreti sicurezza approvati dal governo Conte con il ministro dell’Interno Salvini. Ma anche «gli interrogativi che un movimento monocratico pone sul fronte della democrazia interna, ai cui criteri tutti i partiti europei devono conformarsi».

Se questo è lo scenario, per l’ex premier la strada è sempre più in salita. E neanche il tempo è a favore del capo dei 5 Stelle. La priorità di Conte, infatti, è riuscire a concludere la procedura di adesione al gruppo dei Verdi a Bruxelles prima delle prossime elezioni Europee (più o meno tra un anno), in modo tale da impostare una campagna elettorale comune, ed essere protagonista nel prossimo Parlamento europeo che avrà senza dubbio un impatto rilevante sulla politica italiana. Conte deve correre anche perché l’alleato-concorrente, il Pd, ha ripreso a marciare con l’arrivo al Nazareno di Elly Schlein. Fatto evidenziato dai sondaggi delle ultime ore che vedono il Pd recuperare consensi e superare per la prima volta da ottobre scorso il M5s. Insomma, Conte si sente sotto scacco.

Tra l’altro, appena potrà, Schlein darà vita a un tour europeo a casa dei leader della sinistra. Vuole essere l’anti-Meloni. E Conte questo lo ha capito. Neanche il passato gioca a favore dell’ex premier. Infatti, il Movimento 5 stelle ha trovato sempre grande difficoltà in Europa fin dalla sua fondazione. Basta ricordare che tra il 2014 e il 2019, interprete di una linea euroscettica, vicina allora alle posizioni della Lega con cui era andato al governo, il partito antisistema aveva trovato un accordo con lo Ukip di Nigel Farage per la costituzione di un gruppo comune, un fatto che ha pregiudicato alleanze nell’attuale legislatura.

Tornando in Italia, anche i rapporti tra Conte e Angelo Bonelli, leader dei Verdi, non facilitano la strada per Bruxelles dell’ex premier. Di colpi bassi, sferrati reciprocamente in queste ultime settimane, se ne registrano diversi. «Noi abbiamo sempre voluto costruire relazioni politiche, ma Conte ha sempre cambiato posizione e lo potrebbe fare anche domani. Per questo un loro ingresso al gruppo va respinto», sbottava poco tempo fa Bonelli, respingendo marcatamente l’ingresso del M5s nei Verdi europei. «Io non ho capito se Bonelli ha più a cuore le sfide ambientali o la difesa dell’interesse di partito», replicava l’ex premier, chiudendo con un affondo: «Sono diversi anni che fa politica e il consenso che raccoglie è modesto».

Rating 3.00 out of 5

Chi sono gli alleati della Meloni, l’agenda del premier piace in Europa

sabato, Marzo 11th, 2023

Dario Martini

L’agenda Meloni trova sempre più sostenitori in Europa. «Bloccare le partenze» dei migranti è ormai una priorità in ambito Ue. Anche i governi tradizionalmente più restii ad assumersi una “quota” di responsabilità iniziano a condividere l’esigenzadi un «cambio di passo», come chiede il premier italiano. Le parole pronunciate pochi giorni fa da a Palazzo Chigi dal primo ministro MarkRutte lo confermano: «Il temamigranti richiede un approccio europeo efficiente. È urgente prevenire le tragedie e lottare insieme contro i trafficanti di esseri umani».

Anche la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, lo ha scritto in una lettera di risposta a Meloni: «Condivido pienamente la sua opinione secondo cui come europei, politici e cittadini abbiamo il dovere morale diagire per evitare tragedie come quella diCutro,chepurtroppo si verificano troppo spesso. Quest’ultima tragedia deve quindi servire da invito a raddoppiare la nostra determinazione a portare soluzioni efficaci e durature».

Insomma, la strada è tracciata. Anche se dalle parole bisognerà passare ai fatti. Al momento, il primo passo in avanti è stato fatto il 9 febbraio scorso, quando in sede di Consiglio europeo è stato adottato un documento che impegna la Commissione a proporre misure efficaci contro gli sbarchi. I 27 Stati membri hanno indicato la “rotta” da seguire: «Un approccio globale alla migrazione che combini il rafforzamento dell’azione esterna, un controllo più efficace delle frontiere esterne dell’Ue e la dimensione interna».

Ancora più nello specifico: «L’Unione europea rafforzerà la sua azione tesa a prevenire le partenze irregolari e la perdita di vite umane, ridurre la pressione sulle frontiere dell’Ue e sulle capacità di accoglienza, lottare contro i trafficanti e aumentare i rimpatri. A tal fine si intensificherà la cooperazione con i paesi di origine e di transito attraverso partenariati reciprocamente vantaggiosi. Tutte le rotte migratorie dovrebbero essere coperte, anche con risorse adeguate».

Come ha sottolineato Meloni due giorni fa a Cutro, «il cambio di passo dell’Europa sul tema immigrazione«ad oggi loabbiamo mo visto nei documenti», ora servono «provvedimenti efficacie risorse. È fondamentale che al prossimo Consiglio europeo si possano avere atti concreti».

Non bisogna farsi illusioni. Anche perché giovedì scorso, in occasione del Consiglio Affari interni a Bruxelles, sette Paesi (Austria, Belgio,Danimarca, Francia, Germania, Paesi Bassi e Svizzera, quest’ultima in veste di membro Schengen) hanno pubblicato una lettera in cui chiedono di «applicare in buona fede» le regole di Dublino. Nel documento non si fa il nome dell’Italia, ma lo hanno fatto alcuni ministri al loro arrivo alla riunione, Francia e Svizzera in particolare. «Bisogna rispettare le regole attuali, che prevedono la registrazione e il rimpatrio di chi non ha diritto all’asilo».

Rating 3.00 out of 5

Inchieste Bergamo e Crotone, le domande inevase

sabato, Marzo 11th, 2023

di Sabino Cassese

La procura di Bergamo raccoglie «criticità» anche per valutazioni «scientifiche, epidemiologiche, di sanità pubblica, sociologiche, amministrative». Altrettanto si avvia a fare quella di Crotone. Intanto è iniziato lo stillicidio di frasi intercettate che si rovesciano sull’opinione pubblica, suscitando aspettative di verità e desideri di giustizia. Le due procure toccano così due dei maggiori problemi della società italiana, la pandemia e l’immigrazione, due problemi che hanno suscitato la giusta commozione degli italiani e colpiscono simmetricamente le due parti della politica italiana, il centro-sinistra e il centro-destra. Possiamo aspettarci che nei prossimi cinque o dieci anni l’opinione pubblica sarà alimentata dalle opposte opinioni su queste iniziative, con conseguente discredito per tutta la classe politica e amministrativa italiana.

Già molte domande sono state affacciate: i problemi oggetto dell’indagine delle procure appartengono alla categoria del diritto penale o a quella della scienza dell’organizzazione? Si lamentano inefficienze, improvvisazione, impreparazione, mancanza di coordinamento, oppure veri e propri crimini? L’attenzione deve essere posta piuttosto sui rimedi o sulle sanzioni? Serve più correggere o più colpire? È meglio evitare che vi siano altre morti o cercare capri espiatori? I nostri problemi vanno considerati isolatamente o comparativamente, visto che l’Italia è stata, nel 2020 al 3º posto, per scendere nel 2021 al 53º posto per tasso di mortalità? Le due procure, hanno le conoscenze e le capacità per svolgere queste attività? Infine, gli accusati sono stati informati «riservatamente», come richiede la Costituzione?

Chi osserva attentamente l’amministrazione sanitaria sa che la pandemia non ho fatto altro che accentuare un aspetto negativo del nostro Servizio sanitario nazionale. Un problema di salute pubblica collettiva si è improvvisamente scaricato sui presidi sanitari producendo la diffusione del contagio, per la nota carenza delle strutture periferiche della sanità, la cosiddetta sanità territoriale. A questo si sono aggiunte impreparazione, indecisione, valutazioni errate, scoordinamento tra centro e periferia, suggerimenti scientifici espressi da troppe voci. Ma un problema di quelle dimensioni si presentava per la prima volta e la sanità italiana non è la sola che ha subito conseguenze di quel tipo.

Chi osserva attentamente le amministrazioni sa che l’istituzione della Guardia costiera, tanto attivamente promossa da Francesco Cossiga quand’era presidente della Repubblica, non è riuscita ad assorbire tutte le competenze relative alle coste; che quindi sono rimasti dualismi, assenti nel modello americano, in particolare tra Guardia di finanza e Guardia costiera, probabilmente all’origine di quanto è accaduto.

Rating 3.00 out of 5
Marquee Powered By Know How Media.