Archive for Marzo 21st, 2023

“Il Pd stia con noi”. Conte sfida la Schlein sull’Ucraina

martedì, Marzo 21st, 2023

William Zanellato

Giorgia Meloni è attesa, questa mattina al Senato e domani alla Camera, per le comunicazioni in vista del prossimo Consiglio europeo del 23 e 24 marzo. Tra i temi sul tavolo del vertice di Bruxelles ci sono il nodo immigrazione e il proseguimento del sostegno militare a Kiev. Se il centrodestra si presenta con una risoluzione unitaria e convinta sul sostegno armato alla resistenza di Kiev, le opposizioni procedono in ordine sparso. Le risoluzioni saranno tre, tutte con sfumature e posizioni diverse. Il Movimento 5stelle prova a smarcarsi e incalza il nuovo Pd a trazione Schlein sull’invio delle armi.

Conte sfida Schlein sull’invio di armi

Il nuovo campo largo, guidato da Elly Schlein eGiuseppe Conte, non riesce nemmeno a muovere i primi passi. Le passerelle anti-fasciste e i proclami dal palco della Cgil svelano solamente un’ipocrisia di fondo che aleggia nel campo della sinistra. In Aula, dem e grillini si dividono su tutto: prima sul salario minimo, ora sul conflitto russo-ucraino. Nella nuova linea pacifista anti-sostegno militare, il Movimento 5stelle ha trovato un nodo politico per attaccare Elly Schlein e ribaltare la narrazione che vede i grillini come ultima ruota del carro.

Un importante esponente penta stellato, raggiunto da Repubblica, evidenzia il punto focale della questione: “Mettere alla prova il pacifismo della Schlein, vediamo se davvero come dice vuole dare voce a quello che pensano i suoi elettori”. Un riassunto perfettamente in linea con le dichiarazioni del leader 5stelle, Giuseppe Conte: “Per quanto riguarda l’invio delle armi – spiega l’ex premier – abbiamo già dato. Mi auguro che il Pd, con il nuovo vertice, possa fare una scelta nella direzione che noi abbiamo già intrapreso”.

Le opposizioni in ordine sparso

Elly Schlein raccoglie la sfida lanciata dall’avvocato del popolo e spezza la finta unità creata, solo a parole, con i grillini. La mozione che il Partito democratico presenterà oggi in Parlamento, seppur con qualche modifica linguistica, ribadisce il pieno sostegno alla difesa dell’Ucraina. Nella bozza del testo della risoluzione la parola “armi” non c’è da nessuna parte mentre è presente la richiesta di“un’iniziativa diplomatica per la pace” guidata dall’Unione europea.

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La linea di Schlein: “Diplomazia, ma senza mollare la resistenza”

martedì, Marzo 21st, 2023

Francesco Grignetti

Sentendo il vento in poppa, dopo il successo delle sue prime uscite in piazza e ancora oggi in cerca del bis alla marcia antimafia di Milano, Elly Schlein guarda in Parlamento alle altre componenti dell’opposizione e cerca di puntare su quanto unisce. Per questo la risoluzione che il Pd presenta oggi al Senato contiene parole durissime su come il governo Meloni sta gestendo l’immigrazione, il terreno comune, l’arma con cui si può dare battaglia alla destra in modo unitario. Ma nonostante la condanna corale di Cutro, oggi al Senato salterà agli occhi soprattutto ciò che divide il Partito democratico dal M5S, e cioè il sostegno all’Ucraina.

Oddio, la mozione Schlein tenta di limare qualche spigolo. La parola «armi», per dire, non c’è da nessuna parte. Ma la sostanza è che il Pd ribadisce il pieno sostegno alla difesa dell’Ucraina e per tutto il tempo che sarà necessario. Non c’è alcun cambio di rotta, al fondo. Anzi, il Pd, guardando all’opinione pubblica più pacifista, rimarca la drammatica realtà dei fatti: la Russia è l’aggressore, l’Ucraina è uno Stato devastato alla cui popolazione sono state inflitte «immani sofferenze», a causa di Mosca si rischia un conflitto globale con ripercussioni in Medio Oriente e in Africa.

E c’è una novità che gli “equidistanti” forse non hanno valutato a sufficienza, specie il M5S, sempre attento alle ragioni della giustizia: Vladimir Putin ora è un ricercato, il mandato di cattura della Corte penale internazionale sancisce che l’esercito russo si sta accanendo sui civili. Putin stesso è ritenuto la mente della deportazione di migliaia di bambini dalle zone occupate dell’Ucraina alla Russia. Peraltro le conclusioni della CPI fanno seguito alla Commissione d’inchiesta delle Nazioni Unite.

Per tenere a bada i malumori interni al partito, la risoluzione avrà anche un forte appello alla diplomazia per uno sforzo politico dell’Unione. Obiettivo dev’essere il raggiungimento di una pace «giusta e duratura, basata sul rispetto della sovranità e dell’integrità territoriale dell’Ucraina». Come arrivarci? Spiegano fonti del Pd: «Ci vuole un ulteriore rafforzamento dell’Ue, una pressione collettiva che ponga fine ai combattimenti e si ritiri dal territorio occupato». Ad esempio tagliando definitivamente le importazioni di gas e petrolio.

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Pnrr, governo all’esame Ue per la terza rata: la melina sui balneari complica i piani

martedì, Marzo 21st, 2023

ALESSANDRO BARBERA

ROMA. Sulla linea del telefono Roma-Bruxelles, più che delle modifiche al Piano nazionale delle riforme e di quel che l’Italia vuol fare coi fondi generosamente offerti dai Ventisette (siamo di gran lunga il primo beneficiario), si discute spesso di quel che l’Italia non ha fatto. Quanto si è effettivamente speso fin qui? Quindici miliardi? Venti? Sui siti ufficiali non vi è traccia di un cronoprogramma, né il governo ha ancora fornito alla Commissione dati chiari. I continui richiami di Paolo Gentiloni sono direttamente proporzionali al terrore per un epic fail all’italiana. L’ultimo rapporto presentato da Raffaele Fitto a Natale sull’uso dei fondi ordinari di coesione sta lì a dimostrare che non c’è nessun pregiudizio: siamo cronicamente incapaci di spendere presto e bene. Il ministro degli Affari comunitari – sulle cui spalle pesa il successo o l’insuccesso dell’enorme operazione – non si occupa d’altro, evitando il più possibile di esporsi con interviste e uscite pubbliche.

Il primo problema – e grosso – riguarda la seconda rata del 2022 chiesta a dicembre. Invece dei canonici due mesi, per giudicare il rispetto degli impegni sulle riforma gli uffici della Commissione si sono dati come scadenza il 30 marzo. Fin qui era accaduto solo due volte, con Romania e Bulgaria. Ai tecnici non è ad esempio chiara la riorganizzazione dei poteri a Palazzo Chigi. Chi si occuperà di monitorare il rispetto delle procedure e la destinazione dei fondi? Quali responsabilità resteranno in capo al Tesoro, la struttura che fin qui ha fatto quel lavoro? E ancora: quanto precisa è stata l’implementazione della riforma sulla concorrenza? Se – come molti sono convinti accadrà – Roma passerà indenne la scadenza di fine marzo, il governo avrà un altro mese a disposizione per chiedere le modifiche ai progetti del Piano.

Il pretesto trovato con una certa abilità diplomatica da Fitto è la redistribuzione di alcuni fondi minori rimasti inutilizzati, chiamati «Repower Eu». Per dirla in estrema sintesi: con la scusa di ridestinare poco meno di sei miliardi, il ministro sta cercando di cancellare le opere programmate sgradite al governo (o che non hanno alcuna speranza di essere realizzate entro il 2026) con altre comprese negli obiettivi del “Repower” dedicate allo sviluppo delle energie rinnovabili. L’obiettivo è di farlo nel modo più esteso possibile e per una ragione prosaica: quei progetti passano anzitutto attraverso gli investimenti delle grandi partecipate (su tutte Eni ed Enel) e dunque hanno molte più chance di essere realizzati entro la scadenza del 2026 di quante non ne abbiano molte proposte in mano a Comuni e Regioni. Chi ha visto le carte riservate parla di un rimescolamento che varrà ben oltre i dieci miliardi.

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Il vero nemico resta l’inflazione

martedì, Marzo 21st, 2023

Veronica De Romanis

Guidare la Banca centrale europea sta diventando sempre più complesso. In questi ultimi mesi, la Bce ha ricevuto molte critiche da diversi esponenti politici del nostro Paese. Per alcuni fa “troppo”, per altri “troppo poco”, per altri ancora fa “troppo tardi”. Eppure, fino allo scorso anno, l’operato di Francoforte non è mai stato messo in discussione. Il motivo è semplice. La politica monetaria era espansiva. Che cosa significa? I tassi venivano tenuti bassi e i debiti degli Stati membri dell’area dell’euro venivano acquistati in quantità significative. In particolare, durante la pandemia. L’obiettivo era quello di sostenere le famiglie e le imprese con iniezioni di liquidità e basso costo del denaro. Una simile politica non poteva che raccogliere il favore della classe dirigente di un’economia come la nostra che “vanta” il secondo debito in rapporto al Pil più elevato dopo quello greco. Con l’arrivo della crisi energetica, quindi dell’inflazione, la Bce ha dovuto “normalizzare” la sua politica mettendo fine al periodo (durato probabilmente troppo a lungo) dei tassi bassi. E, così, sono iniziate le critiche.

In primo luogo, si è detto che alzare i tassi era inutile in presenza di un’inflazione da offerta, cioè derivante dall’aumento dei prezzi dell’energia: tassi più alti non avrebbero cambiato la situazione che era il risultato di uno shock esogeno: l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. Nel giro di pochi mesi, però, l’inflazione ha smesso di essere generata solo dal lato dell’offerta. Lo dimostra la dinamica dell’inflazione core, l’indicatore depurato dagli energetici e dagli alimentari. A febbraio ha raggiunto il 6,3 per cento, quasi un punto percentuale in più rispetto al mese di novembre. A fronte di questi dati, alzare i tassi è la cosa giusta da fare. Eppure, le critiche non sono finite. Sono in molti a ritenere che il rialzo dei tassi dovrebbe avvenire in modo ben più graduale. Una posizione che si è rafforzata in questi giorni con il fallimento della Silicon Valley Bank e i problemi della banca svizzera Credit Suisse.

L’incremento di mezzo punto percentuale deciso dal Consiglio direttivo della Bce giovedì scorso non è piaciuto a più di un esponente del governo. In particolare, il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, ha dichiarato che «aumentare il costo del denaro non è giusto perché arreca danno alle imprese». A suo avviso «bisognerebbe studiare una strategia differente per combattere l’inflazione». Studiare soluzioni alternative è certamente possibile. È bene, però, tenere a mente che – ad oggi -, variare i tassi (in aumento quando c’è inflazione, in diminuzione nel caso contrario) è la politica a cui ricorrono tutte le banche centrali. Nessuna esclusa. Chiaramente questa politica ha delle implicazioni. Del resto, è esattamente ciò che ci si aspetta che accada: tassi più elevati servono a raffreddare l’economia e, quindi, a calmierare la corsa dei prezzi. In altre parole, l’impatto negativo a cui fa riferimento Tajani è inevitabile quando si combatte l’inflazione che, non deve essere dimenticato – è una tassa che colpisce maggiormente le persone svantaggiate. Fa, quindi, molto bene la Bce a perseguire il suo obiettivo, ossia la stabilità dei prezzi. Il compito di chi ha responsabilità di governo dovrebbe essere quello di minimizzarne gli impatti. Ciò dovrebbe avvenire attraverso provvedimenti capaci di distribuire i costi tra i cittadini. Ma anche con scelte politiche volte a contribuire al rafforzamento dell’Unione.

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Vergogna nella curva della Lazio: cori antisemiti e una maglia inneggiante a Hitler

martedì, Marzo 21st, 2023

MATTEO DE SANTIS

Spuntano i video dei cori antisemiti, affiorano le foto della maglietta «Hitlerson 88» e fioccano gli attestati di solidarietà, accompagnati da promesse interventiste: sembra quasi di rivivere, all’indomani dello squallido spettacolo tra spalti, campo e spogliatoi proposto dal derby romano, un altro Giorno della marmotta della vergogna (non solo) curvaiola. Alzato il sacrosanto polverone per gli inqualificabili canti della curva laziale, intonati almeno tre volte durante la partita, incombe il rischio che l’indignazione possa terminare sotto il tappeto del silenzio e del lassismo con il passare dei giorni. «Una curva intera che canta cori antisemiti, un “tifoso” in tribuna con la maglia Hitlerson e il numero 88 e noi, come sempre, gli unici a indignarci e a protestare. Possibile che tutti continuino a far finta di nulla?», la domanda posta su Twitter da Ruth Dureghello, presidente della Comunità Ebraica di Roma, allegando i video di una parte dell’Olimpico laziale intento a cantare l’orrido motivetto «In sinagoga vai a pregare, ti farò sempre scappare… romanista vaff» e la foto di un sedicente tifoso biancoceleste con indosso la maglia con richiamo di nome (Hitlerson) e numero (l’88 rapportato all’alfabeto significa HH di «Heil Hitler») ad Adolf Hitler. «Impossibile far finta di nulla. Farò la mia parte, come sento di fare. Il rispetto è dovuto e non è negoziabile», il commento di Andrea Abodi, ministro per lo sport e per i giovani.

«Intollerabile. Preparo subito un’interrogazione al Viminale», scrive Ivan Scalfarotto, senatore di Italia Viva. Il prefetto Giuseppe Pecoraro, coordinatore nazionale per la lotta contro l’antisemitismo e già a capo della Procura della Figc al tempo dell’apparizione degli intollerabili adesivi raffiguranti Anna Frank romanista, lancia un’idea: «In caso di mancata identificazione dei responsabili è necessario un intervento sulle società per le quali fanno il tifo». Sull’ultimo atto del derby dell’inciviltà e della vergogna, giocato macabramente da anni dalle parti non sane delle due curve romane (con disgustose repliche come adesivi di Hitler con la casacca della Roma, ad esempio), dovrebbero arrivare le punizioni della giustizia sportiva, orientata a squalificare per due turni i rissaioli Marusic e Cristante, e ordinaria. Forse oggi, con la curva laziale già sotto esame per cori antisemiti nella sfida d’andata e nelle trasferte con Sassuolo, Lecce e Napoli, il Giudice Sportivo potrebbe decretare la chiusura della Curva Nord (almeno) contro la Juve. Molto vicino a essere identificato, invece, l’indossatore della maglia «Hitlerson 88»: rischia il Daspo.

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L’avviso di Gentiloni all’Italia: “Sul Pnrr non si può sbagliare. Ponte e flat tax vengono dopo”

martedì, Marzo 21st, 2023

Francesco Spini

Altro che «l’ossessione» che il commissario Ue agli Affari economici, Paolo Gentiloni, raccomanda. A sentire l’ex premier ora custode dei numeri a Bruxelles, «nel nostro Paese riusciamo a dare un’enorme attenzione a tantissimi problemi, talvolta anche a quelli che non sono dietro l’angolo come il Ponte sullo Stretto e la flat-tax». Ma «ci dimentichiamo che c’è un problema invece di estrema attualità, urgenza e importanza che si chiama Pnrr, che non mi sembra sufficientemente al centro delle nostre preoccupazioni». Apriti cielo. La critica punge nel vivo il cantore numero uno dell’opera che unirà Scilla e Cariddi, il ministro delle infrastrutture Matteo Salvini: «Da un commissario europeo mi aspetto aiuti e proposte, non polemiche. Oltretutto rivolte al suo Paese – spara da Alessandria il leader leghista –. Perché tagliare le tasse e fare piccole e grandi opere è quello per cui mi pagano ed è il futuro del Paese. Da un commissario europeo mi aspetto consigli, suggerimenti su come non perdere neanche un euro di questo Pnrr, magari rivedendo tempi e modalità di spesa». Ma Gentiloni, dal palco della presentazione del rinnovamento di Affari&Finanza di Repubblica, alla Bocconi di Milano, va anche oltre: «Noi italiani non possiamo prenderci la responsabilità di un fallimento dei primi eurobond a livello Ue, perché sarebbe dal punto di vista europeo veramente un disastro».

A condividere le preoccupazioni sul futuro del Pnrr, ora che la sua declinazione entra nel marasma dei mille campanili, c’è sullo stesso palco il governatore di Banca d’Italia, Ignazio Visco. «Quello che è stato fatto finora, con tutte le difficoltà, è andato nella direzione corretta», dice il banchiere centrale. Il piano, ricorda, «è il combinato disposto di riforme, interventi a livello nazionale e interventi sul territorio». Sulle riforme, «ci sono difficoltà, discussioni… ma più o meno si procede». Si va avanti negli investimenti gestiti a livello centrale. Quello che rimane, spiega, è la difficoltà «rilevante» in Italia «nella capacità di programmazione, di gestione dei fondi a livello locale». Non è omogenea sul territorio, concede Visco, ci sono aree con molta organizzazione a aree con difetti. Il governo «deve essere in grado di individuare» queste ultime e intervenire «a livello centrale per sostenere o anche sostituirsi». Tutto per mantenere «un interesse alto su questo che è un elemento cruciale per la futura crescita». Gentiloni concorda con Visco: «Fin qui tutto bene». Però «man mano che va avanti la sfida, diventa più impegnativa. Perché le riforme che si devono affrontare sono forse più delicate dal punto di vista politico e perché gli investimenti atterrano a livello locale, coinvolgono molto spesso le dinamiche territoriali». Il momento è cruciale. Bruxelles sta esaminando la terza richiesta di erogazione, quella di fine dicembre. Quest’anno ci saranno altre due tranche. «Messe insieme fanno 34 miliardi: una finanziaria praticamente». Gentiloni giura che a Bruxelles c’è una «disponibilità totale» a rivedere i piani come già hanno fatto per Germania, Finlandia e Lussemburgo. Però «non dobbiamo minimamente abbassare la guardia. Deve essere un’ossessione per le nostre classi dirigenti di governo nazionale e locale».

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La pace di Xi sul tavolo di Putin: «Eterna amicizia tramandata di generazione in generazione»

martedì, Marzo 21st, 2023

di Guido Santevecchi

I due leader fianco a fianco, a rimarcare la «vicinanza» tra i rispettivi Paesi Lo zar «pronto a negoziare». Il Nuovo Timoniere: «Stessi obiettivi»

La pace di Xi sul tavolo di Putin: «Eterna amicizia tramandata di generazione in generazione»

Un tavolino largo cinquanta centimetri dà il senso della vicinanza tra Cina e Russia. Non può essere un caso che il cerimoniale del Cremlino abbia fatto sedere Xi Jinping e Vladimir Putin quasi spalla a spalla. Da quando ha scatenato l’aggressione all’Ucraina, lo zar ha preso le distanze da tutto e da tutti, confinando visitatori e collaboratori all’altro capo di un tavolone ovale lungo sei metri. La regola non poteva valere per «il caro amico» venuto da Pechino proprio per rompere l’isolamento del leader russo.

Le notizie sulla guerra in Ucraina, in diretta

Putin ha subito ringraziato dicendo di essere «sempre pronto a negoziare», di avere «rispetto» per la proposta di soluzione elaborata da Pechino, di volerla studiare con Xi e di essere disposto a fornire «chiarimenti». Per mostrarsi ancora più grato della visita, ha aggiunto che «la Russia è un po’ invidiosa» per il rapido sviluppo della Cina negli ultimi decenni. Su questo punto è stato probabilmente sincero: Mosca ormai è considerata la sorella povera di Pechino.

Nel minuetto diplomatico Xi ha firmato un editoriale sulla Rossiyskaya Gazeta dove chiede «una via razionale» per uscire dalla crisi ucraina (che evita sempre di chiamare invasione) e ripresenta la proposta di «soluzione politica» in 12 punti come un tentativo di «rappresentare per quanto è possibile le vedute unitarie della comunità mondiale». Xi conclude che i problemi complessi non hanno facili soluzioni e inneggia alla «eterna amicizia tra Cina e Russia tramandata di generazione in generazione» (in realtà i due imperi sono stati storicamente più divisi e sospettosi l’uno dell’altro che vicini fraterni).


Contemporaneamente il Renmin Ribao (Quotidiano del Popolo) di Pechino ha pubblicato un intervento di Putin «grato per la linea equilibrata della Cina sugli eventi in corso in Ucraina e per la sua comprensione delle cause reali». Lo zar accomuna Russia e Cina come vittime del «doppio contenimento da parte degli Stati Uniti». Anche Xi si è lamentato in pubblico dell’accerchiamento americano e ieri ha detto che «è vero che le nostre due nazioni condividono obiettivi uguali e alcuni simili».

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Francesco Pio Maimone ucciso a Napoli a 18 anni per una scarpa sporcata: «Lo aspettavo a casa con il cornetto, non è più tornato»

martedì, Marzo 21st, 2023

di Chiara Marasca

Negli ultimi tempi il 18enne di Pianura viveva con i fratelli a casa di Monica D’Angelo, l’ex moglie del padre: «Lo amavano tutti, lavorava nella pizzeria di mia figlia Miriam. E sognava di averne una sua. Ora vogliamo giustizia»

napoli

«Lo amavo come un figlio, l’ho amato dal giorno in cui è nato. Pio era impossibile non amarlo. Era buono, allegro, disponibile. La prego lo scriva, bisogna raccontare chi era. E pensare che ieri lui non voleva nemmeno uscire. Ti aiuto a montare il mobile, resto qua, sono un po’ stanco, mi  aveva detto. Poi gli amici lo aspettavano e si è convinto ad andare a Mergellina con loro, a bere un drink. Con lui c’era Carlo, l’amico del cuore. Sono tutti bravi ragazzi i suoi amici, come lui. La prego di dirlo». Perché la paura più grande, in queste ore in cui il dolore è inconsolabile e ai suoi familiari non sembra ancora possibile non poterlo più abbracciare, è che Francesco Pio Maimone, il ragazzo di Pianura ucciso domenica sera davanti agli chalet, possa essere considerato un giovane con cattive frequentazioni, o, peggio, vicino agli ambienti criminali del suo quartiere, recentemente in fibrillazione E invece no.  Una lite tra altri ragazzi per una scarpa sporcata e lui al posto sbagliato nel momento sbagliato. Non c’entrava niente. Lo dicono le ipotesi degli investigatori, che con il passare delle ore si delineano con sempre maggiore nettezza, e lo ripete tante e tante volte Monica D’Angelo, l’ex moglie del papà, mamma di Alessia, Miriam ed Emanuele, tre dei sei fratelli di Pio, come tutti lo chiamavano in famiglia. 

La famiglia

Una grande famiglia allargata, la loro, dove negli anni la gioia per l’arrivo di nuovi bambini ha lenito il dolore per un matrimonio finito lasciando spazio a un clima sereno e a legami intensi. Sei fratelli, legatissimi. Negli ultimi mesi Pio viveva proprio in casa con la signora Monica, per lui una seconda mamma. Non c’erano problemi con i genitori, né con gli altri fratelli – Chiara e Antonio – ma lui amava stare con la sorella maggiore, Miriam e i suoi figli, ai quali era legatissimo. I nomi dei nipotini, di 7 mesi e sei anni, Pio se li era anche tatuati. «Impazziva per loro», racconta Monica senza riuscire a trattenere le lacrime, «e quando un anno fa il più grande ha avuto un problema di salute Pio non l’ha lasciato un attimo. Pensi che il bambino lo chiamava babbo».  

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Irina Vereshchuk, vicepremier ucraina: «La Cina non si scontrerà con l’Occidente per aiutare Putin»

martedì, Marzo 21st, 2023


Lorenzo Cremonesi, inviato a Kiev / CorriereTv

La vicepremier di Kiev al Corriere: «Il cessate il fuoco? Dopo il ritiro dei russi dall’Ucraina»

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Meloni sente Scholz sui migranti. E ora Bruxelles apre all’Italia

martedì, Marzo 21st, 2023

di Monica Guerzoni

Oggi la premier in Aula, opposizioni unite (ma non sull’Ucraina)

 Meloni sente Scholz sui migranti. E ora Bruxelles apre all’Italia

Una gestione «finalmente europea» dei flussi migratori, un segnale di sostegno «a 360 gradi» all’Ucraina e soluzioni condivise dai 27 Paesi per la competitività delle economie. Sono i temi al centro della telefonata tra Giorgia Meloni e il Cancelliere tedesco, Olaf Scholz, in vista del Consiglio Ue del 23 e 24 marzo. Mezz’ora di colloquio «lungo e cordiale», che a Palazzo Chigi considerano importante nella tessitura diplomatica che la premier sta portando avanti nel tentativo di smuovere l’apatia dell’Europa. La Germania teme che la primavera possa portare una nuova ondata di arrivi dal fronte Sud e ha capito, questa la convinzione di Meloni, che «l’Italia non può fare da sola».

Oggi al Senato, nella tradizionale informativa che precede il vertice, la presidente del Consiglio illustrerà strategie e priorità, domani parlerà alla Camera e poi salirà al Quirinale. «Da questo Consiglio Ue mi aspetto passi in avanti», si mostra ottimista Meloni. Le opposizioni, divise sull’Ucraina, sull’emergenza migranti uniscono le forze e chiedono a Palazzo Chigi e al Viminale di poter conoscere i documenti del naufragio di Cutro, che il 26 febbraio ha ucciso (almeno) 88 person e davanti alle coste della Calabria.

Alle 11,30 la premier terrà l’informativa al Senato e alle 14, alla Camera, i capigruppo delle minoranze presenteranno la richiesta di accesso civico alle carte del disastro, con l’obiettivo di mettere in difficoltà il governo: perché i soccorsi non sono scattati in tempo per evitare la strage? Meloni ne ha parlato negli uffici di Fratelli d’Italia con il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, in partenza per una missione in Costa d’Avorio. E oggi la premier terrà il punto in difesa delle istituzioni italiane, convinta che abbiano fatto «come sempre» tutto il possibile per salvare uomini, donne e bambini.

Roma preme da giorni per convincere l’Unione a un cambio di passo e ieri Bruxelles ha battuto un altro colpo. Ursula von der Leyen ha reso nota la lettera ai 27 Paesi in cui scrive che «il terribile naufragio al largo della Calabria è stato un vivido richiamo all’urgenza della nostra azione». La Commissione Ue è pronta a mobilitare 110 milioni di euro nel 2023, in aggiunta ai 208 già impegnati per la cooperazione anti-trafficanti. Per la presidente «una soluzione equa e sostenibile può essere trovata solo in un approccio europeo ed equilibrato». Von der Leyen sembra essersi convinta che l’Italia non può fare da sola: «Possiamo raggiungere più traguardi solo se agiamo insieme».

A Bruxelles è allarme sulla situazione economica e politica della Tunisia. «Il Paese rischia il collasso — ha avvertito il ministro degli Esteri Antonio Tajani nella riunione con gli omologhi dei 27 —. C’è non solo una questione di stabilità, ma anche la questione dei flussi migratori irregolari che ci preoccupa molto. La frontiera con la Libia è sempre più fragile, serve una forte azione europea». Nei prossimi giorni il commissario europeo Paolo Gentiloni sarà a Tunisi per affrontare il dossier del finanziamento.

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