Archive for Marzo 22nd, 2023

Migranti, schiaffo a Meloni, l’Europa nega al governo la discussione sui profughi

mercoledì, Marzo 22nd, 2023

Ilario Lombardo

«La presidente della Commissione e la presidenza svedese ci offriranno un breve aggiornamento sull’argomento». Punto. Solo «un breve aggiornamento». Niente di più. A questo si ridurrà la discussione sui migranti nel Consiglio europeo di domani e venerdì. Il presidente Charles Michel ha relegato il tema alla fine della lettera con cui ha formalizzato l’invito a Bruxelles ai leader europei. I punti all’ordine del giorno sono il sostegno all’Ucraina, le misure economiche sulla competitività, il commercio, l’energia, e poi i profughi, nella formula così scritta: «Short debrief».

Giorgia Meloni aveva chiesto di più. «C’è un cambio di paradigma ma non possiamo ancora dirci soddisfatti», la premier lo ha dichiarato in Aula, in Senato, e lo ha ribadito durante la telefonata con Ursula Von der Leyen. È lei, la presidente tedesca della Commissione Ue, la principale sospettata. L’Italia si aspettava «un cambio di passo», dopo il Consiglio informale di febbraio, quando Meloni rivendicò come un successo gli impegni espressi nelle conclusioni. Si aspettava che la Commissione avrebbe tradotto in proposte ufficiali le vaghe promesse strappate ai capi di Stato e di governo, così come avvenuto per i tedeschi e l’allentamento dei vincoli sugli aiuti di Stato alle imprese, considerato vitale dalla cancelleria di Berlino.

Un mese dopo, invece, per l’Italia poco è cambiato. Dopo il colloquio telefonico con Von der Leyen, in serata, da Palazzo Chigi filtrava un filo di ottimismo in più. Le parole della leader tedesca tentano di tamponare i malintesi. Definisce la telefonata «fruttuosa» e conferma «la necessità di agire in maniera rapida e coordinata» e di «sostenere i partner nordafricani, di prevenire le partenze irregolari e le perdite delle vite umane».

Meloni, però, vuole garanzie che le dichiarazioni si traducano in misure concrete. Chiede che qualcosa venga anticipato al Consiglio di domani. «Condividiamo un’urgenza» ha detto a Von der Leyen, ora servono i fatti.

Meloni non è tranquilla. Le pressioni della diplomazia italiana hanno prodotto poco. Il tema dei migranti è rimasto in coda, appena toccato da Michel. E anche per questo ieri, in Senato, durante l’informativa sul vertice europeo, la presidente del Consiglio ha alzato nuovamente i toni e sfoderato il repertorio di sempre dei sovranisti italiani. È tornata ad attaccare le Ong: «Gli Stati che li finanziano devono assumersi le responsabilità che il diritto del mare assegna loro. Le operazioni Sar non possono gravare solo sugli Stati di approdo». E ha polemizzato con la sottovalutazione, percepita tra i partner, dell’«enorme problema» della Tunisia: «Il commissario all’Economia Paolo Gentiloni, che aveva immaginato già all’inizio di questo mese di recarsi là per affrontare la vicenda, poi ha rimandato». Il rischio di default del Paese, secondo la premier, non può essere affrontato finché il Fondo monetario internazionale non sblocca i finanziamenti destinati a Tunisi. È quello il primo banco di prova, agli occhi della premier. L’Europa può dimostrare di condividere la strategia italiana che prevede di aumentare il denaro verso i Paesi di transito del Nord Africa.

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Ecobonus e bonus facciate, la maxi truffa: istanze da clochard o morti, anche per comuni inesistenti. La procura di Asti ordina un sequestro da un miliardo e mezzo

mercoledì, Marzo 22nd, 2023

La Guardia di Finanza ha avviato l’esecuzione – insieme ai colleghi di Campania, Emilia Romagna, Lazio Lombardia, Puglia, Toscana, Trentino Alto Adige e Veneto – di una ordinanza di custodia cautelare del giudice per le Indagini preliminari del tribunale di Asti, nei confronti di 10 persone, per reati di associazione a delinquere, truffa nei confronti di Enti Pubblici, riciclaggio, emissione ed utilizzo di fatture per operazioni inesistenti e sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte. In corso nel contempo l’esecuzione di un decreto di sequestro, anche per equivalente, ai fini della confisca, di crediti fiscali, profitti illeciti, immobili e altre disponibilità per oltre un miliardo e mezzo.
Settantatre le perquisizioni, in corso in 18 province, con l’impiego di 150 finanzieri.I militari dei Comandi provinciali della Guardia di Finanza di Napoli ed Avellino stanno eseguendo un sequestro preventivo emesso dal gip del Tribunale di Avellino e un sequestro preventivo d’urgenza della Procura, per crediti d’imposta inesistenti per un miliardo e 700 mila euro. L’indagine coordinata dalla Procura di Avellino riguarda una maxi truffa messa a segno con i bonus per l’edilizia, principalmente e “Ecobonus” e “Bonus Facciate”. Si tratta del sequestro di crediti d’imposta più alto di sempre.

In corso perquisizioni nelle province di Napoli, Avellino, Salerno, Milano, Lodi, Torino, Pisa, Modena e Ferrara nei confronti di 21 indagati per il reato di associazione per delinquere finalizzata alla truffa aggravata ai danni dello Stato.
Il caso Avellino
Ad innescare l’indagine che la Procura di Avellino ha delegato ai finanzieri del Nucleo di polizia economico-finanziaria di Napoli e del Gruppo di Avellino, è stata un’analisi di rischio del Settore Contrasto Illeciti dell’Agenzia delle Entrate. Dai controlli sono emersi fattori di rischio nelle comunicazioni di cessione per esempio, intestate a persone senza fissa dimora, decedute e oppure con precedenti penali. Sono state inoltrate istanze anche per immobili inesistenti, senza fatture assenti oppure riportanti importi “incoerenti”.

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Riforma Irpef, quanto si risparmia di tasse? Fino a 206 euro per redditi sotto ai 28 mila euro

mercoledì, Marzo 22nd, 2023

di Massimiliano Jattoni Dall’Asén

Leo: «Amplieremo il primo scaglione»

Da quattro a tre aliquote Irpef. Questo è il primo step della riforma fiscale targata Meloni, dopo che ha avuto l’ok dal Consiglio dei ministri alla legge delega e che dovrebbe prendere il via dal primo gennaio del 2024 (con effetto sulle dichiarazioni dei redditi del 2025). Su come però cambieranno gli stipendi davvero non si può ancora dare numeri certi, perché all’appello manca l’altro elemento fondamentale che partecipa al calcolo dell’imposta: ovvero, le detrazioni per lavoro, le cui nuove formulazioni (rispetto a quelle definite dal governo Draghi nel 2022) e le loro applicazioni non son state ancora definite. Dal palco della Cgil, la premier Meloni ha sottolineato il desiderio di dare subito un segnale ai lavoratori con stipendi più bassi. A spiegare come ci ha pensato qualche giorno dopo il viceministro dell’Economia, Maurizio Leo, che durante un’intervista a SkyTg24 ha parlato di «ampliare lo scaglione della prima aliquota» al 23%, che attualmente arriva fino a 15 mila euro di redditi da lavoro. Leo però si è detto prudente: «vedremo dove si fermerà l’asticella», ha concluso. Comunque sia, le risorse per questa riforma non potranno che arrivare dall’annunciata “potatura” delle tax expenditures, cioè le circa 600 agevolazioni che riducono ogni anno il gettito dello Stato (ma pare verranno salvate quelle legate alla famiglia, alla salute e alla casa).
Fatte queste dovute premesse, proviamo a vedere qual è il calendario di questa riforma e proviamo a fare anche qualche ipotesi su come gli stipendi potrebbero cambiare.

Le percentuali delle tre aliquote

Come detto, la premier Meloni davanti alla platea della Cgil ha chiarito di voler partire dall’attuale secondo scaglione Irpef, quello cioè dei rediti da lavoro tra i 15 mila e i 28 mila euro, ai quali attualmente si applica un’aliquota del 25%. Il governo dice di voler abbassare la pressione fiscale per questa fascia di lavoratori e sta lavorando all’accorpamento a partire dal 2024 del secondo scaglione al primo, che ha un’aliquota del 23%. Questo, significherebbe che la fascia 15-28 mila andrebbe a risparmiare 2 punti percentuali di Irpef. Per gli altri due scaglioni le ipotesi di cambio aliquote sono ancora più incerte. L’ultima fascia, quella sopra i 50 mila euro, probabilmente non vedrà alcun cambiamento e resterà l’aliquota del 43%. Per quelo che diventerà lo scaglione intermedio (28 mila-50 mila euro) le ipotesi sul tavolo sono varie: si è parlato di un irrealistico 27%, poi di un 33% e di un 35%.

Come potrebbero cambiare gli stipendi fino a 28 mila euro

Lo abbiamo detto all’inizio: senza sapere quale saranno le percentuali e come verranno rimodulate le detrazioni per il lavoro, è impossibile calcolare come le tre nuove aliquote incideranno realmente sugli stipendi. In questa fase, però, per iniziare a farsi un’idea possiamo fare un calcolo immaginando che le attuali detrazioni restino così come sono e applicando le aliquote che i rumors danno più probabili.
Se l’aliquota scendesse al 23% fino a 28 mila euro, chi guadagna tra i 15 mila e i 28 mila avrebbe un vantaggio crescente di 2 punti percentuali rispetto a oggi. Uno stipendio di 20 mila euro annui, ad esempio, risparmierebbe circa 100 euro di Irpef (il 4,9%), uno di 24 mila circa 180 euro (5,3%) e uno di 28 mila circa 260 euro (5,5%), che è poi la percentuale (e dunque il risparmio Irpef) che si applicherebbe anche a tutti i redditi superiori ai 28 mila euro per la parte che corrisponde appunto al secondo scaglione. Sotto i 20 mila euro di redditi, il risparmio è irrisorio (poche decine di euro).
Se l’aliquota scendesse addirittura al 20% (ipotesi circolata nelle scorse settimane, ma assai poco probabile), un reddito di 20 mila euro, che oggi versa 4.700 euro di Irpef, ne andrebbe a versare 4.000 e avrebbe dunque uno sgravio fiscale di circa 700 euro (-14,89%). Il vantaggio aumenterebbe via via che il reddito cresce.

Come potrebbero cambiare gli stipendi tra i 28 mila e i 50 mila euro

La riduzione di 2 punti percentuali fino a 28 mila euro avrebbe una ricaduta anche sui redditi superiori. Un reddito annuo di 30 mila euro, per esempio, risparmierebbe il 5,5% fino a 28 mila euro, sui restanti 2 mila euro, poi, entrando nello scaglione successivo e immaginando invariata l’aliquota del 35% per i restanti 2 mila euro, vedrebbe scendere il risparmio a 4,6%; mentre un reddito di 40 mila risparmierebbe in valori assoluto il 2,6% di Irpef.
Nell’ipotesi che anche il secondo nuovo scaglione (da 28 mila a 50 mila euro) vedesse scendere l’aliquota dal 35% al 33%, un reddito annuo di 40 mila euro vedrebbe un risparmio Irpef di circa 500 euro totali, mentre uno di 50 mila euro toccherebbe quota -700 euro circa di Irpef.

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