Archive for Marzo, 2023

Migranti, la regia a Palazzo Chigi «depotenzia» Piantedosi. Il nuovo reato: strage in mare

giovedì, Marzo 9th, 2023

di Monica Guerzoni

E c’è lo stop ad alcune misure che il Viminale voleva inserire. Prima eccezionale trasferta del governo a Cutro dove si terrà il Consiglio dei ministri

Migranti, la regia a Palazzo Chigi «depotenzia» Piantedosi. Il nuovo reato: strage in mare

A undici giorni dalla tragedia di Steccato di Cutro, la premier e tutti i ministri atterrano oggi in Calabria per la prima, eccezionale trasferta del governo. Giorgia Meloni e i «big» dell’esecutivo scenderanno da due aerei, un Airbus e un Falcon e nel pomeriggio arriveranno a Cutro dove si terrà il Consiglio dei ministri.

Nelle intenzioni della leader della destra sarà una riunione «molto operativa», che dovrà dare il via libera a una severa stretta contro i «trafficanti di vite umane», scafisti e organizzazioni criminali. Il decreto è a due facce. Nasce la nuova fattispecie di reato di strage in mare, per punire «molto severamente» chi sfrutta la disperazione dei migranti fino a causarne la morte. E, al tempo stesso, vengono semplificate le procedure per favorire e potenziare l’immigrazione regolare, con l’obiettivo di scoraggiare le partenze illegali e convincere i migranti a mettersi in viaggio attraverso i canali ufficiali.

Accusata dalle opposizioni di aver disertato le rive del naufragio, dove sono morti almeno 72 migranti, Meloni e il suo staff ragionano da giorni su un gesto «dal forte valore simbolico» dopo la bufera politica per il ritardo dei soccorsi. Una foto opportunity che riporti il governo in sintonia con quella parte di opinione pubblica che si è molto commossa vedendo le immagini del disastro e ascoltando le storie di chi non ce l’ha fatta. Per mostrare quanto è profondo il dolore per i 72 migranti morti e quanto il governo è vicino alle famiglie delle vittime, la premier potrebbe raggiungere su una piccola barca la secca dove il 26 febbraio si è schiantato il peschereccio e deporre sulle onde un mazzo di fiori.

A Palazzo Chigi, dove si è lavorato fino a notte per limare il decreto, è forte il timore che la sinistra possa accendere qualche scintilla che inneschi proteste contro la delegazione in arrivo da Roma. Una ragione in più, secondo Meloni, per mostrare al Paese che il governo è compatto e che le tensioni politiche sono alle spalle. Matteo Salvini non ha certo gradito che la regia della questione migranti sia passata a Palazzo Chigi e che il decreto sia stato costruito dalla premier e dal sottosegretario Alfredo Mantovano, depotenziando, se non commissariando, Matteo Piantedosi. E a infastidire i vertici della Lega è stata anche la scelta del Cdm a Cutro, che Meloni avrebbe preso senza consultare gli alleati. Ma fonti di maggioranza assicurano che «non c’è nessuna divergenza».


Il caso Piantedosi però non è chiuso. «Il ministro dell’Interno meno parla e meglio è, ormai è chiaro che va aiutato», sussurrano i meloniani. D’ora in avanti tutte le decisioni, a partire dalla gestione dei soccorsi, dovranno essere condivise con Palazzo Chigi. L’ultimo momento di frizione riguarda la riunione del preconsiglio. Doveva tenersi ieri pomeriggio ed è slittato ad oggi, perché il Viminale avrebbe provato a inserire nel decreto in costruzione alcune norme su respingimenti e stop alla protezione internazionale dei migranti, sgradite a Fratelli d’Italia. Per alleggerire la bozza c’è voluta una riunione tecnica coordinata da Mantovano, il cui ufficio ha fatto da cabina di regia tra Palazzo Chigi, Esteri, Giustizia e Viminale.

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Arriva il soccorso Ue: 500 milioni per corridoi umanitari

mercoledì, Marzo 8th, 2023

Fausto Biloslavo

«È un dovere morale» evitare tragedie come il naufragio sulle coste calabresi, ma bisogna anche aumentare la cooperazione con i paesi nord africani per fermare l’immigrazione clandestina e approvare finalmente il nuovo patto sull’Immigrazione e asilo. Non solo: la Ue mette a disposizione mezzo miliardo di euro per 50mila persone che arriveranno attraverso corridoi umanitari sicuri. La speranza è che siano compresi anche gli oltre mille afghani «dimenticati» in Iran inseriti nelle liste di evacuazione della Difesa. La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen ha risposto alla lettera inviata dalla premier italiana Giorgia Meloni dopo il disastro di Cutro.

«Apprezzo che lei mi abbia scritto in seguito al tragico naufragio al largo delle coste calabresi» scrive Von der Leyen condividendo l’opinione di Giorgia Meloni che «come europei, politici e cittadini abbiamo il dovere morale di agire per evitare tragedie simili».

Von der Leyen sottolinea che solo agendo assieme si può vincere la sfida come ha dimostrato l’accoglienza degli ucraini in fuga all’invasione russa.
Però gran parte dei milioni di rifugiati sono rientrati nelle loro case quando hanno potuto a differenza dei migranti che arrivano via mare, in maggioranza economici. La presidente sottolinea che «l’avanzamento del nuovo Patto sulla migrazione e l’asilo è essenziale per interrompere il ciclo di soluzioni frammentarie che non portano a sufficienti progressi». Giusto, ma da anni si cerca di superare Dublino e la presidenza di turno svedese della Ue, in copia nella lettera, non ha dato grandi speranze in tal senso. La presidente coglie il sollecito di Meloni e punta a compiere passi in avanti nel Consiglio europeo del 23 e 24 marzo. Non a caso un comunicato di palazzo Chigi esprime «profonda soddisfazione per le parole indirizzate all’Italia e all’azione dell’esecutivo sul tema della migrazione”» Le direttrici d’azione sono chiare: «Aiutare chi ha bisogno di protezione internazionale, prevenire le partenze irregolari, combattere le reti di trafficanti criminali, offrire percorsi per una migrazione sicura e legale e rimpatriare chi non ha diritto di rimanere».

In pratica, però, la lotta ai trafficanti non è mai iniziata e al massimo finiscono dietro le sbarre gli scafisti, pesci piccoli. I rimpatri, come il caso dei tunisini dall’Italia, sono ben pochi. E non va meglio con quelli dalla Libia e altri paesi in collaborazione con l’Onu. Von der Leyen annuncia «mezzo miliardo di euro di finanziamenti per i corridoi umanitari fino al 2025 offrendo sostegno per il reinsediamento di circa 50 mila persone».

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Conto corrente, tutte le mosse per scegliere: ecco il più conveniente

mercoledì, Marzo 8th, 2023

Dario Murri

Servizio in continua evoluzione, in alcuni casi misura del nostro patrimonio anche per lo Stato (visto che, ai fini della determinazione del nostro ISEE concorre anche la giacenza media annuale sui nostri conti), il conto corrente è un servizio finanziario che permette di gestire la nostra liquidità compiendo delle operazioni di accredito e di addebito del conto.

Chi apre un conto corrente ha la possibilità di effettuare bonifici, addebitare utenze e pagamenti ricorrenti come le bollette, prelevare i soldi dal conto presso lo sportello tramite carta di credito o debito. Per le nuove regole europee studiate a tutela degli utilizzatori di servizi di pagamento, il conto corrente bancario è considerato una tipologia, tra le altre, di conto di pagamento.

Diversamente dai conti correnti, i conti di pagamento, possono essere gestiti anche da operatori diversi dalle banche, come le Poste, gli istituti di moneta elettronica (IMEL) e gli istituti di pagamento (IP). Ogni conto corrente ha un suo codice identificativo o IBAN (International Bank Account Number), che identifica in maniera esclusiva il conto corrente e l’intermediario che lo gestisce, permettendo di rendere agevole ogni transazione finanziaria in ambito nazionale e internazionale.

Quali sono le tipologe di conto corrente

Quando si va a scegliere il conto corrente più adatto per la gestione del proprio denaro, è importante considerare bene per quali finalità verrà utilizzato. Esistono diverse tipologie di conti correnti, che vanno dal conto corrente base (operatività limitata a costo ridotto) ai conti con funzionalità avanzate e costi più elevati. Vediamo le più diffuse e le loro peculiarità.

Conto ordinario: è il cosiddetto conto a consumo, in cui le spese variano a seconda dal numero di operazioni effettuate: più operazioni si fanno, più si spende.

Conto di base: consente un numero limitato di versamenti, prelievi e bonifici ed è gratis per i pensionati che percepiscono fino a 18.000 euro all’anno e per chi ha un ISEE inferiore a 11.600 euro. Chi necessita di più libertà nell’utilizzo del conto può valutare un conto corrente tradizionale, o uno online. I vari prodotti proposti dalle banche variano per il canone richiesto, le commissioni addebitate per le operazioni sul conto e per l’insieme dei servizi inclusi.

Conto corrente a pacchetto, che aggiunge alla normale operatività del conto funzionalità aggiuntive e ad hoc. Una soluzione interessante se si gestiscono molti servizi diversi con la stessa banca (investimenti sul mercato finanziario, assicurazioni, o altro).

Se si vuole risparmiare, si può optare per un conto corrente online, da gestire in autonomia tramite il servizio di home banking. Un conto da aprire e gestire online permette una maggiore flessibilità rispetto a un conto da aprire e gestire allo sportello. Inoltre, in caso di necessità pratiche o emergenze, diverse banche online dispongono di sportelli “fisici”.

Attenzione anche a considerare eventuali limiti al numero di operazioni che possono essere fatte sul conto. Normalmente, nei conti più economici e in quelli a canone zero esiste una soglia fissata dalla banca, superata la quale non è più possibile effettuare operazioni, o vengono addebitati costi extra.

Cosa guardare per scegliere il servzio migliore

Altri fattori importanti da considerare nel valutare i diversi conti correnti sono le condizioni poste dalla banca per accedere a un fido, e se è previsto il rilascio gratuito (o a pagamento) di carte di debito o di credito.

Può convenire anche verificare se la banca permette di aprire un conto corrente con funzione di conto deposito (che non ha strumenti di pagamento, ma ha l’unico scopo di far fruttare interessi elevati sul patrimonio investito) o se prevede versioni più indicate per anziani, giovani o attività professionali.

È comunque sempre utile chiedere più preventivi a diverse banche e confrontare le varie offerte.

Cambiare spesso conto corrente, approfittando delle offerte elaborate di volta in volta dalle banche può servire a risparmiare o ad avere sempre accesso a servizi in linea con le proprie esigenze. Considerate che la spesa per il conto corrente cresce di anno in anno e a pagare di più, spesso, è chi ha aperto il conto da più tempo.

La banca deve fornire l’Indicatore Sintetico di Costo

Usare un comparatore di conti correnti (ce ne sono diversi online) permette di farsi un quadro completo delle diverse proposte sul mercato. È possibile valutare i punti di forza e le caratteristiche distintive di ogni prodotto, così da farsi un’idea della sua effettiva convenienza. Un altro elemento utile per individuare il conto corrente più conveniente per noi è costituito dall’ ISC o Indicatore Sintetico di Costo dei conti correnti che hanno superato la prima fase di selezione. Si tratta di un documento fornito dalla banca che riporta una sintesi dei costi annui del conto, calcolati sulla base di vari piani di utilizzo.

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La premier, Schlein e le leader che nessuno “ha visto arrivare”

mercoledì, Marzo 8th, 2023

Flavia Perina

Una Giorgia Meloni sorridente davanti a una grande bandiera europea: la svolta che non ti aspetti è tutta nell’immagine collocata ieri, con grande solennità, nella Sala delle Donne di Montecitorio, il luogo che ospita i ritratti delle prime signore entrate a far parte delle istituzioni della Repubblica. Alla vigilia dell’8 marzo la premier ha scelto di entrare nella galleria delle madri costituenti, delle prime sindache, delle prime presidenti della Camera, del Senato, del Csm, archiviando in modo definitivo il vecchio messaggio sovranista ed euroscettico per consegnarsi alla storia e al ricordo dei posteri non solo come prima donna premier, ma anche come prima amica dell’Europa e possibile protagonista delle sue future evoluzioni.

Per capire la qualità dello strappo basterà ricordare che, solo cinque anni fa, l’intero gruppo di Fratelli d’Italia sottoscriveva una proposta di legge per cancellare dalla nostra Costituzione i paragrafi che vincolano l’Italia al rispetto delle normative e dei trattati europei. In pratica, un’Italexit. Meloni ne fu la principale firmataria, e il testo cominciò pure il suo iter in Commissione Affari Costituzionali dove fu difeso con energia in nome “della nostra dignità nazionale e libertà”. Altri tempi. Altre necessità, altre vicende, ma fa comunque sensazione la velocità con cui la premier sta conducendo il suo mondo verso nuove sponde. Sì, perché vincolando alla Giornata delle donne quello scatto e quella bandiera, si archivia non solo il vecchio euroscetticismo delle destre ma anche l’irrisione e la sufficienza riservate in passato alle grandi dame dell’Unione, gli insulti al fisico di Angela Merkel, le accuse di bullismo a Ursula von der Leyen, lo scherno verso le giovani “leader ballerine” del Nord.

Giorgia Meloni vuole stare nella storia e nella scia di quelle donne di potere, non altrove (di sicuro non con chi le ha maltrattate) e questo è solo il primo degli strappi della cerimonia. Perché subito dopo arriva il sincero ringraziamento a Laura Boldrini, che della Sala delle donne è stata l’artefice nel 2016, forse la più bersagliata dagli insulti maschilisti del sovranismo pre-meloniano: l’arcinemica che la Lega portò su un palco comiziale in forma di bambola gonfiabile, con grande ilarità di Matteo Salvini e un vergognoso hashtag lanciato subito dopo (#sgonfiaboldrini). Adesso, l’ex-presidente della Camera, presente al discorso di Meloni, è l’unica citata per nome e cognome dalla premier. L’altro riferimento – ed è il terzo strappo – è dedicato alla sua nuova avversaria, Elly Schlein. Meloni prende in prestito la frase-simbolo del successo alle primarie Pd adattandola alla sua storia, alla sua biografia, e più in generale al destino che tocca alle donne: gli uomini ci sottovalutano sempre, spiega, ma alla fine questo può risultare un vantaggio anziché un handicap, perché “spesso non ci sentono arrivare”. Un atto di riconoscimento non scontato per l’avversaria che un’ora dopo sarà in aula con un durissimo attacco al governo.

Il discorso della premier alla Sala delle Donne, insomma, esce da ogni canone prevedibile in materia di Otto Marzo e in qualche modo riconcilia la destra con una data che non ha mai sentito pienamente sua. La conversione si compie in nome di qualcosa che somiglia alla solidarietà di genere, non solo con le donne che guidano l’Europa ma anche con le competitrici politiche di ieri e di oggi. E chissà cosa ne pensano i partner di Meloni: Matteo Salvini, che usò la data per invitare le signore a ribellarsi al rito di “quelli che si fermano al semaforo per comprare la MIMOSA dagli ABUSIVI” (maiuscole sue), oppure Silvio Berlusconi che in questa fatidica giornata fu bersaglio di ripetute e talvolta enormi mobilitazioni femministe.

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Il Pd e la gerarchia dei nuovi diritti

mercoledì, Marzo 8th, 2023

Vladimiro Zagrebelsky

L’arrivo di Elly Schlein alla testa del Partito democratico – da fuori e senza l’appoggio della maggioranza degli iscritti -, per il suo profilo politico e per l’immagine che la caratterizza, dà occasione e anzi obbliga a riprendere un tema antico, come quello dei diritti civili e dei diritti sociali: del loro rapporto, delle priorità, della compatibilità. Da tempo la questione dei diritti non compare come tratto politico identitario nella azione del Pd. Non bastano infatti sporadici episodi parlamentari nel campo dei diritti civili, mentre per i diritti sociali (lavoro, sanità, scuola, fisco, povertà) non vi è stata significativa caratterizzazione del partito, programmaticamente e ad ogni costo governativo.

Quanto ai diritti civili, il Pd, frutto della confluenza di culture e progetti politici di cattolici e di ex-comunisti, non si è sciolto dai tratti culturali illiberali comuni alle due storie; lo spazio lasciato al tema dei diritti individuali, specialmente a quelli che ora si chiamano «i nuovi diritti», è rimasto limitato. Essi richiedono l’abbandono di ogni velleità di imporre, foss’anche da parte di una maggioranza, scelte restrittive statali su ciò che appartiene all’autonomia delle persone. Diritti sociali e diritti civili pongono alle autorità pubbliche obblighi diversi: i primi hanno bisogno di interventi positivi, mentre i secondi, essenzialmente e prima di tutto, pretendono l’astensione dello Stato da interferenze nella libertà delle persone e garanzie di possibile, concreta realizzazione. L’interesse del nuovo corso del partito risiede anche nella domanda se la nuova Segretaria potrà riorientare il partito, superando senza fratture la perdurante influenza dell’origine storica e le scelte contingenti di acquiescenza e rassegnazione. Il carattere del nuovo vertice del Pd sembra rispondere ad una simile esigenza. Ma in ordine ai diritti occorre finalmente chiarire che gli uni non escludono gli altri ed anzi vanno insieme.

Quando i diritti umani sono emersi, divenendo oggetto di conflitto politico, si sono espressi in Occidente in dichiarazioni e atti costituzionali, con l’attenzione puntata sui diritti individuali, civili e politici. Tale essenzialmente è l’elenco dei diritti della francese Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino e del Bill of Rights americano. Ma subito sul terreno politico si è reclamato invece il riconoscimento dei diritti sociali. E i due corpi di diritti, invece di unirsi sono entrati in competizione, indicati i primi come quelli dei borghesi e i secondi quelli della classe operaia. Nel secondo Dopoguerra, quando la comunità internazionale ha voluto assumere la responsabilità della protezione dei diritti fondamentali, la contrapposizione ha fatto capo da un lato agli Stati occidentali e dall’altro all’Urss e agli Stati satelliti. Così la Dichiarazione universale dei diritti umani approvata dall’Assemblea dell’Onu nel 1948, pur pretendendo, fin dal titolo, di avere universale valenza, non ha ottenuto il voto unanime della Assemblea. Infatti, i Paesi del blocco sovietico (oltre che, per motivi diversi, l’Arabia Saudita e il Sudafrica) si astennero. Essa contiene un lungo elenco di diritti di entrambe le categorie. Per assicurare a quei diritti un valore giuridico vincolante per gli Stati, che andasse oltre la semplice dichiarazione politica, nel 1966, con due Patti internazionali (quello dei diritti civili e politici e quello dei diritti economici, sociali e culturali) vennero approvati due separati elenchi di diritti. La separazione venne adottata per permettere agli Stati di ratificare l’uno e non l’altro, ma così fu certificata l’autonomia e persino l’incompatibilità degli uni rispetto agli altri.

E sembrò facile etichettare i primi come propri della destra politica e i secondi come della sinistra. Infondata semplificazione, poiché esiste una destra sociale e non vi è ragione perché a sinistra non si apprezzino le libertà individuali. Tanto più che per molti diritti e molte libertà è difficile dire se siano classificabili nell’una o nell’altra categoria. In ogni caso la Costituzione ed anche la Carta dei diritti umani della Unione europea menzionano e assicurano gli uni e gli altri, che necessariamente convivono. I condizionamenti reciproci sono strettissimi. I diritti sociali come quelli al lavoro, all’istruzione, alla salute devono essere assicurati perché sia possibile il concreto esercizio dei diritti di libertà. Infatti a chi ha fame, è malato o ignorante non serve la libertà di stampa o quella di circolazione. Le due categorie hanno in comune la derivazione dal diritto al rispetto della dignità di tutte le persone, che è alla base di tutte le carte dei diritti e della nostra Costituzione. Sul riconoscimento della dignità di tutti e ciascuno, richiamando la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino, il Conseil constitutionnel francese ha fondato il diritto costituzionale (sociale) alla abitazione. Dal divieto di trattamenti inumani o degradanti, la Corte europea dei diritti umani ha derivato l’obbligo (sociale) degli Stati di fornire alloggio ai migranti richiedenti asilo, costretti a vivere per strada. La ragione della valorizzazione di diritti sociali minimi, pur sulla base di una Convenzione europea che nel 1950 si è voluto limitare ai soli diritti civili, consiste proprio nel fatto che vi sono condizioni sociali in assenza delle quali i diritti e le libertà civili individuali non sono possibili. È poi chiaro il legame tra diritti civili e diritti sociali nella recente esperienza della pandemia, che, in considerazione del diritto sociale e collettivo alla salute, ha imposto limitazioni ad alcuni diritti individuali.

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Beato il Paese che non ha bisogno di guerriere

mercoledì, Marzo 8th, 2023

Concita De Gregorio

Elogio della gentilezza controvento, controtempo. «Si batte», «combatte», «gareggia». Le dodici donne dell’anno secondo la rivista Time sono guerriere. Ce n’è persino una che fa a pugni per mestiere, pugile professionista: Ramla Ali, 33, che in biografia di ragioni per picchiare ne ha parecchie e di benemerenze pure. Originaria della Somalia, sostenitrice dei rifugiati, per sua storia personale ha scelto di offrire lezioni gratuite a donne di minoranze etniche e religiose, alle sopravvissute ad abusi domestici. Sopravvissute, c’è proprio scritto. Sopravvivere è un titolo di merito: hai vinto, se non ti hanno ammazzata. In aggiunta, è la prima somala a competere alle Olimpiadi e stupenda ambasciatrice di due marchi globali di moda con sede a Parigi. Che fenomeno, effettivamente. Però anche che segno triste del tempo, un po’, che per essere modelli di donna si debba essere in lotta.

Supersoniche, capaci di tutto e tutto insieme, il ring e il tacco dodici, bioniche. Che riferimento irraggiungibile e chissà se davvero ispirazionale e non mortificante, per una sedicenne in qualunque cameretta si trovi nel globo, portare ad esempio un’attivista iraniana protetta dall’omicidio annunciato in un rifugio segreto dell’Fbi (Masih Alinejad), la sorella di un’attivista uccisa (Anielle Franco). Combattono, si battono, eroine.

Se avessi sedici anni oggi, se fossi una ragazza fra quei cinquantamila adolescenti autoreclusi in camera – rapporto Cnr Pisa di questa settimana – che non escono più dalla loro stanza perché nel mondo fuori sentono di non poter essere niente. Nel mondo virtuale, lì sì, nel gioco, con un avatar, possono essere eroi di una battaglia in cuffia. Se alla mia età dovessi togliere due anni, perché questo bisogna fare: scontare due anni a chi ne ha venti, diciotto, sedici. Quei due anni di pandemia non li hanno vissuti. Non sono sicurissima, ecco, che vorrei sentirmi dire forza, dai, esci e combatti. Mettiti a repentaglio, vai a fare a pugni nel mondo. Non sono certa, soprattutto, che questo magnifico esempio portato da un mondo adulto e a me ostile saprebbe convincermi a lasciare il rifugio dove mi sembra di poter cambiare le sorti di qualcosa, pazienza se è un gioco, per andare in un altro dove se non ho il fisico, se non ho la tempra allora sarò una fallita: una che non eccelle nel merito, che non supera con agilità gli esami, che non sa manipolare i potenti per trarne vantaggio, essere fedele scudiera, traccheggiare nello stage alle offerte di favori in cambio di carriera. Forse resterei in stanza.

Certo, le ragazze iraniane rischiano la vita per la libertà, la perdono uccise dai tiranni. Lo vedrei anche io: le donne afghane si mettono in mare coi figli neonati, rischiano la morte e muoiono. Ma è davvero questa la via che vogliamo indicare a chi si affaccia alla vita persino qui, nell’Occidente opulento ed evoluto: in paesi dove per buona sorte e per sacrificio di chi ci ha precedute se anche non fondi una Onlus e non sfili intanto in passerella puoi vivere lo stesso e avere diritti, libertà, possibilità? Non siamo tutti obbligati a essere eroi, le donne in specie: perché dovremmo esistere solo se più forti, più agguerrite, capaci di sconfiggere il vicino? Quando arriverà il momento in cui anche la gentilezza, la cura delle piccole cose, la possibilità di essere quello che siamo chiunque noi siamo ci dia un posto, sicuro, nel mondo?

E’ di nuovo l’8 marzo. Non è per niente una festa. E’ una ricorrenza che ricorda donne vittime di tragedie del passato e glorifica, nel presente, donne guerriere. Le cose vanno un po’ meglio, si sente dire in giro, anche da noi. Qualcosa è cambiato persino nella retrograda maschilista Italietta del «chi ti porta», «di chi sei figlia, moglie, sorella». Abbiamo per la prima volta nella storia una capa del governo donna, un capa dell’opposizione donna, una presidente della Cassazione persino. Accipicchia. Eppure no, non è cambiato molto. Speriamo, scommettiamo sul futuro. Ma le donne guadagnano meno, sono denigrate di più, messe alla prova il triplo e facci vedere chi sei, forza, combatti.

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La rivolta della Georgia per l’Europa e contro la Russia, migliaia di giovani in piazza a Tbilisi contro una legge sugli “agenti stranieri” ispirata dal Cremlino

mercoledì, Marzo 8th, 2023

Jacopo Iacoboni

È troppo presto per dire se le manifestazioni e gli scontri avvenuti questa notte in Georgia sfoceranno in una estesa, prolungata rivolta contro il governo di Tbilisi, giudicato dai manifestanti troppo amichevole con il Cremlino, e se Rustaveli Avenue diventerà una Maidan è impossibile dire, al momento. Certo gli scontri avvenuti a partire dalla tarda serata di ieri e proseguiti nella notte – con almeno 66 arresti, non è chiaro se ci siano vittime – segnano uno spartiacque che può essere importantissimo nelle turbolenze dello spazio post-sovietico, durante la guerra della Russia in Ucraina. E sono molto più che un campanello d’allarme per il Cremlino.

(afp)

I fatti sono questi: migliaia di manifestanti (almeno diecimila, secondo The Insider, ma c’è chi dice molti di più) sono scesi in piazza nella tarda serata di ieri e si sono diretti verso il Parlamento georgiano per protestare contro la proposta di legge che dichiara “agenti stranieri” in pratica chiunque abbia relazioni conflittuali con a Russia, o che sia sgradito al regime di Mosca. La bozza prevede che una persona i cui finanziamenti provengono per oltre il 20% dall’estero, dovrebbe esser considerata un agente di influenza straniera. Una spia, più o meno come sta avvenendo in Russia, nella più totale arbitrarietà dei criteri. La manifestazione davanti al Parlamento è iniziata dopo che il disegno di legge è stato approvato in prima lettura, moltissimi georgiani – la parte più giovane e cosmopolita della popolazione – si oppone poiché la legge, a loro avviso, ostacola «l’integrazione europea della Georgia». L’ambasciata americana locale ha affermato che la legge è stata «ispirata dal Cremlino». Certamente non è una legge sgradita a Putin.

(afp)

La polizia ha usato gas lacrimogeni e granate per interrompere una protesta. Qualche ora prima gli agenti delle forze dell’ordine si erano scontrata con i manifestanti, alcuni dei quali avevano lanciato bombe molotov e pietre. La folla si è poi radunata all’esterno del Parlamento, dove alcune persone hanno tirato via le barriere metalliche leggere progettate per tenere il pubblico lontano dall’edificio. Il ministero degli Interni ha dichiarato che ci sono stati feriti da entrambe le parti , e che la protesta è stata estremamente violenta e la polizia reagirà alle violazioni della legge. I manifestanti sostengono che la loro è una lotta per la democrazia e l’appartenenza della Georgia allo spazio europeo. La cavalcata della dittatura di Putin ebbe uno degli eventi tragici iniziali, e completamente sottovalutati in Europa e America, proprio con l’invasione in Georgia, nella data ominosa dell’8 agosto 2008.

(afp)

Una delle più acute osservatrici della Russia e dello spazio post-sovietico, Farida Rustamova, ha ricostruito che all’inizio, le autorità georgiane, cedendo ai servizi speciali russi, non hanno lasciato entrare nel paese giornalisti e attivisti indipendenti russi, molti dei quali sono già stati etichettati come «agenti» in Russia. Era solo l’antipasto di quello che il governo di Tblisi si preparava a fare anche in casa, imitando la legge russa. Poi, dopo aver finalmente ceduto e fatto entrare molti oppositori di Putin, hanno deciso di adottare una propria legge repressiva, che in sostanza li mette alla mercè del Cremlino. Non solo. I suoi oppositori in Georgia, la chiamano così, «la legge russa». Ma è anche una legge che separerebbe totalmente la Georgia dall’Europa: funzionari europei hanno già affermato che il percorso georgiano verso l’Unione europea dopo l’adozione di questa legge sarebbe completamente precluso alla Georgia.

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Marco e Giuseppe, i piloti eroi. “Con quella manovra hanno salvato tutti”

mercoledì, Marzo 8th, 2023

Flavia Amabile

ROMA. Stavano per atterrare, l’esercitazione era quasi terminata. Erano un gruppo di quattro aerei militari, i piloti avevano eseguito diverse evoluzioni. Nulla di troppo impegnativo per ufficiali esperti come loro. Il tenente colonnello Giuseppe Cipriano era un pilota istruttore di volo sui velivoli U208A, Aliante G103, MB339-CD, aveva all’attivo 6mila ore di volo, effettuate anche in operazioni fuori dai confini nazionali. Il maggiore Marco Meneghello era un pilota istruttore di volo sui velivoli U208A, Aliante G103, con all’attivo 2.600 ore di volo, anche lui in missioni in Italia e all’estero.

D’altra parte, se non fossero stati esperti, non sarebbe mai finita così quest’esercitazione. Con un violento scontro in aria, un avvitamento in verticale dei due velivoli, una cittadina di 88 mila abitanti sotto gli apparecchi in caduta e due sole vittime. Loro. «Sapevano quello che facevano – racconta Alessandro Girardi, uno dei tanti abitanti di Guidonia Montecelio che hanno assistito allo scontro. «Il pilota che stava finendo sulle case ha fatto una manovra che ci ha salvati tutti. Dobbiamo dirgli grazie, ha evitato una strage». Dopo lo scontro, infatti, uno dei due apparecchi è finito lontano dalle case, tra l’erba alta di Collefiorito di Guidonia. Il secondo velivolo è caduto in via della Margherita, in pieno centro abitato. Ai comandi c’era il maggiore Marco Meneghello. È stato lui a salvare gli abitanti. È l’ipotesi sostenuta anche dal procuratore Francesco Menditto: «Dalle prime ricostruzioni – dice – è ragionevole ipotizzare che il velivolo caduto nella strada sia stato li direzionato dal pilota per recare il minor danno possibile a cose e persone, tanto che i danni sono stati limitatissimi. Diversamente, una precipitazione sugli edifici ai lati della strada avrebbe causato numerose vittime».

Aerei caduti a Guidonia, la ricostruzione dell’Aeronautica: “Collisione poco prima dell’atterraggio”

D’altra parte, essere piloti esperti significa anche imparare manovre che si spera di non dover mai effettuare. La caduta su un centro abitato è una di queste, spiega il generale dell’aeronautica Silvano Frigerio: «Tutti i piloti dell’Aeronautica sono addestrati anche a manovre per preservare l’incolumità delle persone». Sarà l’indagine in corso, però, ad appurare che cosa sia realmente accaduto, aggiunge il generale. Se, per esempio, gli aerei volavano troppo bassi, come sostiene qualcuno tra gli abitanti, stanco di dover sopportare i voli dell’aeroporto militare che ha sede nella cittadina.

Qualsiasi cosa sia accaduta in questa mattina di sole e nuvole a Guidonia Montecelio, sono in tanti ad avere la sensazione di essere stati sfiorati dalla morte. Fabrizio è il proprietario di una delle auto parcheggiate a via della Margherita, dove è caduto l’aereo pilotato da Meneghello. Parla a fatica, è ancora sconvolto: «Il rumore degli aerei si sentiva già da un po’ ma qui non ci facciamo più caso. C’è l’aeroporto, ci sono voli ogni giorno. Stavo andando a prendere l’auto quando ho visto un’ombra su di me. Ero a pochi metri, stavo per salire, poi ho visto l’aereo che cascava e sono scappato. Mi sento un sopravvissuto, sarebbero bastati dieci secondi in più e sarei morto».

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Quelle amnesie del ministro

mercoledì, Marzo 8th, 2023

Annalisa Cuzzocrea

Palazzo Chigi plaude alla ricostruzione della strage di Cutro portata in Parlamento dal ministro dell’Interno Matteo Piantedosi. Quella ricostruzione però è piena di omissioni e inesattezze. Soprattutto, non risponde alla domanda più importante: perché la Guardia costiera non è intervenuta sapendo che c’era un caicco carico di migranti sulle coste calabresi con il mare forza sei? Il ministro elude, confonde, cita cose inesatte. È soprattutto interessato a indicare un unico colpevole per quanto accaduto (72 morti accertati di cui 28 minori, 80 superstiti e ancora molti dispersi): gli scafisti. Non il mancato soccorso, non le mancate politiche di accoglienza per persone provenienti da Paesi dove non ci sarebbe neanche bisogno di spiegare perché si fugge: Afghanistan, Iran, Pakistan, Territori palestinesi, Siria, Somalia.

La colpa di tutto è, per Piantedosi, degli scafisti che illudono e poi fuggono causando le morti in mare. Che avrebbero fatto una virata improvvisa per paura ci fosse la polizia sulla spiaggia. Ma vediamo perché questa interpretazione è, a dir poco, fuorviante.

L’avvistamento
«L’assetto aereo Frontex che, per primo, ha individuato l’imbarcazione alle ore 22:26 del 25 febbraio a 40 miglia nautiche dall’Italia, non ha rilevato e quindi non ha segnalato una situazione di distress a bordo, limitandosi a evidenziare la presenza di una persona sopra coperta, di possibili altre persone sotto coperta e una buona galleggiabilità dell’imbarcazione», dice Piantedosi. «L’imbarcazione procedeva a velocità regolare, non appariva sovraccarica e non sbandava». Peraltro, non arrivava da lì «nessuna segnalazione di allarme o richiesta di aiuto». Quella richiesta, stando alle parole dello stesso ministro, non poteva arrivare perché gli scafisti erano in possesso di uno strumento capace di inibire le comunicazioni Gps. Ma restiamo a quanto detto su Frontex che non aveva segnalato un distress. «Non sta a noi classificare un evento come “Search and rescue” (di ricerca e soccorso) – ha fatto sapere l’Agenzia europea delle frontiere – secondo le leggi internazionali è responsabilità delle autorità nazionali». Quindi, doveva essere l’Italia a trasformare quella segnalazione – caicco in avvicinamento, rilevazione termica di molte persone a bordo, condizioni del mare in peggioramento – in un evento per il quale doveva intervenire la Guardia costiera.

Le motovedette
A questo punto Piantedosi si lancia nel lungo elenco di soccorsi in mare fatti dal 22 ottobre 2022 al 27 febbraio 2023 dalle nostre Autorità, mettendo in salvo 24.601 persone. Non dice perché questa volta i soccorsi non sono scattati. Si nasconde dietro quelli fatti in precedenza, dicendo che a soccorrere possono essere anche le motovedette della Guardia di Finanza che escono in missione di law enforcement, di polizia. Racconta poi che le due motovedette uscite quella notte non sono riuscite ad avvicinarsi alla barca e sono tornate indietro per le cattive condizioni del mare, ma non spiega perché – a quel punto – non siano usciti i mezzi più possenti e adatti alla tempesta della Guardia costiera.

Il meteo
Soprattutto non cita mai il report che l’Aeronautica militare aveva inviato alle autorità: il bollettino prevedeva, dalle 18 del 25 febbraio alle 6 del mattino dopo “burrasche sullo Ionio settentrionale”. “Mare molto mosso e in aumento”, fino a forza 7. Non bastava questo, per segnalare un «distress», per usare il linguaggio anglo-burocratico del ministro? Non è forse vero che secondo il disciplinare Sar del 2020 perché scattino le operazioni di ricerca e soccorso basta il riscontro oggettivo di situazioni di pericolo, anche dubbio o eventuale? Insomma, non è forse vero che non serve che qualcuno chiami e dica: «Affoghiamo», perché la Guardia costiera si muova a soccorrere un’imbarcazione che le è stata segnalata in una situazione di pericolo? A queste domande, non polemiche, il ministro non ha dato risposta. Anzi, sembra dire il contrario: «È essenziale chiarire che l’attivazione dell’intero sistema Sar non può prescindere da una segnalazione di una situazione di emergenza».

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Migranti, il centrodestra è compatto. E questa volta Schlein sceglie di non parlare: il racconto dall’aula

mercoledì, Marzo 8th, 2023

di Fabrizio Roncone

L’attesa (delusa) tra i dem: l’intervento lasciato a Provenzano

Migranti, il centrodestra è compatto. E questa volta Schlein sceglie di non parlare: il racconto dall’aula

Informativa urgente del ministro dell’Interno.
Lui supera la porta a vetri e imbocca, con passo deciso, prefettizio, il primo corridoio.
Penombra.
Commessi ossequiosi.
Solo il rumore dei suoi tacchi.
Si volta di colpo: ingrigito, teso, accigliato.
Montecitorio, dieci minuti alle 13.

Matteo Piantedosi sta andando in Aula per spiegare al Parlamento e agli italiani come e perché quel barcone carico di migranti sia potuto naufragare a pochi metri dalla costa di Cutro, nel crotonese. Nessuna certezza, a parte i cadaveri che galleggiavano: 72, tra cui 28 minorenni (i bambini sono 7: le bare bianche che abbiamo visto allineate nella grande camera ardente, dove il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, si è subito recato, portando il cordoglio del Paese).

Adesso: mentre Piantedosi sparisce dietro il tendone di velluto rosso pompeiano, un giro in Transatlantico.

Ma guarda: ecco laggiù Elly Schlein. Vestita di scuro, e scura anche in volto. Ha chiesto, da giorni, le dimissioni di Piantedosi. È stato il primo atto, appena eletta segretaria del Pd. Un segnale al governo: la mia opposizione sarà dura, regolatevi.

Capannelli dem. «Oggi Elly gliele canterà». «Finalmente abbiamo un capo… Cioè, no scusate: una capa».«Oh, dico: siete proprio sicuri che sarà lei a parlare?». Cala una certa tensione. Passano Cuperlo e Furfaro, poi Zingaretti. Nessuno fiata. Gira voce che possa esserci anche la premier, Giorgia Meloni. Un cronista, per fare il fico, telefona — o finge di telefonare — al suo nuovo portavoce, Mario Sechi. Un altro, per essere fichissimo, manda un whatsapp proprio a lei: «Con tutto il rispetto per Sechi: io parlo direttamente con Giorgia» (come sempre, fa status chiamare per nome i premier: Enrico, Matteo, Paolo, Peppino, Giorgia. Solo con Mario — cioè Mario Draghi — nessuno si azzardava).

Tutti entrano nell’emiciclo.
La Meloni non c’è.
E nemmeno Matteo Salvini.

Ma per non far sentire troppo solo Piantedosi, gli hanno piazzato un picchetto di altri quattro ministri (Calderoli per la Lega, Zangrillo per FI, Ciriani e Nordio per FdI); sotto, gruppetto di sottosegretari, tra cui quello alle Infrastrutture, Galeazzo Bignami, il fratello d’Italia diventato famoso per la foto in cui appare vestito da ufficiale delle SS (una goliardata, ha spiegato, era un addio al celibato: ma poi Fedez, al Festival di Sanremo, ci ha montato su un gran casino).


Piantedosi parte sicuro. Legge, nessuna emozione, testo senza troppo burocratese. Il primo applauso arriva dopo un quarto d’ora. Da questo momento, però, sarà un crescendo. Frasi chiave: «Emergenza segnalata solo alle 4 del mattino»; «Una virata fatale del barcone dietro il disastro»; «Falso dire che questa governo impedisca i soccorsi». Poi l’elenco di tutte le sciagure in mare degli ultimi decenni: l’impressione di voler mettere tutto nel frullatore, morti e dinamiche, contesti ed errori. Messaggio sott’inteso: se qualcosa s’è sbagliato stavolta, s’è sbagliato molto anche in passato, e con i governi di centrosinistra.

Standing ovation: i deputati del centrodestra, scatenati, in piedi. Lui, il ministro dell’Interno, si siede. China la testa.

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