Archive for Marzo, 2023

Chi ci guadagna con l’Irpef a tre aliquote? Fino a 1.500 euro di risparmi sopra i 50 mila di reddito

venerdì, Marzo 10th, 2023

di Massimiliano Jattoni Dall’Asén

A metà marzo parte la riforma del Fisco

Nella scorsa legislatura, Draghi aveva ridotto le aliquote Irpef da 5 a 4. Ora, Meloni vuole farle scendere a 3. Ma negli obiettivi del governo questo è un passaggio intermedio perché nel lungo orizzonte continua a stagliarsi la tassa piatta per tutti (con uno step intermedio in cui sarà incrementale per i dipendenti), duale e corretta – hanno spiegato più volte ai detrattori della Flat tax vari esponenti del governo – da una riforma delle detrazioni. Questa diventerebbe necessaria perché, come evidenziato da molti esperti, il rischio è che a uscire avvantaggiato da questa riforma fiscale sia soprattutto il ceto medio, a discapito dei redditi più bassi. Quell’obiettivo però è ancora lontano da raggiungere. Per ora, c’è la riduzione a tre aliquote, che approderà in Consiglio dei ministri con la legge delega già la prossima settimana, come ha confermato il vice ministro dell’Economia, Maurizio Leo. Ma cosa cambierà con i nuovi scaglioni? E quali saranno i primi effetti in busta paga appena la riforma sarà confermata? Due simulazioni su 4 diversi tipi di redditi (ci hanno dato una mano i Consulenti del lavoro) possono aiutarci a capire chi guadagnerà di più da questa ormai imminente riforma.

Lo stato attuale

Premessa. Allo stato attuale, i contribuenti italiani sono divisi in 4 fasce:
* fino a 15 mila euro di reddito (con prelievo Irpef del 23%);
* da 15 mila a 28 mila euro (con prelievo del 25%);
* da 28 mila a 50 mila (con prelievo del 35%);
* sopra i 50 mila euro (con prelievo del 43%).
Per ridurre a tre scaglioni queste quattro fasce sono state fatte più ipotesi. Dove a cambiare sono sempre le percentuali dei primi scaglioni. Tutto dipenderà da quante risorse riuscirà il governo a recuperare dalle tax expenditures, come ha spiegato il viceministro Leo. Intanto, proviamo a elencare le quattro ipotesi più probabili e i loro effetti sulla busta paga.

Ipotesi 3 scaglioni con aliquote al 23%-27%-43%

Tra le ipotesi più accreditate, c’è quella messa a punto dalla Ragioneria di Stato che prevede l’accorpamento del secondo e del terzo scaglione in un’unica fascia che comprenda i redditi tra i 15 mila e i 50 mila euro, da sottoporre a un prelievo del 27% (ma si era parlato anche del 28%). In questa ipotesi, la prima e ultima fascia risulterebbero intoccate. E’ evidente che a beneficiarne sarebbe la fascia attualmente compresa tra i 28 mila e i 50 mila euro perché passerebbe dal prelievo di oggi al 35% a uno del 27% o del 28%, con un risparmio di ben 7-8 punti percentuali. Come si vede in questa tabella, con un’aliquota Irpef al 27% per la nuova fascia da 15 mila a 50 mila euro a essere penalizzati sarebbero i redditi fino a 28 mila euro:
*Reddito di 20 mila euro: oggi versa 4.700 euro di Irpef, ne andrebbe a versare 4.800 e avrebbe un aggravio fiscale di circa 100 euro (+2,13%);
*Reddito di 35 mila euro: oggi versa 9.150 euro, ne andrebbe a pagare 8.850 euro e avrebbe uno sgravio di 300 euro (-3,28%);
*Reddito di 50 mila euro: oggi versa 14.400 euro, ne andrebbe a versare 12.900 e avrebbe uno sgravio fiscale di circa 1.500 euro (-10,42%);
*Per un reddito di 60 mila euro: oggi versa 18.700 euro, ne andrebbe a versare 17.200 euro di Irpef e avrebbe uno sgravio fiscale di circa 1.500 euro (-8.02%).

Ipotesi 3 scaglioni con aliquote al 23%-33%-43%

Un’altra simulazione fatta da tecnici di via XX Settembre prevede sempre tre soglie reddituali e tre aliquote ma ridisegna sia il primo che il secondo scaglione (vedi tabella). Il primo scaglione di reddito salirebbe a 28 mila euro, ferma restando l’aliquota del 23%, mentre il secondo si applicherebbe sempre fino a 50 mila euro come nella prima ipotesi ma l’aliquota sarebbe del 33%. Nessuna variazione, infine, per il terzo scaglione che rimarrebbe al 43% per i redditi oltre 50 mila euro. Gli effetti dei prelievi in busta paga sarebbero questi:
*Reddito di 20 mila euro: oggi versa 4.700 euro di Irpef, ne andrebbe a versare 4.600 e avrebbe uno sgravio fiscale di circa 100 euro (-2,13%);
*Reddito di 35 mila euro: oggi versa 9.150 euro, ne andrebbe a versare 8.750 e avrebbe uno sgravio fiscale di circa 400 euro (-4,05%);
*Reddito di 50 mila euro: oggi versa 14.400 euro, ne andrebbe a versare 13.700 e avrebbe uno sgravio fiscale di circa 700 euro (-4,86%);
*Reddito di 60 mila euro: oggi versa 18.700 euro, ne andrebbe a versare 18.000 e avrebbe uno sgravio fiscale di circa 700 euro (-3,74%).

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La sinistra non accetta una donna premier: l’8 marzo è cosa loro

giovedì, Marzo 9th, 2023

Stefano Zurlo

È la festa della donna ma è anche il giorno giusto per graffiare. Altro che celebrazioni vellutate di quel che si è conquistato ed è cambiato. Il tetto di cristallo è saltato, le gerarchie del potere femminile sono in via di assestamento e la ricorrenza serve per marcare le differenze. Elly Schlein, ormai una delle figure più influenti del Palazzo e prima segretaria nella storia del Pd, rompe l’incantesimo sulla prima donna a Palazzo Chigi: «Se Giorgia Meloni – spiega a Sky Tg24 – vuole aiutare le donne, non le colpisca sulle pensioni riducendo Opzione donna».

Nessuna tregua, fra le mimose e i sorrisi di un mondo che comunque non è più lo stesso, ma il dito puntato contro la premier. Fosse stata a sinistra, oggi sarebbe stato il giorno della beatificazione in vita della Meloni e sarebbe fin troppo facile immaginare agiografie, film, podcast sulla donna che ha mandato in soffitta il pregiudizio.

Ma la giornata va così, anche se la stessa Schlein riconosce qualcosa all’avversaria: «Ho apprezzato la chiamata che mi è arrivata dopo le primarie dalla presidente del consiglio. Certo, abbiamo modi diversi di intendere la politica e la leadership ».

Quelle due filastrocche contrapposte: «Sono una donna, sono una madre…», «Sono una donna, non sono una madre»… E non è nemmeno detto che la rincorsa delle donne debba essere dettata dal metronomo del femminismo. Culture diverse che devono dialogare, senza cadere per forza nella retorica del politically correct. «Ciò non vuol dire – è la conclusione – che non ci possano essere terreni comuni, come l’impegno al contrasto della violenza di genere».

E infatti nella cornice del Quirinale Meloni ascolta le voci di donne che si battono per la libertà e contro ogni discriminazione, poi sui social è come se accendesse una candela per ogni vittima della violenza e della sopraffazione: «Lasciatemi ricordare giovani donne come Saman Abbas, Pamela Mastropietro, Sara Di Pietrantonio e tutte coloro che sono state uccise per mano violenta. È per loro, e per ogni donna vittima di persecuzione, che dobbiamo continuare la battaglia per contrastare ogni forma di violenza». Quell’elenco di croci, la Spoon River domestica, mette tutti insieme. C’è molto da fare più che da polemizzare. La strada per il raggiungimento di una parità effettiva – spiega il presidente della Repubblica – è ancora lunga e presenta tuttora difficoltà».

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Assegni bancari addio: la rivoluzione di Intesa Sanpaolo partirà a maggio

giovedì, Marzo 9th, 2023

di Stefano Righi

Intesa dice addio agli assegni. I primi correntisti sono già stati avvertiti: «Recesso dalla convenzione di assegno», dice l’oggetto della comunicazione. Da maggio gli assegni che alcune migliaia di correntisti di Intesa Sanpaolo tengono in un cassetto non saranno più utilizzabili e andranno restituiti alla filiale di competenza «alla prima occasione utile». Finisce un mondo, anche se appare necessario un approccio graduale: non tutti i clienti di Intesa hanno famigliarità con l’Internet banking.

La fine di un’epoca

Se è vero che l’assegno ha perso di importanza e viene usato sempre meno, tanto che soprattutto tra i più giovani appare come un oggetto misterioso, è anche vero che il suo pensionamento chiude un’epoca del costume italiano, non solo dell’economia. Senza assegni non ci saranno più i postdatati, singolare forma di finanziamento su cui si è basata l’economia spicciola di questa repubblica, specialmente negli anni esaltanti del Dopoguerra, ma anche in tempi assai più recenti. Garanzie immediate, concesse alla controparte in un affare, evitando leggi, tasse, costi. Un inno alla semplificazione, anche se erano evidenti i rischi per il prenditore. L’Italia evolve e Intesa fa da battistrada. Dopo che le assicurazioni del gruppo hanno sperimentato la settimana lavorativa di quattro giorni, Intesa si è confermata laboratorio di innovazione. Da un lato la settimana scorsa ha revocato il mandato per la rappresentanza sindacale all’Abi al fine di gestire in autonomia la propria partecipazione alla contrattazione, dall’altro annunciando la fine degli assegni ha compiuto un ulteriore passo nella modernità. Addio assegni e spazio ai bonifici elettronici, tanto che per incentivarne l’uso Intesa ha contestualmente azzerato il delta commissionale esistente tra bonifici istantanei e bonifici non istantanei. Un clic e via, il pagamento è effettuato e la controparte ha già i soldi in conto. Senza il rischio di ritrovarsi tra le mani un assegno cabriolet.

Le ragazze al master Aipb
Antonella Massari, segretario generale di Aipb
Antonella Massari, segretario generale di Aipb

Hanno vinto una Borsa di studio che permette loro di frequentare il Master Aipb in Private Banking & Wealth Management, partito il 1° marzo. Una bella soddisfazione per Federica Del Medico, Laura Raimondo, Valentina Carletti Croce e Gessica Tosku, anche perché l’iscrizione al master, che durerà nove mesi, costa 10 mila euro. Un problema che per le quattro vincitrici è stato risolto dalla stessa Aipb, da Fidelity e da BlackRock, che ha voluto addirittura premiare due studentesse. L’obiettivo è favorire l’ingresso delle donne nel mondo finanziario, visto che rappresentano solo il 23 per cento dei consulenti. Sulla base delle evidenze delle prime due edizioni, «più del 90 per cento dei partecipanti del nostro Master trova subito dopo lavoro», ha detto Silva Lepore, direttrice del Master Aipb.

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La Francia si arrabbia di nuovo

giovedì, Marzo 9th, 2023

di Aldo Cazzullo

Ieri si liberavano i prigionieri politici, oggi si scassano i bancomat; però sempre rivolta è. La riforma di Macron alla fine passerà. Il presidente non ha la maggioranza assoluta in Parlamento; ma non esiste neppure una maggioranza contro di lui

La Francia si arrabbia di nuovo
«La Libertà che guida il popolo» di Eugène Delacroix

La Francia ritrova la sua maledizione: la riforma delle pensioni. «L’ossessione della tecnocrazia francese» secondo Jérôme Fenoglio, direttore del Monde. La tomba dei presidenti: François Mitterrand abbassò l’età pensionabile da 65 a 60 anni e si inimicò l’establishment, Jacques Chirac la innalzò e si inimicò il popolo; e ora pure Emmanuel Macron si sente poco bene. Il grande sciopero dell’altro ieri, con tre milioni e mezzo di lavoratori in piazza, è solo una battaglia di una lunga guerra. Macron ha già versato parecchia acqua nel suo vino. Ha posticipato la riforma il più possibile. Ha rinunciato a portare la soglia a 67 anni, accontentandosi di quota 64. Ha riconosciuto esenzioni per i lavori usuranti. Ma qualcosa dovrà pur portare a casa. Resta da capire perché sono proprio le pensioni, e non ad esempio i salari o il lavoro per i giovani, ad accendere la miccia della rivolta. Nel gennaio 1996 la riforma proposta da Chirac e dal suo primo ministro Alain Juppé, un cauto centrista, innescò la più grande ribellione di strada dai tempi del Maggio 1968. Dopo un mese senza treni né metrò, si rividero a Parigi i cortei dei «controrivoluzionari» che avevano sfilato per De Gaulle. Eppure quella volta gran parte dell’opinione pubblica simpatizzava per i dimostranti. Gli chéminots, i ferrovieri che andavano in pensione a 50 anni come se spalassero ancora carbone nelle locomotive dei romanzi di Zola, incarnarono la rabbia della maggioranza dei francesi.

Edgar Morin e Alain Touraine, che erano già allora i più importanti studiosi della società, spiegarono che si trattava della prima rivolta contro la globalizzazione. L’anno dopo Chirac perse clamorosamente le elezioni legislative.

La spiegazione è che nulla come le pensioni fotografa meglio il contrasto tra le élites e il popolo. Tra il vertice e la base della piramide. Tra i tecnici, che spiegano come dovrebbe funzionare il mondo, e l’uomo comune, che il mondo lo deve vivere com’è; e siccome la maggioranza degli uomini comuni fa lavori duri e malpagati, e accoglie la «retraite» come una liberazione, ogni tanto si indigna moltissimo. Non a caso oggi due terzi degli elettori appoggiano la protesta.

La società francese non avanza per riforme, ma per rivoluzioni. Non è pragmatica, è ideologica. E le strade di Parigi, inutilmente allargate dal prefetto Haussmann per rendere più difficile innalzare barricate, restano un mito politico. Anche se in questo inizio secolo non è più la Libertà a guidare il popolo, come nel meraviglioso quadro in cui Eugène Delacroix incarnò la Francia in una donna a seno nudo che impugna un fucile e un tricolore sulle barricate; ma spesso è la Reazione, impersonata dalla jacquerie dei Gilet gialli. Ieri si liberavano i prigionieri politici, oggi si scassano i bancomat; però sempre rivolta è.

La riforma delle pensioni di Macron alla fine passerà. Il presidente non ha la maggioranza assoluta in Parlamento; ma non esiste neppure una maggioranza contro di lui. Quel che rimane della destra moderata potrebbe appoggiarlo; e in ogni caso la Francia è una Repubblica semipresidenziale, i meccanismi di protezione dell’esecutivo consentono di far passare una legge anche senza la maggioranza dei voti. Ma non è con queste forzature che si sciolgono i nodi politici, che si governa un grande Paese europeo.

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Ritorna l’Europa del “rigore”. In arrivo una stretta sui conti

giovedì, Marzo 9th, 2023

Gian Maria De Francesco

Tutto come previsto. Nessuna sorpresa positiva. Nessuna indulgenza. Dal 2024 l’Unione europea tornerà a pretendere il rispetto degli impegni di bilancio da parte di ciascun Paese aderente. La situazione dei conti pubblici sarà valutata in riferimento al 2023, ma i governi devono accrescere la loro consapevolezza. Nulla, tuttavia, è scritto sulla pietra e il ventaglio delle possibilità è tutt’altro che ristretto per tre motivi. In primo luogo, la discussione sulla riforma del Patto di Stabilità sta per entrare nel vivo. In seconda istanza, ai Paesi Ue si richiede una politica di bilancio che «dovrà restare agile in futuro». Ultimo ma non meno importante, la flessibilizzazione del regime degli aiuti di Stato inevitabilmente comporterà un aumento delle spese, almeno per chi come la Germania può permettersele.

«In questo momento è vitale mantenere un’ancora di stabilità macroeconomica e finanziaria. Ciò significa garantire finanze pubbliche solide in tutti gli Stati membri dell’Ue», ha detto ieri il vicepresidente della Commissione Ue, Valdis Dombrovskis, puntando all’Italia e aggiungendo che nell’Ecofin di martedì prossimo «ci aspettiamo che i ministri delle Finanze siano in grado di convergere sugli elementi chiave del nuovo quadro di governance economica». Il commissario agli Affari economici, Paolo Gentiloni, come suo solito ha voluto essere rassicurante. Per l’Italia è «un’ottima soluzione» perché le nuove regole rappresentano un «compromesso molto avanzato: c’è una maggiore gradualità nella riduzione del debito» e «c’è un incentivo agli investimenti, che produce ancora maggiore gradualità nella riduzione del debito».

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Diamanti, fossili rari e persino un dente di Mammuth nel tesoro da 6 milioni di euro sequestrato a un pensionato

giovedì, Marzo 9th, 2023

Diamanti, orologi preziosi, armi e divise antiche fino a oggetti insoliti come fossili del neolitico e un dente di Mammuth. È il tesoro di merce rubata sequestrato dalla polizia di Bologna a un insospettabile pensionato settantenne, denunciato a piede libero per ricettazione. Tra la casa dove abita con la moglie, altri tre appartamenti fra Bologna e il Ravennate e alcune cassette di sicurezza sono stati trovati almeno 100 mila articoli, con un valore stimato in circa 6 milioni di euro.

Buona parte dei beni sarebbe riconducibile a furti commessi negli ultimi 20 anni, in appartamenti e su treni, ma anche frutto di truffe, scippi e borseggi. Il pensionato, un professionista incensurato che in passato ha lavorato per un’importante azienda, secondo gli investigatori della squadra Mobile che hanno condotto l’indagine avrebbe acquistato la merce direttamente dagli autori dei colpi. Non quindi per rivenderla, ma per collezionismo.

(ansa)

Alcuni oggetti erano esposti in casa, altri in nascondigli insoliti (barattoli di crema per le mani, cesti di biancheria sporca). Gli agenti hanno trovato anche 330.000 mila euro in contanti nascosti in un «finto» libro. Per procedere con i sequestri, la polizia si è dovuta avvalere di una ditta di traslochi, che ha usato 65 casse per trasportare tutto. Finora è stato possibile restituire ai proprietari circa un decimo della refurtiva, per un valore di circa 600 mila euro, provento di furti commessi nel Bolognese fino all’autunno 2022.

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Covid, inchiesta dovuta e da archiviare

giovedì, Marzo 9th, 2023

Edmondo Bruti Liberati

Epidemia Covid, verità, reati penali, dolore delle vittime e dei superstiti. «Reati penali», ridondanza entrata nell’uso giornalistico, perché reato è già penale, ma utile a sottolineare specificità e limiti dell’intervento penale. Faciloneria, scorrettezze, inadeguatezze riprovevoli non sono di per sé «reati penali». La «responsabilità penale è personale» (art. 27 Costituzione). La giustizia penale non interviene su «fenomeni», su «eventi», ma deve accertare specifici reati per i quali specifiche persone si provi siano responsabili.

Tutti comprendiamo la differenza tra responsabilità per un fatto che una persona ha «voluto» commettere (dolo) e, invece, la responsabilità per un fatto che «non è voluto», ma si è verificato per «negligenza, imprudenza o imperizia ovvero per inosservanza di leggi, regolamenti…» (art. 43 codice penale). Per una volta il linguaggio tecnico della legge è chiaro e comprensibile a chiunque. L’accertamento della responsabilità per colpa è uno dei problemi più delicati per la giustizia. Di fronte a una catastrofe tutti esigono la «verità», ma se vogliamo che «sia fatta giustizia», occorre confrontarsi con la questione della diligenza, prudenza, perizia, capacità professionale che era possibile esigere da quella persona, allora, in quella situazione specifica. Pensiamo alla colpa medica: talora la colpa è evidente, ma nella maggioranza dei casi l’accertamento è molto difficile e anche qui vale il principio che sintetizziamo nella formula della responsabilità «al di là di ogni ragionevole dubbio». Per affermare la «colpa» occorre che la conseguenza di danno, che si è verificata, fosse, allora, prevedibile. Non solo: occorre anche che fosse, allora, possibile evitarla. Prevedibile alla luce delle conoscenze di quel momento ed evitabile alla luce dei mezzi in quel momento ritenuti idonei e concretamente disponibili. Non vi è spazio per il senno di poi.

Il Procuratore della Repubblica di Bergamo nel comunicato del 20 febbraio informa che il suo ufficio «ha concluso le indagini nei confronti di 17 persone che, a vario titolo, hanno gestito la risposta alla pandemia da Covid-19», indagini che hanno «consentito innanzitutto di ricostruire i fatti così come si sono svolti a partire dal 5 gennaio 2020»; aggiunge giustamente che «l’avviso di conclusione delle indagini non è un atto d’accusa». L’avviso, così ancora il comunicato della Procura, è stato adottato all’esito di un’attività che «ha comportato valutazioni delicate in tema di configurabilità dei reati ipotizzati, di competenza territoriale, di sussistenza del nesso di causalità ai fini dell’attribuzione delle singole responsabilità». Non è un atto di accusa, ma non è un atto «neutro» perché conseguenza di una scelta alternativa rispetto all’archiviazione che il pubblico ministero è tenuto a richiedere al giudice «quando gli elementi acquisiti nel corso delle indagini preliminari non consentono di formulare una ragionevole previsione di condanna» (art.4 08 c.p.p.).

Sin da ora merita attenzione l’impostazione delle indagini, quale emerge dalle dichiarazioni rese dal Procuratore Antonio Chiappani. «Il materiale raccolto servirà non solo per le valutazioni di carattere giudiziario, ma anche scientifiche, epidemiologiche, di sanità pubblica, sociologiche amministrative» (Corriere della sera, 2 marzo); «Questa indagine presenta molte difficoltà tecniche ma il mio obiettivo è che la gente sappia quello che è successo» (La Stampa, 2 marzo); «Magari qualcuno sarà prosciolto, qualche posizione sarà archiviata o magari giudici riterranno che, sull’epidemia colposa non si debba procedere» (Repubblica, 3 marzo). Sembra svanire, o quanto meno essere posto in secondo piano, il solo obbiettivo dell’indagine penale: accertamento di «reati penali» e di responsabilità personali. Che «la gente sappia quel che è successo», che «il materiale raccolto» possa servire, anche, per valutazioni non di carattere giudiziario, può essere una ricaduta oggettiva dell’indagine penale. Non conosciamo gli atti e vi è da augurarsi vivamente che, a dispetto delle dichiarazioni sulla stampa del Procuratore, l’attività di indagine non abbia seguito quella impostazione e sia stata orientata all’unico «obbiettivo» che codice e Costituzione assegnano alla giustizia penale.

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Meloni, patto con Rutte: “Ora lotta ai trafficanti, difendiamo i confini”

giovedì, Marzo 9th, 2023

Niccolò Carratelli

ROMA. Una sponda più a Nord, dove finora non l’abbiamo mai trovata. È quella che cerca Giorgia Meloni per affrontare i dossier europei più delicati, dalla gestione dei flussi migratori alla riforma del Patto di stabilità. La presidente del Consiglio accoglie a Palazzo Chigi il primo ministro olandese, Mark Rutte, storicamente un interlocutore ostico per l’Italia, soprattutto sul fronte delle regole di bilancio. A Roma, però, si presenta con la faccia buona, omaggiando la premier con un mazzo di fiori, in prevalenza mimose, e perfino con un bacio sulla guancia.

Il prologo a un incontro «lungo, proficuo e cordiale», come lo definisce Meloni, sottolineando un «approccio pragmatico e concreto: mi sono trovata di fronte una persona lucida, che ha intenzione di trovare soluzioni». Innanzitutto, sull’eterno problema dell’immigrazione, reso ancora più bruciante dal drammatico naufragio di fronte alla spiaggia di Cutro. Alla vigilia della partenza per la Calabria, dove oggi pomeriggio presiederà una riunione simbolica del Consiglio dei ministri, la premier torna sullo scambio di lettere con la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen. E ribadisce che, a suo avviso, a Bruxelles si intravede «un cambio di approccio». In particolare, ci tiene a sottolineare come con Rutte ci sia «una visione comune» sulla necessità di «affrontare il problema come un tema europeo, non in base alla contrapposizione fra movimenti primari e secondari, ma partendo dalla difesa dei confini esterni e quindi dalla lotta ai trafficanti». Rutte si mostra insolitamente conciliante sulla gestione dei movimenti secondari, non reitera le accuse all’Italia per il mancato rispetto del regolamento di Dublino: «Dobbiamo collaborare e trovare accordi – spiega – È una corresponsabilità dei nostri Paesi, quello di primo arrivo e quello di transito». Il capo del governo olandese si dice poi d’accordo sull’importanza di un «approccio europeo efficiente» e di «una lotta unita contro i trafficanti di esseri umani, per prevenire questo tipo di tragedie». E, a dimostrazione di un certo feeling con Meloni, spiega che «forse faremo anche un viaggio insieme in Africa per cercare di raggiungere degli accordi. Dobbiamo lavorare con i Paesi di partenza, fare partenariati e armonizzare la politica sui visti».

Ma i flussi migratori non sono l’unico argomento di conversazione. Con l’ospite olandese la premier non elude gli antichi contrasti sulle regole di bilancio, proprio mentre Bruxelles muove i primi passi verso la riforma del Patto di stabilità. L’Olanda non è mai stata tenera con l’Italia sul fronte dei conti pubblici e la stessa negoziazione del Recovery plan e delle misure economiche per far fronte alla crisi pandemica ha a lungo visto contrapposti i due Paesi. «Noi crediamo che le nuove regole sulla governance europea debbano tenere maggiormente in considerazione il tema di un equilibrio tra la stabilità e la crescita, che sono entrambi necessari», dice Meloni, sapendo che a Bruxelles la posizione dei Paesi cosiddetti “frugali”, di cui l’Olanda fa parte, non sarà facile da smussare. Non a caso, glissa sul punto, non fa nessun accenno alla questione durante le dichiarazioni alla stampa.

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Georgia, dopo la repressione la vittoria degli studenti: il partito di maggioranza ritira la legge modello-Cremlino sugli “agenti stranieri”

giovedì, Marzo 9th, 2023

Jacopo Iacoboni

Dopo una seconda notte di proteste gigantesche a Tbilisi, che stavolta hanno coinvolto probabilmente trentamila persone, in Rustaveli avenue e davanti al Parlamento georgiano, contro la legge sugli “agenti stranieri”, il Parlamento e il partito di maggioranza georgiano hanno ceduto e ritirato la bozza di legge modello-Cremlino che aveva suscitato la rabbia della folla – soprattutto giovani e studenti – perché allontanerebbe in modo forse definitivo la Georgia dall’Europa. Il disegno di legge sugli “agenti stranieri” è stato ritirato in via definitiva, riporta un comunicato del partito Georgian Dream e del movimento pubblico Power of the People, secondo quanto riferisce il media georgiano PaperKartuli.

Nella notte però la repressione aveva cominciato a essere pesante. Uomini dei servizi di sicurezza non identificati – avevano indosso balaclava e senza numeri o divise riconoscibili – avevano sparato gas e cannoni ad acqua, e erano stati usati anche allarmi stordenti per disperdere i manifestanti. Una stazione della metro a Rustaveli era stata chiusa dall’esterno dalla polizia, e era stato sparato gas all’interno. Mentre cominciano a esserci i primi report e video di possibili vittime.

La notte è stata una battaglia. I manifestanti hanno prima cercato di comunicare con le forze di sicurezza, ma gli ufficiali del ministero dell’Interno hanno reagito iniziando una nuova ondata d fermi e arresti. La dispersione è continuata su Rustaveli Avenue. Lì la polizia ha usato il gas. La gente si è difesa costruendo barricate su Rustaveli Avenue, i manifestanti hanno allineato una recinzione fatta  di panchine e mezzi improvvisati nei pressi del Teatro Shota Rustaveli. Poi l’episodio del metrò.

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La notte delle bombe in Ucraina: l’inferno dalle 4. Il racconto dal fronte

giovedì, Marzo 9th, 2023

di Lorenzo Cremonesi

Attacchi forti e diffusi in tutto il Paese: missili su Kiev, Odessa, Kharkiv, ma anche su Dnipro e a Zhytomyr. Nella capitale almeno il 15% delle abitazioni senza luce. Continua il braccio di ferro su Bakhmut

La notte delle bombe in Ucraina: l’inferno dalle 4. Il racconto dal fronte
Missili russi lanciati da Belgorod nella notte (Ap)

DAL NOSTRO INVIATO A KRAMATORSK (DONBASS)
Ancora ci svegliamo con gli allarmi. Questa mattina le sirene sono tornate ripetutamente a suonare in tutte le città dell’Ucraina: hanno iniziato prima delle quattro di mattina e continuano ben dopo le sette locali. Qui nel Donbass la cosa non è strana, avviene di fatto più volte ogni giorno e spesso seguono forti esplosioni, le cui conseguenze non sempre vengono poi dettagliate dalle autorità, visto che non è raro vengono colpiti obiettivi militari o comunque edifici abitati da soldati che operano sulle linee del fronte, specie nella zona della cittadina assediata di Bakhmut . Ma oggi gli attacchi sono stati particolarmente forti e diffusi, si sono concentrati sulla capitale e sui grandi centri urbani da Odessa nel sud a Kharkiv nel nord est, però anche attorno a Dnipro e a Zhytomyr nell’ovest non lontano dal confine polacco e verso i Carpazi.

Le ultime notizie sulla guerra in Ucraina in diretta

«Sembra che ancora una volta i russi cerchino di colpire la rete elettrica e le infrastrutture come avveniva in autunno e inizio inverno. Larga parte del Paese è al momento senza elettricità», riportano i media locali. Pare che la zona di Kiev sia stata investita da una cinquantina di esplosioni, il sindaco Vitali Klitschko segnala che almeno il 15 per cento delle abitazioni è al momento senza elettricità e il 40% senza riscaldamento. Erano circa due mesi che il Paese non era interessato da un’ondata di attacchi tanto numerosi e geograficamente ampi. La logica di Mosca è sempre la stessa: fiaccare la volontà di resistenza, spaventare i civili, destabilizzare il lavoro e l’esistenza quotidiana. Secondo il primo bollettino sono almeno 5 i morti nel Paese, 4 vittime solo a Leopoli e una a Dnipropetrovsk.

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