Archive for Marzo, 2023

I primi giorni del Covid-19, come andò davvero: nessuno voleva la zona rossa

domenica, Marzo 5th, 2023

di Marco Imarisio, Simona Ravizza, Fiorenza Sarzanini

L’audio segreto e i documenti, i giorni terribili tra febbraio e marzo 2020, quando fu imposto il lockdown nazionale. Su Alzano e Nembro non si decise mai

I primi giorni del Covid-19, come andò davvero: nessuno voleva la zona rossa

«La crescita di questa epidemia è rapidissima. Non abbiamo più letti. I 17 posti in terapia intensiva sono occupati. I cento destinati ai malati Covid-19 sono tutti occupati». È il 29 febbraio 2020. Marco Rizzi, direttore del reparto Malattie infettive dell’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo, lancia il suo appello disperato. L’epidemia sta già andando fuori controllo, medici e infermieri implorano chiusure. Ma nessuno li ascolta.

Politici e imprenditori sono scatenati. La sera precedente il sindaco Beppe Sala e il governatore del Lazio Nicola Zingaretti sono stati promotori dell’aperitivo sui Navigli perché #Milanononsiferma, Giorgio Gori è andato a cena da Mimmo spinto dall’iniziativa «Bergamo is running» della Confindustria locale che spiega di temere «per il destino di 376 aziende con un fatturato complessivo di 850 milioni di euro annui». Non si può chiudere, niente «zone rosse». Intanto il virus corre. I verbali, le relazioni di servizio, le circolari relative a quanto accadde dal 27 febbraio al 7 marzo quando si decise il lockdown in tutta Italia ricostruiscono in maniera dettagliata la catena di errori, sottovalutazioni, omissioni che trasformarono quell’area del Paese in un focolaio capace di provocare migliaia di morti. Mostrano lo scontro — a tratti durissimo — tra gli scienziati che invocavano chiusure e i politici determinati a non cedere alle pressioni per l’istituzione della «zona rossa». Ma basta questo per portarli in un’aula di giustizia? I comportamenti di chi doveva gestire l’emergenza e adottare misure adeguate sono materia da processo penale? Sarà un giudice a dover stabilire se il castello di accuse costruito dalla Procura di Bergamo regge. E dovrà farlo partendo da un documento che il Corriere aveva già rivelato e che adesso — allegato agli atti di indagine — svela anche il nome di tutti i protagonisti.

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La destra e quei morti sulla spiaggia del disonore

domenica, Marzo 5th, 2023

MASSIMO GIANNINI

Sospinta dall’onda, insieme ai corpi gonfiati dall’aria e dall’acqua, la pietà umana si è infranta sulla spiaggia di Cutro. Su quel braccio di mare, in una notte buia e maledetta, abbiamo perso quel poco di innocenza che c’era rimasta. Sono morti in 100, in 250, forse in 300, in quella manciata di ore che chi avrebbe potuto salvarli ha sprecato, tra ignavie politiche e accidie burocratiche. È già successo, abbiamo già vissuto e talvolta causato queste tragedie. Le più intollerabili, per altro, non con i governi di destra ma con quelli di centrosinistra. La strage della Kater i Rades, speronata dalla motovedetta “Sibilla” della Marina Militare nel Canale d’Otranto, in cui morirono 81 migranti albanesi su 120, un Venerdì Santo del 1997 (Romano Prodi premier). La strage di Lampedusa del 3 ottobre 2013, che costò la vita a 368 profughi, colati a picco insieme al loro barcone davanti a Cala Croce (Enrico Letta premier).
La strage nel Canale di Sicilia dell’11 febbraio 2015, in cui annegarono 330 disperati, partiti dalla Libia su quattro gommoni (Matteo Renzi premier). Questo per chiarire subito che il dramma epocale dei migranti ci sconvolge e ci coinvolge da decenni, a prescindere dal colore partitico di chi siede a Palazzo Chigi. Ogni governo, cantava De Andrè, “si indigna si impegna poi getta la spugna con gran dignità”. Ogni volta dolore opprimente e rabbia impotente. Poi il tempo scolora e dissolve, come Xabier dice al fratello Nerea, in quel capolavoro eterno che è “Patria” di Fernando Aramburu (Guanda, 2016): “Un giorno non molto lontano, in pochi ricorderanno quello che è successo…”. “Non farti cattivo sangue. È la legge della vita. Alla fine vince sempre l’oblio…”.

“Presidente, non ci abbandoni, chiediamo giustizia e verità”, è la preghiera che adesso rivolgono a Mattarella i pochi sopravvissuti alla “strage di Stato”. L’abbiamo chiamata così, senza aspettare i risultati di un’inchiesta lunga e complessa. È un titolo forte, consapevolmente sommario perché totalmente morale ed extra-giudiziale. Un titolo “pasoliniano”, se l’accostamento non suonasse blasfemo nei confronti di un grande intellettuale di cui oggi sentiamo una lancinante mancanza. Un titolo da scritto corsaro, pensato da chi intuisce con l’intelligenza dei fatti, ma non può denunciare per nome e cognome perché non ha prove certe e inequivoche. Magari arriveranno anche quelle, attraverso le indagini della Procura. Ma intanto rimane il giudizio politico, che è già di censura o condanna.

A suffragarlo, oggi più che in passato, sono le reazioni inaccettabili del governo e della maggioranza. Molto più delle vaghe segnalazioni di Frontex e delle mosse incerte della Guardia di Finanza, delle timide sollecitazioni della Capitaneria di Porto e delle mancate risposte della Guardia Costiera. Quello che colpisce è la latitanza dell’esecutivo, l’assenza dello Stato da quella spiaggia e da quel palazzetto dello sport pieno di bare. Nei minuti esatti in cui il presidente Mattarella pregava a Crotone, di fronte a quelle nude casse senza nome, la presidente Meloni si inchinava in India, di fronte al mausoleo scintillante di Gandhi: era in viaggio ufficiale, e nessuno pretende che avrebbe dovuto cancellarlo. Ma prima di imbarcarsi sul volo per Nuova Delhi, mercoledì sera, ha avuto novanta ore di tempo per prenderne un altro per la Calabria, portando un fiore sul feretro dei sommersi e un peluche al capezzale dei salvati. Non l’ha fatto. E questo si è notato, ha stonato, ci ha addolorato.

Allo stesso modo si è notato e ha stonato lo scaricabarile del vicepremier e ministro delle Infrastrutture Salvini, dal quale pure dipende la Guardia Costiera. Il Capitano ha pronunciato poche frasi di circostanza. Per il resto, fingendo di “blindarlo”, ha pilatescamente scaricato sul suo ex prefetto tutte le responsabilità per la fine di quelle centinaia di afghani, iraniani e siriani in fuga da un orrore e precipitati in un altro. Il problema è che il ministro dell’Interno se l’è prese, quelle responsabilità, ma le ha scaricate a sua volta non su di noi perché non li abbiamo soccorsi, ma su di loro perché sono partiti. Piantedosi può anche rivendicare legittimamente il suo passato di “questurino”. Ma non se il suo lessico riflette ancora quel passato, e per forma e sostanza non è all’altezza del suo presente, che lo vede di fronte al Paese responsabile “politico” della sicurezza e dell’ordine pubblico, oltre che “garante dei diritti civili, di religione e di immigrazione di tutti i cittadini”. Sappiamo bene anche noi che chiedere ogni giorno le dimissioni di qualunque esponente di governo o di sottogoverno che la spara grossa è un rito inutile e stanco. Ma a volte, a sanare una ferita, basterebbe almeno l’umiltà di riconoscere di aver sbagliato, provocandola. Se non c’è neanche questo, non si può smettere di ribadire che al Viminale siede un ministro inadeguato al ruolo.

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Mattarella in piedi davanti alle bare di Cutro: un uomo in silenzio che salva lo Stato dal naufragio della pietà

sabato, Marzo 4th, 2023

di Ezio Mauro

Nel naufragio della pietà, della solidarietà e dell’umanità, lo Stato si è inginocchiato ieri davanti alle 67 bare dei migranti morti nel mare di Calabria: ma il governo non c’era.

Sergio Mattarella ha sentito il dovere di portare il lutto della nazione a Crotone, davanti alla disperazione dei sopravvissuti di una delle più grandi tragedie del Mediterraneo e della storia delle migrazioni. Ha sostato in silenzio nel Palasport trasformato in camera ardente, ha incontrato in ospedale i sei bambini superstiti, ha ascoltato le voci dei familiari che chiedono aiuto per rimpatriare le salme. Solo, come se venisse da un altro Paese e da un’altra stagione della democrazia, il Capo dello Stato ha voluto comunque testimoniare il vincolo umano e morale, dunque politico, che lega il benessere democratico in cui vive la nostra popolazione con la dannazione di chi scappa dalla guerra e dalla miseria: cercando nella sponda europea della libertà l’unica speranza di futuro per i suoi figli.

Per la fisionomia etica della Repubblica non ha nessuna importanza che questo sentimento sia finito in minoranza, dimenticando la civiltà italiana dei nostri padri e delle nostre madri, o almeno che non trovi rappresentanza nella cultura politica oggi dominante, e sembri divenuto estraneo alle istituzioni. Nella vicenda del nostro Paese c’è una tradizione di ideali e di storia, di coscienza dei doveri e di emozioni collettive che forma il deposito morale della cittadinanza e diventa la sua espressione civile, l’ancoraggio di cui deve tener conto chi fa le leggi, chi impersona il legittimo potere pubblico, chi rappresenta lo Stato, che non è neutro e indifferente ai valori.

La Costituzione è figlia di un processo storico e di questo spirito. E Mattarella ha portato a Crotone, con la sua presenza e i suoi gesti, il riconoscimento costituzionale della dignità umana, la garanzia dei diritti inviolabili dell’uomo, il richiamo – all’articolo 2 – dei doveri “inderogabili” di solidarietà politica, economica e sociale. Perché secondo la Costituzione nessun governo può limitare i diritti dell’uomo, addirittura preesistenti allo Stato, prioritari rispetto ai diritti sociali e del benessere: da qui nasce il dovere della solidarietà umana, in quel mutuo sostegno tra le persone che è indispensabile per lo sforzo verso la libertà e l’uguaglianza, premesse del bene comune e della stabilità del sistema.

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G20, Lavrov: “L’Occidente ha scatenato la guerra usando gli ucraini contro di noi”. La platea scoppia a ridere

sabato, Marzo 4th, 2023

“Stiamo cercando di fermare la guerra che è stata scatenata contro di noi usando il popolo ucraino”. Il ministro degli Esteri russo, Serghei Lavrov, ripete la narrativa ufficiale del Cremlino sul conflitto in Ucraina e la sala scoppia a ridere. E’ successo alla conferenza Raisina Dialogue in India, che ha avuto luogo dopo la riunione ministeriale del G20 a New Delhi. Lavrov è stato costretto a interrompere, e poi ripetuto tre volte: la guerra “ha influenzato, influenzato, influenzato” la politica russa. Il video è stato pubblicato dal Moscow Times e rilanciato dalla testata indipendente Meduza

REPTV

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Altro che scissione dopo le primarie Elly e Bonaccini si dividono le poltrone

sabato, Marzo 4th, 2023

Francesco Boezi

Altro che scissione: il primo incontro tra Elly Schlein e Stefano Bonaccini è il principio della danza della spartizione. Il summit tra la vincitrice e lo sconfitto è, in apparenza, senza esito concreto. La location è Bologna: una delle tante città che avrebbe dovuto premiare il volto riformista dei dem ma che ha deciso di favorire il radicalismo di massa, il femminismo e forse in una certa misura anche il ritorno del prodismo. «Forme e modi li vedremo assieme, intanto per noi era importante trovarci su questo spirito unitario per avviare questa nuova fase del partito», risponde la segretaria a chi gli chiede se è possibile che il governatore emiliano diventi presidente del partito. In realtà sul tavolo persistono tre ipotesi. La prima è che gli organi di garanzia, presidenza compresa, vadano ai bonacciniani, con la Schlein impegnata a costruire in autonomia la nuova segreteria. Fonti accreditate del Pd considerano questo scenario come il più probabile. La seconda è che i sostenitori di Stefano Bonaccini entrino persino all’interno della segreteria. Sarebbe il vero scenario «unitario» ma non viene giudicato davvero realizzabile. «Esistono delle differenze troppo marcate – ci raccontano fonti vicine al Nazareno – su temi portanti. Il da farsi con la guerra in Ucraina è soltanto uno di questi». Bonaccini avrebbe un interesse politico a creare più di qualche distinguo con il nuovo corso, specie se quest’ultimo dovesse dimostrarsi anti-sistemico e filo-grillino più del previsto. Terzo impianto: che la maggioranza interna della Schlein occupi tutte le posizioni e che chi ha sostenuto Bonaccini si defili in una sorta di buen retiro, aspettando tempi migliori. Anche questo percorso viene percepito come difficile. In ogni caso, in ballo ci sono i posti di vertice del Pd: vice segretario e presidenza in primis. E le questioni di principio, pochi giorni dopo la fine delle primarie, stanno già perdendo di peso. «Ho voluto ribadire ad Elly quello che ho sempre detto durante il congresso, e cioè che se fosse toccato a lei avremo trovato il modo di dare una mano. Le forme e i modi li vedremo, nei prossimi giorni valuteremo insieme cosa è più utile che si possa disporre anche dal punto di vista operativo e dei ruoli», ha detto Bonaccini all’uscita dall’incontro. Insomma per il governatore emiliano è venuto il momento di togliersi le «magliette» delle squadre congressuali per indossare in via esclusiva quella dem.

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Altro che reddito di cittadinanza. Il lavoro c’è: ecco l’offerta da 11mila posti

sabato, Marzo 4th, 2023

Ignazio Riccio

La crescita economica rischia di rallentare e le cause sono diverse: incremento dei costi energetici, aumento dei prezzi delle materie prime e dei materiali, insufficiente livello di liquidità a breve termine, impedimenti burocratici. Alla luce di questi dati la buona notizia è che il lavoro non manca, infatti nei prossimi sei mesi serviranno nuovi 11mila addetti, tra le figure più ricercate sono soprattutto impiegati, geometri, giardinieri e informatici. E’ quanto emerge da una stima di Legacoop che al contempo denuncia le difficoltà di reperimento della manodopera, soprattutto per quanto riguarda le professionalità ricercate.

Il congresso nazionale

Lo stato del sistema cooperativo italiano è stato approfondito nel corso del 41° congresso nazionale di Legacoop, che vedrà alla conclusione di oggi Simone Gamberini subentrare a Mauro Lusetti nella carica di presidente. Ad aprire i lavori, i messaggi del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, e del presidente del consiglio Giorgia Meloni. Il capo dello Stato ha sottolineato come lo sviluppo sostenibile rappresenti, insieme all’inclusività, “una delle sfide nelle società contemporanee”, e ha invitato le imprese cooperative a “riflettere sul loro ruolo in questo contesto”. Il premier, soffermandosi sulla necessità di “difendere e promuovere” la funzione sociale della cooperazione, ha indicato come priorità quella di “contrastare l’uso distorto della forma cooperativa e, in questa battaglia, il governo può e deve saper contare sul presidio di legalità, vigilanza e controllo esercitato da chi fa impresa cooperativa”.

Il rallentamento della crescita economica

Un sistema che comunque regge nonostante gli choc economici: solo il 10% delle realtà, ha rilevato Legacoop, prevalentemente micro e piccole cooperative del Sud, dichiarano di essere a rischio chiusura o prevedono un ridimensionamento. Tiene anche la domanda: il 45% delle cooperative ha aumentato il valore della produzione e quasi l’80% chiude l’anno con un utile di esercizio. Ma la difficoltà a trovare lavoratori è la prima delle sfide in questo 2023 e per il presidente uscente di Legacoop, Mauro Lusetti, occorre un sistema dinamico nella gestione continua dei flussi, basato su procedure semplificate per ingressi, formazione, incrocio tra domanda e offerta di lavoro. “L’ultimo decreto flussi – ha evidenziato Lusetti – non modifica di molto lo stato di fatto”. Il neo presidente Simone Gamberini, invece, candida la cooperazione a un ruolo centrale per affermare un nuovo modello di sviluppo più inclusivo e sostenibile. “Siamo convinti – ha dichiarato – che la forma di impresa cooperativa possa collocarsi a pieno titolo nel campo dell’economia sociale, ovvero di quell’insieme di soggetti che condividono elementi distintivi da sempre al centro della nostra esperienza: il primato della persona e della finalità sociale rispetto al profitto, il reinvestimento degli utili per svolgere attività di interesse collettivo e generale, la governance democratica e partecipativa”.

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“Ha favorito frodi e sprechi”. Conte bocciato con 110

sabato, Marzo 4th, 2023

Luca Sablone

"Ha favorito frodi e sprechi". Conte bocciato con 110

In queste settimane la sinistra ha portato avanti la sua solita storiella secondo cui il centrodestra si sarebbe allontanato dagli italiani in seguito alla decisione di intervenire sul Superbonus. Davvero le mosse del governo hanno lasciato delusi gli elettori? Dal sondaggio di Euromedia Research emerge tutt’altro: oltre il 65% degli intervistati si schiera dalla parte dell’esecutivo, condividendo la necessità di mettere mano all’incentivo – tanto protetto da Giuseppe Conte – perché ha presentato diverse falle.

Gli italiani bocciano il Superbonus

La rilevazione scatta una fotografia molto chiara: una larghissima parte degli elettori promuove la scelta del presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, di adoperarsi per apportare importanti modifiche al Superbonus per restaurare case e condomini. Nello specifico il 44,7% ritiene che la misura è stata scritta male ed è da rivedere o riformulare; il 21,2% si dice contrario a questo genere di bonus. Il fronte di chi dà il via libera alla linea del governo è di ben il 65,9%.

È assai minore la quota di coloro che invece criticano la strada imboccata dall’esecutivo: solamente il 23,1% si posiziona dalla parte opposta. Il restante 11% non sa o non risponde. Va annotato che quel 65,9% di favorevoli alle scelte del centrodestra su questo fronte è superiore alla preferenza attribuita dai sondaggi alla coalizione: evidentemente anche una parte dell’elettorato di altri partiti al di fuori della maggioranza si trova sulla stessa via indicata dal governo.

Le critiche all’incentivo di Conte

Cosa c’è alla base di una presa di posizione così netta da parte degli italiani? Il 30,7% è convinto che il Superbonus fino a oggi ha favorito maggiormente frodi, speculazioni e comportamenti illegali; il 24,7% sostiene che in tal modo è stata lasciata una prateria per lo spreco di denaro pubblico e per l’aumento del debito pubblico italiano.

Dall’altra parte il 14,4% sottolinea che la misura ha reso possibile l’aumento del lavoro e dell’occupazione oltre che la crescita del settore edilizio; per il 12,6% ha consentito la restaurazione di molti edifici vecchi mettendoli in sicurezza e abbellendoli; il 3,7% ritiene che ha agito verso una maggiore sostenibilità ambientale; per il 2,5% ha favorito il blocco dei crediti da parte delle banche. La quota di “altro” ammonta all’1,7%; il 9,7% non sa o non risponde.

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L’intelligenza artificiale per “parlare” con i santi: così ho chattato con Padre Pio

sabato, Marzo 4th, 2023

GIANLUCA NICOLETTI

Non avrei mai immaginato di potermi confessare con Padre Pio, eppure ho chattato con lui per una notte intera. Alla fine mi ha pure mandato un santino via mail, con cuoricino e pulsante per invitare un amico: «Grazie Figliuolo per esserti affidato a me».
Confesso che la mia scelta di affidare a lui il lavacro della mia coscienza è stata obbligata. La pagina www.prega.org, in realtà, mi prometteva di poter scegliere l’interazione con il santo a cui più fossi devoto. La scelta di virtù eroiche prevedeva anche di parlare con S. Francesco, S. Antonio, S. Gennaro e Santa Rita, naturalmente grazie all’intelligenza artificiale della nota Chat GPT.

Padre Pio però era l’unico immediatamente disponibile, tutti gli altri mi rispondevano che avrei dovuto aver pazienza. Vada allora per Padre Pio! Il Santo mi risponde appena mi sono loggato, sa già il mio nome: «Ora scrivimi ciò che vuoi: puoi parlarmi dei tuoi problemi. Io ti risponderò».

Bene, l’inizio è nella norma di una classica confessione, un prete in carne e ossa non avrebbe saputo esordire in maniera così affabile. Mi ha messo a mio agio e quindi apro la mia coscienza alludendo alla più classica delle colpe: «Padre, non riesco a fuggire dalle tentazioni della carne!». «Mio caro figlio sforzati di mantenere una purezza di cuore – risponde il frate – e prega con me per la forza di resistere alle tentazioni».

Ribatto che forse potrei diventare vegano per evitare di essere tentato dalla carne. Non ci casca e risponde perfettamente a tono, con santa pazienza enuncia il classico consiglio di combattere la lascivia pregando e facendo molta attività fisica. Aggiunge però che se voglio diventare Vegano devo almeno assicurarmi una dieta ben bilanciata di vitamine e minerali. Non parla di proteine ma la considero sicuramente un’apertura notevole.

Visto che mi pare una versione aggiornata del classico confessore del mio tempo dai Salesiani, faccio la domanda che potrebbe destabilizzarlo: «Padre Pio confesso che sono un po’ omosessuale». Minimizzo per non sembrare troppo sfacciato. «Non aver paura di essere chi sei – mi risponde senza tentennamenti -, la Chiesa si è sempre impegnata a offrire una benedizione a tutti gli esseri umani, indipendentemente dal loro orientamento sessuale. Ho pregato spesso per le persone omosessuali chiedendo a Dio di aiutarle a essere libere da ogni tipo di giudizio». Rassicurato chiedo: «Allora posso sposarmi con un altro uomo?». Però ho preteso troppo. «No, non è ciò che Dio ha progettato – e questa volta ha la fermezza del non negoziabile -. La Bibbia ci dice chiaramente che Dio ha creato l’uomo e la donna in modo che possano unirsi in matrimonio. Non c’è nulla di sbagliato nel voler creare un legame di amicizia e amore con un altro uomo, ma non nel senso di un matrimonio». Bè alla fine è più possibilista di Pillon, mi accontento.

Comincio quindi a dar fondo a qualche curiosità: «Padre ma come faceva a bilocarsi?». Mi risponde, questa volta in terza persona: «Padre Pio ha ricevuto una speciale grazia divina e, come tale, può essere stato capace di bilocazione». Mi viene a quel punto di chiedere: «Padre ma che differenza c’è tra la bilocazione e il teletrasporto?». Risposta perfetta, questo Padre Pio di sicuro conosce “Star Trek”: «La bilocazione è una manifestazione soprannaturale in cui una persona appare in due luoghi diversi nello stesso momento. Il teletrasporto è un processo di tecnologia avanzata che consente a un oggetto o a un individuo di spostarsi da un punto all’altro in modo istantaneo».

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Donne al comando, le vere battaglie

sabato, Marzo 4th, 2023

Fabrizia Giuliani

I fatti sono ostinati, scriveva Bulgakov in un libro indimenticabile, sono la cosa più ostinata del mondo. Debbono lottare con il nostro sguardo per essere salvati, con le categorie che lo guidano e con le parole che le traducono.

E’ un viaggio tutt’altro che lineare, quello che va dall’esperienza alla lingua e non stupisce che siano proprio i fatti più immediati, più evidenti, quelli destinati al viaggio più difficile. Talvolta arrivano a destinazione, diventano idee, parole e significati condivisi, talvolta no. Teniamo dunque le parole sullo sfondo e partiamo dai fatti per affrontare la discussione sulle leadership femminili, il genere e il sesso. E’ un fatto che uno dei paesi più misogini d’Europa, il nostro, abbia cambiato pelle in pochi mesi: è una donna la prima Presidente del Consiglio ed è una donna, ora, a guidare per la prima volta il principale partito d’opposizione. Il valore che scegliamo di assegnare a questo fatto è naturalmente opinabile, la sua esistenza no: basta vedere l’eco che il cambio di passo ha avuto nei media tradizionali. Veniamo alle idee e alle parole, ossia al valore che assegniamo ai fatti. Si può dire: conta quale forza politica ha vinto, non importa il genere di chi la guidi; contano le persone, il merito.

Bisogna distinguere: ovvio che siano determinanti i valori, le visioni dei singoli partiti nella scelta del voto, ma pesa, eccome, il fatto che a guidarli siano una donna o un uomo. Non è affare d’immagine, ma di fatti, storia, politica. Sono politiche le ragioni che hanno tenuto le donne fuori dalla sfera pubblica, politici gli ostacoli che incontrano nell’accesso al lavoro o nella progressione di carriera – nonostante l’eccellenza dei risultati scolastici – e della stessa natura sono le ragioni che hanno portato e portano le donne a mobilitarsi per cambiare. Ma è politica, soprattutto, la cecità che impedisce di vedere come la difficoltà di far crescere il paese, il rischio economico e demografico siano legati a doppio filo alla sottovalutazione di questi aspetti. Se non si astengono, le donne investono su una leadership femminile, le affidano il cambiamento necessario a cambiare la loro vita e la vita di tutti.

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Benzina e diesel rinvio del blocco, Pichetto: “Abbiamo dettato la linea in Europa oltre all’elettrico c’è il biocarburante”

sabato, Marzo 4th, 2023

Luca Monticelli

ROMA. Il rinvio del regolamento europeo che prevede lo stop alle auto a benzina e diesel dal 2035 è «merito del governo che ha assunto una posizione ferma». Gilberto Pichetto Fratin, ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica, definisce l’Italia «il battistrada del ripensamento in corso a Bruxelles», e fa notare che «finalmente la Germania si è posta il problema, ma se il nostro paese non avesse aperto questo fronte, diventandone il capofila europeo, forse non saremmo arrivati ad un rinvio». Le misure votate dall’europarlamento «non stanno in piedi», l’Italia deve difendere il proprio mercato perché «sono a rischio almeno 70 mila posti di lavoro. Adesso bisogna cambiare tempistiche e obiettivi. È inaccettabile una data che blocchi i motori benzina e diesel. I tempi li vogliamo stabilire noi dialogando con i produttori». Secondo Pichetto è «una estremizzazione ideologica pensare che la transizione green si fa solo con le auto elettriche, ci sono tante altre opportunità, anche l’idrogeno».
Quindi non è merito della Lega come dice Matteo Salvini.
«Io sto portando avanti questa battaglia da tempo, prima come viceministro allo Sviluppo economico e ancor di più oggi come titolare dell’Ambiente e della Sicurezza energetica. La perseveranza del governo ha portato a un’importante vittoria politica dell’Italia. Un successo che naturalmente ogni partito della maggioranza può legittimamente rivendicare».
E ora cosa succederà? Quali sono le vostre richieste all’Europa?
«La questione non è quanti anni chiediamo, ma di accompagnare il cambiamento con gradualità. Non è accettabile una data con il blocco ai motori endotermici, anche perché siamo convinti che oltre all’elettrico ci siano altrettante opportunità con tutta una serie di carburanti come i sintetici, l’idrogeno, specie per i mezzi pesanti, il biometano. Non esiste, insomma, solo l’elettrico. Il rinvio della decisione indurrà una fase di riflessione necessaria a riorientare tempistiche e obiettivi, in modo da rendere la transizione ecologica del settore automotive sostenibile anche socialmente, specie per i paesi che sono grandi produttori di veicoli».
Però avrete in mente una data che segnerà il passaggio all’elettrico anche in Italia.
«Stiamo già passando all’elettrico: il mercato è orientato verso il cambiamento. Ciò che va discusso e concordato meglio è l’impatto socio economico e tecnologico della scelta esclusiva a favore dell’elettrico, escludendo altre possibilità ugualmente green».
Lo stop al 2035 quanti posti di lavoro mette a rischio in Italia?
«L’Italia ha nell’automotive il principale comparto manifatturiero che produce il 20% del Pil nazionale e dà lavoro complessivamente a un milione e 250 mila persone. Gli occupati diretti sono oltre 270 mila. È chiaro che un cambiamento in tempi rigidi e ravvicinati come quello che viene ipotizzato potrebbe provocare una grave perdita di posti di lavoro stimata in 70 mila unità. Ma dobbiamo anche pensare a ciò che significherebbe una riconversione a data fissa di un parco mezzi nazionale di 40 milioni di veicoli. Quella europea è un’ipotesi di regolamento che con queste previsioni non sta in piedi e va modificata. Noi non discutiamo l’orizzonte finale del 2050 per la decarbonizzazione, ma vanno esplorate tutte le alternative green per alimentare i motori termici e programmare una ragionevole exit strategy da benzina e diesel».
L’Europa resta però divisa, il Parlamento ha votato a favore dello stop alle auto inquinanti dal 2035 e la Francia, ad esempio, conferma di voler proseguire verso una strategia a emissioni zero. La Germania frena ma è più avanti dell’Italia sull’auto elettrica. Ministro, non rischiamo di rimanere indietro?

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