Archive for Marzo, 2023

Dalla e Battisti, gli ottant’anni dei geni rimasti senza eredi

sabato, Marzo 4th, 2023

Fabio Zuffanti

80 anni insieme per i due Lucio a solo un giorno di distanza: Dalla il 4 marzo, Battisti il 5, quando si dice i casi della vita. Evidentemente in quei frangenti del 1943 sulla Terra stava transitando la cometa della genialità. Tutti sanno quanto i due giganti siano stati importanti per le sorti della musica italiana, tutti conoscono i loro successi ma in giro c’è la netta consapevolezza che personaggi del genere non ne nasceranno più. Perché questo pensiero? In fondo la musica non si è certo fermata, ogni giorno escono centinaia di canzoni e di album, i nuovi artisti sono in numero esorbitante, tutti sgomitano per cercare di esibirsi ovunque gliene sia data l’occasione, partecipare a talent, racimolare visualizzazioni su YouTube e ascolti su Spotify. Eppure, in questa enorme massa di artisti e canzoni non ce n’è uno che negli ultimi vent’anni sia riuscito a imporsi come erede dei due Lucio. Nell’arena del pop italiano la genialità sembra scomparsa dai radar.

A cosa si deve tutto ciò? La cometa è oramai oltre le coordinate terrestri e si dovranno attendere migliaia di anni prima di rivederla? Non è dato saperlo, quello che si sa è che il momento storico attuale non è avaro di talenti, è semplicemente avaro di coraggio. Pensiamo a Battisti, in pochi anni passa da Il tempo di morire a un disco concettuale e difficile come “Anima latina”, poi si misura con la disco-music, crea un gustoso ibrido tra musica italiana e pop deluxe americano, molla il suo compare di fortune Mogol e si getta nell’elettronica, realizza una serie di album con un poeta sghembo e surreale come Pasquale Panella, dischi che ancora oggi devono essere capiti appieno. In poche parole Battisti si spinge oltre, non concede più nulla al pubblico di Un’avventura e di Mi ritorni in mente, e lo fa con orgoglio fino al momento della morte. E Dalla? Parte super pop, ha successo con 4/3/1943, ma si rompe ben presto le scatole e cerca l’impegno sociale e musicale, stringe alleanze con il poeta Roberto Roversi in dischi tanto belli quanto d’élite, capisce di essere bravo a scriversi da solo i testi e tra il 1978 e il 1981 getta sul tavolo un terzetto di album incredibili, vere esplosioni di bellezza e creatività. Poi si ripensa, torna al pop di mestiere piazzando sempre belle sorprese.

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Putin imbavaglia la Russia: niente parole straniere, pene dure a chi critica

sabato, Marzo 4th, 2023

di Marco Imarisio

Dopo il record di leggi nel 2022, nuova raffica di chiusure. Quindici anni di carcere a coloro che parlano male dell’esercito (e dei mercenari Wagner)

Putin imbavaglia la Russia: niente parole straniere, pene dure a chi critica

DAL NOSTRO INVIATO
MOSCA — Nel nuovo mondo russo bisognerà fare ancora più attenzione a quel che si dice, a quel che si scrive, a quel che si legge, a quel che si pensa. Oggi è il primo compleanno della legge sulle «fake news». Era il 4 marzo 2022, quando Vladimir Putin firmò il provvedimento che colpiva tutte le persone che manifestavano dissenso contro l’Operazione militare speciale. Da allora, oltre a migliaia di fermi di polizia, sono state aperte 175 cause penali e 5.601 cause amministrative.

Le parole di Putin

La stretta sulla libertà di espressione e di opposizione non è una novità. Si tratta di un processo di lunga data, iniziato nel 2012 dopo le manifestazioni di protesta contro la rielezione-staffetta del presidente, che si scambiò di ruolo con Dmitry Medvedev. Sotto gli occhi dell’Occidente, che per convenienza fingeva di non vedere. Ma il conflitto in Ucraina ha dato una accelerazione parossistica. Cinque giorni fa, durante il suo intervento all’Fsb, il Servizio federale di sicurezza, il presidente ha invitato gli ex colleghi a non mollare la presa. «Bisogna preparare il nostro futuro. Dobbiamo troncare l’attività di coloro che cercano di indebolire e dividere la nostra società, utilizzando come arma il separatismo, il neonazismo, la perversione dei costumi».

Il record di leggi

L’Assemblea federale lo ha subito preso in parola. Il 2022 è stato l’anno record per numero di leggi approvate dalla Duma, la Camera bassa del Parlamento. In tutto 709, più altre 745 proposte già presentate ma ancora da esaminare. Molte di esse sono state scritte in fretta e furia per andare incontro a esigenze militari. Altre regolano la sfera sociale della vita russa. Ma nell’ultima settimana c’è stato un crescendo. Mercoledì Putin ha firmato la nuova legge che proibisce a livello statale e culturale l’uso di parole straniere. Nel suo ultimo discorso alla nazione, lui stesso ne aveva usate una dozzina.

Quindici anni di carcere per chi parla male dell’esercito

Giovedì i deputati hanno approvato in seconda lettura due disegni di legge che modificano il Codice amministrativo e penale, aumentando la pena fino a quindici anni di carcere per chi «getta discredito sull’esercito» ma estendendo il reato anche a «formazioni volontarie, organizzazioni o persone che assecondano l’espletamento delle funzioni che spettano alle Forze Armate». Un emendamento su misura per il gruppo Wagner. Quello stesso giorno, il Parlamento ha concesso al governo la facoltà di sospendere «ogni informazione statistica» agli organi di stampa e chi ne fa richiesta. Le valutazioni sullo stato dell’economia diventeranno sempre più aleatorie.

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Crisanti, l’ultimo mohicano dell’emergenza che ora riconquista la ribalta. «Per Speranza provo dispiacere»

sabato, Marzo 4th, 2023

di Fabrizio Roncone

Il senatore e microbiologo: la mia è una mappa con cui orientarsi

Crisanti, l’ultimo mohicano dell’emergenza che ora riconquista la ribalta. «Per Speranza provo dispiacere»
Il virologo Andrea Crisanti, 68 anni, eletto senatore con il Partito democratico

Poi parleremo della perizia cimiteriale che ha consegnato alla Procura di Bergamo.

Subito, però, un passaggio sulla felicità. La sua.

Perché Andrea Crisanti è un uomo felice. Di nuovo. Inaspettatamente. Porca miseria, se la vita sa essere pazzesca. Pensava di essere ormai costretto alla routine di un qualsiasi senatore del Pd, per ora senza mezza prospettiva di fomentare una crisi di governo e condannato perciò alla noia di Palazzo Madama, sedute ovattate e solitarie passeggiate dentro corridoi con le pareti di velluto e puttini a forma di applique, le luci sempre accese.

Ma non quelle che piacciono a lui.

Lui adora le lucine delle telecamere, il tecnico che ti applica il microfono sul reverse della giacca, il sottile brivido della diretta: e poi, quando parte la pubblicità, noi dei giornali che lo cerchiamo, che abbiamo ricominciato a cercarlo sul cellulare, adesso solo incerti se chiamarlo ancora prof o senatore, ma tanto lui è sempre una vera dolcezza (a 15 mila euro netti al mese, essere dolci è il minimo).

Così — ormai a 68 anni suonati — eccolo di nuovo in pista, Crisanti. Personaggio centrale. L’ultimo mohicano di quel mischione furibondo di epidemiologi, virologi, anestesisti, entomologi, tutti diventati famosi dentro il lungo incubo della pandemia, tutti docenti e primari e luminari fino ad allora sconosciuti e di botto diventati oracoli indispensabili: noi con il rosario dei morti, dei contagiati, con lo spavento di uno starnuto, il puro terrore anche solo di sfiorarci e loro collegati da luoghi spesso imprecisati, nella penombra di sagrestie ospedaliere, a indicarci strade incerte e, talvolta, sconosciute persino a loro. Per dire di Crisanti. Il 20 novembre del 2020, con la sua aria un po’ rassegnata e un po’ pedagogica, tipo che io vi avverto, ma poi fate un po’ come vi pare, dice: «Per produrre un vaccino, normalmente, ci vogliono dai 5 agli 8 anni. Per questo, senza dati certi, io non farei il primo vaccino a disposizione».

Definitivo. E considerate che, all’epoca, Crisanti è l’acclamato suggeritore di Luca Zaia, il quale grazie ai suoi consigli ha evitato che alla piccola Vo’ Euganeo dei primi casi Covid-19 toccasse il mortale destino capitato al Lodigiano e alla città di Bergamo (con Zaia, tempo dopo, lite furibonda: e insulti, e minacce, vabbé). Passa qualche settimana: e, il 2 gennaio, in collegamento dall’ospedale di Padova, dov’era ordinario di Microbiologia, le telecamere beccano però Crisanti con la manica della camicia arrotolata e una dottoressa china sul suo braccio. Perché, nel frattempo, il vaccino se lo fa anche lui, mica è matto. «Matto proprio no — spiegò Giorgio Palù, professore ordinario di Microbiologia e Virologia, preside della facoltà di Medicina all’Università di Padova e presidente Aifa — Crisanti è un mio allievo, lo conosco bene: solo che non è un virologo. È un esperto di zanzare».

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Aviaria, il prof Richeldi spiazza Gruber: “Meno impreparati alla nuova pandemia”

venerdì, Marzo 3rd, 2023

Giada Oricchio

La Procura di Bergamo ha chiuso l’inchiesta sulla gestione della prima fase pandemica del Covid nella Bergamasca e ha indagato 19 persone fra cui l’ex presidente del Consiglio Giuseppe Conte, il già ministro della Sanità Roberto Speranza, il governatore della Lombardia Attilio Fontana e l’ex assessore al Welfare, Giulio Gallera. I pm ipotizzano il reato di epidemia colposa perché “sapevano che il virus dilagava e non intervennero, si potevano evitare 4.000 morti” Fra i nomi, figurano anche il presidente dell’Istituto superiore di sanità Silvio Brusaferro e il presidente del Consiglio superiore di Sanità Franco Locatelli.

Da qui prende spunto la puntata del talk preserale di La7 “Otto e Mezzo”, giovedì 2 marzo. Il direttore del Reparto di Pneumologia dell’ospedale Gemelli di Roma, Luca Richeldi, ha difeso l’operato dei colleghi. L’iter giudiziario farà il suo corso, ma adesso la questione è un’altra: abbiamo imparato dagli errori? Siamo attrezzati per un’eventuale nuova pandemia? La conduttrice Lilli Gruber ha domandato: “Gli esperti ritengono che la prossima epidemia sarà l’aviaria e arriverà in tempi rapidi. Siamo pronti?”. Il prof Richeldi ha risposto: “Saremo meno impreparati rispetto a un problema delle dimensioni del Covid-19. Anche grazie ad alcune delle persone oggi indagate c’è stato un aggiornamento dei documenti, della preparazione e delle procedure che ci dovrebbero consentire di essere più pronti”.

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Un milionario che trucca l’età si prende il gigante Nigeria

venerdì, Marzo 3rd, 2023

Domenico Quirico

Per gli afro ottimisti, quelli che sorvolano sul fatto che nel 1970 i denutriti in Africa erano 90 milioni e nel 2019 più di 250 milioni, le elezioni in Nigeria sono state comunque un successo: novanta milioni alle urne, (i numeri sono sempre una metafisica prova del nove, servono per sapere cose ovvie e raffreddare la realtà), incidenti e zuffe in fondo modeste, perfino il presidente uscente Buhari che ha rinunciato ai consueti “maquillage’’ costituzionali per aggirare il vincolo dei due mandati e ha scelto la pensione. C’è stato l’avvento dell’elettronica elettorale che ha permesso di rendere veloci spoglio e annuncio dei risultati. In passato si attendeva settimane: si sa, i mezzi erano un po’ primitivi in una democrazia che in fondo risale solo al 1999, ci voleva tempo per aggiustare le decisioni degli ingenui e imprudenti. Meraviglie della tecnica…

Evviva dunque: tutto avanza nel Paese che sarà nel 2050 il più popolato del pianeta, fitto di gente che muore alla giornata, che, risvegliandosi ai quotidiani affanni, compie un atto di eroismo incalcolabile. Sì, i più ottimisti, gli incontentabili, puntavano sul candidato dei giovani nigeriani, Peter Obi, politico, si mormorava, non affardellato da sulfurei strascichi di corruzione. Pazienza, si dice con la noia di spettatori già delusi: la sua presenza tra i soliti dinosauri del potere etnico-petrolifero è stata già una novità importante.

Soddisfatti anche coloro che in Nigeria fanno affari d’oro, ovvero le grandi compagnie petrolifere. Le elezioni son sempre motivo di ansia per i consigli di amministrazione a queste latitudini: chi può garantire che agli elettori non venga in mente di portare al potere qualche guastafeste che vuole mischiar le carte, non ancora rodato al solito meccanismo del reciproco buon affare che regola il capitalismo all’africana, la globalizzazione della bustarella e del saccheggio? Niente paura. Tutto è a posto, ha vinto chi doveva vincere: Bola Ahmed Tinubu, musulmano, etnia yoruba, tipo pasciuto scelto dal partito al potere per garantire «la continuità». Dicono abbia 86 anni ma lui ne dichiara 70, si ringiovanisce come le divine del bel canto. Un milionario come si può esser milionari solo in Africa cioè in modo ancor più sfacciato, spropositato rispetto alla miseria circostante. Anche lui sta ben lontano da quell’idea pericolosamente eversiva che ti afferra in Paesi come questo, l’altro mondo: ma non è una vergogna essere felici in mezzo a una povertà simile?

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Covid e naufragio migranti: le due tragedie e la resa dei conti

venerdì, Marzo 3rd, 2023

LUCIA ANNUNZIATA

Poteva la politica, cioè i massimi vertici del governo, salvare la vita di 4 mila cittadini, se solo fosse stata più informata, o più saggia, o forse solo meno disattenta? E poteva, questa stessa politica, sempre colposa dello stesso processo di noncuranza e disattenzione, salvare la vita a un centinaio di uomini, donne e bambini provenienti da Paesi oggi devastati da conflitti gravissimi? Nel giro di 24 ore, una serie di circostanze, del tutto involontarie, hanno portato all’attenzione del Paese due inchieste su due casi drammatici. Sono diverse fra loro per tempi, luoghi e materia, ma per certi versi si intrecciano e si sovrappongono – entrambe sollevando il tema della responsabilità di due diversi governi italiani.

La prima indagine ha radici in quello che appare oggi un tempo lontanissimo, denso di sbandamento e di paura – gli inizi della pandemia di Covid in Italia, in particolare nelle sue prime settimane, in quel di Bergamo. Ad Alzano e Nembro, dove non fu deciso il lockdown, la scelta si rivelò drammatica: «Se la zona rossa fosse stata estesa sin da subito si sarebbero evitate oltre 4mila morti», dice il procuratore di Bergamo Antonio Chiappani. «Il nostro problema è stato sì quello del mancato aggiornamento del piano, e questo riguarda un lato ministeriale, ma anche la mancata attuazione di quegli accorgimenti preventivi già previsti nel piano antinfluenzale comunque risalente al 2006». L’accusa è epidemia colposa per 22 indagati, al massimo livello delle responsabilità pubbliche: l’ex premier Giuseppe Conte e l’ex ministro Roberto Speranza, il governatore della Lombardia Attilio Fontana e i componenti del Comitato Tecnico Scientifico, Silvio Brusaferro, direttore dell’Iss, Claudio D’Amario ex dg della Prevenzione del ministero della Salute, e Angelo Borrelli, ex capo della Protezione civile.

La seconda ha a che fare con il naufragio di cinque giorni fa sulla spiaggia di Crotone, in Calabria, di una nave piena di donne, bambini, uomini, di cui circa un centinaio affogati negli ultimi 500 metri di un viaggio durato 4 giorni nel Mediterraneo. Il lavoro dei giudici è in questo caso solo all’inizio: i soccorsi sono stati gestiti bene, in tempo utile? I dubbi sono alimentati dai buchi nello scorrere del tempo (allerta di un aereo Frontex dato ore prima del naufragio), dalle modalità di questo allerta che “non segnala” nessuna condizione di allarme, e dal tipo di operazione che infine viene (non) messa in atto da Guardia di Finanza, Capitaneria di porto, e Guardia Costiera. La prima dunque è un lavoro completo, le cui conclusioni devono ora essere esaminate in un processo. La seconda è invece appena stata aperta dalla Procura di Crotone come primo passo per acquisire gli atti e ricostruire l’intera vicenda, per poi decidere se e come procedere. Sotto queste differenze, tuttavia, si è già focalizzato uno scontro che porta a una resa dei conti a tutto campo politico.

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Il tweet choc di Feltri sui migranti: “Partire è un po’ morire. State a casa vostra”. Majorino: “È indegno di essere consigliere regionale”

venerdì, Marzo 3rd, 2023

Simona Buscaglia

MILANO. «Agli extracomunitari ricordo un vecchio detto italiano: partire è un po’ morire. State a casa vostra». Questo il testo di un messaggio pubblicato su Twitter da Vittorio Feltri, direttore editoriale di Libero e neo eletto al consiglio regionale lombardo nel partito di Giorgia Meloni.

Il tweet ha già provocato centinaia di reazioni e c’è chi chiede l’intervento della leader di Fratelli d’Italia. Tra loro anche Pina Picierno, vicepresidente del Parlamento Europeo, che scrive: «Segnalo alla presidente Giorgia Meloni che questo tweet indegno è di un suo eletto in regione Lombardia. Sconcerto e vergogna». Il 79enne Vittorio Feltri, è stato eletto a Milano nella lista di Fratelli d’Italia alle ultime elezioni regionali del 12 e 13 febbraio e presiederà la prima seduta del parlamento lombardo a Palazzo Pirelli in quanto consigliere eletto più anziano d’età.

Parole di condanna al messaggio di Feltri arrivano dall’ex candidato alla presidenza di Regione Lombardia per il centrosinistra e futuro consigliere al Pirellone, Pierfrancesco Majorino: «Non ci sono attenuanti per lo schifo, lo sconcerto e la vergogna che le parole di Feltri generano – scrive in una nota -. Non è questione di essere provocatorio o corrosivo. È questione di mostrarsi umani. E Feltri dimostra di non esserlo. C’è da provare vergogna che Feltri sia stato eletto consigliere regionale. È non solo inadatto. È indegno di ricoprire quel ruolo».

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Il testimone di un Paese che dice no al cinismo

venerdì, Marzo 3rd, 2023

Ugo Magri

Le emozioni che il presidente tradiva ieri, impietrito davanti alle 67 bare nel Palasport di Crotone, sono le stesse della gente comune: dolore per le vittime, vicinanze alle loro famiglie, solidarietà ai superstiti, speranza che questi drammi non si ripetano più. La politica si divide sui migranti, le opposte demagogie accendono gli animi; ma i corpi di bambini gettati sulla spiaggia no, quelli non li vuole vedere nessuno, quale che sia il colore di appartenenza; almeno su questo c’è concordia. Sergio Mattarella è andato in Calabria per testimoniare l’unità sostanziale del Paese che dice no alle tragedie in mare e si ribella al cinismo di quanti vorrebbero usare i poveri morti come deterrente per frenare i futuri arrivi. C’è un limite a tutto e, nel caso dei migranti, questo limite invalicabile è rappresentato dal senso di umanità.

L’accoglienza riservata a Mattarella, le richieste di giustizia e di verità che gli sono state rivolte per strada, certificano quanto la sua visita interpreti i sentimenti veri dell’Italia. Abbiamo molti difetti, ma il «cattivismo» non sta nelle nostre corde: il capo dello Stato ha ritenuto giusto rimarcarlo. Chi ci vede un gesto di supplenza nei confronti di Giorgia Meloni, che è volata in India per una missione importante, è del tutto fuori strada. Il capo dello Stato non fa le veci, non è il surrogato di nessuno, tantomeno di una premier in grado di discernere dove e quando recarsi.

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Piantedosi e gli altri nove al governo: l’opposizione ossessionata dalle dimissioni

venerdì, Marzo 3rd, 2023

Paolo Bracalini

In quattro mesi l’opposizione è riuscita a chiedere già le dimissioni di mezzo governo. Un record. L’ultima riguarda il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, primo atto parlamentare della deputata Elly Schlein nelle nuove vesti di segretaria del Pd. Per il momento non è stata ancora formalizzata una mozione di sfiducia e probabilmente non ci sarà, ma la richiesta di dimissioni è un genere a sé, serve per indebolire l’immagine del governo e alimentare la sfiducia anche senza portare effettivamente al passo indietro (i numeri per ottenerlo l’opposizione non li ha), nella speranza che, una picconata dopo l’altra, il consenso del governo cali e la maggioranza si sfaldi.

La dimissionite è comparsa molto precocemente. Già poco più di un mese dopo l’insediamento dell’esecutivo, il Pd ha chiesto le dimissioni del ministro dell’Ambiente, Gilberto Pichetto Fratin, reo di aver accusato il sindaco di Ischia per gli abusi edilizi, dopo l’alluvione di novembre («Non ha idea di cosa significhi fare il sindaco oggi. Si dimetta» tuonava Matteo Ricci, coordinatore dei sindaci Pd). Un mese dopo, riecco le dimissioni, stavolta per il presidente del Senato, Ignazio La Russa e del sottosegretario alla difesa, Isabella Rauti, senatrice di Fdi. Entrambi avevano fatto un tweet per ricordare l’anniversario del Movimento Sociale Italiano. Un comportamento «incompatibile con il ruolo istituzionale», secondo il Pd, che ha chiesto subito le loro dimissioni. Un paio di giorni dopo ed è toccato alla ministra della Famiglia, Eugenia Roccella, nel mirino del deputato Pd Alessandro Zan, per aver a suo dire discriminato le coppie gay («Non tutela le pari opportunità. Roccella deve dimettersi!»). Poi è toccato al ministro della Giustizia, Carlo Nordio. La sua annunciata riforma delle intercettazioni ha scatenato polemiche e accuse, montate ad arte per farlo apparire in minoranza nel governo e in disaccordo con il premier Meloni. Tanto da portare alla parola magica, «dimissioni», e costringerlo a smentire un’ipotesi immaginaria: «Non ho mai minimamente pensato a dimettermi».

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Due sondaggi inchiodano la Schlein: ecco chi l’ha votata davvero

venerdì, Marzo 3rd, 2023

William Zanellato

Il cosiddetto “entrismo”, una tecnica politica usata per entrare e modificare i partiti dall’interno sembra aver condizionato, e non poco, la vittoria di Elly Schlein. Il mandante, stando a quanto ci dicono i flussi elettorali, è uno solo: il Movimento 5stelle. La vittima, ovviamente il Partito democratico e, in particolare, il grande sconfitto Stefano Bonaccini. Il peso delle truppe “esterne” al Pd è stato rilevante. Due sondaggi, diversi tra loro ma concordanti sul tema in questione, ci mostrano, numeri alla mano, chi si nasconde dietro alla rimonta della giovane segretaria.

L’infiltrazione del M5S

Il primo sondaggio, forse quello più clamoroso, è stato realizzato da Noto Sondaggi per la trasmissione Porta a Porta. I flussi elettorali che analizza sono una doccia fredda per Elly Schlein e per i suoi sostenitori: metà di chi ha votato domenica scorsa, alle primarie dem, non è un elettore del Pd e, il 22% di chi ha scelto tra Schlein e Bonaccini, alle ultime elezioni politiche aveva scelto il Movimento 5 Stelle. Pur considerando tutti gli accorgimenti e le incertezze del caso, il numero di votanti grillini è esorbitante: quasi 242mila voti sul milione del totale. Nel dettaglio, evidenzia Noto Sondaggi, il 13% degli elettori ha sicuramente votato per la giovane deputata, solo il 2% per il governatore emiliano. Comunque la si voglia pensare, il gioco delle “infiltrazioni” c’è stato e il Movimento di Giuseppe Conte è tra i primi indiziati.

Le primarie Pd, giova ricordarlo, sono aperte a tutti i cittadini, anche potenziali elettori avversi ai dem. D’altro canto, capire i flussi elettorali e analizzare l’identikit dei votanti alle primarie del Pd, può essere molto più di un banale esercizio di stile. In gioco ci sono prospettive di alleanze future, posizionamenti in politica estera e molto altro ancora.

Il ruolo di Verdi e Sinistra

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