Archive for Marzo 10th, 2023

“Bisogna combattere le migrazioni di massa”. L’imam contro l’islamismo e il modello francese

venerdì, Marzo 10th, 2023

Francesco Curridori

«Combattiamo gli islamisti. L’immigrazione va regolamentata». Hassen Chalghoumi, presidente della Conferenza degli imam di Francia che si trova in Italia per presentare il suo ultimo libro «Liberare l’Islam dall’islamismo», condanna «le migrazioni di massa» e le primavere arabe che hanno creato conflitti importanti come in Libia. La Tunisia, il suo Paese d’origine, vive una situazione molto complessa dettata dagli 800mila africani che, attualmente, vi arrivano con la speranza di trovare un modo di raggiungere l’Europa. «Il Mediterraneo è diventato un cimitero. È una vergogna per l’umanità», denuncia Chalghoumi, riferendosi al naufragio dei migranti avvenuto il 26 febbraio scorso nei pressi di Crotone, più precisamente a Cutro. L’imam è sempre più convinto che il fenomeno vada affrontato alla fonte «nei Paesi dove ci sono i conflitti» anche perché «se lo Stato tunisino collassa, ci saranno migliaia di migranti».

La soluzione non può che essere quella di lavorare con i Paesi del Nord-Africa, soprattutto a livello di frontiera perché «se sono garantiti istruzione e lavoro, nessuno viene in Italia». L’Europa deve fare qualcosa «perché i trafficanti si approfittano di questi drammi». In questo contesto, le navi delle Ong che operano nel Mediterraneo svolgono un ruolo fondamentale: «Se salvano realmente le vite, allora spiega Chalghoumi – il loro lavoro è lodevole, ma se fanno il gioco degli scafisti è vergognoso». L’imam condanna fermamente un’immigrazione di massa, indiscriminata e che determina situazioni di degrado nelle quali i migranti che arrivano a Parigi o a Roma sono costretti a dormire per strada e senza un tetto sotto la testa. «È una mancanza di rispetto», sentenzia il presidente della Conferenza degli imam di Francia, convinto che l’immigrazione vada gestita attraverso flussi regolari anche a beneficio proprio dei migranti stessi «a meno che non ci sia un’emergenza umanitaria come in Siria». «Anche in Francia c’è immigrazione regolata, con l’ingresso caso per caso regolarizzando persone che meritano», spiega Chalghoumi riferendosi all’idea del governo Meloni di intensificare gli accordi con i Paesi del Nord Africa per incrementare l’arrivo di migranti regolari. «Chiunque può prendere il posto in Europa, purché vi sia l’integrazione», dice l’imam che critica il fenomeno, ancora troppo presente nelle grandi città francesi, delle banlieu. «In Francia non si è riusciti a fare un mix tra connazionali e stranieri», dice. Ma, poi, precisa: «C’è del razzismo in Francia, ma la Francia non è razzista».

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Ucraina, contrattacco devastante: siti e centri russi colpiti

venerdì, Marzo 10th, 2023

Volodymyr Zelensky non rimane a guardare. E dopo gli attacchi missilistici in diverse regioni dell’Ucraina, Kiev risponde. Un potente attacco dell’esercito è stato sferrato contro siti e centri logistici dove sono concentrate le truppe e le attrezzature dell’esercito russo in territorio ucraino. Lo conferma lo Stato maggiore ucraino citato dai media locali. Tredici, in totale, gli attacchi lanciati dalle forze armate ucraine: l’aviazione ha colpito un complesso missilistico antiaereo, mentre unità di artiglieria hanno centrato 6 aree di concentrazione del personale militare russo, 2 centri logistici, 3 depositi di munizioni, 6 stazioni di controllo elettronico e 2 veicoli antiaerei in posizione di tiro.

Solo ieri, 9 marzo, da Mosca era giunto l’ordine di colpire ancora. E le conseguenze sono state devastanti. “Per la prima volta – ha dichiarato alla televisione ucraina Yurii Ihnat, portavoce del Comando delle forze aeree dell’Ucraina – la Russia ha utilizzato nei raid diversi tipi di missili. Sono stati utilizzati ben sei Kinzhal (arma ipersonica a capacità nucleare): è un attacco che non ricordo di aver mai visto prima”. E ha aggiunto: “Finora non abbiamo la capacità di contrastare queste armi”, ossia i Kinzhal e i missili da crociera X-22. 

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Elly Schlein, profezia-Feltri: “Pd? Verrà cacciata a calci nei glutei”

venerdì, Marzo 10th, 2023

Vittorio Feltri

Il problema non è Elly Schlein nuova segretaria del Pd, ma ciò che lei rappresenta: il peggio della peggior sinistra, quella con venature antiche che non è mai riuscita a cavare un ragno dal buco. Il problema è che la gentile signora non essendo capace di eliminare la povertà, impresa titanica, si è lanciata nella battaglia alla ricchezza, dimenticandosi di essere una borghesona imbottita di denaro svizzero, notoriamente inattaccabile. Non si capisce perché a lei stanno sul gozzo i suoi simili, gli abbienti ai quali vorrebbe infliggere una elegante patrimoniale. Tu hai due appartamenti e un milione di euro in banca? Troppa roba. Devi essere punito con una gabella da strozzo. Ottima idea del cavolo. A cui se ne aggiunge un’altra altrettanto afflittiva: aumentare la tassa di successione. Faccio il mio caso simile a quello di una massa di italiani.

Questo: lavoro da oltre sessant’anni, ho sempre speso meno di quanto guadagnavo per cui dispongo di un discreto patrimonio che difficilmente potrei portarmi nella bara. Ovvio che intendo lasciarlo ai miei figli, secondo tradizione antica. Nossignori. La vispa Elly ai miei eredi, che vogliano appropriarsi della mia donazione, intende imporre una tassa folle tale da amputare il capitale mediante una sorta di furto legalizzato. Non bastasse, madame ha la fissa dell’antifascismo ignorando che la storia ha già provveduto a seppellire le camicie nere e perfino l’olio di ricino che pure gioverebbe agli intestini pigri dei compagni.

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Schlein-Bonaccini, oggi l’accordo: “A Stefano un ruolo politico”

venerdì, Marzo 10th, 2023

Carlo Bertini

Stefano Bonaccini, irritato dalla lunga attesa, avrà il ruolo di presidente che lui rivendica per aver vinto tra gli iscritti ma la avverte di «non schiacciarsi solo sui 5stelle»; i cattolici di Castagnetti minacciano di uscire dal Pd, snaturando in quel caso il dna di quel partito nato dalla fusione delle culture ex democristiane ed ex comuniste. Sul termovalorizzatore di Roma «ne parlerò con Gualtieri, ma va progettato il futuro dei prossimi anni», dice Elly Schlein a “Otto e mezzo”.

Giornata dura per la neo-segretaria, culminata con una telefonata al governatore sconfitto alle primarie. «Ci siamo trovati d’accordo per lavorare insieme nella chiarezza», dice Schlein. «Lui avrà un ruolo, auspico che sia un ruolo politico di primo piano. Io gli ho fatto una proposta di massima condivisione della gestione del partito», allarga le braccia, alludendo all’offerta di fare il vicesegretario, il numero due del Pd, che il governatore ha rifiutato per le tante resistenze interne alla sua area. «Sui capigruppo, valuteremo, ci sarà un elemento di discontinuità ma ne discuteremo insieme. Con le primarie si è affermata una linea politica ma si lavora per tenere insieme tutto». La segretaria dunque intende «governare» assieme a Bonaccini il partito e per questo gli chiederà di mettere suoi esponenti nella segreteria esecutiva, oltre a fare il presidente.

Giornata non semplice dunque, cominciata con una scritta su un muro di Viterbo, «la tua faccia è già un macabro destino», vergata a fianco di una svastica, «antisemitismo schifoso da contrastare con l’educazione nelle scuole», lo liquida così Schlein: pessimo segnale da cui emerge avvolta da un mantello di solidarietà di tutte le forze parlamentari, in primis i dem ma anche La Russa e Meloni, a seguire gli altri. In mattinata poi, un’ora alla Camera ardente in Senato di Bruno Astorre, circondata dai compagni di partito, con i quali più tardi discute sul nodo che attanaglia i dirigenti dem in queste ore: gli assetti interni e il coinvolgimento di una vasta area politica, trasversale, che vorrebbe sentirsi a casa anche nel partito più di sinistra di Schlein. Lo dimostrano le parole del governatore, che ricorda di aver raggiunto «quasi il 50 per cento dei consensi, un risultato non banale come non è banale aver vinto fra gli iscritti». E quando, rispetto ai settemila iscritti in pochi giorni, Bonaccini osserva che «va bene ma dobbiamo evitare una emorragia silenziosa di chi rischia di non sentirsi a casa», dalle parti di Schlein suona l’allarme.

Lo dimostra la minaccia, «rimarremo nel Pd se vi sarà un vero pluralismo politico e culturale», lanciata da Pierluigi Castagnetti, che guida l’area cattolico democratica del partito, gli ex popolari: «Se non ci fosse questo pluralismo non ci sarebbe più il Pd, che deve trovare la buona sintesi ma far vivere le sue anime culturali. Tocca però a queste anime, tutte, non rinchiudersi in gabbie organizzative che siano recepite come correnti di potere. È successo ed è stato un elemento di debolezza del centrosinistra».

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Cina, Xi Jinping rieletto presidente: ecco perché l’imperatore del Dragone è il più potente dai tempi di Mao

venerdì, Marzo 10th, 2023

Lorenzo Lamperti

2952 voti a favore. E zero contrari. Xi Jinping ottiene uno storico terzo mandato da presidente della Repubblica popolare cinese con un voto unanime. Tra gli applausi scroscianti dei delegati dell’Assemblea nazionale del popolo riunita nella sua terza plenaria nell’ambito delle “due sessioni”, a Xi viene confermata anche la leadership della Commissione militare centrale. Dalla Grande Sala del Popolo, affacciata su piazza Tiananmen a Pechino, esce dunque un leader che per la prima volta dai tempi di Mao Zedong detiene per la terza volta consecutiva tutte le cariche apicali: segretario generale del Partito comunista (la carica principale, ottenuta durante il XX Congresso dello scorso ottobre), presidente della Repubblica e presidente della Commissione militare. Eletto anche il vicepresidente: a succedere a Wang Qishan sarà Han Zheng, un tempo considerato membro della cosiddetta “cricca di Shanghai”, la fazione guidata dall’ex segretario generale Jiang Zemin.

L’esito era scontato ed era stato anticipato già cinque anni fa con la rimozione del vincolo dei due mandati. Ma ancor di più dal modo in cui Xi era emerso dallo scorso Congresso, al termine del quale è riuscito a costruire un Comitato permanente (l’organo apicale del Partito costituito da 7 membri) interamente di suoi fedelissimi. Tendenza che prosegue anche durante le “due sessioni”. Il fidato zar anticorruzione Zhao Leji, ex capo della Commissione centrale per l’ispezione disciplinare, è stato nominato presidente dell’Assemblea nazionale del popolo. Domani a Li Qiang, già ex capo di gabinetto di Xi durante i tempi in cui era governatore della provincia dello Zhejiang, sarà promosso premier. Altri fedelissimi come He Lifeng sono destinati a ulteriori nomine, anche nell’ambito delle nuove agenzie governative che accentreranno ulteriormente il funzionamento dell’apparato statale. È stata approvata la riforma che crea nuove commissioni centrali per la gestione dei dati, le politiche finanziarie, le politiche scientifiche e tecnologiche.

Nel suo terzo mandato, Xi ottiene così una razionalizzazione dei processi gestionali e soprattutto un sistema che gli consente di prendere decisioni in maniera più rapida. In tal senso va letto anche l’emendamento sulla creazione di una “corsia preferenziale” per l’approvazione-lampo di leggi in “tempi di emergenza“.

Sul fronte interno, si cercherà di raggiungere la “stabilità” a partire dalla situazione economica, provando a tamponare i possibili problemi legati ad assistenza sanitaria e pensioni che stanno emergendo dalle difficoltà di cassa dei governi locali. La prima urgenza sarà quella del difficile raggiungimento dell’autosufficienza tecnologica, in risposta alle crescenti restrizioni in materia di semiconduttori approvate dagli Stati Uniti.

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Sanità, negli ospedali arriva il sorpasso del privato

venerdì, Marzo 10th, 2023

Paolo Russo

Dietro le liste di attesa che si allungano all’infinito ci sono senz’altro la carenza di medici e l’obsolescenza di macchinari come Tac e risonanze. Ma a costringere gli assistiti ad aprire il portafoglio per aggirarle o a rinunciare proprio alle cure c’è anche il fenomeno di Asl e ospedali pubblici che, in barba alle leggi, erogano più prestazioni in modalità «solvente» che in regime Ssn. Così le aziende sanitarie risanano i propri bilanci e il 42% dei medici che fa il doppio lavoro rimpinguano per bene lo stipendio, mentre le famiglie italiane sono arrivate a spendere oltre 1.700 euro l’anno per curarsi. Record europeo di spesa sanitaria privata.

A svelare l’altra faccia dello scandalo liste d’attesa sono due relazioni di oltre 150 pagine ciascuna sulla cosiddetta «intramoenia», l’attività privata che i medici esercitano appunto all’interno delle strutture pubbliche. Una dell’Agenas, l’Agenzia per i servizi sanitari regionali, l’altra inviata al Parlamento dal ministero della Salute. Questo mentre il titolare del dicastero, Orazio Schillaci, afferma che «la doppia anima pubblica e privata della nostra sanità può costituire una chiave di volta per superare le disuguaglianze a livello territoriale». Ricordando che il Milleproroghe «permette alle Regioni di utilizzare lo 0,3% del fondo sanitario per avvalersi delle prestazioni in convenzione con strutture private».

Ma di privato se ne fa già tanto anche nel pubblico. Infatti dopo il calo legato al Covid del 2020, la spesa degli assistiti per l’«intramoenia» nel 2021 è salita da 816 milioni a un miliardo e 86 milioni, riportandosi così vicina ai livelli pre-pandemici. Ma a scandalizzare è il fatto che in ben 16 regioni su 21 ci sono strutture sanitarie pubbliche che erogano più interventi in forma privata che non in regime mutualistico. Con casi al limite dell’assurdo che spuntano dalle tabelle relegate tra gli allegati della relazione al Parlamento. All’ospedale Salvatore Paternò in Sicilia gli interventi al cristallino eseguiti privatamente sono qualcosa come 140 volte più numerosi di quelli fatti dal pubblico. Al Cardarelli di Napoli e al Policlinico di Parma le ecografie eseguite privatamente per ostetricia sono due volte tanto quelle eseguite in regime Ssn. Al Rummo, in Campania, le visite pneumologiche private sono il 250% di quelle fatte nel pubblico. Di test cardiovascolari da sforzo all’ospedale Moscati in Calabria privatamente se ne fanno il triplo che nel pubblico. E la quota dei solventi supera il 300% all’Arnas Garibaldi in Sicilia. Le elettromiografie eseguite in forma privata all’ospedale romano San Giovanni sono il doppio di quelle in regime Ssn, mentre 165% è la percentuale di privato per lo stesso esame alla Asl di Biella in Piemonte. All’ospedale umbro di Umbertide è sicuramente più facile ottenere pagando un intervento a orecchio, naso, bocca e gola, visto che la quota di privato è circa il 220% di quella assicurata gratuitamente grazie alle tasse che versiamo per il servizio sanitario nazionale. In una azienda lombarda, non meglio specificata nella relazione, di interventi di ernia inguinale e femorale privatamente se ne fanno il 750% in più che nel pubblico, mentre in un ospedale campano le operazioni alla mammella da solventi sono il 300% delle altre.

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Amburgo, un ex testimone di Geova dietro la strage nel tempio: otto morti nella notte dell’orrore

venerdì, Marzo 10th, 2023

Uski Audino

Un bagno di sangue, è così che il tabloid Bild definisce la carneficina avvenuta ieri sera intorno alle ventuno e costata la vita a otto persone durante la funzione religiosa nel luogo di culto dei Testimoni di Geova ad Amburgo. Altissimo anche il numero dei feriti, almeno otto. Dietro la strage ci sarebbe un ex membro della comunità religiosa, tra i trenta e i quarant’anni – che ha aperto il fuoco nella Sala del Regno – il nome del luogo sacro della comunità religiosa – vicino al ponte Deelboege, nel quartiere di Grossborstel ad Amburgo.

Amburgo, strage in una chiesa di Testimoni di Geova: un uomo riprende con il cellulare la sparatoria

Al piano superiore del tempio, in tarda serata, è stata trovata una persona morta che gli inquirenti ritengono possa essere l’autore del massacro compiuto nell’edificio, «ma non è ancora certo al cento per cento che si tratti dell’aggressore», ha detto il portavoce della polizia nella notte. La polizia ha catalogato il massacro come un cosiddetto “Amoktat”, il termine con cui in tedesco si indica il gesto di un folle che spara nella mischia. Ma maggiori dettagli si avranno durante la conferenza stampa prevista per l’ora di pranzo.

Il movente della strage è comunque ancora sconosciuto ma l’allarme fino a tarda sera era ancora alto e la polizia invitava via Twitter la cittadinanza a rimanere in casa e non usare le linee telefoniche per via di un «pericolo estremo». Le forze dell’ordine sono arrivate sul posto mentre la sparatoria era ancora in corso.

Lo choc del sindaco
La carneficina è avvenuta in una zona di benestanti della città. Il sindaco di Amburgo, il socialdemocratico Peter Tschentscher, successore di Olaf Scholz alla guida della città, è stato informato mentre era in vacanza. Il cancelliere federale stamattina ha espresso il suo cordoglio su twitter: “Notizie terribili da Amburgo. Divere persone di una comunità di Geova sono rimaste vittime di un brutale atto di violenza ieri sera”.

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Le nostre città ferite a morte

venerdì, Marzo 10th, 2023

di Walter Veltroni

Se chiudono scuole, cinema, teatri, librerie, edicole, negozi di giocattoli o di artigianato cosa resterà della possibilità di incontrarsi e vivere insieme in quartieri desertificati o fatti solo di ristoranti e farmacie?

Le nostre città ferite a morte
Illustrazione di Doriano Solinas

«Puoi riprendere il volo quando vuoi — mi dissero — ma arriverai a un’altra Trude, uguale punto per punto, il mondo è ricoperto da un’unica Trude, che non comincia e non finisce, cambia solo il nome dell’aeroporto». Italo Calvino — quando uscì, nel 1972, «Le città invisibili» — aveva immaginato, temendola, l’omologazione del nostro vivere urbano, la progressiva assimilazione della esperienza umana nelle città, se non il loro stesso aspetto, a un modello unico.

La globalizzazione come corazza, come vernice che rende tutto uguale, che camuffa e piega le differenze che nascono dalla storia, che risiedono nella memoria, che ci rendono tutti diversi, meravigliosamente diversi, nello stesso tempo vissuto. Ma ora sta accadendo qualcosa di più terribile, di più temibile. Le città stanno scegliendo un colore solo. Ma è quello grigio delle saracinesche abbassate. Insegne luminose spente, vetri appannati, scatoloni accatastati.

Nel totale disinteresse di tutti, la Confcommercio ha segnalato che negli ultimi dieci anni hanno chiuso centomila negozi e sedicimila ambulanti hanno tirato su i banchi. Il fenomeno, dice il rapporto dell’Ufficio studi dell’associazione, riguarda in primo luogo i centri storici, specie del Centro Nord. Nel periodo esaminato è calato quasi del 20% il numero dei negozi per mille abitanti. In particolare, lo scrivo con dolore non credo solo personale, a tirare giù le serrande sono stati i locali che vendevano libri o giocattoli, meno 31%, e quelli di ferramenta e mobili. Crescono invece le farmacie, gli esercizi di telefonia e computer, i ristoranti. E nella statistica non vengono forse calcolate le edicole sradicate dall’asfalto, i cinema spenti, i teatri muti.

Che immagine ci restituiscono questi dati? La fotografia reale di un’Italia stanca e vecchia. Più farmacie e meno giocattoli, più cellulari e meno consumi culturali. Cosa serve ancora per capire che il nostro meraviglioso Paese rischia di essere consumato dai suoi vizi, primo tra tutti la rimozione di ogni visione d’insieme della sua evoluzione possibile?

So bene che una parte dei consumi dei beni che non si trovano più nei quartieri è assicurato altrove. Ma è un solo altrove, la casa. Si lavora da casa, ci si fa portare i libri, si vedono i film sul proprio televisore, si esce solo per mangiare o per comprare un caricatore per il cellulare. Tutto comodo, ma tutto in solitudine, in una nazione in cui esistono 8,5 nuclei familiari unipersonali. È il nuovo «Tutti a casa» che sta spogliando le città, riducendo le occasioni di socializzazione, di fruizione collettiva, di scambio.

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Sfida Meloni-Salvini per la linea dura sui migranti: ritirata la norma sul ruolo della Marina

venerdì, Marzo 10th, 2023

di Monica Guerzoni

La caotica conferenza stampa con le voci che si sovrappongono dopo il Consiglio dei ministri a Cutro

Sfida Meloni-Salvini per la linea dura sui migranti: ritirata la norma sul ruolo della Marina

Rivendicare la linea dura e, al tempo stesso, invitare a Palazzo Chigi i familiari delle 72 vittime del naufragio, in segno di solidarietà e vicinanza. Anche a Cutro, nella giornata del governo in trasferta sui luoghi della strage del 26 febbraio, Giorgia Meloni si è mossa alla ricerca di un difficile equilibrio.

Dal momento solenne della targa con la citazione del Papa, fino alla (tesa) conferenza stampa seguita al Consiglio dei ministri, la premier ha provato a tenere assieme le aspettative di una base elettorale storicamente poco incline ad accogliere i migranti e la forte emozione che la tragedia nel mar Jonio ha provocato nell’opinione pubblica. Una posizione che ha rinvigorito la sfida sottotraccia con Matteo Salvini per il primato su un tema, la questione migratoria, che sta diventando un pilastro dell’azione del governo.

Le foto della giornata raccontano una squadra compatta, ma le carte, le parole e la mimica dei protagonisti rivelano quanta tensione abbia accompagnato la stesura del decreto che inasprisce le pene per gli scafisti e le organizzazioni criminali. Il braccio di ferro sulle norme dei decreti sicurezza di Salvini, che la Lega voleva inserire e Fratelli d’Italia è riuscita a tenere fuori dal testo, è durato fino all’ultimo minuto.

Il pre-consiglio che doveva tenersi mercoledì pomeriggio è slittato a ieri mattina e in quella sede c’è stato un altro incidente che rivela le fibrillazioni interne. All’articolo 10 del decreto la Difesa ha tentato il blitz con una norma che, rafforzando i compiti della marina militare sulla sorveglianza marittima, avrebbe dato un ruolo importante ai comandanti delle navi da guerra. Salvini, temendo un ridimensionamento della guardia costiera, è insorto e anche altri ministri hanno protestato con il sottosegretario Alfredo Mantovano, che ha coordinato le trattative per la stesura del decreto. Finché Guido Crosetto ha chiesto di stralciare la norma e la premier, rispondendo ai giornalisti, gli ha dato atto che la proposta era stata avanzata «dal ministero della Difesa» e non dal fondatore di Fratelli d’Italia.


Il via libera all’unanimità ha offerto all’esterno l’immagine di un governo ricompattato, ma la tensione, complice la delicatissima partita delle nomine nelle aziende partecipate, non sembra essersi placata. Lo conferma il primo commento a distanza di Silvio Berlusconi, che ha messo nero su bianco quel che in diversi nella maggioranza pensano e cioè che il nuovo provvedimento, per quanto vada «nella giusta direzione», «non potrà forse essere risolutivo». Parole che stridono con l’enfasi di Meloni nel promettere, in diretta tv, che il suo esecutivo cercherà gli scafisti «in tutto il globo terracqueo».

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Chi ci guadagna con l’Irpef a tre aliquote? Fino a 1.500 euro di risparmi sopra i 50 mila di reddito

venerdì, Marzo 10th, 2023

di Massimiliano Jattoni Dall’Asén

A metà marzo parte la riforma del Fisco

Nella scorsa legislatura, Draghi aveva ridotto le aliquote Irpef da 5 a 4. Ora, Meloni vuole farle scendere a 3. Ma negli obiettivi del governo questo è un passaggio intermedio perché nel lungo orizzonte continua a stagliarsi la tassa piatta per tutti (con uno step intermedio in cui sarà incrementale per i dipendenti), duale e corretta – hanno spiegato più volte ai detrattori della Flat tax vari esponenti del governo – da una riforma delle detrazioni. Questa diventerebbe necessaria perché, come evidenziato da molti esperti, il rischio è che a uscire avvantaggiato da questa riforma fiscale sia soprattutto il ceto medio, a discapito dei redditi più bassi. Quell’obiettivo però è ancora lontano da raggiungere. Per ora, c’è la riduzione a tre aliquote, che approderà in Consiglio dei ministri con la legge delega già la prossima settimana, come ha confermato il vice ministro dell’Economia, Maurizio Leo. Ma cosa cambierà con i nuovi scaglioni? E quali saranno i primi effetti in busta paga appena la riforma sarà confermata? Due simulazioni su 4 diversi tipi di redditi (ci hanno dato una mano i Consulenti del lavoro) possono aiutarci a capire chi guadagnerà di più da questa ormai imminente riforma.

Lo stato attuale

Premessa. Allo stato attuale, i contribuenti italiani sono divisi in 4 fasce:
* fino a 15 mila euro di reddito (con prelievo Irpef del 23%);
* da 15 mila a 28 mila euro (con prelievo del 25%);
* da 28 mila a 50 mila (con prelievo del 35%);
* sopra i 50 mila euro (con prelievo del 43%).
Per ridurre a tre scaglioni queste quattro fasce sono state fatte più ipotesi. Dove a cambiare sono sempre le percentuali dei primi scaglioni. Tutto dipenderà da quante risorse riuscirà il governo a recuperare dalle tax expenditures, come ha spiegato il viceministro Leo. Intanto, proviamo a elencare le quattro ipotesi più probabili e i loro effetti sulla busta paga.

Ipotesi 3 scaglioni con aliquote al 23%-27%-43%

Tra le ipotesi più accreditate, c’è quella messa a punto dalla Ragioneria di Stato che prevede l’accorpamento del secondo e del terzo scaglione in un’unica fascia che comprenda i redditi tra i 15 mila e i 50 mila euro, da sottoporre a un prelievo del 27% (ma si era parlato anche del 28%). In questa ipotesi, la prima e ultima fascia risulterebbero intoccate. E’ evidente che a beneficiarne sarebbe la fascia attualmente compresa tra i 28 mila e i 50 mila euro perché passerebbe dal prelievo di oggi al 35% a uno del 27% o del 28%, con un risparmio di ben 7-8 punti percentuali. Come si vede in questa tabella, con un’aliquota Irpef al 27% per la nuova fascia da 15 mila a 50 mila euro a essere penalizzati sarebbero i redditi fino a 28 mila euro:
*Reddito di 20 mila euro: oggi versa 4.700 euro di Irpef, ne andrebbe a versare 4.800 e avrebbe un aggravio fiscale di circa 100 euro (+2,13%);
*Reddito di 35 mila euro: oggi versa 9.150 euro, ne andrebbe a pagare 8.850 euro e avrebbe uno sgravio di 300 euro (-3,28%);
*Reddito di 50 mila euro: oggi versa 14.400 euro, ne andrebbe a versare 12.900 e avrebbe uno sgravio fiscale di circa 1.500 euro (-10,42%);
*Per un reddito di 60 mila euro: oggi versa 18.700 euro, ne andrebbe a versare 17.200 euro di Irpef e avrebbe uno sgravio fiscale di circa 1.500 euro (-8.02%).

Ipotesi 3 scaglioni con aliquote al 23%-33%-43%

Un’altra simulazione fatta da tecnici di via XX Settembre prevede sempre tre soglie reddituali e tre aliquote ma ridisegna sia il primo che il secondo scaglione (vedi tabella). Il primo scaglione di reddito salirebbe a 28 mila euro, ferma restando l’aliquota del 23%, mentre il secondo si applicherebbe sempre fino a 50 mila euro come nella prima ipotesi ma l’aliquota sarebbe del 33%. Nessuna variazione, infine, per il terzo scaglione che rimarrebbe al 43% per i redditi oltre 50 mila euro. Gli effetti dei prelievi in busta paga sarebbero questi:
*Reddito di 20 mila euro: oggi versa 4.700 euro di Irpef, ne andrebbe a versare 4.600 e avrebbe uno sgravio fiscale di circa 100 euro (-2,13%);
*Reddito di 35 mila euro: oggi versa 9.150 euro, ne andrebbe a versare 8.750 e avrebbe uno sgravio fiscale di circa 400 euro (-4,05%);
*Reddito di 50 mila euro: oggi versa 14.400 euro, ne andrebbe a versare 13.700 e avrebbe uno sgravio fiscale di circa 700 euro (-4,86%);
*Reddito di 60 mila euro: oggi versa 18.700 euro, ne andrebbe a versare 18.000 e avrebbe uno sgravio fiscale di circa 700 euro (-3,74%).

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