Archive for Marzo 20th, 2023

Elly Schlein? Conte ordina e Travaglio esegue: retroscena-M5s

lunedì, Marzo 20th, 2023

Aria di crisi all’interno del Movimento 5 Stelle: a quanto pare sarebbero ritornati i contiani anti-Pd. Come si legge in un retroscena del Giornale, il leader pentastellato starebbe soffrendo la concorrenza di Elly Schlein, la nuova segretaria dem. E proprio per questo motivo, in men che non si dica, si sarebbe attivato il “soccorso” del Fatto Quotidiano di Marco Travaglio. Quest’ultimo avrebbe dato il via a questo soccorso col suo intervento a Otto e mezzo, da Lilli Gruber, il 15 marzo scorso, giorno del primo faccia a faccia parlamentare tra Meloni e Schlein. 
“Non sono sicurissimo che la scelta del tema per il debutto, ovvero il salario minimo, sia stata azzeccata. In realtà ha prestato il fianco alla risposta di Meloni”, ha commentato Travaglio in collegamento con la Gruber. E in effetti, prima dell’elezione di Schlein, il salario minimo era il cavallo di battaglia del M5s. Il Giornale ha fatto notare come “dopo le iniziali lodi alla leader dem”, il Fatto – vicino ai grillini – abbia “cambiato atteggiamento“.
Adesso, comunque, l’ultima spiaggia del M5s pare essere la guerra in Ucraina. Alessandro Orsini, che qualche volta scrive sul Fatto, giovedì scorso ha attaccato Schlein dal suo canale YouTube, accusandola di ipocrisia sul conflitto tra Kiev e Mosca: “Schlein ha votato per l’invio di armi in Ucraina per un anno intero”. E ancora: “Schlein ha qualche problema con la parola pace”.

LIBERO.IT

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Manifestazione Lgbt, la battaglia di Schlein imbarazza i cattolici dem

lunedì, Marzo 20th, 2023

C’è un tema che, intorno alla piazza arcobaleno e alla battaglia parlamentare annunciata da Elly Schlein sulle adozioni per le coppie Lgbt+, sta avviando un cortocircuito nel centrosinistra. Ed è la maternità surrogata, l’utero in affitto per intenderci. Nel nostro Paese è vietato, e però qualsiasi automatismo in termini di adozione per coppie omosessuali rischierebbe di legittimare, per assorbimento nella normativa nazionale, una pratica possibile in alcuni Paesi e a cui molte coppie Lgbt+ fanno ricorso.

La linea più volte ascoltata nel Pd in questi giorni è volta a sorvolare sul problema: «Non c’entra nulla con la piazza» di Milano, è stato detto più volte. In realtà non è così, l’argomento della gestazione per altri è strettamente legato a quello delle adozioni. Per quanto si tenti di nasconderlo, ciò è emerso nel dibattito interno al Pd e, in parte più ampia, nel centrosinistra.

A mettere le cose in chiaro è Silvia Costa, già parlamentare europea dem. In un post ha richiamato la segretaria a prendere una posizione chiara: «Come membro della direzione nazionale» del partito «rivolgo a Elly Schlein la richiesta di distinguere la battaglia per equiparare i diritti dei bambini delle coppie omosessuali dall’impegno che dobbiamo come Pd continuare ad onorare perché la maternità surrogata resti in Italia una pratica vietata e un reato e perché lo sia anche in ambito europeo ed internazionale. Per questo è urgente e necessario aprire nel Pd uno spazio in cui mettere a confronto le diverse sensibilità e culture politiche su questo tema di grande rilevanza e implicazioni etiche e antropologiche, per poter giungere a una sintesi alta e attenta ai valori e diritti in gioco».

È chiaro che queste parole possono riassumere la sensibilità di quell’area cattolica dei dem, per quanto oramai del tutto residuale rispetto alla linea della segretaria. Anche il senatore Franco Mirabelli, vicepresidente del gruppo Pd, cerca di cancellare ogni riferimento alla maternità surrogata. E non potrebbe essere altrimenti, dato che fa riferimento ad AreaDem, la corrente del partito di Dario Franceschini: «Il tema non è, come la propaganda meloniana vuole far credere, la gestazione per altri che è proibita in Italia e in Europa, ma, ancora una volta, colpire i diritti delle persone omosessuali a costo di privare i minori di tutele fondamentali».

Argomentazioni diverse da quelle della deputata Laura Boldrini. In un’intervista a Repubblica si esprime così: «La maternità surrogata è un tema complesso, bisogna parlarne senza pregiudizi». Dopo aver ricordato che in Italia è vietata, Boldrini dice: «Il punto di fondo è il diritto di scelta della donna». E poi specifica: «In quei Paesi in cui la maternità surrogata è normata e una donna può scegliere, liberamente, senza che vi sia commercializzazione, di prestare il proprio utero per far nascere un bambino di una coppia che non può averne ritengo che si tratti di una scelta individuale da rispettare. Sia che la coppia sia etero o omosessuale. Diversa è la situazioMila persone Erano in piazza sabato a Milano secondo gli organizzatori per manifestare in sostegno delle famiglie arcobaleno ne dove le donne sono spinte unicamente dal bisogno».

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Ascolti tv, gli Amici di Maria De Filippi travolgono le “maschere” di Milly Carlucci

lunedì, Marzo 20th, 2023

Maria De Filippi batte Milly Carlucci nella sfida del sabato sera. Nella serata di ieri, sabato 18 marzo, su Canale5 la prima puntata del serale di ’Amici’, ha totalizzato 4.007.000 spettatori con uno share del 27.9%. Su Rai1 ’Il Cantante Mascherato’, conquista 2.281.000 spettatori pari al 17.9% di share. Su Rai3 ’Sapiens – Un solo pianeta’ raggiunge 878.000 spettatori con il 5,5% di share. Su Italia1 ’Animali fantastici e dove trovarli’ è stato seguito da 727.000 spettatori (4.5%). Su Rai2 ’F.B.I.’ ha interessato 828.000 spettatori (4.6%) e F.B.I. International 696.000 spettatori (4.1%). Su Rete4 ’Potere assoluto’ totalizza 561.000 spettatori (3.5%). 

 Esordio vincente, dunque, per la versione serale del talent di Maria De Filippi ’che si conferma leader assoluto della serata. Le Reti Mediaset si sono aggiudicate prima, seconda serata e 24 ore con, rispettivamente, 7.479.000 spettatori totali (47.83% share sul pubblico attivo), 4.813.000 spettatori totali (54.03% share sul pubblico attivo) e 3.484.000 spettatori totali (44.84% share sul pubblico attivo). Canale 5 è leader in prima, seconda serata e 24 ore con, rispettivamente, 4.001.000 spettatori totali (32.36% share sul pubblico attivo), 2.844.000 spettatori totali (19.8% share sul pubblico attivo) e 1.837.000 spettatori totali (23.29% share sul pubblico attivo).

In casa Rai, oltre due milioni di telespettatori hanno salutato la puntata di esordio della quarta stagione de ’Il Cantante Mascherato’. Da segnalare, in seconda serata su Rai 1, i buoni ascolti di ’Ciao maschio’, il talk di Nunzia De Girolamo, che ha ottenuto il 16.6% con 665mila spettatori. Sempre vincente nel preserale ’L’Eredità Weekend’ che ieri ha segnato il 24.9% di share con 3 milioni 896 mila spettatori, mentre nell’access prime time si conferma leader Amadeus con ’I soliti ignoti il ritorno’, con 4 milioni 307 mila spettatori e il 23.5% di share. 

IL TEMPO

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Quando torna l’ora legale? Ecco la data del cambio ora

lunedì, Marzo 20th, 2023

Alessandro Ferro

Dormiremo un’ora in meno ma ne guadagneremo in luce solare e si avrà la sensazione che la stagione estiva, del mare e delle vacanze è pian piano più vicina: i disagi per il “fuso” orario dell’ora legale possono essere riassunti così e magari il colpo sarà assorbito meglio. Come abbiamo visto sul Giornale.it, infatti, nei mesi compresi da fine marzo a fine ottobre i benefici per l’Italia non saranno indifferenti dal momento che l’ora in più di luce nel pomeriggio consentirà di risparmiare un bel po’ di energia elettrica stimata da Sima (Società Italiana di Medicina Ambientale) in più di 380 milioni di euro come scrive IlSole24Ore. Non solo, ma faremo un favore anche all’ambiente visto che si risparmierebbero migliaia di tonnellate di CO2 (circa 200mila) grazie al risparmio energetico.Torna l’ora legale: ecco quanto risparmiamo (e perdiamo)

Che cos’è l’ora legale

Tecnicamente, l’ora legale è una convenzione utilizzata da molti Paesi per sfruttare al meglio le giornate che si allungano: spostare le lancette in avanti consente benefici in termine di luce non artificiale che vanno al di là del risparmio in bolletta ma si traduce in un benessere collettivo con maggiore voglia di stare all’aria aperta, ad esempio. Molti Stati la preferiscono all’ora solare tant’é che nel recente passato si è parlato, più volte, di tenere tutto l’anno l’ora legale ma non si è ancora arrivati a un accordo definitivo in un senso o nell’altro. Il 1966 rappresenta per il nostro Paese la prima volta che questa tipologia di orario fu stabilita per legge (ecco perché si chiama legale) ma inizialmente durava meno, soltanto 4 mesi da fine maggio a fine settembre per essere poi estesa a sei mesi soltanto dal 1980 con l’ulteriore e definitivo prolungamento (7 mesi) nel 1996.

Quando bisognerà spostare le lancette

Nella notte tra sabato 25 marzo e domenica 26, alle ore 2, bisognerà spostare le lancette di un’ora in avanti: saranno quindi le 3 di notte. Come spesso viene consigliato, non è necessario svegliarsi apposta nel cuore della notte per sistemare i propri orologi, l’operazione si può effettuare o prima di andare a dormire o quando ci si risveglia. Ormai, poi, smartphone, pc e numerosi altri strumenti tecnologici regolano automaticamente il cambio dell’ora senza il bisogno che questo avvenga manualmente.Ora legale, i consigli per evitare l’esaurimento psicofisico

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La follia degli amici di Cospito ci è già costata oltre 3 milioni

lunedì, Marzo 20th, 2023

Stefano Zurlo

Centinaia di migliaia di euro in frantumi. Sono i vetri della sede centrale della Reale Mutua Assicurazioni a Torino. Il 4 marzo la furia anarchica colpisce l’headquarter della compagnia e tanti altri target nella città. Il Comune stima un conto di almeno centomila euro per la sua parte, anche se le ricognizioni non sono ancora finite: ci sono i pali divelti e le scritte sui muri. Per lavarle via è già stata preventivata una spesa che sfiora i 30mila euro.

E poi ci sono le devastazioni contro i negozi e più in generale i privati, e ancora le auto sfasciate o danneggiate, con particolare predilezione, scrivono i torinesi inferociti su chat che sono scariche di nervosismo, per le auto più lussuose o appariscenti. Salve le Panda, la rabbia si scatena sulle grandi cilindrate, incautamente lasciate in strada in un pomeriggio di follia.

Torino come Milano e Milano come Roma. La rete eversiva anarchica si sposta da una città all’altra e lascia rovine e incendi. Un copione che si ripete ormai da mesi, come una routine della guerriglia che lascia sgomenti ma pure un catalogo dei vandalismi ormai chilometrico: stime ufficiali non ce ne sono, le denunce si accumulano sui tavoli delle questure, i Comuni, cominciando da Torino, si portano avanti annunciando che si costituiranno parte civile quando ci saranno i processi. Ma intanto qualche esperto ipotizza, a spanne, un primo bilancio che oscilla fra i 3 e i 5 milioni di euro. Cifre imponenti che si raggiungono purtroppo facilmente, se si mettono in fila alcuni degli episodi accaduti nelle scorse settimane.

A Roma solo negli ultimi giorni vengono incenerite 16 auto di proprietà delle Poste e lo stesso destino si abbatte su 22 scuolabus, custoditi dietro un alto muro di cinta in un parcheggio lungo la via Ostiense. Le difese non fermano l’assalto compiuto sabato sera da professionisti dell’eversione capaci di superare ogni ostacolo: 18 mezzi sono distrutti. Solo in questo caso il conto sfiora il milione di euro.

Ieri arriva la rivendicazione per l’altro raid: «Salutiamo – si legge sui canali social – il centocinquantesimo giorno di sciopero della fame del nostro fratello e compagno Alfredo Cospito, regalandoci la gioia di attaccare con il fuoco le infrastrutture dello Stato italiano, nello specifico abbiamo incendiato 16 macchine di proprietà delle Poste italiane».

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Nomine, il primo banco di prova è Mps. Domani nuovo vertice a Palazzo Chigi

lunedì, Marzo 20th, 2023

Ilario Lombardo

ROMA. Si parte con Monte dei Paschi di Siena. Il tavolo informale sulle nomine dovrebbe riunirsi di nuovo domani a Palazzo Chigi. Si ritroveranno il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Giovambattista Fazzolari, i due vicepremier, Matteo Salvini e Antonio Tajani, e Gianni Letta, braccio destro di Silvio Berlusconi. Giorgia Meloni non ha ancora deciso se parteciperà oppure lascerà fare al fidato Fazzolari. La riunione sul giro di poltrone delle partecipate servirà soprattutto a formalizzare le regole. Cioè le quote che spettano ai tre partiti di maggioranza – quanto andrà a chi – e con quali criteri la politica accoglierà o meno le indicazioni dei cacciatori di teste ingaggiati dal ministero dell’Economia. Anche perché tra fine marzo e gli inizi di aprile bisognerà licenziare la prima tranche di nomi.

Meloni ha fatto due richieste: confermare i manager – se non tutti, quasi – che hanno fatto bene e avere almeno un amministratore delegato donna in una delle grandi aziende di Stato. Difficile che non venga accontentata. E, secondo fonti di governo, tutto lascia pensare che possa essere a Terna. Basta andare per esclusione: sembra ormai certo che l’attuale ad Stefano Donnarumma sarà destinato a Enel, mentre per Leonardo e Poste i candidati su cui i partiti continuano a insistere sono uomini.

Meloni sa che al grande buffet delle nomine la Lega arriva più affamata del solito. E qualcosa, di quanto chiesto, Salvini intende ottenerlo. La Stampa ieri ha raccontato di Rfi, la società del Gruppo Fs che gestisce la rete ferroviaria italiana, e su cui saranno riversati 25 miliardi di euro del Pnrr. Ma il leader della Lega vuole piazzare uomini di fiducia anche fuori dalle aziende di competenza dirette del ministero dei Trasporti. Entro il 26 marzo il Mef dovrà ufficializzare la lista dei candidati per il Cda di Mps. Per l’ad sembra ormai certa una soluzione interna e al Tesoro danno come probabile la riconferma di Luigi Lovaglio, alla guida del Monte dal febbraio 2022.

D’altronde, osservano dal ministero, in tredici mesi è stato in grado di chiudere un aumento di capitale da oltre 2 miliardi e portare più di quattromila dipendenti all’uscita volontaria. Avrebbe dato anche ampie garanzie al centrodestra, di puntare a realizzare l’operazione battezzata da Salvini un anno fa: consolidare Mps come il terzo polo bancario italiano, magari portando l’istituto alla fusione con Bpm o Bper. Quel che è certo è che la Lega non vede l’ora di mettere le mani sulla banca che per decenni è stata il centro di potere locale e nazionale del Pd. Salvini la considera «una svolta epocale», e, per essere sicuro che non rimanga alcuna impronta della sinistra, ha chiesto che a occupare la poltrona di presidente vada Nicola Maione, avvocato, già presidente di Enav, e consigliere di Mps.

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Quella partita doppia tra Schlein e Conte

lunedì, Marzo 20th, 2023

Alessandro De Angelis

Da quando c’è Elly Schlein, Giuseppe Conte appare spiazzato perché dall’essere un problema per gli altri, si è ritrovato a gestire un bel problema in casa. C’è poco da fare: anche il suo eloquio un po’ barocco cozza con la disinvoltura con cui la neo-segretaria del Pd si muove nelle piazze, da quella antifascista di Firenze a quella arcobaleno di Milano. Piazze che hanno rivitalizzato sentimenti già esistenti. Mica è una novità che il Pd canta Bella ciao ed è schierato sui diritti, ma è chiaro che una giovane donna di sinistra-sinistra riesce a incarnare meglio questo sentiment, a parità di linea, rispetto a un democristiano come Enrico Letta. Ancor di più con un governo orgogliosamente polacco in carica. Dettaglio interessante: in entrambe queste occasioni, Elly Schlein non ha avuto neanche bisogno di parlare, lasciando che fosse l’argomento a imporsi, perché per biografia non serviva neppure.

Però il cammino è lungo e, quando c’è bisogno di parole e opere, più complicato. Non è solo questione di “fuori”, dove la neo-leader del Pd sembra essere più a suo agio, e “dentro” il suo partito, dove, dopo una settimana dall’insediamento, non ha ancora nominato capigruppo e gruppi dirigenti (a proposito di “cacicchi”, correnti e del loro potere di condizionamento). Ma è ancora un’incognita la costruzione di un popolo “fuori”, oltre le issues delle élite urbane. E l’avvocato del popolo che in questo derby a sinistra ha incassato un paio di goal (neppure l’immigrazione è il suo forte dai tempi dei decreti sicurezza) si prepara al contropiede sulla guerra (tema assai popolare). Sa bene che per Elly Schlein è complicato dire sì alle armi, e infatti domani in Parlamento la parola resterà innominata nella mozione del Pd, ma è altrettanto complicato dire di no, spostando senza traumi interni la collocazione internazionale del suo partito. E, in ogni caso, questo slittamento di cui si vedono i prodromi ha bisogno di tempo. Il che consentirà ancora al leader M5s di essere l’alfiere, agli occhi di un pezzo di opinione pubblica, di un pacifismo senza se e senza ma. E al Pd di apparire come il partito che quella posizione vorrebbe assumerla ma per ora non può.

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Putin sfida l’Aja nel buio di Mariupol, visita a sorpresa nella città rasa al suolo

lunedì, Marzo 20th, 2023

Anna Zafesova

Guidare nella notte per le strade di Mariupol occupata, entrare nelle case appena ricostruite in mezzo alle macerie, stringere le mani dei suoi abitanti e ascoltarli ringraziarlo per «questo piccolo pezzettino di paradiso»: Vladimir Putin ha reagito all’incriminazione da parte del Tribunale internazionale dell’Aja presentandosi in persona nella città ucraina di cui ha ordinato la conquista e la distruzione. Un’apparizione molto attesa dai sostenitori della guerra, ansiosi di vedere il leader russo sulla linea del fronte al pari del suo avversario Volodymyr Zelensky, per riaffermare quello che la propaganda ripete tutti i giorni e che la portavoce del ministero degli Esteri Maria Zakharova ha ripetuto anche ieri essere la condizione irrinunciabile di Mosca per un negoziato: «Il riconoscimento delle nuove realtà territoriali», cioè dell’annessione russa dei territori ucraini. Alla vigilia dell’arrivo a Mosca di Xi Jinping, in una visita che il Cremlino aspetta con ansia, il presidente russo ha deciso così di mandare un segnale: qualunque possa essere il “piano di pace” concordato con Pechino, non ha intenzione di discutere di Donbass e Crimea.

Una visita che però non ha avuto una scenografia solenne, e il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov forse ha ragione a descriverla come «improvvisata». Putin non si è presentato come il padrone delle sue nuove terre: le poche riprese del suo giro per Mariupol trasmesse dalla televisione di Stato russa sono avvenute al buio, a tarda sera o nella notte. Una visita quasi furtiva, forse per motivi di sicurezza, o semplicemente per non mostrare le condizioni reali di una città-martire, rasa al suolo da quasi tre mesi di bombardamenti, dove il 90% degli edifici sono stati distrutti o pesantemente danneggiati. Putin – che il giorno prima era apparso in Crimea, nell’anniversario della sua annessione nel 2014 – si è messo al volante di una Toyota insieme al vicepremier Marat Husnullin, che l’ha portato nel quartiere Nevsky, appena eretto in mezzo alle macerie. Nel buio di un cortile altrimenti deserto il presidente si è imbattuto in un paio di famiglie che gli hanno espresso la loro gratitudine e l’hanno invitato a visitare il loro trilocale, ordinato in una maniera innaturale. Poi, si è fatto spiegare da Husnullin, direttamente in strada, che Mariupol non era stata distrutta dai russi che l’assediavano, ma sarebbe stata devastata dai «nazisti ucraini» che si ritiravano «minando anche le apparecchiature mediche». Infine, il presidente russo ha visitato la nuova sala della filarmonica – quella dove i suoi falchi stavano allestendo la gabbia per il processo ai combattenti del battaglione Azov, che il Cremlino ha invece restituito a Kyiv in cambio dei prigionieri russi – sedendosi con aria annoiata in una poltrona della platea e commentando distrattamente «comodo e bello».

Un’apparizione talmente insolita da aver sollevato qualche dubbio sull’autenticità della scenografia, e aver risvegliato i soliti dubbi sul fatto che Putin fosse stato impersonato da un sosia. Poche ore prima, il presidente era stato in Crimea, in compagnia del suo confessore Tikhon Shevkunov, subito dopo è apparso – di nuovo nella notte, ma già vestito con giacca e cravatta invece del maglione con piumino sfoggiati a Mariupol – a Rostov-sul-Don, in territorio russo, salendo le scale del «centro di comando militare» insieme al capo dello Stato Maggiore Valery Gerasimov. Nella stanza del centro lo aspettava anche l’ex comandante delle truppe in Ucraina Sergey Surovikin, ma è con Gerasimov che (stando a Peskov) Putin si è «appartato a lungo» dopo la riunione, a sottolineare che resta il suo interlocutore principale tra i militari, nonostante i ripetuti attacchi del capo del gruppo Wagner Evgeny Prigozhin.

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Il Leviatano della finanza e le colpe della politica

lunedì, Marzo 20th, 2023

MASSIMO GIANNINI

Saltano le banche. Un’altra volta, come nel 1929, come nel 2008, come nel 2015. E allora? Che sarà mai? Di che ci meravigliamo? Mi torna in mente il magnifico “Qualcosa sui Lehman” di Stefano Massini, quando il cinico Philip rimbrotta suo cugino Herbert, graffiato per un attimo dalla lama arrugginita del rimorso: «Cos’è il mondo, se non mercato? Gli esseri umani non possono vivere senza denaro… Non esiste un solo aspetto dove non regni il vendere-comprare. Dunque non capisco: cos’è che non ti piace?». E infatti. Cos’è che non ci piace nel gioioso crac della Silicon Valley Bank, tempio votivo della modernità e propaggine finanziaria del meraviglioso mondo delle start up californiane, così meta-versiche, iper-tecnologiche, super-dinamiche?

Cos’è che non ci piace nel gaudioso dissesto del Credit Suisse, carro allegorico del “capitalismo reale” e simbolo schumpeteriano della distruzione creatrice permanente e ricostituente? Una ha polverizzato 42 miliardi di dollari di depositi in un solo giorno, l’altra ha perso il 25% del suo valore in pochi minuti. In due sedute, a distanza di tre giorni tra il primo e il secondo default, le Borse europee hanno visto svanire più di 600 miliardi di capitalizzazione. E allora? Che problema c’è? Nessuno. Così assicurano gli economisti e gli statisti, i padrimaristi e i palastilisti. Non si vedono all’orizzonte né minacce alla stabilità del circuito internazionale né effetti domino da una parte all’altra dell’Atlantico (dati i coefficienti patrimoniali più severi del pianeta imposti alle banche europee). Svb crolla per un deficit di liquidità: cattivo rapporto tra attivi e passivi della banca innescato dall’aumento dei tassi di interessi.  

Eccesso di investimenti pregressi in titoli di lunga durata a rendimenti bassi e fissi, deprezzati in tempi di stretta monetaria, conseguente fuga della clientela verso impieghi più remunerativi, improvviso e irrimediabile svuotamento delle casse. Credit Suisse collassa per un deficit di affidabilità: squassata dal Big Crash del 2007-2008, zavorrata da scandali e conti in rosso, multata per corruzione e tangenti, condannata per riciclaggio, infine mollata dal primo azionista Saudi National Bank che si rifiuta di aumentare la sua partecipazione, accendendo la miccia sui mercati. La vulgata dice che non si tratta di “cigni neri” sistemici ma di “bachi” singoli e scollegati, e che le soluzioni sono già pronte. In America paga lo Stato: come annuncia lo Zio Jo e, nessun risparmiatore subirà perdite e le autorità monetarie interverranno whatever it needs (variante bideniana del whaterver it takes draghiano). In Svizzera paga la Banca centrale, con un prestito emergenziale di 50 miliardi di franchi, con la speranza che basti e con l’auspicio che ora, all’inevitabile spezzatino del gigante malato zurighese, partecipino “gnomi” più seri e più solidi.

Sarebbe magnifico poter credere a questa storiella, assolutoria e rassicurante. Magari il cordone sanitario, stavolta, funzionerà davvero ed eviterà il contagio. Ma la diffidenza psicologica dei cittadini è comprensibile e l’acribia dogmatica dei decisori è discutibile. Troppe incognite, in un mercato globale già terremotato dalla guerra in Ucraina, dalla crisi energetica, dalla spirale inflazione-recessione. Il nuovo virus bancario incuba durante ma in parte anche a causa della stretta monetaria decisa un anno fa da Fed e Bce. Fronte Federal Reserve: tra martedì e mercoledì capiremo se il governatore Powell rivedrà la strategia del rigore, visto l’impatto negativo del rialzo dei tassi sui bilanci delle banche e il calo dell’indice dei prezzi a febbraio. Nel frattempo, come scrive Adam Tooze, proprio Svb ha perso un miliardo di dollari ogni volta che i tassi sono aumentati dello 0,25% (e negli ultimi dodici mesi la Banca centrale Usa li ha portati da 0 al 4,5%). Fronte Banca centrale europea: giovedì scorso la presidente Lagarde ha riconfermato la Linea Maginot, si va avanti con i rialzi previsti, per non far perdere credibilità all’istituzione e non allarmare la business community su possibili fallimenti creditizi nascosti nell’Eurosistema. Ma intanto, come sostengono il governatore di Bankitalia Visco e il presidente dell’Abi Patuelli, il caro-tassi indebolisce la tenuta patrimoniale delle banche perché ne fa lievitare le minusvalenze in portafoglio, e per questo serve “una riflessione ulteriore” prima di stringere ancora i bulloni del credito (visto che in parallelo sono crollati i prezzi del gas e in dodici mesi la Bce ha comunque innalzato il suo tasso di riferimento al 3,5%).

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Bandi e opere, corsa contro il tempo: il Sud frena il Recovery

lunedì, Marzo 20th, 2023

Luca Monticelli

Il Piano nazionale di ripresa e resilienza è ormai una corsa contro il tempo. I ritardi sui bandi e le opere si accumulano soprattutto nel Mezzogiorno e la via d’uscita individuata dal governo resta quella di spostare alcuni progetti sui fondi Coesione, per avere tre anni di tempo in più per spendere le risorse. Ma le regioni del Meridione temono che i loro programmi vengano scippati a vantaggio di quelli nazionali. Il governatore della Campania Vincenzo De Luca da giorni accusa il ministro Raffaele Fitto di «voler prendere tutti i soldi del Sud e spalmarli sul piano nazionale, con la scusa che noi non riusciamo a spenderli, e pagare così i costi energetici del Nord». Il Mezzogiorno non deve fare i conti solo con la storica incapacità di investire le risorse, ma anche con la carenza di competenze nelle proprie amministrazioni. Secondo uno studio della Svimez, il 62% dei Comuni del Sud ha giudicato complessa la partecipazione ai bandi del Pnrr, e le opere che procedono a rilento sono quelle fino a un milione di euro. Il ragioniere generale dello Stato, Biagio Mazzotta, ha comunicato l’altro giorno che «sono 164 mila i progetti presentati per il Pnrr, di cui 62 mila al Sud, ma solo un terzo ha ricevuto la necessaria validazione».

La gran parte degli interventi che potrebbero essere spostati dal Pnrr ai fondi Coesione e sviluppo riguarda la transizione “green” e digitale, le misure a favore del lavoro dei giovani e delle donne, il sostegno alle aree di Taranto (per l’ex Ilva) e del Sulcis (dove produceva l’Alcoa) e gli interventi di rigenerazione urbana nelle sei città metropolitane del Mezzogiorno: Bari, Palermo, Catania, Messina, Reggio Calabria e Cagliari. Il lavoro che sta portando avanti il ministro per gli Affari europei Raffaele Fitto ha anche un altro elemento su cui punta molto l’esecutivo di Giorgia Meloni: trasferire i progetti dal Pnrr alla Coesione, infatti, potrebbe liberare miliardi nel piano stesso, consentendo così al centrodestra di mettere mano concretamente a un pacchetto di interventi ereditati da Mario Draghi senza aver avuto, fin qui, margini di manovra.

Entri il 31 di questo mese l’Europa si accinge a dire sì alla terza rata del Pnrr da girare all’Italia, dell’importo di 19 miliardi; e la Commissione europea si appresta anche a dare luce verde al piano dell’Italia che ha chiesto di trasferire le opere del Pnrr che non potranno essere completate entro il 2026 – data limite in cui vanno spesi i soldi – sotto l’ombrello della Coesione, le cui risorse possono essere erogate entro il 2029. I fondi della Coesione, infatti, sono quelli del bilancio europeo del 2021-2027, soldi che possono essere spesi fino a due anni dopo la chiusura della programmazione pluriennale economica di Bruxelles. Per giustificare questo allungamento servono però delle «circostanze oggettive» che rendono impossibile la realizzazione dei progetti entro il 2027, come ad esempio la carenza di materie prime.

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