Archive for Aprile 17th, 2023

L’economia “alla cubana” di Landini

lunedì, Aprile 17th, 2023

Gian Maria De Francesco

Ci sono due notizie cattive e una buona nell’intervista concessa ieri al Corriere dal segretario della Cgil, Maurizio Landini (in foto). Partiamo da quest’ultima, il leader del sindacato di Corso Italia sembra aver abbandonato l’idea della patrimoniale come strumento prioritario per redistribuire i redditi in Italia. La prima notizia cattiva è che è solo cambiato il soggetto d’imposta: dalla tassa sulle rendite finanziarie e immobiliari delle persone fisiche si passa a «un contributo straordinario di solidarietà sui profitti». L’idea è la medesima: se le imprese si avvantaggiano prima della discesa dei prezzi delle materie prime, dovranno simultaneamente «restituire» questo vantaggio al consumatore. L’effetto perverso è lo stesso. La patrimoniale impoverisce gli individui e ne deprime i consumi, quindi meno fatturato per le aziende, meno utili, meno investimenti e meno occupazione. Il contributo sugli extraprofitti (ammesso per assurdo che in un’economia di mercato si possa stabilire se un profitto è «extra») determina gli stessi risultati: meno utili all’inizio meno occupazione e meno reddito alla fine. Non è un caso – e questa è la seconda notizia cattiva – che Landini proponga «un maggiore controllo su prezzi e tariffe». D’altronde, lo dice la matematica: i trasferimenti di reddito provocano sempre un aumento, seppur minimo, dell’inflazione. Secondo quest’impostazione di matrice castrista, i prezzi devono necessariamente essere controllati.

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La Schlein già si mobilita per il 25 Aprile e suona la grancassa dell’antifascismo

lunedì, Aprile 17th, 2023

Massimo Malpica

Manca ancora poco più di una settimana, ma le polemiche per le celebrazioni del 25 aprile già incombono sull’esecutivo. Ad aprire il fuoco di fila, dopo l’annuncio della sindaca di Marzabotto di non invitare i presidenti di Senato e Camera né la premier, anche l’Anpi e la segretaria Dem Elly Schlein. Quest’ultima, in tour in toscana per la campagna elettorale, ha approfittato del calendario e della location per polemizzare con l’esecutivo. «Alla vigilia del 25 aprile lo dico a questo governo, non permetteremo a nessuno di riscrivere la storia antifascista di questo Paese», spiega Schlein, che poi insiste: «Lo faccio con un pensiero commosso ai nostri nonni che in questa terra, con le nostre nonne, hanno fatto una vera resistenza al fascismo, alla privazione della libertà, alla privazione di futuro che quel passato purtroppo ha causato, e che qualcuno oggi cerca di rispolverare facendo negazionismo di quanto accaduto». E poche ore dopo, a Pisa, è tornata a calcare sugli stessi temi: «Continueremo a mobilitarci anche dichiarandoci apertamente e convintamente antifascisti. Bisogna dirlo di questi tempi perché purtroppo c’è chi ha giurato sulla Costituzione che è antifascista e non lo dice». Anche l’associazione partigiani si era portata avanti sulla scadenza, con l’Anpi milanese che già lo scorso primo aprile aveva annunciato che per il 78° anniversario della Liberazione, in piazza Duomo, non avrebbe invitato il presidente del Senato La Russa, per aver definito l’attentato di via Rasella «pagina non tra le più nobili» della Resistenza. Anche il presidente dell’Anpi nazionale, Gianfranco Pagliarulo, venerdì è sceso in campo nelle schermaglie. Lo ha fatto per schierarsi al fianco di Valentina Cuppi, ex presidente Pd e sindaca di Marzabotto, che aveva escluso la presenza di La Russa, Fontana e Meloni sul luogo dell’eccidio: «Non ci sarà mai posto sul palco di Monte Sole per persone che hanno preso posizioni discriminatorie o che hanno manifestato nostalgia per il fascismo, perché celebriamo appunto la liberazione dal nazifascismo».

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Protezione speciale e migranti, protesta dei sindaci di sinistra contro Meloni

lunedì, Aprile 17th, 2023

Pierpaolo La Rosa

L’esame da parte del Senato del cosiddetto decreto legge Cutro entra nel vivo e, puntualmente, alcuni sindaci di centrosinistra provano a mettersi di traverso. Domani, infatti, l’Aula di palazzo Madama sarà impegnata prima con le questioni pregiudiziali di costituzionalità, poi con la discussione del provvedimento recante disposizioni urgenti in materia di flussi di ingresso legale dei lavoratori stranieri e di prevenzione e contrasto all’immigrazione irregolare, varato dal Consiglio dei ministri tenutosi lo scorso 9 marzo, a Cutro, in seguito al naufragio avvenuto il 26 febbraio, di fronte alle coste calabresi, con oltre 70 vittime accertate.

In un documento congiunto, il sindaco di Roma, Roberto Gualtieri, quello di Milano, Beppe Sala, i primi cittadini di Napoli, Gaetano Manfredi, di Torino, Stefano Lo Russo, di Firenze, Dario Nardella, e di Bologna, Matteo Lepore, sferrano un attacco frontale al governo ed alle forze politiche che lo sostengono, mettendo sul banco degli imputati il subemendamento presentato dalla maggioranza al decreto, che introduce una stretta alla protezione speciale.

«Come sindaci, come amministratori, come cittadini che quotidianamente si impegnano nei territori per cercare di garantire le migliori risposte alle criticità che le nostre comunità esplicitano, siamo molto preoccupati per le proposte in discussione relative alle modifiche all’unico sistema di accoglienza migranti effettivamente pubblico, strutturato, non emergenziale che abbiamo in Italiasi legge nel testo – La preoccupazione delle città è massima a fronte di emendamenti proposti da alcuni partiti al decreto legge 591, dopo le tante evidenze a cui il nostro ordinamento ha dovuto porre rimedio in questi anni. Non bisogna ragionare in ottica emergenziale, ed è secondo noi sbagliato immaginare l’esclusione dei richiedenti asilo dal Sistema accoglienza integrazione (Sai), precludendo loro qualunque percorso di integrazione e una reale possibilità di inclusione ed emancipazione nelle nostre comunità. Non condividiamo la cancellazione della protezione speciale, misura presente in quasi tutti i Paesi dell’Europa occidentale, mentre circa il 50% dei migranti presenta vulnerabilità ed è in parte significativa costituito da nuclei familiari. Queste scelte, qualora adottate – concludono i sei sindaci non potrebbero che procurare infatti una costante lesione dei diritti individuali e innumerevoli difficoltà che le nostre comunità hanno già dovuto affrontare negli anni scorsi, a fronte di un importante aumento di cittadini stranieri condannati appunto all’invisibilità».

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Maxi sequestro droga oggi: 2mila chili di cocaina recuperati in mare dalla Finanza

lunedì, Aprile 17th, 2023

Maxi-sequestro di cocaina in mare: quasi due tonnellate recuperate che, una volta sul mercato, avrebbero fruttato circa 400 milioni di euro. È l’esito dell’operazione della Guardia di Finanza di Catania, che ha messo a segno un durissimo colpo al narcotraffico. L’operazione congiunta dei militari del Comando Provinciale del capoluogo etneo e dei finanzieri del Gruppo Aeronavale di Messina ha portato alla scoperta dell’ingente quantitativo di droga, recuperata in mare al largo della costa orientale della Sicilia dopo una ricognizione aerea.

La cocaina era imballata in una settantina di colli galleggianti, legati con reti, con un dispositivo luminoso di segnalazione. Si tratta probabilmente di un carico di droga lasciato in mare dalle navi cargo per essere successivamente recuperato e trasportato sulla terraferma.

La droga era in oltre 1.600 panetti, per un peso lordo complessivo di quasi due tonnellate. È uno dei più ingenti ritrovamenti di sostanza stupefacente mai effettuato sul territorio nazionale e la sua successiva commercializzazione avrebbe fruttato, secondo stime degli investigatori, guadagni per oltre 400 milioni di euro al dettaglio. 

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Giorgia va veloce, ora Elly si muova

lunedì, Aprile 17th, 2023

Alessandro De Angelis

Come evidente, l’annuncio dell’abolizione della “protezione speciale”, tanto utile per gasare la curva, è del tutto ininfluente sul controllo degli arrivi. Come lo è stato – altra misura bandiera – l’inasprimento delle pene per dare la caccia agli scafisti su tutto “l’orbe terraqueo”. Chissà come mai gli scafisti non consultano il codice penale. E i seicento disperati soccorsi al largo di Porto Palo o gli oltre duecento a Lampedusa non si informano sulla legislazione nazionale prima di intraprendere i viaggi della speranza.

E il sole di maggio, con una crescita esponenziale degli sbarchi, è destinato a illuminare il cortocircuito della propaganda messo in campo per supplire al non governo della situazione. Non governo icasticamente raffigurato dalla dichiarazione della premier che da Addis Abeba promette il famoso piano Mattei in autunno, ampiamente a babbo morto, quando cioè la Commissione sarà già in ordinaria amministrazione perché si vota. Il cortocircuito è questo: l’assenza di una strategia, in Europa e in Italia, ha aperto uno spazio alla radicalizzazione su cui Salvini si è infilato, supportato dai giornali di destra che menano la gran cassa dell’invasione (come se i loro beniamini fossero all’opposizione). E Giorgia Meloni, entrata nella dimensione dell’inseguimento in quanto esposta sul tema (nonostante Salvini non sia al Viminale), sceglie, per non subirlo, di intestarsi la radicalizzazione, prima col varo dello stato di emergenza, poi con l’abolizione della protezione speciale. Come a dire: sono pronta allo scontro e guido io (nell’anno delle Europee).

Se ci fosse un’opposizione degna di questo nome, incalzerebbe il governo, disvelandone le contraddizioni. Prima tra tutte che la misura introduce un pericoloso principio di insicurezza nazionale: il non riconoscimento della protezione crea un “esercito di invisibili” che non vengono censiti, alimentando il rischio che diventino massa di manovra della delinquenza nelle periferie. L’opposto (qui il cortocircuito è con la realtà) di come viene presentata. Peccato che invece, di fronte a un’evidente difficoltà del governo, il miglior alleato sia proprio l’opposizione, ognuna persa dentro i fatti suoi. Chi in una lite da “comari” che ne ha sancito l’implosione, chi (i M5s) impegnato solo a ordire trappole al Pd (su guerra e termovalorizzatore), chi scomparso dal discorso pubblico se non per qualche incursione, anch’essa solo propagandistica: “Where is Elly?”.

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Sanità: i soldi al Servizio nazionale e la verità che il governo nasconde

lunedì, Aprile 17th, 2023

di Milena Gabanelli e Simona Ravizza

Se la «lista d’attesa» appartenesse a una corporazione, sarebbe certamente più corta. Ma qui si tratta di una lista senza rappresentanza, formata da milioni di cittadini dove ognuno subisce in solitudine il proprio disagio o si arrangia come può. Chi può. Eppure nessun governo ha mai dichiarato di voler tagliare la spesa sanitaria, al contrario sono sempre stati snocciolati miliardi di investimenti. Per capire se lo Stato ne tira fuori abbastanza gli esperti usano un indicatore: il rapporto tra i finanziamenti pubblici al servizio sanitario nazionale e il Pil. Se l’incidenza percentuale rispetto al valore di tutti i beni e servizi prodotti nel nostro Paese è bassa, vuole dire che lo Stato non investe a sufficienza per la salute dei propri cittadini. Con 114,4 miliardi messi nel 2019, l’Italia arriva alla pandemia con un livello di finanziamento rispetto al Pil del 6,4%, contro il 9,8% della Germania, il 9,3% della Francia e il 7,8% del Regno Unito (dati Ocse). Il 2020 è l’anno della spesa record: 120,5 miliardi, pari al 7,3% del Pil. La grande lezione del Covid è quella dell’impegno solenne: mai più risparmi e tagli sulla sanità. Cosa è successo dopo?

Costi Covid rimasti scoperti

Nel 2021 le Regioni spendono 8,3 miliardi in più per coprire i costi extra: ricoveri in ospedale di chi ha contratto il virus, tamponi, reclutamento di medici, infermieri, e vaccinazioni di massa. Lo Stato a oggi gliene ha rimborsati solo 4,45: vuol dire che le Regioni hanno accumulato un buco da 3,86 miliardi. Alla Lombardia è stato rimborsato un miliardo in meno di quello che ha speso; al Lazio 442,8 milioni; all’ Emilia-Romagna 436; al Piemonte 288; al Veneto 277; alla Toscana di 239; alla Puglia 205,5; alla Campania 216; all’Abruzzo 61,6; all’Umbria 59,4; alla Sardegna 50; alla Basilicata 13.

Caro energia non rimborsato

Nel 2022 le Regioni continuano a sostenere spese extra legate al Covid: i ricoveri, la sanificazione obbligatoria degli ambienti ospedalieri, le uscite per il personale aggiuntivo, oltre alle visite e gli esami da recuperare. Con la fine dello stato d’emergenza del 31 marzo, però, lo Stato di fatto non riconosce più i finanziamenti aggiuntivi. In più si sommano 1,4 miliardi di costi per l’impennata delle bollette di luce e gas. Con il decreto del 10 gennaio 2023 il governo Meloni mette 1,6 miliardi alla voce «maggiori costi delle fonti energetiche e per il perdurare della pandemia». I fondi vengono distribuiti in percentuale alla popolazione delle singole regioni. Risultato: solo in bollette l’Emilia-Romagna spende 188,2 milioni e ne prende 120,9; la Toscana 153 e ne prende 101; l’Umbria 31 e ne prende 23,8; la Basilicata 21, e gliene danno 14,7. E poi: l’Abruzzo va sotto di 19,3 milioni; la Puglia di 2,6; la Sardegna di 3,6; Liguria e Friuli di 2.

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Contratti a termine, bonus giovani, Gal e Gil, pensioni anticipate, assegno unico: ecco le novità del Decreto Lavoro

lunedì, Aprile 17th, 2023

di Enrico Marro

Il decreto legge su lavoro: tutti i contenuti

Contratti a termine più semplici; bonus sulle assunzioni dei giovani; proroga fino al 2025 dei contratti di espansione; maggiorazione dell’assegno unico estesa ai minori orfani con un solo genitore lavoratore. Il decretone legge sul Lavoro che sarà approvato in una delle prossime riunioni del Consiglio dei ministri contiene una corposa parte su lavoro e pensioni, oltre al cuore del provvedimento, rappresentato dalla riforma del Reddito di cittadinanza, con l’introduzione, dal prossimo primo gennaio, di due misure: la Gil, Garanzia per l’inclusione lavorativa, che potrà essere chiesta dalle famiglie, con Isee fino a 7.200 euro, al cui interno vi sia almeno un minore, un disabile, un anziano con più di 60 anni o un invalido civile; la Gal, Garanzia perl’attivazione lavorativa, che potrà essere richiesta dalle famiglie con Isee fino a 6 mila euro, composte solo da adulti tra 18 e 59 anni, senza la presenza quindi di persone appartenenti alle categorie che danno diritto alla Gil. La Gil avrà, come l’attuale Reddito, un importo base per un single di 500 euro al mese più un contributo fino a 280 per l’eventuale affitto e durerà 18 mesi, rinnovabili, ma per 12 mesi. L’importo della Gal sarà 350 euro per un single e 525 per una coppia.
Leggi anche:
– Decreto Lavoro: come cambiano reddito, pensioni, assegno unico, contratti a termine

Incentivi alle aziende: a chi assume under 30 uno sconto del 60%

N ella bozza del decretone Lavoro (una quarantina di articoli) è previsto un robusto incentivo per le aziende che assumono giovani under 30 che non lavorano e non studiano (Neet). Si tratta uno sgravio contributivo applicabile sulle assunzioni dal primo giugno al 31 dicembre di quest’anno con un contratto a tempo indeterminato o di apprendistato. Lo sconto è pari al 60% della retribuzione lorda e ha la durata di un anno. L’incentivo è cumulabile con altri sgravi sulle assunzioni già vigenti, compresa la decontribuzione totale per tre anni di giovani con meno di 36 anni. In questo caso però l’incentivo previsto dal nuovo decreto scende dal 60% al 20% della retribuzione. Secondo le valutazioni contenute nella relazione tecnica che accompagna il provvedimento del bonus under 30 potranno essere sostenute circa 70 mila assunzioni di giovani. Del resto l’incentivo è finanziato entro il limite di 80 milioni nel 2023 e di 52 milioni nel 2024. Finiti i fondi l’Inps cesserà di accettare le domande delle aziende. Il decreto prevede incentivi anche sulle assunzioni dei percettori del sussidio di povertà: fino a 8 mila euro l’anno per due anni.

IL Reddito di cittadinanza cambia così: arrivano Gal e Gil

Il cuore del provvedimento è rappresentato dalla riforma del Reddito di cittadinanza, con l’introduzione, dal primo gennaio 2024, di due misure: la Gil, Garanzia per l’inclusione lavorativa, che potrà essere chiesta dalle famiglie, con Isee fino a 7.200 euro, al cui interno vi sia almeno un minore, un disabile, un anziano con più di 60 anni o un invalido civile; la Gal, Garanzia perl’attivazione lavorativa, che potrà essere richiesta dalle famiglie con Isee fino a 6 mila euro, composte solo da adulti tra 18 e 59 anni, senza la presenza quindi di persone appartenenti alle categorie che danno diritto alla Gil.
La Gil avrà, come l’attuale Reddito, un importo base per un single di 500 euro al mese più un contributo fino a 280 per l’eventuale affitto e durerà 18 mesi, rinnovabili, ma per 12 mesi.
L’importo della Gal sarà 350 euro per un single e 525 per una coppia.

Contratti a termine, causali più «morbide» per i rinnovi

I l decretone Lavoro interviene sul decreto legge Dignità, voluto nel 2018 dai 5 Stelle. Quel provvedimento aveva posto diversi paletti, stabilendo che il contratto a termine si poteva fare senza causali per non più di 12 mesi e si poteva prorogare al massimo per altri 12 solo in presenza di motivazioni dettate dalla legge riferite a esigenze oggettive di aumento dell’attività. Con la riforma, ferma restando la possibilità di stipulare liberamente i contratti per i primi 12 mesi, per andare oltre scatteranno nuove casuali che fanno riferimento a: esigenze previste dai contratti, anche quelli aziendali; motivi di natura tecnica, organizzativa e produttiva individuati da accordi tra aziende e sindacati; esigenze di sostituzione di altri lavoratori.I contratti potranno essere così più facilmente prolungati.

Si potrà arrivare fino a 36 mesi con i nuovi contratti a termine ma servirà l’ok degli uffici territoriali del ministero del Lavoro. Il nuovo decreto, inoltre, rimuove i vincoli per le aziende introdotti l’anno scorso col decreto Trasparenza: esse non dovranno più, all’atto dell’assunzione, consegnare tutta una serie di documenti sul rapporto di lavoro, ma potranno rimandare alla consultazione dei contratti.

Pensioni, si potrà lasciare il lavoro prima per altri due anni

C ol decreto Lavoro arriverà anche la proroga dei contratti di espansione, introdotti per il biennio 2019-20 e poi prorogati fino alla fine del 2023 ed estesi dalle aziende con più di mille dipendenti a quelle con più di 50. Il contratto di espansione è un accordo tra impresa e sindacati per il prepensionamento fino a 5 anni di anticipo sul raggiungimento della pensione di vecchiaia (67 anni d’età e 20 di contributi) o della pensione anticipata (42 anni e 10 mesi di contributi, indipendentemente dall’età, un anno in meno per le donne). Il lavoratore che accede al prepensionamento riceve un’indennità mensile pari all’importo della pensione maturata fino a quel momento.
In cambio della possibilità di prepensionare l’azienda si impegna a nuove assunzioni (in quelle con più di mille dipendenti almeno una ogni tre prepensionamenti). I lavoratori più distanti di 5 anni dalla pensione possono, a fronte di una riduzione di orario, accedere a un’indennità a carico dello Stato per 18 mesi. Il decreto Lavoro prevede la proroga di due anni, fino alla fine del 2025, dei contratti di espansione, stimando di coinvolgere 100 mila lavoratori.

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Gli Usa ci ignorano, Europa allo sbando

lunedì, Aprile 17th, 2023

Lucio Caracciolo

Ma chi comanda in Europa? Fino al febbraio dello scorso anno, la risposta suonava ovvia: gli Stati Uniti sul piano strategico e militare, con la Germania a mettere insieme una politica economica per l’Eurozona compatibile con i propri interessi mercantili e con la propria cultura monetaria. L’egemonia americana si esprimeva via Nato, sulla base del motto originario: «Americani dentro, russi fuori, tedeschi sotto». La subegemonia economica tedesca, sotto ombrello atlantico ovvero protettorato americano, verteva sulla vestizione europea delle priorità germaniche. L’invasione russa dell’Ucraina e l’inasprirsi della sfida fra Washington e Pechino hanno travolto queste certezze. E prodotto interessanti paradossi. Dei quali l’Italia dovrà tener conto per non finire fuori gioco. Cominciamo dagli Stati Uniti. Non passa giorno senza che da Casa Bianca e dintorni ci si comunichi che noi europei non siamo in cima ai loro pensieri (con la simpatica eccezione irlandese, fissazione di Biden per via di sangue).

Perché la bussola è il contenimento della Cina. Gli apparati a stelle e strisce si preoccupano di noi quasi solo per impedire che l’influenza cinese in Europa diventi troppo pervasiva. Vale soprattutto per la competizione tecnologica – ossessione americana – meno per i commerci.

La guerra in Ucraina viene dopo. Per l’ottima ragione che Washington ha già raggiunto il suo obiettivo strategico: rompere l’interdipendenza energetica fra Russia e Germania. Il 7 febbraio 2022, tre settimane prima dell’inizio della guerra, Biden aveva pubblicamente proclamato davanti al silente cancelliere Scholz: «Noi porremo fine ai gasdotti Nord Stream 1 e 2. Prometto che saremo in grado di farlo». Che siano stati direttamente sabotatori americani a eseguire la volontà del presidente o altri che ne condividessero i propositi, alla fine il risultato è Usa batte Germania-Russia due a zero.

Il secondo obiettivo era dare una lezione a Putin tenendo unita la Nato. La partita è in corso. Il risultato incerto. Il sostegno alla resistenza ucraina ha sventato la presa russa di Kiev, ma la guerra di attrito nel Donbas continua. Il Pentagono lamenta che sta esaurendo gli stock di munizioni. Ed è in ritardo di quattro anni nelle forniture di armi a Taiwan perché le deve stornare verso l’Ucraina, teatro secondario. Molti negli apparati americani vorrebbero chiudere entro l’anno la guerra in stile coreano: una «Corea del Nord» – i territori ucraini in mano ai russi – concessa a Mosca e una «Corea del Sud» – il grosso del paese, sotto Kiev, «garantita» (si fa per dire) dalle maggiori potenze. Con gli europei a pagare il grosso della ricostruzione. Due utopie difficilmente fanno una realtà.

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Wojtyla, lo scudo di Francesco

lunedì, Aprile 17th, 2023

Domenico Agasso

Città del Vaticano. Il monito di Francesco è perentorio: giù le mani dalla figura e dalla storia di Karol Wojtyla. «Rivolgo un pensiero grato alla memoria di San Giovanni Paolo II, in questi giorni oggetto di illazioni offensive e infondate», con allusioni a un suo potenziale coinvolgimento nella scomparsa di Emanuela Orlandi. Il Papa lo scandisce al Regina Coeli, affacciato alla finestra del Palazzo apostolico, in mondovisione, rispondendo così duramente alle recenti affermazioni di Pietro Orlandi, fratello di Emanuela, la ragazza d’Oltretevere sparita nel nulla 40 anni fa. E l’applauso immediato di piazza San Pietro può rappresentare simbolicamente il pensiero della Chiesa schierata in difesa del Pontefice polacco, come premette lo stesso Bergoglio, che si dice «certo di interpretare i sentimenti dei fedeli di tutto il mondo». Italiani compresi, assicura una nota della Conferenza episcopale in cui i vescovi sostengono che «non ci possono essere mezzi termini per definire i recenti attacchi». Nel frattempo sul sito Vatican News la Santa Sede parla di «accuse infamanti legate al caso Orlandi, mosse sulla base di anonimi “si dice”, senza testimonianze o indizi». Pietro reagisce immediatamente, ribadendo che «mai ho accusato Giovanni Paolo II» di abusi e pedofilia, e considerando «giusto che Francesco lo difenda».

Come ricordano – con disapprovazione – i Media vaticani, Pietro Orlandi e il suo avvocato Laura Sgrò hanno «raccolto le “voci” sulle presunte abitudini di Papa Wojtyla che, secondo quanto raccontato dal fratello di Emanuela durante la trasmissione di Martedì, “la sera se ne usciva con due suoi amici monsignori polacchi” e “non andava certo a benedire le case”». Parole che «Pietro Orlandi ha pronunciato in diretta su La7 la sera dell’11 aprile, dopo essere stato lungamente ascoltato dal Promotore di Giustizia, lasciando così intendere di voler in qualche modo asseverare il contenuto di un audio nel quale un membro della Banda della Magliana faceva pesanti allusioni sul Pontefice polacco».

Pietro Orlandi garantisce all’agenzia LaPresse che «delle presunte uscite serali del Papa me ne hanno parlato molte persone, ma la principale che me lo ha riferito è morta. Quell’audio è uscito il 9 dicembre, questo casino è un pretesto». Mentre su Facebook scrive di considerare «giusto che papa Francesco abbia difeso Wojtyla dalle accuse fatte attraverso un audio. Per questo ho deciso di depositarlo al promotore di giustizia vaticano Alessandro Diddi, affinché convocasse Marcello Neroni, autore di queste accuse». E poi precisa che «non può spettare a me dire se questo personaggio abbia detto il vero oppure no. L’unico nostro intento è quello di dare giustizia a mia sorella Emanuela e arrivare alla verità qualunque essa sia».

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Migranti, il capo del Ppe Weber: «L’Italia va aiutata. Muri a difesa dell’Europa»

lunedì, Aprile 17th, 2023

di Francesca Basso

Il presidente del Partito popolare europeo: «Subito un intervento per la Tunisia. Senza altre soluzioni, pronti a costruire i muri ai confini della Ue»

Migranti, il capo del Ppe Weber: «L’Italia va aiutata. Muri a difesa dell'Europa»

«Sulla migrazione servono misure concrete di solidarietà verso l’Italia da parte degli altri Paesi Ue. Per questo il gruppo del Ppe ha chiesto questa settimana un dibattito speciale al Parlamento Ue per cercare solidarietà verso l’Italia». Parla Manfred Weber , presidente e capogruppo al Parlamento Ue del Partito popolare europeo, che da mesi si sta spendendo in prima persona per l’alleanza guidata da Giorgia Meloni.

Roma ha dichiarato lo stato di emergenza. L’Ue come può aiutare l’Italia?
«Stiamo andando incontro a un’altra grande crisi migratoria in Europa. Ed è per questo che il Ppe sostiene pienamente il governo italiano nel dare priorità a questo tema a livello europeo. Abbiamo bisogno di azioni comuni e ci rammarichiamo molto del fatto che da parte della Commissione e degli Stati Ue non ci siano molta consapevolezza, né ascolto né molta azione verso un problema serio».

Pensa che il piano presentato da von der Leyen in febbraio non sia abbastanza?
«Il piano è buono, ma siamo in ritardo nell’attuazione. La gestione congiunta del fenomeno con i Paesi del nord Africa non deve essere vista solo come uno sforzo italiano per fermare la partenza dei barconi. Servono subito accordi di riammissione chiari con i Paesi di origine. Per anni la Commissione li ha promessi, deve accelerare. Se un migrante non ha diritto alla protezione deve tornare a casa».

Roma è stata lasciata sola?
«A livello Ue la solidarietà non funziona. Ringrazio il governo italiano per il modo in cui accoglie i migranti e cerca di salvarli e aiutarli. Quando abbiamo un numero così alto di arrivi e il governo italiano cerca di gestire le cose in modo serio, gli altri Paesi come la Germania e la Francia devono aiutare. Il governo tedesco e francese, ma anche gli altri, non possono stare a guardare, devono portare volontariamente i migranti con un diritto di asilo sul loro territorio».

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