Archive for Aprile, 2023

Nomine, secondo round: Salvini ferma Donnarumma a Rfi. La Lega: Meloni, luna di miele finita

venerdì, Aprile 14th, 2023

Ilario Lombardo, Francesco Olivo

ROMA. Che fare ora di Stefano Donnarumma, il manager che sembrava destinato a Enel per volontà di Giorgia Meloni e che invece è rimasto alla porta per la tenace contrarietà di Matteo Salvini? Attorno al suo nome si potrebbe consumare il secondo tempo della grande battaglia delle nomine di Stato. Perché i meloniani si sentono feriti dall’esultanza dei leghisti, contenti di avere strappato un’intera partecipata di prima fascia alle mire della premier: a Enel andrà Flavio Cattaneo come amministratore delegato, sponsorizzato un po’ da tutti tranne che da Meloni, e Paolo Scaroni come presidente, sostenuto da Silvio Berlusconi e tramite Gianni Letta anche dal Carroccio.

È finita così, e da ieri Donnarumma non è neanche più ad di Terna, visto che è stato formalizzato che a succedergli sarà una donna, come aveva promesso la premier: Giuseppina Di Foggia, oggi presidente di Nokia Italia, la prima a guidare una delle top five partecipate di Stato. Presidente sarà Igor De Biasio, consigliere d’amministrazione Rai in quota Lega. Restano da definire gli assetti dalle Ferrovie alla Rai, fino alle società più piccole, di secondo o terzo livello, come Manifattura Tabacchi.

Le nomine segnano l’inizio della lunga campagna elettorale che porterà alle Europee e che metterà gli uni contro gli altri armati Fratelli d’Italia e Lega, competitor nella stessa ampia area di consenso a destra. Ogni punto può servire alla causa. Salvini lo sa bene, perché giocò così, di contrapposizione, contro l’allora leader del M5S Luigi Di Maio, suo socio al governo, quando tra il 2018 e il 2019 la Lega schizzò al 34% ai danni dei grillini, allora a trazione sovranista e anti-Ue. Oggi Salvini è di nuovo vicepremier come quattro anni fa. Questa volta però alla sfida proporzionale per Bruxelles se la vedrà con un’avversaria più dura. Che proverà a lasciargli pochi margini. A partire dalla seconda tranche di nomine.

E si torna a Donnarumma. In pochi credono che alla fine andrà davvero a Rfi, come fatto filtrare da uomini di fiducia della premier.

Un’ipotesi che Salvini non ha preso molto bene. Raccontano che furioso abbia fatto arrivare al sottosegretario Giovanbattista Fazzolari, braccio destro di Meloni, un messaggio di disappunto. Di certo, agli amici leghisti ha detto: «Ho fatto tanto per non avere Donnarumma a Enel e secondo voi me lo ritrovo a Rfi? Non esiste». Il leghista considera la società delle rete ferroviaria, controllata del Gruppo Fs, un proprio dominio. Vale 24 miliardi del Pnrr ma soprattutto sarà attrice protagonista assieme ad Anas della realizzazione del Ponte di Messina, l’opera su cui Salvini ha scommesso la propria sopravvivenza politica in vista delle Europee.

C’è un altro dato da tenere in considerazione, sul fronte più puramente aziendale. Donnarumma fu colui che scalzò l’attuale ad di Fs Luigi Ferraris da Terna. Se il manager rimasto senza poltrona andasse a Rfi, si troverebbe sotto il suo predecessore alla società della rete. Non solo, secondo fonti ufficiali del Gruppo Fs la notizia sulla sua nomina a Rfi risulterebbe «priva di ogni fondamento». Più probabile, sostengono altre fonti aziendali informate, che vada a Cdp Venture Capital, in attesa di capire se potrà mettere a frutto le competenze acquisite in Terna nella futura rete unica.

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Adesso la premier si gioca la faccia dopo l’accordone tra FI e Lega

venerdì, Aprile 14th, 2023

Lucia Annunziata

La premier non ha vinto, ma ha di sicuro chiarito vari elementi finora rimasti vaghi nella identità del suo governo. La battaglia delle nomine finita con “l’accordone” che Giorgia Meloni non voleva, ci consegna infatti una mappa precisa dei rapporti dentro la coalizione. E da questi possiamo derivare una serie di altre piccole curiosità identitarie fin qui sconosciute. Sappiamo ora, intanto, che l’accordone è stato raggiunto in piena notte con una lite che si è trascinata quasi fino all’alba. Tutto legittimo. Eccetto che non era questa la versione ufficiale – per cui possiamo cancellare la stucchevole retorica della “famiglia perfetta” (è una metafora, eh! Non stiamo parlando della famiglia vera ma della coalizione), e dare il benvenuto al centro destra nel mondo della realtà. Le coalizioni sono fatte per litigare: è un passo avanti ammetterlo.

Sappiamo ora, anche, da che parte sta Forza Italia e quanta forza (con minuscola) ancora può mettere in campo il partito di Silvio Berlusconi. Lega/Fi si confermano infatti un asse che ha tutta la tenuta delle antiche relazioni, grazie anche a una scuderia di talenti altrettanto “stagionati” (non mi riferisco all’età, sia chiaro). Lega e Forza Italia se messe con le spalle al muro sfoderano una Guardia Repubblicana che nella vita ha fatto (e vinto) molti assalti. Il “giovane” Flavio Cattaneo, che è riuscito a smentire i destini di vari suoi predecessori al vertice della Rai, inanellando dopo Viale Mazzini una serie di incarichi di tutto rispetto; Paolo Scaroni che, oltre a resistere a tutti i marosi che ha navigato, ha dalla sua una proiezione internazionale che intercetta molto bene i mercati su questioni vitali per l’Italia in questo momento; il ritorno di Gianni Letta all’ultimo minuto è stato come quello dei goleador che cambiano il risultato di una partita che sembrava nata persa – e ora si capisce meglio perché sia stato recuperato dall’esilio dove nei primi mesi lo avevano destinato. Ma, attenzione, nella partita Enel vinta da Lega/Fi c’è anche il peso specifico di una azienda che al momento nel progetto Repower Eu è già pienamente mobilitata sul Pnrr.

Sappiamo inoltre, ora, quale era l’obiettivo irrinunciabile della Premier: l’ex ministro Cingolani. Ottenuto. La sua nomina era avversata dalla Lega, perché considerato non qualificato come manager, trattandosi di uno scienziato; e l’opinione era condivisa senza tanti infingimenti dal Ministro della Difesa Crosetto – che preferiva un esperto di armi, missili in particolare. Tenendo conto del forte legame fra Crosetto e Meloni, la vittoria su Cingolani non è stata poca cosa. Persa invece per Chigi l’opzione Donnarumma a Terna, recuperata ma non tanto con la nomina di una donna Ad, Di Foggia.

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L’opposizione indebolita aiuta (per ora) il governo

venerdì, Aprile 14th, 2023

MASSIMO FRANCO

L’implosione del sodalizio tra Calenda e Renzi contribuisce all’immagine di opposizioni in frantumi. Nella prospettiva immediata, la frammentazione rafforza Meloni

L’implosione del sodalizio tra Carlo Calenda e Matteo Renzi contribuisce all’immagine di opposizioni in frantumi. Sia quella larvatamente dialogante del loro Terzo Polo, sia quella estremista del nuovo Pd e del M5S stanno mostrando un’inadeguatezza che alla fine non fa bene a nessuno. Nella prospettiva immediata, la frammentazione favorisce e rafforza il governo di Giorgia Meloni. Ma l’assenza di una minoranza in grado di criticare e contrastare in modo credibile la coalizione di destra nel merito delle decisioni è destinata a pesare in maniera ambigua.

Promette di condizionare lo stesso governo: nel senso di dargli un’illusione di onnipotenza, sempre rischiosa. Lo espone alle proprie contraddizioni e soprattutto alla tentazione di sottovalutarle, forte dei numeri parlamentari e della debolezza avversaria. Così, di fronte alla realizzazione di un Piano per la ripresa che deve fare i conti con ostacoli e ritardi crescenti, la coalizione si trova a combattere con se stessa. E l’effetto, in particolare per i suoi riflessi internazionali, non è dei migliori.

La mediazione sulle nomine nelle aziende pubbliche ha placato lo scontro tra la premier e gli alleati Matteo salvini, leader della Lega, e i berlusconiani. I distinguo sono tuttavia destinati a riemergere. Sia su riforme istituzionali come l’autonomia regionale, sia sul presidenzialismo, esiste un patto di scambio più che un’intesa convinta. Giorgia Meloni accetta di appoggiare il progetto leghista di un’autonomia differenziata, voluta dalle regioni del Nord. Ma nutre forti dubbi, anche per il timore di perdere voti al Centro e al Sud: lo stesso di Forza Italia.

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Chi è la talpa dei documenti rubati agli Usa: nome in codice «OG». Il «guru» e gli adepti devoti a Dio e alle armi

venerdì, Aprile 14th, 2023

di Viviana Mazza

Un membro del gruppo: «Era cristiano, contro la guerra e voleva solo tenere informati i suoi amici»

Chi è la talpa dei documenti rubati agli Usa: nome in codice «OG». Il «guru» e gli adepti devoti a Dio e alle armi

DALLA NOSTRA CORRISPONDENTE
NEW YORK — Gli adolescenti appassionati di armi e di videogiochi della chat che «OG» amministrava lo ammiravano e dicevano che era una figura paterna. Uno di loro lo aveva descritto come una specie di Jason Bourne: «È in forma, è forte, è armato, è addestrato. È tutto ciò che ti aspetteresti in uno di quei film d’azione». Ma anche l’americano arrestato ieri a North Dighton, in Massachusetts, per i documenti del Pentagono e della Cia trafugati e diffusi online, è giovanissimo. L’Fbi e i militari con i fucili spianati giunti con un blindato da guerra lo hanno portato via in pantaloncini da basket rossi e maglietta grigia dalla casa dei genitori, sotto lo sguardo delle telecamere.

Jack Teixeira, 21 anni, noto online con la sigla «OG», che in slang significa Original Gangster, è un riservista dell’intelligence della Guardia nazionale del Massachusetts (sono militari part-time, presenti in ogni Stato). Era anche l’amministratore e il leader di un piccolo gruppo online di circa 25 persone, molti dei quali minorenni «uniti dall’amore per le armi, l’equipaggiamento militare e Dio», nato nel 2020 sulla piattaforma Discord.

Teixeira aveva seguito le orme di molti familiari attivi nelle forze armate. Aveva iniziato da poco a lavorare di notte alla base militare di Cape Cod, in Massachusetts, ha detto sua madre Dawn ai giornalisti del New York Times presentatisi davanti casa, prima di capire la gravità della situazione. OG aveva detto ai compagni di chat di passare parte del giorno all’interno di una struttura dove i cellulari e altri strumenti elettronici sono vietati e di avere annotato per ore le informazioni che per mesi ha condiviso con loro, prima di iniziare a diffonderne le foto.

Il gruppo, chiamato «Thug Shaker Central», era accessibile solo su invito. Era un rifugio per adolescenti che si erano ritrovati chiusi in casa durante la pandemia; si aiutavano a vicenda anche in momenti di depressione. Erano una ventina, di indole conservatrice; non particolarmente interessati alla geopolitica, condividevano insulti e meme razzisti; guardavano film e pregavano insieme. Ma OG li istruiva anche sull’attualità e su presunte operazioni governative segrete. Due membri del gruppo, uno dei quali minorenne, intervistati dal Washington Post e dal New York Times, oltre che dal sito investigativo Bellingcat, insistono che «OG» non lavora per lo spionaggio straniero. «Era cristiano, contro la guerra e voleva solo tenere informati i suoi amici», che restavano colpiti dalle sue capacità quasi profetiche di anticipare le notizie e i titoli di giornale. Ora la deputata di destra Marjorie Taylor Greene lo dipinge come «un naturale nemico di Biden», in quanto bianco, cristiano e anti-guerra. Ma secondo molti resta una figura diversa da Assange o Snowden: ha condiviso i file in un piccolo gruppo privato.

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Sciopero 14 aprile, Trenitalia si ferma dalle 9 alle 17: tutto quello che c’è da sapere

venerdì, Aprile 14th, 2023

di Valentina Iorio

Sciopero 14 aprile, Trenitalia si ferma dalle 9 alle 17: tutto quello che c'è da sapere

I dipendenti di Trenitalia si fermeranno dalle 9 alle 17 di oggi, venerdì 14 aprile, per uno sciopero generale proclamato dalle organizzazioni sindacali Filt-Cgil, Fit-Cisl, Uiltrasporti, Ugl Ferrovieri, Sml Fast Confsal e Orsa Ferrovie. «Lo sciopero – ricorda Trenitalia in una nota – potrebbe avere un impatto significativo sulla circolazione ferroviaria e comportare cancellazioni totali e parziali di Frecce, Intercity e treni Regionali di Trenitalia. Gli effetti, in termini di cancellazioni e ritardi, potranno verificarsi anche prima e protrarsi oltre l’orario di termine dello sciopero». ferrovie

I treni garantiti

Durante la protesta sindacale saranno garantite le corse di alcuni treni nazionali elencate nell’apposita tabella, consultabile nella sezione «Treni garantiti in caso di sciopero» del sito di Trenitalia. Per quel che riguarda il trasporto regionale saranno garantiti i servizi essenziali nelle fasce orarie di maggiore frequentazione, vale a dire dalle 6 alle 9 e dalle ore 18 alle 21. Per vedere quali sono le corse garantite regione per regione clicca qui. Il consiglio dell’azienda, in ogni caso, è di informarsi prima di recarsi in stazione. «Ulteriori informazioni su collegamenti e servizi saranno diffusi attraverso l’app Trenitalia, la sezione Infomobilità del sito di Trenitalia, i canali social e web del gruppo Fs Italiane, il numero verde gratuito 800 89 20 21, oltre che nelle biglietterie e negli uffici assistenza delle stazioni ferroviarie, alle self service e presso le agenzie di viaggio convenzionate», fa sapere Trenitalia.


Le richieste dei lavoratori

«Dalla fine della fase pandemica di fatto sono andate a peggiorare le condizioni di lavoro sia di tutti i ferrovieri che degli addetti delle ditte appaltatrici di pulizie», dicono Filt Cgil, Fit Cisl, Uiltrasporti, Ugl Ferrovieri, Orsa Ferrovie e Fast Confsal, spiegando le ragioni dello sciopero. «Serve un adeguato piano di assunzioni e un maggiore equilibrio nella programmazione dei turni che tenga conto della conciliazione dei tempi di lavoro con quelli della vita privata – aggiungono i sindacati – . Gli equipaggi dei treni convivono con un’eccessiva saturazione dei turni di servizio al punto di arrivare alla mancata concessione delle giornate di ferie». Tra le richieste delle sigle sindacali c’è anche quella di migliorare le condizioni di sicurezza alla luce delle frequenti aggressioni subite dal personale di bordo e delle stazioni, anche attraverso l’attivazione del Protocollo per la promozione della sicurezza nella mobilità-attività ferroviarie, che è stato sottoscritto con il ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e il ministero dell’Interno.

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Terzo polo, pace forzata tra Matteo Renzi e Carlo Calenda

giovedì, Aprile 13th, 2023

Edoardo Romagnoli

Dopo tanti litigi arriva la tregua nel Terzo polo. Ieri durante il vertice del partito Renzi e Calenda hanno sottoscritto un documento che mette nero su bianco il percorso verso il partito unico. Durante i mesi di aprile-maggio, due comitati con partecipazione paritetica di Azione e Italia viva elaboreranno le regole e il manifesto dei valori del partito unico; ai comitati parteciperanno anche rappresentanti dei Liberal Democratici europei ed esponenti di altri movimenti popolari, riformisti e della società civile concordati tra Azione e Iv per assicurare il massimo coinvolgimento di tutte le forze ed energie che non si riconoscono nei poli di destra e di sinistra. A quel punto i due leader «delibereranno lo scioglimento dei rispetti partiti entro la fine del 2024 e il conferimento al partito unico di un importo pari al 70% delle risorse ricevute dal 2/1000 a partire dalla seconda rata 2023; all’avvio del percorso congressuale, Azione e Italia Viva conferiranno al partito Unico un ammontare di Euro 200.000 ciascuna, per il finanziamento delle operazioni congressuali e della promozione e organizzazione del partito unico nel corso del 2023». È chiaro che la pace non sia arrivata grazie al documento visto che, come sottolineato da alcune fonti di Italia Viva: «È il documento che avevamo già condiviso. Calenda ha fatto tutto da solo. Ieri ha litigato da solo e oggi ha fatto pace da solo. Sono esattamente le stesse cose già condivise». Stessa posizione espressa anche da Maria Elena Boschi: «Da parte nostra, da parte di Italia viva, non c’è nessunissimo problema. I problemi li hanno Calenda e Richetti, vediamo cosa hanno da dirci. Noi andiamo avanti. La bozza che ci hanno mandato è più o meno uguale a quella discussa altre volte. L’assemblea di Iv è già fissata per il 10 di giugno, noi ci stiamo portando avanti».

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Schlein e Bonaccini sotto il fuoco degli ex amici. E il fronte moderato del Pd ora guarda altrove

giovedì, Aprile 13th, 2023

Domenico Di Sanzo

Casini avverte: “La stimo ma deve convincere anche chi non va in piazza”. Prodi consiglia: “Elly deve recuperare il centro”. Gli ex renziani inquieti

«È il momento in cui tutto si muove ma ancora nulla accade». Questa è la sintesi della fase che sta attraversando il Pd, consegnata al Giornale da un autorevole esponente del Nazareno, avversario della segretaria Elly Schlein. Intanto, nell’attesa che succeda qualcosa, bisogna osservare i tanti movimenti intorno al nuovo corso dei dem. Il primo dato da annotare è l’insofferenza dell’ala moderata del partito.

Tantissimi i malumori espressi a taccuini chiusi e adesso anche qualche stilettata pubblica. Martedì si sono fatti sentire il senatore Pier Ferdinando Casini (tondo a sinistra) e l’ex capogruppo al Senato Andrea Marcucci. Ma se perfino un simpatizzante di Schlein come l’ex premier Romano Prodi (foto) comincia a esprimere perplessità, significa che porsi qualche domanda sui primi passi della nuova leader è più che giustificato.

Prodi, non a caso, affida le sue riflessioni ad Avvenire, il giornale della Conferenza episcopale italiana. «Il Pd è uscito da una cura ricostituente e ha preso peso. Ha fatto la ginnastica che serviva e ha nuovi atleti e una nuova squadra. La partita vera però comincia ora», esordisce l’ex presidente del Consiglio. «Elly Schlein ha le carte in mano per poter cambiare le cose. Bisogna però aspettare e capire se le gioca bene», abbozza il professore. Che poi arriva al punto. «Per vincere la coalizione è vitale, i moderati vanno recuperati. Passare dal 20 al 50 per cento è dura da soli. Serve allora un dialogo vero al centro e a sinistra», spiega il cattolico Prodi. L’ex leader dei progressisti invita a non trascurare l’area centrale del partito e dello schieramento. Parole da non sottovalutare, perché – stando ai rumors – la voce di Prodi è una di quelle più ascoltate da Schlein, che a un certo punto avrebbe voluto nominarlo presidente del Pd. I riformisti e alcuni pro-Schlein sono indisposti anche dalle fughe in avanti dei vertici sul termovalorizzatore a Roma. Dalla promozione in segreteria dell’ecologista Annalisa Corrado alle frasi del dirigente dem Sandro Ruotolo, che ha lanciato l’idea di un referendum sull’impianto. I consigli di Prodi si sommano alle strigliate di chi ha sostenuto Stefano Bonaccini. C’è Casini, che ha avvertito: «Schlein si dovrà porre il problema di convincere una parte di elettori, che magari sono quelli che non incontra in piazza alle manifestazioni, ma che poi sono determinanti per far vincere una coalizione». A ruota Marcucci, che già guarda a Italia Viva e Azione: «Ora un liberal democratico non può che guardare altrove. E non vedo alternative rispetto al Terzo Polo».

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Ora il commissario può aumentare i Cpr e affittare traghetti. Budget di 20 milioni

giovedì, Aprile 13th, 2023

Gian Micalessin

Sfatiamo la prima esagerazione. Lo stato di emergenza sull’immigrazione non è una risorsa da ultima spiaggia adottata da un esecutivo incapace di dar risposte allo «tsunami» migranti. Una misura analoga venne decisa dal governo di Mario Draghi quando, il 28 febbraio 2022, decretò lo stato d’emergenza per garantire l’accoglienza dei rifugiati in arrivo dall’Ucraina. Un’emergenza rimasta tale, di proroga in proroga, fino allo scorso 3 marzo. Quindi se la misura valeva per gli ucraini non si vede perché non vada impiegata per gestire gli oltre 31mila migranti entrati in Italia dall’inizio dell’anno. Tanto più se, come sottolinea una fonte de Il Giornale al Ministero degli Interni, «il 90 per cento e passa di quei migranti sono irregolari privi del diritto di restar in Italia». La seconda esagerazione – assai cara a chi difende l’accoglienza senza limiti – riguarda il Commissario, ovvero il ruolo di colui che per sei mesi – salvo proroghe – ricoprirà il ruolo di regista e gestore dello stato di emergenza. Le voci – messe in giro da organizzazioni umanitarie e ambienti vicini al Pd di Elly Schlein – fanno a gara nel tratteggiarlo come una sorta di «prefetto di ferro» capace di gestire autonomamente il rimpatrio o la detenzione dei migranti. Niente di più lontano dalla realtà. Il Commissario prescelto, con tutta probabilità l’ex prefetto di Firenze Valerio Valenti (nel tondo), attuale capo del «Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione» del Ministero degli Interni, avrà competenze straordinarie soltanto in campo amministrativo, ovvero nel settore della fornitura di servizi o della realizzazione di strutture. Potrà sveltire e snellire pratiche burocratiche, ma non potrà in nessun caso è agire in deroga alle norme vigenti. E tanto meno cambiare la legislazione sull’immigrazione. Le modifiche normative restano di competenza esclusiva di un Parlamento intento ad esaminare il decreto Cutro e le sue eventuali modifiche.

Ma torniamo al futuro Commissario. Stimato e apprezzato da Alfredo Mantovano, con cui lavorò nei primi anni del 2000 quando l’attuale Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio svolgeva lo stesso incarico al Viminale, Valenti deve attendere che la sua nomina e le sue competenze vengano definite e approvate dalla Protezione Civile. «In pratica – spiegano fonti del Ministero degli Interni – svolgerà le stesse funzioni di un Commissario nominato per affrontare l’emergenza creata da un terremoto o da un’inondazione». Nel caso specifico si occuperà soprattutto del trasferimenti dei nuovi arrivati o del reperimento delle strutture adatte ad accoglierli. «Se arrivano 3000 migranti a Lampedusa – spiega la fonte de Il Giornale al Viminale – il Commissario potrà affittare in tempi brevissimi traghetti, navi e strutture private in modo da garantirne lo spostamento dalle isole al resto dell’Italia e la loro sistemazione nelle regioni d’arrivo. Nel campo dell’allestimento delle strutture potrà invece attivare la Protezione Civile o la Croce Rossa per tirar su tendopoli o strutture straordinarie».

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La premier cede alla spartizione

giovedì, Aprile 13th, 2023

Marcello Sorgi

Chiusa con un compromesso che alla fine ha ridimensionato le ambizioni di cambiamento – almeno nel metodo – della premier Meloni, la partita delle nomine nelle più importanti imprese statali si conclude, politicamente, con un rafforzamento della maggioranza, ma al prezzo di una classica lottizzazione spartitoria, per cui appunto la presidente del consiglio ha dovuto cedere su Enel – in cui sono approdate due vecchie conoscenze come Cattaneo e Scaroni, manager pubblici già sperimentati in altre stagioni del centrodestra – per ottenere il via libera alla sua linea delle conferme di candidati già scelti da altri governi. In particolare De Scalzi, nominato nove anni fa da Renzi e confermato da Draghi come amministratore delegato di Eni, l’ente petrolifero e la maggiore impresa italiana. E Cingolani, il ministro della Transizione ecologica di Draghi, conservato da Meloni come consulente su questa delicata materia per poi spedirlo alla guida di Leonardo, l’ex-Finmeccanica proiettata su mercati internazionali sensibili come quelli degli armamenti.

Per una che si era presentata al tavolo delle trattative calando il suo poker d’assi e avvertendo che sugli ad non avrebbe ammesso alcun cedimento, si tratta evidentemente di un passo indietro.

Meloni vince sull’Eni e su Leonardo, abbozza sull’Enel e oggi sapremo come finirà la partita di Terna, per cui aveva avanzato la candidatura di una donna, Di Foggia, già al vertice di Nokia, come amministratrice delegata al posto dell’attuale ad, Donnarumma, che pensava di trasferire all’Enel. Dove invece il posto è stato rivendicato e ottenuto da Salvini per Cattaneo, manager di provata esperienza nel pubblico (Rai) e nel privato (Telecom, Italo treni), cresciuto all’ombra di Fini, amico del presidente del Senato La Russa e poi curiosamente riapparso alla festa dei cinquant’anni del Capitano leghista.

Quanto ai presidenti, tolta la figura – attribuita a Forza Italia oltre che alla rinomata testardaggine di Gianni Letta, negoziatore del Cavaliere al tavolo delle nomine – di Scaroni, già ad di Eni ai tempi del governo Berlusconi 2001-2006, quando siglò un impensabile, oggi, per gli effetti della guerra in Ucraina, largo accordo di fornitura di gas con Putin, di cui ha continuato a rivendicare l’opportunità, le altre sono scelte più scolorite. Il nuovo presidente dell’Eni, Zafarana, è l’ex-comandante generale della Guardia di Finanza. Il nuovo presidente di Leonardo, Pontecorvo, è l’ex-ambasciatore in Afghanistan noto per la brillante operazione di evacuazione di migliaia di civili al momento del ritiro degli americani, due estati fa.

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Valerio e Odifreddi tra divino e tecnologia

giovedì, Aprile 13th, 2023

Mirella Serri

Incollati davanti alla smart tv, dipendenti dall’iPhone, inseparabili dallo smartwatch al polso: la nostra nuova forma di religione, la nuova frontiera del divino è la tecnologia? Giriamo l’interrogativo a Chiara Valerio, autrice della bella ricerca La tecnologia è religione (Einaudi), e a Piergiorgio Odifreddi, matematico, logico e saggista la cui opera più famosa, Il matematico impertinente (Longanesi), sintetizza nel titolo il temperamento e la qualità del ricercatore, volto da sempre a superare barriere e luoghi comuni. I due matematici di vaglia appartengono a due diverse generazioni: Valerio, papà fisico a Frascati, classe 1978, è nata ed è cresciuta a Scauri. Ha conseguito la laurea e il dottorato in matematica all’Università partenopea Federico II, sull’argomento del calcolo delle probabilità. Il suo pamphlet La matematica è politica ha conquistato critica e pubblico. Odifreddi, nato a Cuneo nel 1950, ha come numi tutelari Bertrand Russell, matematico e intellettuale socialista democratico, e Noam Chomsky, linguista e filosofo socialista libertario, ed è uno dei massimi esperti di divulgazione scientifica e di storia della scienza.

Tecnologia e religione sono i duellanti del mondo moderno, si fronteggiano come ambiti di conoscenza e di interpretazione della realtà?

Valerio: «Per rispondere mi sembra opportuno risalire all’esperienza fatta di recente con mio nipote. Stavo sfogliando un libro con le figure e il piccolo Francesco a un certo punto ha appoggiato pollice e indice uniti sulla pagina e poi li ha separati proprio come si fa per ampliare sullo schermo le immagini di uno smartphone o di un i-Pad. Mi ha detto: “Ma questo libro non funziona”. Francesco è nato in un momento storico in cui la tecnologia ha raggiunto un grado di sviluppo così elevato che si possono confondere i fatti con le rappresentazioni e ritenerli sovrapponibili: il bambino si irrita se questo non avviene perché la tecnologia offre maggiori comodità, tra cui la ripetizione. Aggiungo un altro esempio solo in apparenza paradossale: che differenza c’è tra danzare per far piovere e schiacciare un tasto per illuminare uno schermo? In entrambi questi due casi, un nostro movimento induce un’azione che fornisce una risposta o soddisfa una richiesta. La danza della pioggia si rivolge al cielo e il dispositivo che ne attiva l’intervento è il nostro corpo. Nel secondo caso il dispositivo è un prolungamento del corpo – telefono, smartphone, telecomando – e l’invisibile a cui ci rivolgiamo è il campo elettromagnetico. In un universo in cui molte delle vicende umane sono state meccanizzate attraverso procedure algoritmiche, la tecnologia e la magia tendono a somigliarsi. Istintivamente l’uomo sostituisce l’effetto, che non sa spiegare, con la causa. Ho voluto così descrivere nel mio libro quello che oggi sta accadendo: quando si perdono i rapporti causali si tende a pensare che il mondo sia magico. La tecnologia è percepita come qualcosa di molto lontano dalla scienza e finisce che venga vissuta come una magia».

Odifreddi: «Per capire il rapporto tra tecnologia e religione possiamo ricordare il capolavoro di Arthur C. Clarke 2001: Odissea nello spazio in cui la tecnologia appare come una magia. Però, attenzione, sembrare non significa essere. La tecnologia, dice Chiara, è come fare la danza per la pioggia. I riti sono gli stessi ma i risultati sono diversi. Se uno fa la danza per la pioggia non è detto che necessariamente piova o comunque non piove perché c’è stata la danza. Dietro la tecnologia invece si nasconde la scienza. La magia poi si può intendere in due sensi: quella dei prestigiatori che non negano di stupire e affascinare attraverso dei trucchi.

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