Archive for Aprile, 2023

“Io, la Madonna e il falso miracolo delle lacrime. Ho dato 123 mila euro a una santona diabolica”

martedì, Aprile 11th, 2023

Grazia Longo

ROMA. Altro che miracolo: le lacrime della statua della Madonna di Trevignano Romano, sul lago di Bracciano, potrebbero essere sangue di maiale. Lo denuncia ai carabinieri un investigatore privato che sta cercando di contattare tutti coloro sarebbero stati truffati da Gisella Cardia, la santona custode della Madonna che lacrima. La sedicente veggente in realtà si chiama Maria Giuseppa Scarpulla, ha 53 anni e un passato da imprenditrice con problemi per un’istanza fallimentare. Negli ultimi cinque anni la donna avrebbe carpito la buonafede di molti fedeli che ogni terzo giorno del mese accorrono per assistere al miracolo.

Sul caso, la diocesi di Civitacastellana ha istituito una commissione per fare «un’indagine finalizzata ad approfondire l’eventuale fenomenologia dei fatti, che si verificano da qualche tempo a Trevignano Romano».

Intanto c’è chi ha deciso di uscire allo scoperto per raccontare il raggiro subìto, oltre al danno economico, pur non volendo presentare, per ora, una denuncia penale. Luigi Avella, 70 anni, ex funzionario del Ministero dell’Economia, laureato in giurisprudenza e teologia, ha deciso di raccontare la sua «terribile esperienza con una donna diabolica».

Perché la definisce così?
«C’è qualcosa di diabolico nel suo ostinarsi a raccontare di essere in grado di far lacrimare sangue alla statua della Madonna e nel sostenere di essere in grado di moltiplicare pizze e gnocchi».

La santona le ha mai chiesto denaro?
«Mai. Ma ho sborsato la bellezza di 123 mila euro, di cui 30 mila al marito di Gisella e gli altri alla Onlus Madonnina di Trevignano. Devo dire la verità: né Gisella né il marito mi hanno mai espressamente chiesto soldi. Ma sapevo che ne avevano bisogno».

Per quale motivo?
«Dovevano comprare materiale per le attività che fanno da contorno alla gestione del miracolo delle lacrime, come 30 panche, la recinzione del terreno, un’auto, un garage. Ho pagato tutte queste cose: lo posso provare perché ho fatto bonifici bancari».

A che periodo risalgono le sue donazioni?
«Tra febbraio e giugno 2020».

Perché lo ha fatto?
«Uscivo da un momento molto difficile dalla mia vita: mia moglie a causa di un brutto incidente stradale ha avuto problemi alla schiena e ha rischiato di rimanere paralizzata. Così, quando dopo un anno ho visto che ha ripreso a camminare bene ho voluto ringraziare la Madonna attraverso il sostegno alla Onlus».

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Nomine, la mossa del cavallo della premier: manager blindati per lanciare il Pnrr

martedì, Aprile 11th, 2023

Lucia Annunziata

Giorgia Meloni ha avviato il primo vero consolidamento del suo governo. O, a voler essere un po’ spregiudicati, ha avviato un rafforzamento (al momento senza precedenti) dei suoi poteri. Entro giovedì 13, dopodomani, dovrebbero essere messi nero su bianco in un’unica tornata i nomi dei nuovi vertici di Enel, Eni, Leonardo, Poste e Terna. E il progetto della premier è di nominare uomini da lei indicati nelle posizioni apicali proprio di queste aziende.

Domani un Consiglio dei ministri dedicato alle decisioni dovrebbe farci capire meglio questa mossa. Curiosa pretesa, quasi una prevaricazione, per un governo che fa vanto della sua unità interna. Ma è proprio questa “pretesa” a costituire la novità: è la presa di distanza del solito accordone. Proprio per questo, dicono gli osservatori, non è facile che la mossa della premier riesca. A maggior ragione val la pena dare uno sguardo più da vicino a quella che appare come una atipica mossa del cavallo. Emanuele Macaluso, scomparso da non molto, lucido fino alla fine, per spiegare la affrettata conclusione nel 2014 del governo Letta disse in una intervista a “Italia oggi”: «Letta è saltato per cinquanta manager, Renzi non poteva lasciarli all’ex premier». Con una vaga eco dei trenta dinari, il giornalista, molto amico di Giorgio Napolitano, inchiodava al muro la farfalla dell’ennesima illusione della politica: che le nomine di grandi aziende di Stato siano un atto di competenza e generosità pubblica. Un servizio ai cittadini, insom

In particolare negli ultimi dieci anni, periodo di governi brevi e scarsa riconoscibilità pubblica, le nomine sono diventate sempre più uno straordinario strumento di “consolidamento” delle deboli fondamenta di questi esecutivi. Non è accaduto con tutti, ovviamente. Ognuno dei premier ha dato a questa tendenza un’ interpretazione più o meno istituzionale, più o meno moderata. Ma in almeno tre casi le nomine sono state il cuore del passaggio politico. Di Renzi abbiamo detto – e come spesso succede il politico fiorentino ha intercettato bene il significato dei tempi. Il secondo caso di scuola è quello del presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, la cui abilità di passare senza nessun danno, da un governo con Salvini, a uno con il Pd, è spiegata proprio con il desiderio dei due partiti del Conte 2 di arrivare alle nomine. E, a proposito, guardando il calendario colpisce ancora oggi che lo stesso governo Draghi, che seguì al Conte 2, sia stato azzoppato da una crisi di governo prima del marzo in cui sarebbe partita la tornata delle nomine che avrebbe dovuto fare lo stesso Conte.

Potente tentazione, dunque, le nomine. E lo sono, evidentemente, anche per il premier Giorgia Meloni che vi è arrivata alla partita con il piglio e la lista della battaglia decisiva del suo mandato. Curioso, no? Ma non era una leader forte fortissima? Torniamo così alle domande iniziali: perché la premier ha deciso di giocare duro questa partita invece di usarla per premiare e aumentare il consenso dentro la sua maggioranza? Insomma, che cosa rimugina Giorgia Meloni in questo momento?

La risposta è in parte semplice, come si diceva: nelle nomine c’è l’idea di poter accumulare un potere dirimente. Desiderio in sé nei fatti in linea con l’altra tentazione dei tempi attuali – l’idea che in politica è dirimente un leader forte. Rimane tuttavia singolare che l’attuale governo, nonostante possa dire, come fa spesso, che a differenza dei precedenti ha legittimità piena perché ha raccolto un chiaro e forte mandato politico, abbia bisogno di “dimostrare” di avere questo forte mandato.

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“Verrà il giorno in cui il buio finirà”. Il testamento di Vladimir Kara Murza contro Putin

martedì, Aprile 11th, 2023

Jacopo Iacoboni

«So che verrà il giorno in cui l’oscurità sul nostro paese si dissiperà. Quando il nero sarà chiamato nero, e il bianco bianco. Quando sarà ufficialmente riconosciuto che due volte due fa ancora quattro. Quando la guerra si chiamerà guerra, e l’usurpatore – usurpatore. E quando coloro che hanno acceso e scatenato questa guerra, e non quelli che hanno cercato di fermarla, saranno riconosciuti come criminali. Questo giorno arriverà inevitabilmente come arriva la primavera per sostituire anche l’inverno più gelido».

Chi parla così, citando George Orwell da una gabbia di un tribunale – dove si reca per l’ultima volta, l’ultimo discorso davanti ai giudici del Cremlino, mentre la pubblica accusa chiede per lui 25 anni di galera – è Vladimir Kara Murza, uno dei principali e più temuti oppositori di Putin (in Russia si misurano quelli realmente temuti dagli anni di carcere di massima sicurezza che gli danno). Kara Murza è forse, assieme a Ilya Yashin (anche lui in carcere) il principale allievo di Boris Nemtsov, ucciso a colpi d’arma da fuoco otto anni fa, il 27 febbraio 2015, mentre attraversava il ponte Bolsoj Moskvoreckij, vicino al Cremlino, era a Mosca –particolare davvero sinistro a ricordarlo ora – per organizzare una marcia di protesta contro il governo di Putin e il suo intervento militare in Ucraina, a un anno dall’occupazione della Crimea 2014. Per l’assassinio di Nemtsov furono condannati cinque ceceni, assai a fatica, e dopo tantissimo tempo – a differenza di altri killer che vengono trovati il giorno dopo, sicari legati ai Kadyrov – i lacché ceceni di Putin.

Ora parla dal tribunale. Viene accusato ridicolmente di «tradimento». Un’ultima volta, presumibilmente, prima di un oblio che può terminare solo con la caduta di Putin. Kara Murza è stato già avvelenato due volte, l’ultima dei quali sopravvivendo miracolosamente, ma con danni evidentemente durevoli. In carcere ha perso 25 chili, e ha un uso ormai difettoso delle gambe. Bellingcat tracciò che, poco prima dell’avvelenamento, Kara-Murza era stato seguito dallo stesso squadrone del Fsb che poi nell’agosto 2021 seguì e avvelenò in Siberia Alexey Navalny. Proprio le stesse persone. Bersagli di alto profilo, evidentemente, per il Cremlino.

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Jet cinesi su Taiwan con munizioni vere: le parole di Macron diventano un caso

martedì, Aprile 11th, 2023

di Paolo Salom

Pechino accusa gli Usa per una nave a 1500 chilometri di distanza. Il portavoce Shi Yi avverte: «Truppe pronte a combattere in qualsiasi momento»

Jet cinesi su Taiwan con munizioni vere: le parole di Macron diventano un caso

Le prove di guerra sono finite. Ma i soldati non hanno riposto i loro fucili. La Cina ha completato «con successo» le esercitazioni militari attorno a Taiwan e le forze armate sono «pronte a combattere in qualsiasi momento», dichiara una nota del Comando orientale dell’Esercito Popolare di Liberazione a conclusione, ieri, di tre giorni di esercitazioni militari intorno all’«isola ribelle». Per Pechino solo una «provincia» che vuole vedere tornare «al più presto» nel suo seno: con le buone (improbabile, dopo la «normalizzazione» di Hong Kong) o con le cattive.

ORIENTE | OCCIDENTE – Taiwan è cinese, ma Xi ha altre opzioni oltre all’invasione

Dunque, dopo 72 ore di incessanti «prove» di conquista, aerei e navi sono rientrati alle loro basi continentali. Ma, avverte il portavoce Shi Yi, le truppe «sono pronte a combattere in qualsiasi momento, e a distruggere risolutamente ogni forma di separatismo, di indipendenza di Taiwan e tentativi di interferenza straniera». Quest’ultimo riferimento è all’incontro di Los Angeles tra la presidente taiwanese Tsai Ing-wen e lo speaker della Camera dei Rappresentanti Usa, Kevin McCarthy, settimana scorsa, contro cui, appunto, aveva minacciato «risolute contromisure».

Eccole le contromisure: quasi cento aerei da caccia, armati con «munizioni vere» e una dozzina di bastimenti, compresa la portaerei Shandong, fiore all’occhiello della Marina cinese, che hanno simulato il blocco dell’isola e la distruzione di obiettivi e basi «ribelli».

Immediata la condanna del ministero degli Esteri di Taiwan che ha accusato la Cina di aver minato «la pace e la stabilità» nella regione, aggiungendo come Taipei manterrà stretti legami con gli Stati Uniti «per impedire in modo congiunto l’espansionismo autoritario». In effetti, Washington, di fronte all’ennesima prova di forza, ha ordinato al cacciatorpediniere lanciamissili Milius di effettuare un passaggio nel Mar cinese meridionale — un passaggio «prudente» data la distanza, poco meno di mille miglia nautiche (1.500 chilometri), dall’area delle operazioni. Ma capace di suscitare l’immediata reazione di Pechino, dal momento che per la Repubblica Popolare quella vasta e delicatissima area del mondo è tutta compresa, a dispetto delle norme internazionali, all’interno delle proprie acque territoriali. Dunque gli Stati Uniti «si sono intromessi illegalmente» con il proprio cacciatorpediniere, che è stato «monitorato momento per momento» dal locale comando militare. In realtà, le manovre anti-Taiwan non hanno suscitato soltanto la risposta americana. In Allarme anche il Giappone dove sono stati mobilitati due gruppi di aerei per sorvegliare le navi cinesi. Tokyo ha confermato per la prima volta che le navi si stavano muovendo in aree vicino a Okinawa, estremo sud del Giappone, dove corre una linea immaginaria che segna il confine tra Occidente e spazio cinese.

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Superbonus, conviene iniziare i lavori adesso? Ecco come non perdere gli sconti

martedì, Aprile 11th, 2023

di Gino PagliucaSuperbonus, conviene anche al 90%?

Condomini e proprietari di villette che non hanno presentato la comunicazione di inizio lavori entro il 16 febbraio scorso, la cosiddetta Cilas, non potranno più ricorrere al Superbonus. O, meglio potranno farlo, usufruendo dell’aliquota ridotta al 90%, ma dovranno anticipare le spese di tasca loro o ricorrere al finanziamento ai tassi attuali di mercato e sperare di essere capienti nei quattro anni successivi per ottenere le detrazioni fiscali: uno scenario del tutto irrealistico. Questa è una delle conseguenze della conversione in legge del decreto 16 febbraio 2023 con cui sono cambiate, per l’ennesima volta e forse in maniera definitiva, le regole dei bonus edilizi.Il decreto, nella versione licenziata dal Parlamento, lascia invariate scadenze e aliquote stabilite dalla Legge di bilancio, ma presenta novità fondamentali in tema di cessione del credito e cerca di salvaguardare, con esiti tutti da verificare, i contribuenti e le imprese che hanno compiuto i lavori lo scorso anno e non sono ancora riusciti a cedere il credito.

Cessione del credito o sconto in fattura: chi può farlo?

Orientarsi tra le continue modifiche legislative, capire se e come si ha diritto a uno dei tanti bonus edilizi non è per niente facile. Per questo abbiamo riassunto nelle tabelle tutto quello che si deve sapere in modo da non fare regali al Fisco ed evitare futuri accertamenti. Per quanto riguarda il Superbonus la situazione ora è questa: la cessione del credito o lo sconto in fattura è possibile per i condomini, le case plurifamiliari fino a quattro unità residenziali a proprietà unitaria e le abitazioni indipendenti che hanno diritto al Superbonus solo se la Cilas è stata presentata entro il 16 febbraio. Potranno invece usufruire ancora della cessione le operazioni avviate dagli Iacp, dalle onlus e dalle cooperative. Lo stesso vale per le operazioni riguardanti abitazioni situate in aree colpite da eventi sismici o da inondazioni e che hanno ancora diritto al superbonus 110% fino a fine 2025.
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Le novità introdotte e i limiti

In sede di conversione parlamentare è stata introdotta, sempre per la cessione del credito, un’importante modifica per chi sta per comprare casa. La data che conta è sempre quella del 16 febbraio ma ora si considera la presentazione della Cilas e non, come era in origine, la registrazione del preliminare di compravendita; non è un particolare da poco perché tra la stipula del compromesso e la sua registrazione possono passare anche 30 giorni. Altra modifica molto importante riguarda la possibilità di presentare varianti alla Cilas senza che questo infici il diritto alla cessione: è presumibile infatti che molti condomini alle prese con la ristrettezza dei tempi a disposizione decideranno di ridimensionare le opere. Più articolata la situazione per gli altri bonus; nei casi in cui è prevista la richiesta di un’autorizzazione edilizia o di una comunicazione asseverata non ci sono problemi: basta che siano antecedenti al 17 febbraio 2023. Quando invece si tratta di lavori di edilizia libera (ad esempio, sostituzione di infissi) la faccenda si complica. Infatti è necessario dimostrare che i lavori sono iniziati prima del 17 febbraio 2023, mediante pagamenti (ad esempio con il «bonifico parlante»), o che sempre, prima di quella data, sia stato stipulato un contratto vincolante tra committente e impresa, da dimostrarsi mediante un atto notorio da sottoscrivere con conseguenze penali in caso di mendacio. Sono esclusi da questo vincolo i lavori riguardanti il bonus barriere architettoniche.

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BUONA PASQUA

sabato, Aprile 8th, 2023

DA NONSOLOFOLE

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Calenda e il malumore per Renzi direttore del “Riformista”: «Così si confondono i ruoli»

venerdì, Aprile 7th, 2023

di Casare Zapperi

Il leader del Terzo polo sull’alleato alla guida del quotidiano: «Un fulmine a ciel sereno. C’è un rischio di conflitti di interesse»

Calenda e il malumore per Renzi direttore del “Riformista”: «Così si confondono i ruoli»

La notizia del nuovo impegno Matteo Renzi gliel’ha comunicata giusto un quarto d’ora prima che diventasse di dominio pubblico. E già questo a Carlo Calenda , alleato e co-pilota del progetto che porterà il Terzo polo a dare vita a un partito unico entro ottobre, non è parso un gesto di grande sensibilità («è stato un fulmine a ciel sereno» ha confidato ai suoi collaboratori). Ma quella è la forma, pur rilevante. Il leader di Azione è più che preoccupato, per non dire irritato, per la sostanza. Perché dall’avventura dell’ex premier come direttore del Riformista teme possano arrivare solo grattacapi (politici, s’intende).

«C’è un rischio di conflitti di interesse» spiega Calenda a Tagadà su La7. Con i suoi è ancora più diretto: «Quando Renzi prenderà una posizione, lo farà come esponente politico o come direttore? Lui ha fatto il paragone con Veltroni a l’Unità e Mattarella al Popolo. Ma quelli erano giornali di partito, si muovevano lungo una linea politica ben definita. Il Riformista è un quotidiano indipendente, non è e non sarà l’organo del Terzo polo».

Il presidente di Azione non è stato interpellato prima che l’alleato decidesse di accettare la proposta dell’editore Alfredo Romeo (coimputato del padre del senatore di Rignano nell’inchiesta Consip). Ma ripete una sua vecchia convinzione sui tanti ruoli che Renzi ama interpretare. «Quando è finita l’esperienza da ministro — sottolinea — per un anno io non ho accettato né consulenze né incarichi da privati. Se vogliamo rifare l’Italia dobbiamo essere in grado di garantire assoluta trasparenza. La chiarezza dei ruoli per me è indispensabile». Calenda più volte ha detto in pubblico che chi fa politica si deve dedicare in esclusiva a quella, anche se la legge non impedisce di accettare inviti a condividere con società o stati esteri le competenze maturate nell’impegno pubblico.

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Cdm, salta la norma per «riassumere» i pensionati d’oro nella pubblica amministrazione. Scontro Salvini-Lollobrigida

venerdì, Aprile 7th, 2023

di Monica Guerzoni

Il no di Meloni: «Ingiusto nei confronti di tanti che hanno le carte in regola per ruoli di vertice nella macchina pubblica»

Cdm,  salta la norma per «riassumere» i pensionati d'oro nella pubblica amministrazione. Scontro Salvini-Lollobrigida

ROMA – La telefonata di Silvio Berlusconi alla premier e a Salvini, lo scontro sul decreto siccità, la norma (poi saltata) che puntava a salvare i «pensionati d’oro» della pubblica amministrazione e la cautela sulle nomine ai vertici di Consob e dell’agenzia Sport e Salute. Consiglio dei ministri intenso, quello di ieri.

È sera quando fonti di governo fanno trapelare la tensione che ha contrapposto il vicepremier leghista e il ministro dell’Agricoltura, seccato perché Salvini avrebbe provato a «mettere il cappello» su un provvedimento che anche Francesco Lollobrigida ha fortemente voluto. Ai meloniani non è sfuggito il silenzio dei vertici della Lombardia a guida leghista sull’istituzione della cabina di regia coordinata dal leader del Carroccio e più d’uno ha insinuato: «I mal di pancia leghisti sono contro il decreto o contro Salvini?».

Martedì il Consiglio dei ministri tornerà a riunirsi e torneranno sul tavolo le questioni irrisolte, a cominciare dalle nomine dei vertici Consob e dalla riforma di Sport e Salute: il ministro Andrea Abodi era pronto e forse aveva anche in mente il sostituto di Vito Cozzoli. Ma, senza polemica e con spirito costruttivo, il vicepremier Antonio Tajani ha chiesto di prender tempo perché in pre-consiglio il tema non era stato affrontato. E perché pare che un invito alla cautela sia arrivato anche dal Quirinale.

A cadere nel Cdm di ieri è stato anche il vecchio Enit, l’ente nazionale del turismo che la ministra Daniela Santanché ha voluto rifondare in Enit Spa. Ed è fallito il tentativo di una parte del governo di consentire un altro giro di giostra ai pensionati e pensionandi «d’oro» ai vertici della Pa, cancellando gli effetti della legge di Marianna Madia del 2014. Diversi ministri ci lavoravano da giorni sottotraccia. Attraverso le limature dei tecnici speravano di riuscire a infilare nel decreto sulla Pa la possibilità di affidare incarichi retribuiti ai dirigenti pensionati e di trattenere in servizio i pensionandi: una norma che avrebbe riguardato tutte le amministrazioni coinvolte nella realizzazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza.

Quando Giorgia Meloni comincia a parlare il leader della Lega ancora non è arrivato. E quel che la premier afferma davanti ai «big» del governo è l’esatto contrario di quanto Salvini aveva sperato di sentirle dire. «Comprendo che alcuni di voi vorrebbero trattenere in servizio persone di grande esperienza con le quali hanno costruito un rapporto di fiducia, ma gli italiani non capirebbero — ferma i giochi Meloni — Dobbiamo fare tutti un sacrificio».

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Berlusconi, la leucemia cronica e l’insufficienza renale: le cure e le speranze della famiglia

venerdì, Aprile 7th, 2023

di Simona Ravizza

Il leader di Forza Italia è in terapia intensiva ma la malattia è trattabile e i figli e il fratello si dicono «più sollevati». I problemi ai reni ora sotto controllo, l’azione per ridurre i globuli bianchi

Berlusconi, la leucemia cronica e l’insufficienza renale: le cure e le speranze della famiglia

Dopo i timori e il grande spavento, è il momento del cauto ottimismo. Perlomeno della speranza. È troppo presto per tirare un sospiro di sollievo, ma le condizioni di Silvio Berlusconi ricoverato dall’altroieri in Terapia intensiva al San Raffaele sono in leggero miglioramento. La diagnosi di leucemia cronica, scoperta oltre un anno fa, non è rara visti gli 86 anni compiuti. L’ex premier ora è sotto chemioterapia.

La lotta è contro i globuli bianchi alle stelle: il tentativo di farli scendere è affidato a una pastiglia, che non comporta effetti fastidiosi anche psicologicamente come la caduta dei capelli e la nausea. I forti dolori alla schiena che hanno afflitto il leader di Forza Italia negli ultimi tempi sono una delle conseguenze della malattia.

Come sta Silvio Berlusconi, oggi: gli aggiornamenti in diretta

In questo contesto va inserito anche il ricovero di quattro giorni dal 27 al 30 marzo. E legati alla leucemia sono soprattutto i rischi di processi infiammatori che la grave patologia del sangue può scatenare a cascata. La polmonite è uno di questi: di qui la cura antibiotica che potrà dare a breve i primi effetti.

L’altro problema che ha fatto preoccupare è l’insufficienza renale , che ora appare sotto controllo. In chi ben conosce lo stato di salute del premier c’è la voglia di credere che anche stavolta il fondatore di Fininvest e di Mediaset darà prova della sua capacità di reagire, come già avvenuto in passato. Ma allo stesso tempo c’è la consapevolezza che non bisogna cadere in eccessi di ottimismo. Cautela, è la parola che ripete chi più gli sta vicino.

La leucemia, anche se in forma cronica, rende Berlusconi come gli altri malati un soggetto immunodepresso: in queste condizioni ogni minima complicazione può fare cambiare il quadro clinico da un momento all’altro. Il miglioramento delle sue condizioni viene, comunque, definito incoraggiante.

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Xi vuole Taiwan Ma non è gradito

giovedì, Aprile 6th, 2023

di Danilo Taino

Il partito ora al governo, il Dpp della presidente Tsai, ha abbandonato l’idea di una Cina sola e sostiene lo status quo di Taiwan indipendente di fatto, non potendo puntare a formalizzare l’indipendenza perché ciò provocherebbe l’invasione da parte della Cina.

I taiwanesi favorevoli all’unificazione con la Cina erano il 15,9% del totale della popolazione nel 2018. Alla fine del 2022 sono scesi al 7,2%: l’1,2% la vorrebbe «il più presto possibile», il 6% ritiene che sarebbe bene mantenere, per ora, lo status quo e nel frattempo muoversi per preparare nel tempo l’abbraccio a Pechino. Il resto — a parte un 5,6% di cittadini dell’isola che non risponde — non vuole rinunciare alla migliore democrazia dell’Asia per finire sotto il controllo del Partito Comunista di Xi Jinping. In questo momento, le opinioni degli abitanti di Taiwan sui rapporti da tenere con il vicino sono ancora più importanti del solito. La presidente del Paese Tsai Ing-wen ha incontrato ieri in California lo speaker della Camera dei Rappresentanti Usa Kevin McCarthty e altri membri del Congresso. Pechino ritiene che il governo di Taipei non abbia diritto di avere rapporti con politici di alto livello di Paesi, come gli Stati Uniti, che hanno accettato il principio di Cina Unica e che non riconoscono l’isola come Nazione indipendente. Quindi minaccia «misure risolute» in risposta all’incontro californiano: sono già iniziate ieri, vedremo come si svilupperanno.

La questione è ancora più rilevante perché all’inizio del 2024 si terranno le elezioni presidenziali a Taiwan e il governo cinese sta già operando affinché le vinca il Kuomintang, il partito taiwanese più gradito a Pechino, sostenitore esso stesso dell’idea di Cina Unica. Il partito ora al governo, il Dpp della presidente Tsai, ha invece abbandonato l’idea di una Cina sola e sostiene lo status quo di Taiwan indipendente di fatto, non potendo puntare a formalizzare l’indipendenza perché ciò provocherebbe l’invasione da parte della Cina. L’Election Study Center di Taiwan conduce un sondaggio di opinioni dal 1994, quando il 20% della popolazione era favorevole all’unificazione.

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