Archive for Aprile, 2023

Pd, rivolta contro Schlein: “La prossima batosta”, chi vuole farla saltare subito

giovedì, Aprile 6th, 2023

Elisa Calessi

I dati definitivi delle elezioni in Friuli Venezia Giulia hanno, per la prima volta dal 26 febbraio, cambiato l’umore al Nazareno. È vero che Elly Schlein non ha responsabilità nella scelta di candidati e alleanze. Ma il quadro consegnato dal voto friulano riapre un problema fin qui rimosso: le alleanze. Il Pd è risultato il quarto partito con il 16,49%. Due punti in meno rispetto al 2018 (18,11%). Il candidato del centrosinistra, appoggiato da Pd e M5S insieme, si è fermato al 28,37%. Meno della metà del vincitore, Massimiliano Fedriga. Sotto il 30%. Peggio di sempre. Per non dire degli alleati: M5S, fermo al 2,4 per cento, e il Terzo Polo (che correva da solo) al 2,7%.

Un esito che ripropone il dilemma: come fare a costruire una coalizione competitiva? È vero che alle elezioni europee ognuno correrà da solo. Ma poi arriveranno le Politiche. E in mezzo ci saranno vari turni di amministrative. Il primo a breve, il 14 e 15 maggio. Si voterà in 793 comuni, di cui 110 superiori ai 15mila abitanti. In Toscana vanno al voto Massa, Pisa e Siena ein tutti e tre i casi il centrosinistra rischia di perdere. Così come è complicata la situazione in Sicilia, dove si vota a Catania, Ragusa, Siracusa, Trapani. E stavolta, per Elly Schlein, non ci saranno scuse.

MANCA LA SQUADRA
Poi c’è il problema, tutt’altro che risolto, degli assetti interni. La squadra della segreteria ancora non c’è. Dovrebbe essere annunciata oggi o domani. Ma l’impressione è che la strada sia ancora lunga. E i malumori cominciano ad affiorare. «Sono passati più di 30 giorni dall’elezione di Elly, nemmeno dovessimo fare il Consiglio di sicurezza dell’Onu…», chiosava, ieri, un dem.

Le ragioni dello stallo sono tante. Dice un deputato dem di area Bonaccini: «Al momento non c’è alcuna trattativa tra lei e Stefano. Manca proprio il contatto». Come a dire: siamo a zero. Altro parlamentare, sempre di area Bonaccini: «Quali sono i problemi? Finora non è proprio arrivata alcuna proposta dalla segretaria». Indagando l’area della maggioranza, non va meglio. «Non so, non sono informato, vediamo…», dice un deputato vicinissimo a Elly Schlein.
«Elly», dice chi sta in mezzo, «non ha fretta». Preferisce stare nelle piazze, ai flash mob (vedi quello per Giulio Regeni mentre si votava in Friuli). Scelta che i sondaggi sembrano premiare. Ma, in sua assenza, i topi ballano. E fremono. Basta vedere i tanti gruppetti che si formano a Montecitorio, sfogatoi di un malcontento per ora tenuto a freno. Che farà Elly?, si chiedono tutti. Qualcuno l’ha sentita? Sono ancora da completare gli uffici di presidenza del gruppo e va istruita la pratica della sostituzione di Chiara Braga come segretario d’Aula, incarico che deve lasciare essendo stata eletta capogruppo del Pd a Montecitorio. «E rischiamo di perderlo, perché lì si vota in Aula», dice un altro.

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Meloni e Sanchez dimenticano le distanze: azione comune su sbarchi e Pnrr

giovedì, Aprile 6th, 2023


Adalberto Signore

Meloni e Sanchez dimenticano le distanze: azione comune su sbarchi e  Pnrr

Italia e Spagna sono in sintonia sui principali temi dell’agenda europea, dall’immigrazione al Pnrr, passando per la riforma del Patto di stabilità. È questo il senso delle dichiarazioni alla stampa di Giorgia Meloni e Pedro Sanchez al termine del bilaterale di Palazzo Chigi. Il primo vero faccia a faccia tra i due, visto che quello in agenda lo scorso dicembre all’Eu Med-9 di Alicante saltò per un’indisposizione influenzale della premier. Un incontro nel quale il segretario del Psoe e la leader di Fdi scelgono volutamente di lasciare da parte le inevitabili distanze che separano due partiti lontanissimi tra loro. E si concentrano sui dossier europei dove l’approccio è invece convergente.

Una scelta che non riguarda solo i circa 18 minuti di dichiarazioni congiunte alla stampa (senza domande), ma che caratterizza anche il bilaterale e il successivo pranzo. D’altra parte – spiegherà Sanchez rientrando a Madrid, durante quasi un’ora di briefing in aereo con i giornalisti spagnoli – la tappa di Roma fa parte di quel tour per le capitali europee che il primo ministro spagnolo sta facendo da settimane in vista del prossimo semestre di presidenza dell’Unione europea, che dal primo luglio passerà proprio alla Spagna. Peraltro, il leader socialista non ha alcun interesse ad aprire fronti che potrebbero avere delicati ricaschi interni, visto che – guardando non solo alle amministrative e regionali del prossimo 28 maggio, ma anche alle elezioni generali che attendo la Spagna in autunno – Sanchez sta tarando buona parte della sua campagna elettorale usando toni piuttosto allarmistici verso un eventuale affermazione di Vox. Un partito con cui Fdi ha una grande affinità, tanto che a giugno dello scorso anno Meloni fu ospite applauditissima a un comizio a Marbella (dove si votava per la presidenza dell’Andalusia).

Grande sintonia, dunque, soprattutto sul capitolo migranti. Anche perché Italia e Spagna condividono condizioni simili. Se noi siamo preoccupati dai flussi in arrivo da Libia e Tunisia, Madrid teme quelli di Algeria e Marocco. Di qui la convinzione che si debba accelerare per quella che Palazzo Chigi definisce una «soluzione europea» al problema, ovviamente in stretto contatto con la Commissione Ue. Nel semestre di presidenza spagnolo, concordano Sanchez e Meloni, il dossier avrà un’accelerazione. L’Europa – spiega la premier – deve dare «risposte efficaci e immediate» già «dal prossimo Consiglio europeo» in programma il 29 e 30 giugno. Roma e Madrid, però, giocheranno di sponda anche sulla riforma del Patto di stabilità nel tentativo di fare fronte comune con i cosiddetti Paesi frugali del nord Europa. Servono, spiega Meloni, «regole di governance economica che diano alla crescita sufficiente attenzione», invece di «concentrarsi sulla stabilità».

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Il piagnisteo acchiappaclic della donna di Elly

giovedì, Aprile 6th, 2023

Francesco Maria Del Vigo

Alla fine il trucco è sempre lo stesso: lamentarsi pubblicamente per la improvvisa visibilità ottenuta per ottenerne ancora di più. Perché in fondo è sempre chic fingersi annoiati e anche un po’ disgustati per essere finiti sulla prima pagina di un rotocalco. Si scrive privacy e si legge voglia di follower. In tutti i sensi.

Certo, non abbiamo dubbi che Paola Belloni (nella foto), compagna della neo segretaria del Pd Elly Schlein, avrebbe preferito finire sulla copertina di Micromega o di Internazionale, invece che su Diva e Donna, ma da qualche parte bisogna pur sempre incominciare, no? Per un ritratto sul New Yorker c’è sempre tempo.

Così lunedì sera – immaginiamo dopo cogitabonde meditazioni e dibattiti rigorosamente collegiali – la first lady dell’opposizione rompe gli indugi e affida tutto il suo livore per la privacy violata a un post pubblicissimo sul suo profilo accessibile a chiunque su Instagram. Il tutto corredato da una bella foto posata, con tanto di fotografo taggato. Alla stregua delle più rodate influencer.

E poi principia la rampogna con una prosopopea in bilico tra il sempiterno nannimorettismo, la dialettica di una assemblea di istituto incastrata in un infinito loop sessantottino e – non c’è neppure bisogno di dirlo – tutte le ossessioni lgbtqia+. «Non mi hanno vista arrivare e quindi hanno tirato fuori i teleobiettivi», attacca citando la Schlein, ma pure la Meloni. E poi subito due colpi di schwa da mandare ko il buon senso: «Car* giornalist* di @divaedonna_settimanale, comunicare a mezzo stampa l’intimità affettiva di una persona è un atto ingiusto e si chiama outing. Io ne son stata travolta, ma per fortuna non annichilita». Si parte col vittimismo e si arriva subito alle rivendicazioni di genere, anche se forse la massima rivendicazione sarebbe stata proprio non nascondere la propria relazione, ma quelli sono fatti così privati che infatti adesso le recriminazioni vengono ostese su un social pubblico: «In Italia non abbiamo il matrimonio egualitario, non abbiamo tutele per i figli e le figlie di famiglie omogenitoriali, non abbiamo una legge contro l’omolesbobitransfobia. Il coming out è una scelta personale, che deriva anche da un’analisi della propria rete sociale». Si sente già profumo di politica, molto radical e ancor di più chic, perché alla fine – non senza ironia – il problema era (come direbbero gli influencer) l’outfit: «Ammetto però che la foto con la papalina di lana in testa e con il sacchetto dei bisogni di Pila in mano era notevole.

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Don Mazzi: «A 20 anni odiavo i sacerdoti, un po’ li detesto ancora. Con Corona e Lele Mora ho solo perso tempo»

giovedì, Aprile 6th, 2023

di Stefano Lorenzetto

Il prete: «Ho vissuto la morte di mio papà come un’ingiustizia da parte di Dio. Il Vaticano andrebbe svuotato. Se non esistesse, la Chiesa andrebbe meglio»

Don Mazzi: «A 20 anni odiavo i sacerdoti, un po’ li detesto ancora. Con Corona e Lele Mora ho solo perso tempo»
Don Antonio Mazzi (Fotogramma)

A 93 anni, don Antonio Mazzi confessa di non sentirsi vecchio. «Mi sono solo rotto le scatole. Fatico a infilarmi le calze e a vestirmi». Della salute non si preoccupa: «Mi hanno rimosso un tumore dalla testa, fatto l’angioplastica alle coronarie, messo il pacemaker, sono quasi cieco dall’occhio destro per una maculopatia. Ma finché il Capo non alza il telefono… La morte è diventata una compagna di vita».

Che cosa le ruba più tempo?
«La scrittura con carta e penna: testi per tre giornali, un libro appena uscito, due in cantiere. La lettura: cinque quotidiani al giorno. I ragazzi di Exodus che vengono a confidarsi, ma sono la mia vita».

Credevo la preghiera.
«Quella è “nel” tempo. Non me lo porta via. È diverso».

Ha chiesto udienza al Papa.
«Mi ha convocato lui, tramite la segreteria di Stato. Non a Casa Santa Marta, ma nel Palazzo apostolico, dove riceve la gente seria, infatti dopo di me c’era l’ambasciatore del Giappone, Seiji Okada, in visita di congedo. È la terza volta. Lo conobbi a Buenos Aires quand’era cardinale».

Lei vuole esiliarlo in Africa.
«No, spedirei laggiù i cardinali, a pulirsi le scarpe. Invece Francesco ad Assisi con il suo bastone. Il Vaticano va svuotato e bruciato. Se non esistesse, la Chiesa andrebbe molto, molto, meglio».

Che cos’ha chiesto al Papa?
«Di istituire la Giornata degli adolescenti e di scrivere una lettera ai padri. Non mi ha risposto né sì né no. Ma lo sguardo parlava da sé».

Se lei avesse un figlio che si taglia di proposito gambe e braccia, che farebbe?
«Piangerei insieme a lui».

A che età gli metterebbe in mano uno smartphone?
«Quando me lo chiede».

Quindi anche a 10 anni?
«Glielo darei. Gli spiegherei come usarlo. Così come gli insegnerei ad andare in bici».

Dalla bici non esce il porno.
«Meglio la bici, concordo. Il sesso non è un gioco. Non accetto che diventi un vizio».

La pedofilia è molto peggio.
«I futuri preti dovrebbero vivere fuori dai seminari fino ai 18 anni. Chi passa la prima parte della vita in un luogo chiuso, avrà dei problemi. L’adolescente deve combinare i suoi pasticci. Non mi fido di chi fa sempre il bravo».

Disse l’attempato discolo…
«Avevo 10 mesi quando mio padre morì. Mia madre non l’ho mai sentita vicina. Le dicevo: lascia in pace papà, non c’è più, pensa ai tuoi due figli. Aveva una bella voce, ma non cantava mai. Vestiva di nero come le donne del Sud in lutto perpetuo. Mi mandò dai Buoni Fanciulli del futuro san Giovanni Calabria».

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Pnrr, l’inganno degli alberi da piantare: interrati solo i semi

giovedì, Aprile 6th, 2023

di Milena Gabanelli e Gianni Santucci

L’Europa ci finanzia (tanto: 330 milioni) per piantare nuovi alberi intorno alle città (tantissimi: 6 milioni e 600 mila piante). L’Italia però, per ora, sta mettendo in terra soltanto dei semi. Secondo il collegio di controllo concomitante della Corte dei conti, l’equiparazione non sta in piedi. I carabinieri, incaricati delle verifiche, sostengono la stessa tesi: non possono «collaudare» progetti di forestazione urbana senza vedere gli alberi. E così, se l’equivalenza albero-seme ipotizzata dal Ministero dell’ambiente non verrà accettata dalla Commissione europea, l’Italia rischia di disperdere la possibilità offerta dal Piano nazionale di ripresa e resilienza: creare nuovi boschi intorno alle 14 Città metropolitane per combattere l’inquinamento (abbiamo tre procedure di infrazione aperte) e contrastare l’effetto «isola di calore» in estate.

I requisiti del bando

Il documento da cui partire è l’avviso pubblico per aderire ai bandi del Pnrr. Risale al 30 marzo 2022. Il piano riservato alle Città è articolato in 3 anni: 74 milioni nel 2022, per piantare almeno un milione e 650 mila alberi entro l’anno, ovvero 1.700 ettari di boschi. Stesse risorse, per lo stesso numero di alberi, nel 2023. La parte restante, nel 2024. Dalla primavera 2022 dunque, le Città iniziano a individuare le aree per i nuovi boschi (zone dismesse, abbandonate, ex cave) e i vivai pronti a piantare gli alberi. Il tempo non è molto. E c’è un problema, già segnalato da fine 2021: il rischio di non trovare, in meno di un anno, 1,65 milioni di alberi da «mettere a dimora». La siccità amplifica i problemi. Le difficoltà sono oggettive.

Pochi alberi e molti semi

La soluzione arriva il 18 maggio 2022. Il Ministero dell’ambiente pubblica un chiarimento per le Città metropolitane nel quale spiega che, per raggiungere l’obiettivo del 2022, prevede «l’uso di semi finalizzati al rimboschimento». E nei mesi successivi firma una convenzione con l’azienda vivaistica della Regione Umbria, Umbraflor: diventerà un macro serbatoio di semina, al quale tutte le Città potranno attingere. Sulla carta, tutto procede al meglio. Il Ministero infatti a fine anno riceve l’aggiornamento lavori dalle Città e conclude: «Entro il 31 dicembre 2022, l’obiettivo è stato conseguito con la messa a dimora di 2.025.170 semi e piantine, di cui 1.504.796 direttamente dalle Città metropolitane e 520.374 in adesione alla convenzione Umbraflor». Target non solo raggiunto, ma ampiamente superato. A questo punto, però, bisogna rispondere a due domande. La prima: la gran massa degli alberi, e cioè il milione e 650 mila che da fine 2022 dovrebbero già costituire i giovani nuovi boschi, almeno in parte li stiamo piantando o no? E l’interrogativo collegato: la Commissione europea accetterà l’equiparazione tra semi (che diventeranno piantine, che poi andranno spostate e trapiantate) e alberi già piantati? Ad oggi non si è ancora espressa. Ma andiamo con ordine.

Le verifiche

Nella seconda metà del 2022, il Collegio di controllo della Corte dei conti (che ne ha il compito istituzionale) inizia a verificare come procedono i lavori. E incarica i comandi provinciali dei carabinieri di fare accertamenti. Questi sono i risultati: nella maggior parte dei casi, spiegano i militari a fine 2022, le Città metropolitane sono ancora in «fase di progettazione.
Catania:
«Non è stata messa a dimora alcuna essenza forestale». Messina: «Si presume che per la data del 10 dicembre 2022 non verranno messe a dimora piantine (444 mila, ndr)». Palermo: «Lavori sospesi». Bologna: «Le operazioni di messa a dimora sono state effettuate per complessive 1.100 piante». Genova: «Da un primo controllo delle ditte che hanno partecipato al bando… sono stati riscontrati già casi di denunce per turbativa d’asta o truffe nella percezione di pubbliche erogazioni». In conclusione: numero di nuovi alberi intorno alle città quasi nullo (comunque neppure stimabile). Al contrario, nei vivai sono stati interrati moltissimi semi.

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Il Papa e l’udienza al freddo (dopo l’infezione e il ricovero): «Sono ancora vivo»

giovedì, Aprile 6th, 2023

di Aldo Cazzullo

L’udienza all’aperto, nonostante il ricovero per un’infezione polmonare. Bergoglio gira in sedia a rotelle per i saluti e risponde alle domande: «Santo Padre, ci ha fatto spaventare. Come sta davvero?»

Il Papa e l’udienza al freddo (dopo l’infezione e il ricovero): «Sono ancora vivo»

Alle 9 meno 10 del mattino, quando Francesco appare sulla Papamobile circondato da bambini in cappellino bianco, fa più freddo che a Natale. Eppure l’udienza del mercoledì prima di Pasqua è prevista all’aperto, qui in piazza San Pietro. E il Papa è reduce dall’infezione polmonare e dal ricovero al Gemelli.

«Quest’udienza l’ha organizzata padre Georg o qualche altro nemico» scherza un fedele. Gli altri però non colgono l’ironia e appaiono sinceramente preoccupati. Sono migliaia, ma ci sarebbe stato posto nell’Aula Paolo VI, al coperto. Invece il Papa si siede sotto il baldacchino, riscaldato dai pannelli elettrici del tetto, ma esposto al vento e al gelo; e comincia a tossire. I fedeli seguono con apprensione ogni suo movimento. Ora Francesco ha chiesto un bicchiere d’acqua. È tutto un brusio: «Il Papa sta male, il Papa sta male…». «Non capite? Ha voluto tenere l’udienza all’aperto proprio per far vedere che sta bene, che ce la fa, che ora celebra pure la Via Crucis e la Messa di Pasqua!». Il Papa adesso si fruga nella tasca alla ricerca di qualcosa. Fazzoletto? Rosario? No, la custodia degli occhiali da lettura.

Quando prende la parola, la tensione si scioglie. La sofferenza o anche solo il disagio di Bergoglio diventano fuoco, energia. «Perché tanta indifferenza verso Dio? Perché tanto male nel mondo? Guardate quanto male c’è nel mondo!». Francesco scuote le coscienze, come sempre: «Perché le disuguaglianze continuano a crescere? Perché la sospirata pace non arriva? Perché quella sensazione che i tempi passati fossero migliori e che nel mondo, magari pure nella Chiesa, le cose non vadano come una volta?».

La risposta il Papa la dà nella sua lingua madre, il castigliano, salutando i fedeli che sventolano bandiere argentine, spagnole, boliviane. «La Pasqua può essere un nuevo comienzo, un nuovo inizio. È sempre il momento per cominciare. Per convertire il male in bene, il dolore in amore. Per dimenticarci di noi stessi». Il narcisismo, l’accumulazione dell’inutile – «a Santa Marta, dove abito, abbiamo deciso di disfarci delle cose superflue per darle ai bisognosi: erano tantissime» -, il maquillage per nascondere le ferite: «Ma poi il trucco cola, e resti con la tua vera faccia. Quella che Dio ama».

Ora il Papa parla a braccio, senza leggere: «Quando potevo andare in giro – mi è sempre piaciuto andare in giro, adesso non mi lasciano più – mi piaceva vedere gli sguardi della gente. Ma spesso erano sguardi tristi. Gente che va in giro parlando con se stessa. Gente sempre china sul telefonino». Una signora in seconda fila ride, il Papa un po’ ride con lei, un po’ la rimprovera: «Sì, tu ridi, ma guarda che è così! Tutti sempre con il telefonino!».

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Il rischio diaspora tra gli azzurri

giovedì, Aprile 6th, 2023

Marcello Sorgi

Senza nulla togliere – anzi, aggiungendosi – al coro di auguri levatisi anche dai più acerrimi avversari di Berlusconi, si può dire che il ricovero del Cavaliere al San Raffaele, il secondo in pochi giorni, ha rinfocolato nelle chiacchiere di corridoio a Montecitorio l’interrogativo su cosa sarebbe di Forza Italia, non nel caso in cui il leader venisse a mancare, ma anche se dovesse accentuarsi la forzata assenza a cui è costretto da oltre un anno.

Negli ultimi tempi c’è stato chi ha messo in dubbio la reale convinzione con cui il Fondatore avrebbe pilotato l’accostamento filogovernativo del suo partito, voluto in realtà – s’è detto – dai figli Marina e Piersilvio, soprattutto dalla prima, che avrebbe costruito uno stretto rapporto personale con la premier Meloni. Quanto ci sia di politico e quanto di aziendale nella svolta, non è neppure il caso di chiederselo: si sa che la politica di Forza Italia è sempre stata un mix di questi due elementi, che possono coincidere o essere divergenti, in rari casi, ma tendono sempre a sovrapporsi.

Il nome di Marina Berlusconi è già venuto alla ribalta altre volte, in tema di successione. E non c’è dubbio che in un momento in cui è donna la presidente del consiglio e donna la leader del principale partito d’opposizione, l’ingresso in scena di una terza first lady, con cognome e personalità forti e curriculum manageriale di tutto rispetto, non potrebbe che essere incoraggiata dalle circostanze: se lei volesse, e non è affatto detto che lo voglia, Marina insomma potrebbe accompagnare l’ultima fase del regno del padre come in parte sta già facendo, insieme alla compagna Marta Fascina, in attesa di prenderne il posto.

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Renzi, Il Riformista e la teoria dell’alibi. Centomila ruoli, nessuna responsabilità

giovedì, Aprile 6th, 2023

Gabriele Romagnoli

No, neppure lui «l’hanno visto arrivare»: Matteo Renzi direttore di giornale, del Riformista. La sorpresa lo entusiasma quanto la cosa in sé: «Siamo stati bravini, non l’abbiamo detto neppure allo specchio». Che pure frequenta spesso, non fosse che per confidargli le sue vaste brame. Questa forse non l’aveva neppure, ma gliel’hanno proposto (Gianni Cuperlo, Piero Sansonetti, Alfredo Romeo, la sua coscienza riformista) e come poteva rifiutare? Quando nella vita hai fatto tutto quel che sognavi, non ti resta che andare a vedere com’è quel che non avevi mai desiderato. Se puoi. E lui può. Un giro su sé stesso et voilà, ecco la nuova incarnazione. Ci sono i tuttologi e i tuttisti: Renzi, la seconda che ho detto. Per lui il giornalismo è la continuazione della politica con altri mezzi. Non vede contraddizioni o controindicazioni. «Non lascio, raddoppio». In realtà: non lascia, disgiunge.

Da quando la sua parabola ha iniziato la discesa, la notte del referendum, (4 dicembre 2016), che feralmente ricorda come tutti gli scampati alla propria fine, Renzi ha creato una nuova dottrina politica, inevitabilmente personale. Riformismo? Liberal-socialismo? Centrismo? No, è la teoria dell’alibi. O meglio, di una ubiquità intermittente che consente di coprire più ruoli senza assumersi la responsabilità di alcuno. Se il partito crolla a un’elezione regionale, lui era impegnato come maratoneta. Se l’alleanza non funziona, lui non ne era il leader, ma un conferenziere in giro per il mondo.

Quante cose è stato Renzi da quella notte, quanti altrove ha visto, quanti alibi di ferro. L’uomo dell’e/o. Sempre pronto a scegliere la congiunzione più adatta al momento. Speaker internazionale, consulente in Arabia Saudita, consigliere d’amministrazione in Russia, conduttore di una docu-serie televisiva dedicata a Firenze, king-maker, king-killer, ha fatto nascere il Conte 2, ha ucciso il Conte 3, contro Salvini, con Salvini. Ha dissipato l’eredità di Gramsci e non ha riscosso quella di Berlusconi. Che colpo sarebbe stato se l’editore Romeo gli avesse affidato l’altro suo giornale, l’Unità. Come idea di marketing però è ancor meglio Il Riformista. Che direttore sarà? In conferenza stampa glissa sul precedente di Veltroni e ricorda “umilmente” quello di Mattarella. Si intuisce che gli provoca più prurito Elly Schlein di Giorgia Meloni. Cita due pensatori: Mike Bongiorno e Flavio Briatore. Il contratto non è ancora firmato. Non si conosce il compenso, ma la durata sì: un anno. «Poi vedrò che cosa fare da grande». Lo è già stato. Ieri.

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Paura per Berlusconi, le voci sulla leucemia. Barelli (FI): “Non mi risulta”. Prima notte in terapia intensiva, in mattinata un nuovo bollettino medico

giovedì, Aprile 6th, 2023

A CURA DELLA REDAZIONE

Prima notte in terapia intensiva per Silvio Berlusconi, l’ex premier e leader azzurro, 86 anni, ricoverato (di nuovo dopo la settimana scorsa), da ieri all’ospedale San Raffaele di Milano. Non sono stati diramati bollettini medici ma le condizioni sono ritenute serie. Berlusconi è stato sottoposto a una serie di controlli e poi trattenuto per un affanno respiratorio, si sospetta una polmonite che potrebbe essere la conseguenza di una leucemia. Ma queste per adesso sono voci non confermate. In mattinata forse sarà diffuso il bollettino medico ma a deciderlo sarà il professor Alberto Zangrillo a cui è affidato il reparto in cui si trova l’ex premier. Ieri la visita dei figli e del fratello, con la compagna Marta Fascina. «Silvio è una roccia, ce la farà anche stavolta» aveva dichiarato Paolo Berlusconi lasciando l’ospedale. Ma la preoccupazione è forte. Numerosi i messaggi di vicinanza e pronta guarigione arrivati, anche dalla premier Giorgia Meloni. Intanto all’esterno del San Raffaele, da ieri, sosta una folla di giornalisti.

Berlusconi ricoverato, il fratello Paolo: “Condizioni stabili, è una roccia!”. Il figlio PierSilvio sorridente fuori dall’ospedale

Per approfondire:
Il podcast di Massimo Giannini – Il Cav e il Berlusconismo, biografia della Nazione
Il retroscena – La successione che agita Forza Italia: “Non dovevamo stancarlo così”

La giornata di ieri – Respiro affannato e problemi di globuli bianchi. Il fratello Paolo: “È una roccia, ce la farà”Punti chiave

Barelli (FI): “Leucemia? Non mi risulta”

«Non mi risulta quello che dicono sulla leucemia. Tutto il mondo è preoccupato per Berlusconi, che lascia il segno della sua attività. Oggi ci sarà un bollettino medico che mi auguro dia sollievo». Così il capogruppo alla Camera di Forza Italia Paolo Barelli, sulle condizioni di salute di Silvio Berlusconi ricoverato al San Raffaele, durante Non stop news su RTL 102.5 con Enrico Galletti, Massimo Lonigro e Giusy Legrenzi. «Il presidente Berlusconi ha riscontrato un’infezione postuma di qualcosa che già aveva. Era stato ricoverato per accertamenti, mi risulta che abbia passato una notte tranquilla e nelle prossime ore capiremo l’evoluzione. Speriamo positiva». 08:41

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Vigilanza Rai, vertice tutto al femminile: Floridia eletta presidente, vice Boschi e Montaruli

mercoledì, Aprile 5th, 2023

di Antonella Baccaro

È la seconda donna alla guida della bicamerale, dopo Rosa Russo Iervolino, in carica dal 1985 al 1987: «Faremo in modo che la Rai mantenga indipendenza e pluralismo

 Vigilanza Rai, vertice tutto al femminile: Floridia eletta presidente, vice Boschi e Montaruli

Ci sono voluti cinque mesi e mezzo ma alla fine la commissione parlamentare di Vigilanza Rai ha una presidente: Barbara Floridia del M5S, che oggi ha ricevuto 39 voti su 42. Donne anche le sue due vice: Maria Elena Boschi (Az-Iv), già ministra del governo Renzi, che ha ottenuto 19 preferenze e Augusta Montaruli (FdI), 16 voti, la sottosegretaria all’Università che si è dovuta dimettere, nel febbraio scorso, per una condanna per peculato. Stefano Candiani (Lega) e Ouidad Bakkali (Pd) sono stati eletti segretari della stessa commissione.

La nomina di Floridia, è stata preceduta da mesi di trattative all’interno dell’opposizione, durante i quali sono emerse anche le candidature di Boschi e Nicola Zingaretti (Pd) ma anche di Riccardo Ricciardi dello stesso M5S. Il primo a augurare buon lavoro alla neoeletta è stato il leader del suo movimento, Giuseppe Conte, che ha scritto: «Il pluralismo e il diritto dei cittadini a essere correttamente informati sono principi cardine della democrazia. Li tuteleremo con la massima determinazione». Complimenti sono giunti anche da Raffaella Paita e Maria Stella Gelmini (Az-Iv) e da Alberto Barachini (Fi), sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega all’informazione a all’editoria, già presidente della commissione nella precedente legislatura.

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