Archive for Aprile, 2023

La libertà non deve farci paura

mercoledì, Aprile 5th, 2023

Elena Stancanelli

Se avessi desiderio di pensare l’immaginario italiano, se ritenessi utili degli Stati italiani della cultura nazionale, se dunque partecipassi al convegno che si svolgerà domani all’Hotel Quirinale accanto, tra gli altri, al ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano, inizierei senz’altro dalle parole del sindaco di Rimini. Usate in risposta alla cancellazione del murales (che era stato autorizzato) nella sua città: “Le sentinelle della libertà hanno provveduto alla liberazione di Rimini passando una mano di vernice bianca sul murale di via Savonarola. Savonarola non a caso: c’è sempre un rogo, o un pennello che censura e cancella, nella testa degli intolleranti e dei violenti. Quelli che tra loro si chiamano difensori sempre di qualcosa: della città, del buongusto, del genere, della razza, della bellezza (la loro) contro il brutto (degli altri). Umana pietà per queste povere persone, per la vita che fanno: il bianco della loro vernice è l’assenza di colore della loro vita… senza pensare che l’opera di cancellazione è inutile non tanto e non solo perché comunque un altro murale verrà, ma perché con questo “atto” hanno per sempre reso immortale l’uomo che allatta. Volendo toglierlo dalla quotidianità lo hanno direttamente elevato alla permanenza permanente”. Al convegno sopra citato, dove ci si interrogherà sui fondamenti della cultura del nostro paese, riterrei cruciale ricordare, come ha fatto il sindaco, Girolamo Savonarola. Ribadire con forza che fondamento della nostra cultura è il rifiuto per l’intolleranza e la violenza, proprio perché siamo stati intolleranti e violenti e corriamo il rischio di tornare a esserlo. Così come, per definire l’immaginario italiano, userei senza alcun dubbio le parole con cui stigmatizza chi difende le proprie idee in modo violento e intollerante. Noi (italiani) non siamo, o non vogliamo essere, quelli che trasformano tutto in una crociata, che pensano “se non piace a noi è brutto, se offende noi è offensivo, se si scosta dal nostro modello è sbagliato”.

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Bersani: “Meloni e La Russa stanno tradendo la Costituzione su cui hanno giurato”

mercoledì, Aprile 5th, 2023

Francesca Schianchi

A tre settimane dalla Festa della Liberazione, l’ex segretario del Pd Pier Luigi Bersani, ospite a Metropolis, il web talk del gruppo Gedi, fa la sua previsione su Giorgia Meloni e i suoi colonnelli: «Non festeggeranno il 25 aprile, e questo è un problema serissimo».

Cosa intende, Bersani?
«Quando la seconda carica dello Stato rilancia falsità fasciste contro la Resistenza, quando la presidente del Consiglio parla di sgrammaticatura o mette sotto il titolo di “italiani” le vittime delle Fosse Ardeatine, è chiaro che stanno tradendo la Costituzione antifascista su cui hanno giurato».

Sta lanciando un allarme?
«C’è chi chiede: perché, cosa fanno, la marcia su Roma? Non ridicolizziamo. Il problema è che l’antifascismo della Costituzione è intimamente connesso ai valori della Costituzione: se a uno non piace l’antifascismo della Costituzione, come fa a piacergli il principio di uguaglianza dell’articolo 3? O la fiscalità progressiva? E infatti stanno facendo politiche sociali ed economiche corporative, gerarchiche, tendenzialmente autarchiche. Certo, non si torna al 1920, però c’è una linea che non è coerente con la nostra Costituzione».

Cosa dovrebbe dire o fare la premier per essere, come dice lei, coerente con la nostra Costituzione?
«Dire la parola “fascismo”, e cosa ne pensa. Prendere almeno atto che questa è una Costituzione antifascista, che lei si rende conto di aver giurato su questo e quindi non può dare copertura a qualunque revanscismo fascistoide che gira. Quando vedo che fai fisco per categorie, aggiungi voucher e subappalti a gogo, fai l’autonomia differenziata, hai in testa una certa idea che culturalmente è il trascinamento all’epoca del 4.0 di quei valori là».

Manca la presa di posizione chiara che fece Fini?
«Fini provò a dire “fascismo male assoluto”. Io azzardo a dire che oggi, culturalmente, mi sembra un restyling del Movimento sociale: ci siamo lasciati alle spalle la fase in cui questa destra cercò di rendersi coerente col quadro costituzionale. D’altronde questo corrisponde a un’Europa dove stanno succedendo novità».

Anche in Finlandia ha vinto la destra…
«Le destre che conoscevamo diventano destra-destra. Lasciamo stare parole come “populismi”: non è una destra liberale, o sociale, è una destra regressiva».

Le piace l’idea del liceo del Made in Italy?
«Ho fatto il liceo classico. Ma ho girato molto per i campi, magari ne so più della premier».

A proposito di campi: il ministro Lollobrigida invita i percettori di Reddito ad andarci a lavorare, invece di stare sul divano…
«Parla col linguaggio da bar. Io le code le vedo davanti alla Caritas, lui le vede davanti a Poltrone e sofà, cosa volete che vi dica».

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La primavera di Salvini. Riporta in alto la Lega e blinda la leadership

mercoledì, Aprile 5th, 2023

Fabrizio De Feo

Non è la prima volta che accade, ma anche questa volta per la Lega il requiem è suonato troppo presto. Dopo il deludente risultato delle Politiche dello scorso settembre, il partito di Matteo Salvini continua a registrare segnali interessanti e recuperare consenso. L’ultimo squillo è arrivato dal Friuli dove il centrodestra ha doppiato il centrosinistra e il Carroccio ha confermato il trend positivo. La Lega si è confermata primo partito alle Regionali con il 19,02% delle preferenze (34,91% nel 2018). Al secondo posto c’è Fratelli d’Italia con il 18,13% (5,49% nel 2018), al terzo una new entry, la Lista Fedriga, con il 17,74%, voti che si fa fatica a non ricondurre in larga parte all’area leghista.

Il risultato friulano arriva dopo i buoni riscontri ottenuti nelle urne in Lazio e Lombardia, regione dove la Lega, il 13 febbraio, si è attestata sul 16,5%, a cui va aggiunto il 6,2% della lista Fontana. Ben oltre il 13% dei consensi ottenuti alle Politiche nella Regione in cui è nato il progetto di Umberto Bossi. Matteo Salvini, insomma, rialza la testa e torna a mostrare una Lega capace di poter competere. Certo i sondaggi segnano ancora una distanza molto importante dal partito di Giorgia Meloni, ma il leader della Lega è convinto di aver iniziato la risalita. Inoltre con Massimiliano Fedriga alla guida del Friuli Venezia Giulia per cinque anni e Luca Zaia per altri due anni in Veneto, Salvini è consapevole di avere una leadership blindata e di poter valorizzare al massimo i suoi governatori, carte vincenti sul territorio e figure dotate di un forte appeal presso l’elettorato. Con un occhio alle opere pubbliche, terreno di rilancio del consenso su cui misurarsi nell’arco della legislatura. «In questo momento Salvini ha in mano il Ministero del Fare» dice Massimiliano Romeo.

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Schlein moltiplica le corrrenti dem che voleva chiudere ecco i neo-ulivisti

mercoledì, Aprile 5th, 2023

Paolo Bracalini

«Basta con correnti e capibastone» disse Elly Schlein appena eletta nuovo segretario Pd. Nel frattempo ha già perso la prima elezione da segretaria, in Friuli Venezia Giulia. Ed è anche passato quasi un mese e mezzo senza che sia ancora riuscita a nominare la segreteria nazionale del partito, battendo in lentezza tutti i suoi predecessori (con l’eccezione di Zingaretti, almeno per ora). Ma Elly sta riuscendo in un’altra impresa, non quella di eliminare le correnti piaga storica del Pd, ma addirittura di farle aumentare. Negli ultimi giorni si registra infatti la nascita di una nuova corrente, i «Neo Ulivisti». Un nome importante che nasconde però un’operazione di maquillage. Si tratta in effetti degli ex fedeli di Enrico Letta, nel frattempo decaduto da leader (dopo la batosta elettorale alle politiche è rimasto deputato semplice) e in cerca di ricollocamento lavorativo adeguato al curriculum da ex premier (a Sciences Po di Parigi, però sembra che non ci sia più posto).

Senza più il loro referente, i lettiani (i deputati Marco Meloni, Anna Ascani, Enrico Borghi) che avevano sostenuto Bonaccini alle primarie, si sono così reinventati come ulivisti per la Schlein. Secondo il Foglio l’operazione sarebbe eterodiretta proprio da Letta, convinto che la Schlein sia l’unica leader capace di rilanciare il partito. Mancavano in effetti gli ulivisti ex lettiani nella mappa delle correnti Pd. Ma ci sono altri nuovi affluenti. In effetti grazie alla Schlein le Sardine hanno fatto il loro ingresso ufficiale nel Partito Democratico, e dalla porta principale. Non si è solo iscritto al Pd Mattia Santori, ma anche l’altra sardina, Jasmine Cristallo, nominata nientemeno che nella Direzione Nazionale dei dem. Dunque, benvenuta corrente Sardine.

Ma non è mica finita. Altra grande novità dentro il Pd è il ritorno dei fuoriusciti bersaniani e dalemiani, quelli di Leu e Articolo Uno. Il partitino di Speranza è stato sciolto, i dirigenti sono passati in massa al Partito Democratico, mentre Articolo Uno è diventato formalmente una associazione. Di fatto, una corrente del nuovo Pd, presente alla Camera con una piccola pattuglia di tre deputati: Nico Stumpo, Arturo Scotto e Maria Cecilia Guerra. In attesa del ritorno a casa di Pierluigi Bersani, mentre D’Alema sembra ormai definitivamente impegnato in altre più redditizie attività.

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Paola Belloni, la compagna di Elly Schlein, esce allo scoperto e attacca: «Contro di me un atto ingiusto»

mercoledì, Aprile 5th, 2023

di Martina Pennisi

Il post Instagram della compagna della segretaria del Partito democratico: per la prima volta conferma e commenta la relazione, accusando i giornali di aver fatto outing

Paola Belloni, la compagna di Elly Schlein, esce allo scoperto e attacca: «Contro di me un atto ingiusto»
Paola Belloni (foto da Instagram)

«Comunicare a mezzo stampa l’intimità affettiva di una persona è un atto ingiusto e si chiama outing. Io ne son stata travolta, ma per fortuna non annichilita, perché ho una rete amicale e familiare che mi sostiene». Paola, che adesso ha anche un cognome: Belloni, esce allo scoperto e commenta le voci e le foto sulla sua relazione con la segretaria del Partito democratico, Elly Schlein .

In un post Instagram con una foto posata, la donna accusa la testata che per prima ha pubblicato la sua foto — mentre il nome era già noto — di averla esposta contro la sua volontà: «Mi rendo conto che essere la compagna di una figura pubblica vi abbia fatto pensare di avere il diritto di esporre me quanto è esposta lei», scrive.

E tocca i temi che le stanno a cuore: «In Italia non abbiamo il matrimonio egualitario, non abbiamo tutele per i figli e le figlie di famiglie omogenitoriali, non abbiamo una legge contro l’omolesbobitransfobia. Siamo un Paese dove migliaia di “Spatriati”, per dirla con Desiati, vivono o lasciano le proprie province pieni di graffi e di segreti. Il coming out è una scelta personale, che deriva anche da un’analisi della propria rete sociale».

Chiude con una battuta: «Ammetto però che la foto con la papalina di lana in testa e con il sacchetto dei bisogni di Pila in mano era notevole. Avete regalato meme alle mie amiche per i prossimi dieci anni». E una speranza: «Detto tutto questo ora torno alla mia vita privata che spero resti sempre la stessa. Anche se senza papalina. L’ho buttata».

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Usiamo tutti i fondi del Pnrr: faranno crescere il Paese

mercoledì, Aprile 5th, 2023

di Francesco Giavazzi

L’idea che l’Italia possa rinunciare a queste risorse, o anche soltanto ad una piccola parte di esse, si è riflessa istantaneamente in un aumento dello spread

N egli ultimi due anni il nostro debito pubblico è sceso, in rapporto al Prodotto interno lordo (Pil), di 10 punti: un risultato strabiliante in un biennio in cui i conti pubblici hanno chiuso con un rosso del 6,4 per cento del Pil. Non accadeva da quarant’anni a questa parte.

La spiegazione di un risultato così sorprendente è in realtà semplice. Per far scendere il rapporto tra l’indebitamento dello Stato e la ricchezza prodotta dai cittadini e dalle imprese, cioè il Pil, serve che l’economia cresca. Il ritorno dell’inflazione nella seconda parte dello scorso anno ha un po’ aiutato. Ma non è stata (o comunque non soprattutto) la corsa dei prezzi che ha abbattuto del 10 per cento il rapporto tra debito e Pil.

È questo il motivo per cui gli investitori internazionali, che possiedono poco meno di un terzo del nostro debito, seguono con apprensione il dibattito politico sul Piano di rilancio e resilienza. Forse non è un caso il fatto che lunedì sera, dopo l’invito del capogruppo della Lega alla Camera, Riccardo Molinari, a valutare se rinunciare a parte dei fondi del Pnrr, il premio al rischio sul nostro debito, cioè lo spread dei Btp rispetto ai titoli di Stato tedeschi, ha fatto un saltino in su: 5 punti, pari a circa il 3 per cento in più in poche ore. E questo nonostante le rassicurazioni arrivate dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni.

Complessivamente, il Pnrr vale più del 10 per cento del Pil. Spendere quelle risorse in quattro anni, come ci siamo impegnati a fare, significa realizzare un punto e mezzo di crescita in più quest’anno e il prossimo, e tra i 2 e i 3 punti in più nel 2025-26, secondo le stime del ministero dell’Economia costruite usando il modello econometrico Quest III disegnato per l’Italia dalla Commissione europea.

A questo va aggiunta la spinta proveniente dalle riforme, che sono parte integrante del Pnrr: dal nuovo codice degli appalti, alla giustizia, alla concorrenza. Sempre il modello della Commissione, simulato dagli economisti del Mef, stima un effetto addizionale sul Pil, dovuto a queste riforme, pari a 3,5 punti nel 2026.

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Assegno unico, al via il nuovo simulatore Inps per il calcolo dell’importo: come funziona

mercoledì, Aprile 5th, 2023

di Massimiliano Jattoni Dall’Asén

Doveva prendere il via a marzo, in concomitanza con l’aumento degli importi del nuovo Assegno unico, ma si è dovuto attendere aprile. Ora, finalmente, il nuovo simulatorie dell’Assegno unico per i figli è accessibile sul sito dell’Inps e senza autenticazione, strumento necessario e guida per le famiglie che vogliono conoscere il calcolo dell’importo che sarà loro corrisposto nel 2023 sulla base delle nuove regole introdotte con la legge di Bilancio. Famiglie

Assegno unico figli, da marzo arriva il nuovo: come aggiornare l’Isee e ottenere l’aumento

di Alessia Conzonato

Gli aumenti per il 2023

Come sappiamo, per il 2023 sono stati incrementati del 50% gli importi spettanti ai minori, entro il primo anno di vita, e ai nuclei familiari numerosi (almeno tre figli, con età tra uno e tre anni, e fino a 43.240 di Isee, e la maggiorazione forfettaria per nuclei con almeno quattro figli). Inoltre, sono stati stabilizzati gli aumenti effettuati nel corso del 2022 in favore dei figli disabili maggiorenni ed è stato confermato l’incremento dell’eventuale maggiorazione transitoria per i nuclei con figli disabili. Va ricordato che questi aumenti sono svincolati da quelli legati all’adeguamento della prestazione all’inflazione (da gennaio il ritocco è stato dell’8,1%). Welfare

Come funziona

Il simulatore è accessibile a questo link, che, come detto, è accessibile senza Spid o Carta d’identità elettronica. L’applicazione propone all’utente una serie di domande in successione che cambiano dinamicamente in base alle risposte via via fornite, evitando di presentare quesiti non inerenti. Se una risposta è incompatibile con quelle precedente, viene segnalata con un messaggio di errore. Al termine della simulazione viene visualizzato l’importo calcolato sulle informazioni fornite dall’utente (senza un confronto con quanto risulta nelle banche dati dell’Istituto). L’Inps sottolinea che la simulazione non comporta la presentazione della domanda. Per chiedere l’Assegno Unico, infatti, si deve seguire l’apposita procedura disponibile sul sito web Inps, utilizzando le credenziali (Spid, Cns, Cie), oppure tramite Patronati e Contact Center. Famiglie

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Donald e la giuria, duello raffreddato: in gioco c’è la democrazia americana

mercoledì, Aprile 5th, 2023

Lucia Annunziata

Nella serata americana, due destini si incrociano di nuovo. Mentre l’ex Presidente Trump entrava ieri nelle maglie della Giustizia, la sua ex sfidante, Hillary Clinton, veniva celebrata da una cena in un esclusivo club sulla 66esima dell’East Side, il Lotos Club che prende il nome dai “mangiatori di loto” di un poema di Tennyson. Cene di stato per grandi nomi, dal 1870. La coincidenza dei due appuntamenti non è voluta (la celebrazione di Hillary è stata decisa mesi fa), ma ugualmente è un ritratto di due persone, un uomo e una donna, ancora legati, congelati anzi, da quell’unico momento in cui hanno dominato l’attenzione di tutto il mondo. Lui ne è uscito come un presidente che nel bene e nel male ha segnato un periodo di svolta della storia americana, lei come la donna che per prima ha tentato di toccare il cielo della politica americana. Lui è un uomo che viene dal business delle costruzioni, il più pericoloso della città per rischi, storie, bugie e denaro che vi circola.

Lei è una donna di buoni studi e incredibile ambizione, simbolo di una nuova fase del femminismo: la piena presa del potere. L’intreccio, buono solo per una nota di colore laterale, pure, avvenendo sotto lo stesso cielo, nelle stesse ore, è l’ennesimo esempio che alcuni destini di sciolgono mai. Nemmeno quando vanno in rovina – lui da oggi ufficialmente un ex presidente arrestato e imputato, il primo a subire questa onta, lei una ex, che non ha mai vinto. Ma questa è New York, città di sfide estreme e memoria lunga.

Memorie di cattiverie e insulti, rancori e depressioni. Alla fine, in questo faccia a faccia non consumato, c’è il racconto perfetto del sotto testo psicologico, emotivo e politico, dell’insanabile scontro fra i democratici e Donald Trump – il gusto e la passione con cui i primi stanno inseguendo da anni il secondo, e la furia cieca con cui quest’ultimo risponde. Una ricetta perfetta per uno strappo che rischia un danno serio, se non irreversibile, alla più potente democrazia occidentale.

Della prima giornata di Donald Trump arrestato e imputato davanti a un giudice, si può dire tuttavia che per ora i segnali dello scontro a venire sono molto misti. La vicenda non ha preso la piega peggiore. Quella minacciata la settimana scorsa da Miami dall’ex presidente – sfilata a piedi per le strade di Manhattan, manette ai polsi, chiamata alla mobilitazione di masse di arrabbiati sostenitori, scontri nelle vie della città fra i pro e i contro, foto del detenuto al banco degli imputati. Il corteo di macchine scure con Trump è passato invece senza complicazioni nelle strade di New York, scontri zero, e ancora meno di zero folclore fra Corte e detenuto. Siamo ovviamente solo alle prime ore, ma, al netto di sviluppi improvvisi e imprevisti nella notte, si potrebbe parlare di un clima raffreddato. Prodotto da decisioni prese da tutte le parti in causa.

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Lo show stanco di Trump: “Ho commesso un solo crimine, difendere l’America”

mercoledì, Aprile 5th, 2023

dal nostro inviato Alberto Simoni

MAR-A-LAGO (FLORIDA).Donald Trump ha gettato definitivamente la maschera. Se qualcuno si aspettava dal tycoon moderazione e un passo indietro dopo essere stato ufficialmente incriminato dalla Corte di Manhattan davanti alla quale dal prossimo dicembre dovrà rispondere di 34 capi di imputazione, ieri sera ascoltandolo nella sala del suo club a Mar-a-Lago si è avuta invece la conferma del contrario. Il discorso – breve – di Trump è stato tutto d’attacco, infarcito di vecchie accuse, fake news, attacchi personali contro il procuratore Alvin Bragg, il giudice Juan Merchan, la sua famiglia e la figlia che collabora a suo dire con Kamala Harris. Un campionario buono – ha notato Andrew McCabe, ex reggente dell’Fbi – per i comizi rancorosi e per scaldare la folla, più che per gli stucchi, i lampadari e il lusso del suo resort di Palm Beach.

Trump è arrivato sul podio dopo aver salutato amici, invitati famigliari sulle note della patriottica God Bless America, mentre poi la gente stipata nella sala è esplosa in un coro scandendo più volte Usa.

Il tycoon è apparso stanco, provato e il discorso intriso di rivendicazioni e rabbia ne è stato la dimostrazione. Non un guizzo, non una novità. Non sappiamo cosa gli avvocati gli avevano consigliato, sappiamo però che il giudice aveva invitato l’ex presidente a moderare i toni e il linguaggio per non favorire esplosioni di violenza fra i sostenitori. Un ammonimento pronunciato alla luce dei post su Truth in cui Donald la scorsa settimana aveva parlato di «morte e distruzione» se incriminato.

Fuori dall’ingresso di Mar-a-Lago, si era radunata una piccola folla, nulla a che vedere con altre riunioni o comizi. Tante bandiere, macchine bardate di vessilli e gadget Trump 2024 e colori rosso accesso di MAGA (Make America Great Again). Caroselli con clacson e pick up rombanti più da celebrazioni di uno scudetto che per la politica. Ma Trump è eroe e martire per parte dell’America, idolatrato come un divo dello sport. Alle 8, poco prima che Trump iniziasse a parlare, però meno di 50 persone erano davanti alla residenza.

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La pantomima di Ignazio

martedì, Aprile 4th, 2023

Gian Carlo Caselli

Come magistrato, dovendomi occupare – in tempi e circostanze molto diversi – di terrorismo rosso e di violenze riferibili a frange No Tav, sono stato tacciato da qualche disinvolto benpensante di essere “fascista”. Un’accusa falsa e oltraggiosa. Ovviamente sempre respinta.

Una situazione simile, ancorché rovesciata, sembra profilarsi oggi quando i protagonisti di certe performance sono indicati come fascisti, post o tout court. Definizione che molti di costoro vorrebbero ancora rivendicare ufficialmente perché in effetti le loro radici politico-culturali affondano nel Ventennio e nella Fiamma. Ma non possono permetterselo se non togliendo spazio alla strategia – molto apprezzata nella loro area – del revisionismo fittizio (editoriale di Massimo Giannini di domenica scorsa), che ha come obiettivo di riscrivere la storia (e la Costituzione) passando per la cancellazione di ogni differenza tra fascismo e antifascismo. Un corto circuito, un letto di Procuste non facile da gestire per i nostalgici. E qualcuno può anche sbarellare.

Ad esempio proclamando che l’azione partigiana di via Rasella del 23 marzo 1944 non colpì soldati nazisti delle SS ma semi-pensionati di una banda musicale. Per di più mimando, due volte, il gesto di chi suona una chitarra (neanche una tromba o un tamburo…), come documenta la registrazione della boutade. Alla quale è poi seguita la rettifica che sì, erano nazisti; accompagnata però da una precisazione che peggiora le cose: la notizia della banda musicale non si sa se fosse errata, ma è stata presa per buona in quanto più volte pubblicata. Mentre è evidente che per avventurarsi in certe ricostruzioni servono dati precisi e non confusi ricordi tratti magari da qualche vecchio opuscolo del Fronte della Gioventù.

Il protagonista di questa singolare pantomima (si sa) è nientemeno che la seconda carica dello Stato, il presidente del Senato Ignazio La Russa. Per cui non si tratta di polvere che si possa nascondere sotto un tappeto (tanto più se c’è il precedente di un busto del Duce a lungo ostentato in casa a mo’ di prezioso souvenir, poi traslocato dalla sorella). Certamente è difficile anche solo ipotizzare qualche possibile rimedio.

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