Archive for Aprile, 2023

Sviste e strafalcioni da sanare alla svelta: l’eredità difficile del governo Draghi

sabato, Aprile 1st, 2023

Pasquale Napolitano

Dalla sagra del torrone ai bandi del Pnrr. Anche i «migliori» sbandano. E così è accaduto che il governo Draghi, acclamato da tutti per gestire al meglio i 191,5 miliardi di euro assegnati dall’Italia dall’Europa nel post pandemia, sia scivolato sulla classica buccia di banana. Un «incidente» di percorso, che ora contribuisce, insieme ad altri ritardi, a rallentare l’attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, mandando in fumo una parte di quei soldi. Di cosa parliamo? Della scelta, che apre a molti dubbi, di inserire nel decreto Recovery (decreto legge 152/2021), approvato durante il governo Draghi, tra i soggetti attuatori del Pnrr le Camere di commercio. Il provvedimento stabilisce che «per assicurare l’efficace e tempestiva attuazione degli interventi del Piano le amministrazioni centrali, regionali e locali possono avvalersi del supporto tecnico-operativo, oltre che di enti vigilati e di società a prevalente partecipazione pubblica, anche degli enti del sistema camerale».

Con il termine «soggetto attuatore» si intende l’ente o l’autorità chiamata a predisporre gare e procedure d’appalto per l’assegnazione dei fondi assegnati con il Pnrr. In pratica, stiamo parlando del fulcro essenziale dell’interno piano. Oggi l’Europa contesta all’Italia proprio il ritardo nell’esecuzione dei progetti. Una svista o un errore grossolano? Le Camere di commercio non hanno strutture tecniche e legali per gestire appalti di svariati e svariati milioni di euro. Inevitabile, quasi scontato, lo stallo nell’esecuzione delle procedure. In Italia le Camere di commercio si occupano di altro: Fiera del torrone, piuttosto che della sagra della castagna o della salsiccia. E in alcuni casi, come a Napoli, l’ente ha preso in carico gli addobbi natalizi. Invece nel decreto, voluto dai «migliori» di Draghi, dovrebbero costruire ponti, ammodernare la rete idrica, realizzare infrastrutture come strade e binari. L’altra anomalia, che sta incidendo pesantamente sui ritardi, è contenuta nello stesso decreto: le Province. Sì, proprio le Province che Renzi aveva «abolito» dovrebbero oggi gestire il più importante piano economico dal secondo dopoguerra ad oggi. Anche questa scelta sta avendo un peso enorme sui ritardi. Le Province sono enti ormai svuotati e desertificati. I dipendenti sono in fuga o in larga parte demotivati. Non c’è personale specializzato per gestire le gare. Lo scivolone draghiano diventa clamoroso, se si pensa che nello stesso decreto sono state esclude le Asi, ossia i consorzi di sviluppo industriale che per legge sono stazioni appaltanti. E dunque già regolarmente si occupano di gare e appalti. Tranne che per il Pnrr. Le Asi, dal Veneto alla Sardegna, hanno strutture ad hoc per gli appalti. Oggi però sono tagliate fuori. «I consorzi Asi sono stati immotivatamente esclusi dal Pnrr dal governo Draghi. Malgrado gli enti abbiano strutture tecniche Le Camere di Commercio, le quali non hanno certo infrastrutture, sono considerate enti attuatori e le Asi no. Comprendiamo perché il Pnrr ha difficoltà ad andare avanti. Comunque il nostro auspicio è che il presidente Meloni e i ministri Fitto e Giorgetti recuperino l’errore del precedente Esecutivo prevedendo, in tempi rapidi, la possibilità per le Asi di partecipare ai bandi Pnrr sulle materie di propria competenza» – tuona al Giornale Luigi Barone, presidente Asi Benevento e portavoce Nazionale Ficei (Federazione consorzi economici industrializzati). Una doppia svista. Si sta provando a rimediare all’errore con il pressing sul ministro Fitto.

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Conte molla la Schlein in odore di ko alle urne “Il M5s correrà da solo”

sabato, Aprile 1st, 2023

Laura Cesaretti

Tra Elly e «Giuseppi» (come lo chiamava l’amico Trump) è ormai guerra aperta.

Il capo dei Cinque Stelle Conte sceglie – con curioso senso dell’opportunità politica – proprio il Friuli Venezia Giulia, dove il suo partito e il Pd sono alleati alle Regionali di domani, per annunciare che «il Movimento non ha alcuna difficoltà a continuare a correre da solo», anzi: meglio soli che mal accompagnati. Nessuno pensi dunque che il Friuli sia «un laboratorio» di alleanze future, perché «le intese si fanno quando c’è l’opportunità di condividere obiettivi politici chiari e molto ambiziosi, e impegni certi per i cittadini». Se no «meglio andare da soli». E sbatte la porta in faccia a Schlein, che aveva lanciato l’invito a «chiudersi in una stanza per trovare un accordo» e coordinarsi come opposizione: «Preferisco una passeggiata all’aperto, si respira meglio», dice a Repubblica.

Lunedì il capo dei Cinque Stelle dovrà vedersela con un risultato che si preannuncia assai magro per il suo partito («Qui è tanto se arriviamo al 4%», confidano i grillini locali), e intanto i sondaggi continuano a dare M5s in discesa e il Pd in salita. E questo alimenta la sua fretta di «smarcarsi», come spiegano i suoi, e di provare a mettere in difficoltà la Schlein, contestandole il ruolo di leader dell’opposizione.

Il voto regionale di domani crea problemi anche al Pd: «Sono segretaria solo da 20 giorni, anche se sembra un secolo: questo non è un test su di me», avverte Elly Schlein dal Friuli, dove è andata per la volata finale della campagna elettorale, mettendo le mani avanti. La sconfitta del candidato governatore di centrosinistra (l’autonomista Massimo Moretuzzo, sostenuto da Pd e Cinque Stelle) e la riconferma di Massimiliano Fedriga vengono date pressoché per scontate da mesi, e la neo-leader, comprensibilmente, non vuole vedersela mettere in conto dai critici interni e dagli avversari. Tanto più che candidato e coalizione sono stati costruiti a fine 2022 (su spinta della ex capogruppo dem, la friulana Debora Serracchiani, e dell’ex ministro grillino Stefano Patuanelli), quando Elly era solo una dei candidati al congresso Pd.

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L’allarme di De Guindos (Bce): “Il sistema bancario è solido, ma stanno aumentando rischi e incertezze”

sabato, Aprile 1st, 2023

dal nostro inviato Fabrizio Goria

CENOBBIO. Non è il 2008. È netto il messaggio di Luis de Guindos, vice presidente della Banca centrale europea (Bce), che dalle sponde del Lago di Como spiega come il sistema bancario dell’eurozona sia solido e resiliente. Parole rassicuranti per la platea del workshop The European House – Ambrosetti. La liquidità non è un problema, dice, e ci sono tutti gli strumenti necessari per fronteggiare le emergenze. Sedersi sugli allori, tuttavia, non è possibile. L’incertezza era elevata. E gli ultimi eventi l’hanno amplificata. Eventi che potrebbero «ostacolare la trasmissione della nostra politica monetaria». L’attenzione deve essere massima, dice De Guindos.

«La stabilità finanziaria è essenziale per l’obiettivo primario della Bce della stabilità dei prezzi. Gli eventi delle ultime settimane ci hanno ricordato i vantaggi di una regolamentazione bancaria forte e armonizzata e l’importanza di completare l’unione bancaria. Stiamo monitorando attentamente gli sviluppi nei mercati finanziari e nelle istituzioni finanziarie». È calmo il vice di Christine Lagarde. Il tono delle parole però fa trasparire che la situazione non sia così serena. «Il settore bancario dell’area dell’euro è resiliente, con solide posizioni patrimoniali e di liquidità ben al di sopra dei requisiti minimi», rassicura. Inoltre, «le banche attualmente soddisfano gran parte del fabbisogno di liquidità con l’attività più liquida disponibile: le riserve detenute presso la banca centrale». Questa situazione, afferma, «è molto diversa da quella del 2008 e del 2009». Da allora è stata istituita «una vigilanza bancaria europea armonizzata e abbiamo compiuto buoni progressi nell’attuazione del programma globale di riforma della regolamentazione lanciato all’indomani della crisi finanziaria globale». Ma, questo l’ammonimento, “non c’è spazio per l’autocompiacimento».

La lezione di Lagarde: “Inflazione troppo alta, non molliamo la presa”

dal nostro inviato Francesco Spini 31 Marzo 2023

Il caso Svb, ma anche quello del Credit Suisse e di Deutsche Bank «hanno accresciuto l’incertezza, che potrebbe ostacolare la trasmissione della nostra politica monetaria in tutta l’area dell’euro». E probabilmente «assisteremo a un ulteriore aumento del costo del finanziamento delle banche, a un inasprimento degli standard di credito e a una decelerazione della crescita dei volumi dei prestiti». Potrebbe anche «verificarsi un calo della fiducia dei consumatori e degli investitori e una minore domanda aggregata complessiva». Tuttavia, ha sottolineato, «è troppo presto per trarre conclusioni sull’impatto che tutto ciò avrà sulla crescita e sull’inflazione». La turbolenza «potrebbe essere di breve durata, ma se emergono effetti di amplificazione, appariranno nei dati».

In questo contesto di maggiore incertezza, bisogna mantenere la barra dritta. «Il nostro approccio per ridurre l’inflazione al nostro obiettivo del 2% a medio termine rimarrà dipendente dai dati». È per questo che serve osservare tutti i dati sui prezzi. «Riteniamo che l’inflazione complessiva diminuirà considerevolmente quest’anno, mentre la dinamica dell’inflazione di fondo rimarrà solida», ha sottolineato. Vale a dire, nuovi rialzi dei tassi.

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Il quartiere Coppedè, da un secolo la fiaba architettonica di Roma

sabato, Aprile 1st, 2023

È una specie di grande salotto della Capitale dove ville e palazzi sontuosi sembrano galleggiare in una dimensione senza tempo, tra fontane, affreschi e sculture

di Luca Bergamin

Il quartiere Coppedè, da un secolo la fiaba architettonica di Roma

È nascosto, ma non per la volontà di non farsi trovare, tra la Chiesa di Santa Maria Addolorata a Piazza Buenos Aires e il Liceo Ginnasio Giulio Cesare cantato da Antonello Venditti. I pavoni sulla facciata ricoperta di mosaici della parrocchia cara alla comunità argentina capitolina costituiscono i primi indizi della simbologia zoomorfa che rende curioso e spettacolare il quartiere Coppedè, oltre che unico visto che questo borgo che si sviluppa coi suoi teatrali villini intorno a Piazza Mincio è l’unico ad avere preso il nome da quello dell’architetto così eccentrico da creare uno stile proprio, appunto il Coppedè da Luigi, l’esponente più eclettico della omonima Casa Artistica attiva in Firenze. shadow carousel

Più o meno da un secolo è l’arco di via Dora (la toponomastica qui è tutta fluviale e se vi si giunge in un giorno di pioggia, come accade spesso nella primavera romana, ci si sente come trasportati da una all’altra delle oltre quaranta dimore liberty) dal quale pende un lampadario in ferro battuto con pendagli a forma di scudetti sui quali sono scolpiti cavallucci marini, a dare la prima impressione che si sta entrando in un grande salotto all’aria aperta di pietra e mattoni. Sull’altra facciata, invece, si incontrano le prime api scolpite, e ci si imbatte subito dopo nei mascheroni, nei musi leonini, nelle chiocciole. Anche gli atri dei palazzi sono sontuosi, eleganti. In quello al civico due, ad esempio, appena dopo il Palazzo degli Ambasciatori, tra gli affreschi compaiono leoni veneziani, amorini e putti baccanti, proprio laddove si trova la portineria in cui trascorre le sue giornate da 17 anni Marco Amore: «Lavorare qui significa entrare nel vissuto delle persone che abitano da generazioni questi luoghi, raccoglierne le confidenze, cercare di soddisfarne le esigenze. I miei condomini, in particolare, hanno votato affinché io indossi divisa coi galloni, a voler testimoniare come qui si tenga molto all’immagine e allo stile, quasi fosse un proiezione di quello che si vede all’esterno. Certo, la signorilità non è la stessa del passato, ci sono tanti proprietari che preferiscono affittare gli appartamenti».

La figlia dell’Alfa Romeo e il Piper di Patty Pravo

Nei primi anni successivi al completamento del quartiere, qui abitavano numerosi gerarchi fascisti, e anche Giulietta, figlia dell’Ingegnere Nicola Romeo, inventore del marchio automobilistico Alfa Romeo, scelse di vivere in questa scenografia architettonica fantasmagorica, in cui fanno capolino atmosfere prese dal film muto «Cabiria», mentre negli anni ’80 sarebbe stato Dario Argento a girarvi molte scene delle sue pellicole più note. Il Piper Club, che Patty Pravo face conoscere in tutta Italia, è ancora al proprio posto, nella strada parallela a Via Dora coi grossi fiori di cartapesta colorati ad adornare la facciata. Basta attraversare la strada, per entrare nelle fantasie di Gino Coppedè che tra il Palazzo degli Ambasciatori, quello del Ragno, i Villini delle Fate immaginò e fece realizzare — nella sua bottega si conoscevano alla perfezioni le arti dell’incisione, scultura, decorazione su ferro e legno — affreschi di velieri dalle vele gonfiate dal vento, sculture di draghi, grifoni, meduse, pesci, a rendere così vivide e plastiche le forme dei palazzi ispirati allo stile Gotico, flirtando volentieri col Barocco e il Manierismo. Michael Kelly, artista australiano, è venuto da Sydney apposta per disegnare sui suoi album queste figure animali, perciò ogni giorno da due mesi si siede di fronte alla Fontana delle Rane, l’autentico ombelico scultoreo del Quartiere Coppedè in Piazza Mincio, scoprendo ogni volta un dettaglio nuovo.

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E se fossero i grandi profitti a mantenere alti i prezzi? Le banche centrali sono preoccupate

sabato, Aprile 1st, 2023

Marina Palumbo

Dopo mesi di preoccupazione riguardo i possibili effetti degli aumenti salariali sull’inflazione, nel timore che questi potessero influire mantenendola alta e generando una pericolosa spirale di salari e prezzi in salita, i banchieri centrali ora spostano l’attenzione su un altro problema: gli ampi profitti delle aziende.

Le società che aumentano i loro prezzi oltre quanto sarebbe necessario per assorbire costi più elevati, potrebbero alimentare l’inflazione che i banchieri centrali devono combattere con tassi di interesse più elevati. A lanciare l’allarme sono gli esperti  della Banca centrale europea, suggerendo che i governi potrebbero dover intervenire in alcune situazioni.

In una conferenza a Francoforte la scorsa settimana, Fabio Panetta, un membro del comitato esecutivo della Banca centrale europea, ha sottolineato che nel quarto trimestre dello scorso anno metà delle pressioni interne sui prezzi nell’eurozona provenivano dai profitti, mentre l’altra metà dai salari.

Le sue preoccupazioni riguardo i profitti, hanno trovato eco nelle recenti osservazioni del presidente della Bce, Christine Lagarde, e del governatore della Banca d’Inghilterra, Andrew Bailey. Sebbene l’inflazione in Europa abbia iniziato ad allentarsi rispetto ai picchi a due cifre dello scorso anno, i tassi rimangono ben al di sopra del 2%, l’obiettivo della maggior parte delle banche centrali.

Secondo Refinitiv, i margini di profitto delle società per azioni nell’eurozona, misurati dall’utile netto in percentuale sui ricavi, sono stati in media dell’8,5% nell’anno 2023 fino a marzo, un passo indietro rispetto al recente picco dell’8,7% a metà febbraio. Prima della pandemia, a fine 2019, il margine medio era del 7,2%. I margini di profitto sono cresciuti negli ultimi anni soprattutto tra le società energetiche e le società di beni di lusso.

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Un fenomeno simile ha riguardato gli Stati Uniti, dove le aziende hanno  registrato ampi margini di profitto, nonostante i livelli di inflazione più elevati degli ultimi quattro decenni. E per proteggere tali margini quando i costi diminuiscono, alcune aziende si stanno concentrando sull’offerta di prodotti premium.

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Una narrazione arrischiata che esacerba le divisioni

sabato, Aprile 1st, 2023

di Massimo Franco

Le frasi del presidente del Senato La Russa sulla strage di via Rasella possono essere classificate come parole in libertà ma finisce per alimentare lo scontro

 Una narrazione arrischiata che esacerba le divisioni

Le frasi del presidente del Senato, Ignazio La Russa, sulla strage di via Rasella che provocò per rappresaglia l’eccidio delle Fosse ardeatine, possono anche essere classificate come parole in libertà.

Sostenere che l’attentato dei partigiani fu «una pagina tutt’altro che nobile della Resistenza», è discutibile perfino nel senso che se ne può discutere. Aggiungere che i tedeschi uccisi a Roma nel marzo 1944 erano una «banda musicale di semipensionati e non nazisti delle SS», è inquietante. E la presidente della Comunità ebraica di Roma, Ruth Dureghello, gli ha ricordato la verità storica.

Ma l’intervista rilasciata dalla seconda carica dello Stato al podcast di Libero Quotidiano rischia di alimentare un filone che ha come protagonisti esponenti della destra. E mostra una tendenza a trovare, non si capisce se volutamente, occasioni di scontro in nome di una narrativa alternativa coltivata per decenni ma mai elaborata.

Lo stesso fanno, si dirà, le opposizioni del M5S di Giuseppe Conte e del Pd di Elly Schlein con il loro estremismo antigovernativo. Ruolo e peso politico sono diversi, però, come i temi trattati e gli effetti prodotti. Il primo, paradossale, è di rianimare polemiche che l’opinione pubblica ha dimostrato di non ritenere importanti; e che gli stessi avversari non hanno sollevato più di tanto dopo il voto del 25 settembre. Si finisce dunque per creare a freddo contrapposizioni artificiose e laceranti. Il secondo effetto è di proiettare l’immagine di una maggioranza in preda alla voglia di riscrivere il passato remoto: nonostante la funzione di governo che dovrebbe spingere a unire.

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Meloni rassicura Mattarella su Pnrr e migranti. Il vertice con i ministri per l’emergenza sbarchi

sabato, Aprile 1st, 2023

di Marco Galluzzo

L’obiettivo del governo di coordinare meglio la risposta agli sbarchi

Meloni rassicura Mattarella su Pnrr e migranti: il vertice con i ministri per l’emergenza sbarchi

I due argomenti più importanti sono stati il Pnrr e il dossier migranti. Ed entrambi hanno un filo conduttore, condiviso dalla prima carica dello Stato e dalla presidente del Consiglio. Sia sul Piano di ripresa e resilienza oggetto di valutazione a Bruxelles, sia su quella che da oggi all’estate può diventare un’enorme emergenza l’Italia è chiamata a fare uno sforzo maggiore, indipendentemente dalla collaborazione o dall’interlocuzione con l’Unione europea. Su entrambi i dossier Roma deve anche muoversi da sola, se così di può dire, condizione necessaria perché poi in sede comunitaria arrivino aiuti reali.

Si può fare un esempio concreto. Meloni lo ha annunciato a Sergio Mattarella, una cabina di regia sui migranti è ormai strutturata a Palazzo Chigi, una prossima riunione si terrà martedì ed è il tentativo costante di coordinare al meglio una risposta di tutto il sistema nazionale alla progressione degli sbarchi. Del resto il dossier ha una quota di politica estera, una di sicurezza, una finanziaria legata agli aiuti diretti alla Tunisia, una di civiltà legata allo stato dei centri di accoglienza: per questo martedì intorno a un tavolo ci saranno il ministro della Difesa, Guido Crosetto, da cui dipende la nostra Marina, il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, il ministro degli Affari esteri Antonio Tajani, e probabilmente anche i vertici dei nostri apparati di sicurezza.

Ma uno schema simile è valido su un tema altrettanto delicato, quello delle criticità del Pnrr. Anche su questo si sono confrontati Mattarella e Meloni e anche su questo la premier ha offerto garanzie e rassicurazioni: è convinta che l’Italia, grazie alle modifiche che sta studiando per rendere più compatibile il Piano con le capacità del sistema delle imprese e della nostra burocrazia, nessuna risorsa verrà sprecata. Riusciremo a centrare tutti gli obiettivi di spesa, è quello che ripete a tutti i suoi interlocutori, sia in Italia (con Confindustria si sta studiando un sistema di crediti d’imposta per gli investimenti green sul quale far confluire i 6 miliardi di euro del programma RepowerEu), sia in sede di interlocuzione con la Commissione europea. Il governo sta anche accelerando al massimo, visto il gap rispetto ai tempi previsti, sulle assunzioni necessarie, almeno 10 mila unità, nei Comuni; si sta cercando di rimodulare nel minor tempo possibile i progetti contenuti nel Piano, cambiando le cubature finanziarie per il costo delle materie prime o sostituendoli con programmi che hanno meno variabili di quelli attuali, capaci di essere messi a terra entro la metà del 2026, come vogliono le regole europee. Come nel caso dei migranti da parte di Bruxelles la cooperazione potrà essere massima se le competenze nazionali saranno dispiegate al massimo della loro efficacia.

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Quel battaglione Bozen che si arruolò nelle SS

sabato, Aprile 1st, 2023

Giovanni De Luna

Musicisti altoatesini… Il presidente del Senato, Ignazio Benito La Russa, liquida così i militi del III Battaglione del Polizeiregiment “Bozen” che furono uccisi in via Rasella. Omettendo che quel “reggimento di musicisti” sarebbe diventato pochi giorni dopo, il 16 aprile 1944, l’SS-Polizeiregiment “Bozen”. A pensarla diversamente da La Russa furono, fin da subito, proprio i tedeschi che considerarono quei morti come loro morti chiedendo agli alleati fascisti di “onorarli” con una rappresaglia spietata e immediata.

Ormai è chiaro il progetto del governo di destra di riscrivere la storia. Ma questa volta si è davvero sfiorato il grottesco. La Russa, lo sappiamo, si è formato nell’ambiente missino che considerava la Resistenza come un’esperienza “di comunisti e voltagabbana”. Tracce di quella vulgata affiorano in ogni sua dichiarazione pubblica e ritornano puntualmente anche in quella su via Rasella. Dire oggi che la Resistenza fu “inquinata” dalla presenza dei progetti totalitari dei comunisti vuol dire negarsi ogni possibilità di sciogliere uno dei paradossi più complessi e affascinanti della nostra storia: l’ideologia comunista, che in altri Paesi, a cominciare dall’Urss, ha voluto dire gulag e dittatura, qui da noi è stata una parte decisiva della lotta per la libertà. Su 5.122 condannati dal Tribunale speciale del fascismo, 4.900 erano comunisti. Nel ventennio furono cioè i comunisti la forza di opposizione numericamente più rilevante nello schieramento che si oppose a Mussolini. Durante la Resistenza il 50% degli effettivi partigiani militava nella brigate Garibaldi (il 30% era di GL, il restante 20% diviso tra socialisti, monarchici, democristiani, anarchici, repubblicani, etc…). E anche nel dopoguerra, nel clima infuocato della guerra fredda, il Pci, che pure prendeva ordini da Mosca, contribuì a rintuzzare le spinte antidemocratiche di quello che allora veniva definito il clericofascismo. Da noi, insomma, è stato l’antifascismo che ha indotto i comunisti a lottare per la libertà e la democrazia. Questo per gli storici è un dato di fatto che però non è mai riuscito a scalfire le granitiche certezze dei reduci di Salò (inchiodati allo slogan “onore e fedeltà all’alleato tedesco”) e dei loro eredi.

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Allarme sanità pubblica: ecco cosa sta succedendo

sabato, Aprile 1st, 2023

Paolo Russo

ROMA. Non si andrà come a Parigi sulle barricate per le pensioni, ma per ora sulla piazza virtuale della Rete, domani forse in quelle reali del Paese, gli italiani hanno iniziato a mobilitarsi a difesa di un altro pilastro del welfare: la sanità pubblica. Al momento sono oltre 103 mila le firme apposte alla petizione a difesa dell’Ssn lanciata il 10 marzo scorso sulla piattaforma Change.org, ma gli organizzatori, tra cui l’ex senatore Vasco Errani, puntano a superare l’asticella delle 150 mila. A dimostrazione che la partita del consenso si gioca sempre più sul terreno della difesa del diritto alla salute, messo in discussione dalle liste d’attesa e dalla conseguente e strisciante privatizzazione. A documentarne l’inesorabile ascesa è l’annuario statistico dell’Ssn appena pubblicato. Nel 2021 le strutture private accreditate sono salite a 995, erano la metà solo 10 anni fa e rappresentano ormai il 46,9% del totale. In un decennio aumentano da 5.587 a 8.778 anche gli ambulatori specialistici, mentre i presidi deputati all’assistenza residenziale da 4.884 salgono a 7.984, raggiungendo così l’84% del totale.

Senza risorse, sostengono i promotori della mobilitazione, le Regioni sono costrette a tagliare i servizi per evitare di andare in piano di rientro e così le liste di attesa si allungano creando sempre maggiori discriminazioni tra chi può pagare il privato e chi deve rinunciare alle cure. E con i conti di Asl e ospedali sempre più in rosso la situazione rischia di precipitare. In questi giorni il Mef sta facendo le pulci ai conti regionali: Campania, Lazio, Toscana e Umbria rischiano di essere commissariate, mentre Calabria e Molise lo sono già e sembrano destinate a restarci a lungo. Con tutto quel che ne consegue in termini di altri tagli, blocco delle assunzioni e aumenti delle imposte locali.

«Fino a quando i cittadini non scenderanno in piazza, è difficile che la politica rimetta al centro dell’agenda il Servizio sanitario nazionale», afferma Nino Cartabellotta, tra i sostenitori della petizione online e che in qualità di presidente della fondazione Gimbe ieri ha presentato un piano di salvataggio dell’Ssn (e del «diritto alla salute a rischio») in 14 punti. Secondo Gimbe occorre prima di tutto rendere disponibili i servizi sanitari tramite reti integrate di assistenza, superando la dicotomia ospedale-territorio e integrando assistenza sanitaria e sociale. Questo significa far prendere in carico i pazienti cronici dalle nuove strutture territoriali, case e ospedali di comunità, che devono però agire in collegamento con l’ospedale. Ma le nuove strutture rischiano di rimanere scatole vuote, perché non è stato ancora preso nessun provvedimento che vincoli a prestare la loro opera nelle case di comunità gli 82 mila tra medici e pediatri di famiglia, specialisti ambulatoriali convenzionati ed ex guardie mediche.

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