Archive for Aprile, 2023

Pnrr, Crosetto: “Non sappiamo come spendere 200 miliardi, prendiamo solo i fondi che useremo”

sabato, Aprile 22nd, 2023

Federico Monga

«Il sistema Italia non è in grado di mettere a terra tutti i progetti del Pnrr, bisogna prendere solo le risorse che siamo in grado di spendere». Di fronte alla platea dei più importanti imprenditori cuneesi, durante la presentazione della classifica Top 500, a cura di Pwc e La Stampa, il ministro della Difesa Guido Crosetto, affronta i temi economici e finanziari, dal Recovery al Mes ai balneari. Invita l’Europa a fare di più per il cessate il fuoco in Ucraina e a investire con forza in Africa per cambiare il verso dell’immigrazione.

Ministro rischiamo di perdere i fondi del Pnrr?
«L’Italia può fare tutto tranne che perdere i soldi. Faccio un esempio: prendiamo 100 milioni di euro per un’opera, entro la scadenza ne spendiamo solo 98. Significa che dobbiamo restituirne 98 milioni e ci teniamo l’opera non finita che dovremo pagare con il nostro bilancio. Il problema non è solo burocratico, di progettazione. La vera domanda è l’Italia ha la possibilità di scaricare a terra 200 miliardi in tre anni».

Che risposta si dà?
«La risposta va cercata nel Paese. Se io progetto di fare, ad esempio, 100 chilometri di gallerie e non ho le talpe per scavare, è inutile che faccio l’appalto. Perché le aziende che producono le talpe che scavano le gallerie sono 3 al mondo. Una è tedesca e due sono cinesi, e hanno prenotazioni per i prossimi 5 o 6 anni. Quando il Pnrr sarà già terminato. La discussione in Europa è su questa tagliola. La risposta del governo deve essere pragmatica, reale, valutata nei tempi».

Abbiamo chiesto troppi fondi? L’Italia è l’unico Paese che ha chiesto tutto.
«Consiglierei di prendere solo i fondi che si è sicuri di spendere».

Rifare gli stadi serve?
«Un investimento deve produrre qualcosa. Non so se rifare uno stadio sia proprio un investimento come una strada, un ponte o il 5G».

Veniamo al Mes, restiamo gli unici a non aver approvato la riforma.
«Il Mes non è nato come forma di finanziamento, ma come possibilità dell’Europa di intervenire in crisi come quella greca. E in Grecia dopo il maxi-prestito, la Troika ha commissariato una nazione sostituendosi al Parlamento. A me non piace. Se il Mes diventasse uno strumento che sostituisce la possibilità della Bce di intervenire nell’acquisto dei debiti sovrani quando si alzano troppo i tassi allora se ne stravolgerebbe il ruolo originale e potrebbe diventare utile».

Perché la Francia ha firmato e noi no?
«Perché pensa di non averne bisogno».

La guerra in Ucraina sarà ancora lunga?
«Per la Russia i morti e il tempo non hanno valore. Putin vive in una condizione per cui i morti, 100 mila o 300 mila, e il tempo, 1 anno o 3, non sono un problema. Per l’Occidente il tempo, i morti e le opinioni pubbliche sono un fattore rilevante. Si scontrano due mondi completamente diversi».

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25 aprile, il vicolo “ceco” di La Russa

sabato, Aprile 22nd, 2023

Niccolò Carratelli

Roma. L’ennesima polemica sul valore dell’antifascismo, a pochi giorni dal 25 aprile. E la scelta di andare all’estero, proprio in occasione della festa della Liberazione dell’Italia dal nazifascismo. Ignazio La Russa martedì sarà a Praga. Aveva promesso un gesto simbolico, che «metterà d’accordo tutti», ieri l’annuncio: dopo l’omaggio mattutino all’Altare della Patria, con il capo dello Stato Mattarella e la premier Meloni, il presidente del Senato volerà in Repubblica Ceca. Prima interverrà alla riunione dei presidenti dei Parlamenti dei Paesi dell’Unione europea, poi è prevista in agenda la commemorazione al monumento di Jan Palach, patriota cecoslovacco divenuto simbolo della resistenza antisovietica. Infine, La Russa visiterà il campo di concentramento di Theresienstadt, utilizzato dalle forze tedesche durante la seconda guerra mondiale. «Ho modificato gli impegni internazionali assunti da tempo per essere all’Altare della Patria a fianco del presidente della Repubblica», tiene a precisare il numero uno di Palazzo Madama, forse mettendo le mani avanti rispetto alla scelta di andare all’estero proprio il 25 aprile.

Ma le polemiche, in realtà, lo inseguono per la frase pronunciata l’altro ieri sera al bancone della buvette, davanti ad alcuni giornalisti: «Nella Costituzione non c’è alcun riferimento alla parola antifascismo». Solo un’analisi linguistica, ha poi precisato, nessuna rilettura politica: «I valori della Resistenza, a cui mi sono esplicitamente richiamato, sono espressi in positivo nella prima parte della Costituzione».

Per La Russa, come al solito, la questione è chiusa, è stato frainteso. Ma dall’opposizione, in particolare dal Partito democratico, non la vedono allo stesso modo. «L’antifascismo è la nostra Costituzione», avverte la segretaria Elly Schlein. Mentre la capogruppo alla Camera, Chiara Braga, considera «molto grave che la seconda carica dello Stato non perda occasione per riaprire polemiche e ambiguità sulla verità storica del nostro Paese. Continuiamo ad assistere – spiega – a un tentativo di rimettere in discussione le radici antifasciste della nostra democrazia e della Repubblica». Il capogruppo dem al Senato, Francesco Boccia, ricorda a La Russa che «la nostra Costituzione è stata scritta dalle forze che si opposero al fascismo. È antifascista – aggiunge – non tanto e non solo per la XII Disposizione transitoria e finale, che vieta “la ricostruzione sotto qualsiasi forma del disciolto partito fascista”, ma perché ogni singolo articolo è scritto in antitesi con le teorie e la prassi del fascismo».

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25 aprile: i valori, la memoria e le ostilità di troppo

sabato, Aprile 22nd, 2023

di Antonio Polito

«Lui stesso ha detto che non sapeva quello che diceva». Questa frase di Ignazio La Russa, pronunciata in difesa del ministro Lollobrigida per lo strafalcione sulla «sostituzione etnica», potrebbe essere apposta come epigrafe a buona parte del dibattito odierno sul 25 aprile e la festa della Liberazione. Con un’aggiunta evangelica: «Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno». Un precetto che tra l’altro assolverebbe anche lo stesso presidente del Senato; il quale, nello scusarsi per aver detto che a Via Rasella i partigiani nel 1944 attaccarono «una banda musicale di semi-pensionati», ha invocato la stessa esimente, confessando di non sapere se «quella notizia, più volte pubblicata e da me presa per buona», fosse in realtà errata. Un tempo neanche troppo lontano le polemiche su natura e sorti di fascismo e nazismo le facevano gli storici, e si citava George Mosse o Francois Furet, Eric Hobsbawm o Renzo De Felice, Emilio Gentile o Claudio Pavone.

Oggi gli accademici hanno lasciato il passo a meno studiosi militanti, che dilaniano la vicenda storica prendendosene ciascuno il suo brandello. Ma questo esercizio, man mano che si allontana la memoria degli eventi di circa ottant’anni fa e i suoi testimoni scompaiono, diventa paradossalmente anche più pericoloso: perché un Paese senza memoria è un Paese senza storia, come avvertiva già nel 1975 Pier Paolo Pasolini.

Così siamo di nuovo qui a chiederci sorpresi come mai la festa della Liberazione non sia ancora, come pure dovrebbe essere, un valore condiviso, patrimonio nazionale e comune. Ma la verità è che quella data è sempre stata «divisiva», spesso deliberatamente «divisiva». Si può anzi dire che ha fatto notizia solo quando ha diviso.

Nei tornanti storici in cui è stata sconfitta o ha rischiato l’emarginazione, per esempio, la sinistra l’ha usata di solito per «delegittimare» i nemici del momento. Così il De Gasperi che nel 1947 fa un governo senza i comunisti viene accusato di aver rotto l’unità antifascista della lotta di Liberazione; nel 1960 il governo Tambroni, che si fa votare la fiducia dal Msi, viene imputato di riaprire le porte al fascismo; e i gruppi extraparlamentari negli anni ’70 identificano nella Dc il «nuovo fascismo»; e le Brigate Rosse si propongono come la «nuova Resistenza»; e nel 1994 perfino Umberto Bossi si materializza alla manifestazione del 25 aprile promossa dal «manifesto» contro la vittoria elettorale del «Cavaliere nero», perché stava per portare al governo i post-fascisti di Fini; e nel 2006 la sindaca di Milano, Letizia Moratti, viene cacciata a furia di fischi e cori dal corteo, nonostante spingesse la sedia a rotelle del padre, deportato a Dachau e decorato con la medaglia della Resistenza; e la Brigata ebraica, che alla liberazione dell’Italia ha partecipato per davvero, viene fischiata ogni anno. Perché è «ebraica».

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Palermo, arrestata la preside antimafia Daniela Lo Verde: rubava cibo in mensa e tablet per gli studenti

sabato, Aprile 22nd, 2023

di Lara Sirignano

La dirigente dell’istituto «Falcone» dello Zen, nominata Cavaliere da Mattarella, è accusata di corruzione e peculato. Arrestato anche il vice Daniele Agosta. Le intercettazioni choc: «Ci arrivano soldi da tutte le parti». E il ministro la sospende

Palermo, arrestata la preside antimafia Daniela Lo Verde: rubava cibo in mensa e tablet per gli studenti
La preside (a destra) e il suo vice mentre porta via un computer dalla scuola

Le immagini girate dai carabinieri la riprendono mentre razzia la mensa scolastica e si appropria di tablet e cellulari destinati alla sua scuola, l’istituto «Giovanni Falcone» dello Zen di Palermo, quartiere tra i più difficili della città. Per anni ritenuta una preside di frontiera, baluardo di legalità in una zona a rischio, nel 2020 nominata cavaliere della Repubblica dal capo dello Stato, oggi Daniela Lo Verde, 53 anni, è stata arrestata per corruzione e peculato insieme al vicepreside Daniele Agosta. Per mesi si sarebbero appropriati del cibo, di computer e di tablet destinati ai ragazzi e acquistati con i fondi europei. Il gip che, per entrambi, ha disposto gli arresti domiciliari parla di quadro probatorio «chiaro, del tutto inequivocabile e imbarazzante» e di una gestione assolutamente spregiudicata e volta a curare meramente interessi di natura personale. LEGGI ANCHE

Domiciliari per una commessa in un negozio di informatica

L’inchiesta, coordinata dal pm della Procura europea Gery Ferrara e Amelia Luise, coinvolge anche una terza persona, Alessandra Conigliaro, anche lei ai domiciliari: si tratta di una dipendente di un negozio di informatica che avrebbe ottenuto le forniture di dispositivi alla scuola in via diretta e in esclusiva e in cambio avrebbe regalato ai due dirigenti tablet e cellulari. Lo spaccato che viene fuori dalle indagini è disarmante. «Il riso .. . lo metti lì davanti alla cassettiera e per la cucina questo… benissimo… ora sistema sopra il frigorifero… questa cosa di origano mettila pure per casa… – spiegava la Lo Verde alla figlia non sapendo di essere intercettata—. Quelle mettile in un sacchetto che non si può scendere. Il tonno mettilo qui sotto… poi lo portiamo a casa a Sferracavallo (la villa al mare della preside ndr)».

L’inchiesta nasce dalla denuncia di una insegnante

Intanto le «cimici« dei carabinieri, coordinati dal colonnello Salvatore Di Gesare, comandante del Reparto Operativo di Palermo, registravano tutto. L’inchiesta nasce dalla denuncia di una insegnante che ha svelato i metodi della donna. Particolarmente grave ed emblematica una intercettazione di una conversazione tra la preside e il suo vice che commentano un furto di computer avvenuto a scuola e denunciato sui media dalla donna. «Per un cornuto un cornuto e mezzo – diceva Agosto — ci stanno arrivando soldi da tutte le parti!».

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Il sondaggio di Pagnoncelli, FdI cala al 29%, sale il Pd: 20,7%. Tiene il consenso al governo, cresce quello per la premier

sabato, Aprile 22nd, 2023

di Nando Pagnoncelli

Forza Italia raggiunge la Lega all’8%. Dopo la lite Azione e Italia viva al 5,2 (-1%)

Il sondaggio di Pagnoncelli, FdI cala al 29%, sale il Pd: 20,7%. Tiene il consenso al governo, cresce quello per la premier

Da qualche settimana molti si chiedono se la luna di miele tra gli italiani e il governo sia terminata. A giudicare dal sondaggio odierno non si direbbe, dato che rispetto a marzo il gradimento per l’operato del governo fa segnare l’aumento di un punto (oggi il 44% si esprime positivamente sull’esecutivo) e quello della premier di due punti (46% di valutazioni positive) portando l’indice di gradimento (calcolato escludendo coloro che non si esprimono) rispettivamente a 51 e 53. Analizzando l’andamento mensile dell’indice si osserva, al di là della lieve crescita odierna, una flessione di 4-5 punti rispetto ai mesi di novembre e dicembre, quando si registrarono i livelli di consenso più elevati. Si tratta di una flessione in linea o inferiore a quelle rilevate per la maggior parte dei governi che si sono succeduti alla guida del Paese dal 2006 in poi a sei mesi dall’insediamento. Nel complesso, quindi, permane una forte polarizzazione delle opinioni, dato che sostenitori e detrattori sostanzialmente si equivalgono.

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FdI cala al 29%, sale il Pd: 20,7%. Tiene il consenso al governo, cresce quello per la premier

Come si spiega la tenuta del consenso a fronte di decisioni che hanno suscitato polemiche e tensioni tra maggioranza e opposizione e all’interno della maggioranza? Si possono avanzare diverse possibili risposte: la prima fa riferimento alle scelte di fondo del governo che hanno avuto un effetto di rassicurazione anche presso una parte dell’elettorato non di centrodestra: rapporti con l’Ue, atlantismo, posizione sul conflitto in Ucraina, tenuta dei conti pubblici; la seconda tiene conto del quadro macroeconomico che ha visto scongiurare il rischio della recessione e ha fatto registrare un rallentamento dell’inflazione e la riduzione dei costi dell’energia; la terza possibile risposta fa riferimento alla relativa trasversalità dell’elettorato del centrodestra che determina reazioni di segno opposto ai singoli provvedimenti alcuni dei quali scontentano una parte del proprio elettorato ma ne accontentano un’altra ottenendo una sorta di «effetto compensativo», come pure avvenne con il governo gialloverde nella scorsa legislatura nonché nel primo anno del governo Renzi. Ad esempio, gli interventi in ambito fiscale hanno deluso alcuni segmenti appartenenti ai ceti produttivi (che si aspettavano riduzioni più significative), ma hanno ottenuto il consenso dei lavoratori dipendenti; e potremmo continuare con provvedimenti che hanno ridimensionato il reddito di cittadinanza, la mancata riforma della legge Fornero, i balneari, ecc. Un’ultima ragione riguarda la mancanza di un’opposizione coesa che induce molte persone a fidarsi e «ad affidarsi» a chi guida il Paese.

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“Dementi”, “fascisti” e ministri “maiali”. Il vizio della sinistra di insultare i nemici

venerdì, Aprile 21st, 2023

Paolo Bracalini

C’è una lunga e consolidata tradizione dietro la vignetta sulla sorella della Meloni. La base di partenza è l’inferiorità morale della destra, che autorizza espressioni altrimenti considerate insulti, intollerabili se fatte a parti inverse. Molto recente il «demente» affibbiato dall’ingegner De Benedetti alla premier, senza suscitare particolari reazioni. Da sinistra il disprezzo per l’avversario politico rasenta volentieri l’odio, legittimando attacchi violenti anche sul personale. Senza rievocare la stagione antiberlusconiana e lo sdoganamento delle ingiurie ai suoi ministri (vedi Brunetta, ferocemente sfottuto per la statura) e ministre (normalmente ritratte come sgualdrine), ci si può limitare a tempi più recenti. Il Fatto è una delle più affermate palestre per colpi bassi, con i suoi manganellatori per mezzo di matita Vauro, Natangelo, Mannelli e affini. Uno dei soggetti preferiti è Matteo Salvini, accostato di volta in volta a escrementi, parti del corpo poco nobili, animali tipo asini o maiali (vignetta di qualche tempo fa: si vede il leader della Lega con le sembianze del porco e la scritta «Peste suina focolaio a Roma»). In un’altra Salvini è una «metastasi». In un’altra ancora, di Vauro, è direttamente un «coglione», e via così. Vauro ha trovato ispirazione sempre dal gabinetto per commentare l’elezione del leghista Lorenzo Fontana a presidente della Camera lo scorso ottobre: un enorme escremento fumante da cui spunta la testa di Fontana, titolo: «Mancava la ciliegina sulla torta».

Le donne sono soggetti facili, vulnerabili sul piano sessuale. C’è stato un periodo in cui era in voga Maria Elena Boschi, che per quanto di sinistra, essendo renziana è considerata di destra, quindi trattabile con le stesse maniere. Sempre una vignetta sul Fatto, quand’era ministra, la ritrae con le gambe accavallate, il testo recita «Riforme: lo stato delle cos(c)e». Poi ovviamente la Meloni, rappresentata come una burina fascista, o anche peggio (in una vignetta del solito Natangelo sul tema «bonus facciata» lei si è rifatta il viso, a forma di sedere). Di mezzo ci è finita anche Elly Schlein, raffigurata come un mostro con il naso adunco, evidente riferimento alle origini ebraiche.

Frequente è anche l’appellativo «pescivendola» per la Meloni, metafora usata per esempio dal giornalista Alan Friedman in tv per commentare un discorso della leader Fdi («Urla come una pescivendola»), che poi per risposta fece un video con una cassetta di pesce per dire che non lo riteneva affatto un insulto, anche se l’intento era quello. Lo scrittore Roberto Saviano ha dato del «mediocre» e «servo» al ministro Gennaro Sangiuliano, giornalista di destra ed ex direttore del Tg1.

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Caracciolo inchioda l’Ue: “Eccesso di ipocrisia”, come si fermano gli sbarchi

venerdì, Aprile 21st, 2023

Francesco Forgione

Al centro dell’ultima puntata di Agorà, programma in onda su Rai3 condotto da Monica Giandotti, c’è il tema dell’immigrazione. Recentemente il capogruppo del Partito Popolare Europeo Manfred Weber, ha prospettato l’utilizzo di muri a difesa dei confini europei per arginare il flusso migratorio nei paesi UE. Le parole del rappresentante del più numeroso gruppo nel Parlamento europeo hanno fatto discutere e non poco, sull’argomento si è espresso ai microfoni di Agorà Lucio Caracciolo, direttore della rivista geopolitica Limes: “C’è un eccesso di ipocrisia, si pensa che l’immigrazione di massa si possa risolvere costruendo la Grande Muraglia cinese”. E continua: “non funziona così e fortunatamente in Italia non è una soluzione praticabile”. Secondo il direttore di Limes il problema è l’egoismo degli stati europei: “Ciascuno cerca di scaricare sugli altri il problema, ognuno protegge i propri interessi provocando conflitti”. Insomma, da quello che emerge, l’Italia si trova isolata senza la solidarietà delle altre nazioni: “O il problema delle migrazioni lo affrontiamo noi, oppure se aspettiamo che ci aiutino gli altri si fa notte”. Ma cosa può fare l’Italia per gestire i numerosi sbarchi? Caracciolo spiega che: “Dobbiamo cambiare una legge vetusta come la Bossi-Fini e creare dei percorsi per entrare regolarmente in Italia”.

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Arianna Meloni, tutti contro il Fatto Quotidiano: la vignetta dello scandalo

venerdì, Aprile 21st, 2023

Tutti contro il Fatto quotidiano, tutti all’attacco della vignetta di Mario Natangelo pubblicata sulla prima pagina del giornale che ritrae la sorella di Giorgia Meloni e moglie del ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida, Arianna, a letto con un uomo di colore. Un’illustrazione satirica che in poche ore raccoglie lo sdegno bipartisan, con la premier durissima via social. “Quella ritratta nella vignetta è Arianna. Una persona che non ricopre incarichi pubblici, colpevole su tutto di essere mia sorella – ha scritto su Facebook la leader di Fratelli d’Italia -. Sbattuta in prima pagina con allusioni indegne, in sprezzo di qualsiasi rispetto verso una donna, una madre, una persona la cui vita viene usata e stracciata solo per attaccare un Governo considerato nemico”.

Vomitevole. Vignetta contro Arianna Meloni: alla Camera esplode il caos

“Vomitevole”. Vignetta contro Arianna Meloni: alla Camera esplode il caos

La polemica innescata dal fumetto di Natangelo, accusato da più parti di essere sessista, offensivo e volgare, non è però un inedito nel rapporto tra satira e politica. Già in passato il Fatto è finito nel mirino a causa di alcune vignette con protagonista Maria Elena Boschi, che sul caso odierno non ha mancato di scagliarsi contro il giornale (“Non condivido una parola di ciò che ha detto Lollobrigida ma questa vignetta del Fatto Quotidiano è disgustosa. È il solito vergognoso stile del giornale di Travaglio che aggredisce le persone e le famiglie”).

Schlein in silenzio, la difesa di Conte. La solita ipocrisia sinistra

Schlein in silenzio, la difesa di Conte. La solita ipocrisia sinistra

La parlamentare di Italia Viva, d’altronde, in due occasioni è stata attaccata attraverso le vignette del quotidiano: la prima nell’agosto del 2016 quando un disegno di Mannelli la ritraeva con microfono in mano e gambe accavallate in evidenza, complice un vestito corto, e sopra la scritta ‘Riforme: lo stato delle cos(c)è; la seconda nel dicembre 2017 con un’illustrazione ad opera sempre di Natangelo che metteva in risalto il ‘cosciometro’, ovvero un ‘utile strumento che, misurando l’altezza della gonna, permette di capire a che livello di difficoltà è la Boschi’.

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Scuola, il piano di Valditara: professori subito in cattedra e guerra alla burocrazia

venerdì, Aprile 21st, 2023

Valentina Conti

Più cattedre coperte dal primo giorno di scuola. La promessa del ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara è contenuta nel «Piano di semplificazione per la Scuola», il documento, concertato con i sindacati, che il titolare del dicastero di viale Trastevere ha presentato ieri sera in Consiglio dei ministri. L’impegno, nero su bianco, per affrontare uno dei problemi di peso della scuola è mettere il turbo ai procedimenti di assegnazione dei docenti, assicurando maggiore trasparenza. Gli incarichi individuali affidati dalle scuole agli esperti interni ed esterni seguiranno, inoltre, un processo di selezione digitale uniforme da Nord a Sud dello Stivale, cosa che permetterà di concludere i conferimenti più velocemente. Venti i punti per semplificare la scuola: l’avvio del Piano ministeriale è, di fatto, una dichiarazione di guerra alla burocrazia. Si traduce in più servizi e in una forte riduzione della macchinosità delle procedure scolastiche. In primis con l’adozione di un’unica piattaforma a disposizione di studenti e famiglie per consultare informazioni utili ad orientare ad una scelta consapevole del percorso scolastico e post-scolastico, fruendo dei servizi digitali in materia in modo organico e «a misura di studente» e consentendo di avere sott’occhio agevolmente l’intero ciclo scolastico.

In maniera altrettanto semplice, sul fronte visite e viaggi di istruzione, viene assicurata alle scuole l’attivazione dell’iter di individuazione dei destinatari di specifiche misure indirizzate ad allievi più svantaggiati, anche per mitigare gli effetti post-emergenza Covid. A tutti i servizi digitali del ministero e delle scuole si potrà accedere mediante un’unica login. Una sorta di passe-partout in grado di garantire privacy e trattamento dei dati personali. Sulla piattaforma unica potranno incontrarsi in rete scuole italiane e straniere, per confrontarsi e condividere esperienze formative. Altra novità per le famiglie: le soluzioni digitali integrate con l’AppIO per gestire le varie tipologie di pagamento, potenziando così l’interazione sui servizi e preventivando un miglioramento delle attività amministrative delle scuole troppo spesso oberate dai numerosi compiti da svolgere.

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La battaglia del 25 aprile in Senato

venerdì, Aprile 21st, 2023

ANTONIO BRAVETTI

ROMA. Altro che pacificazione e memoria condivisa. A pochi giorni dal 25 aprile è scontro in Senato sulle date fondative della Repubblica. Il voto su due mozioni divide centrodestra e centrosinistra. Finisce con la maggioranza che urla «vergogna», e le opposizioni che accusano gli avversari di non riuscire nemmeno a scrivere la parola «antifascismo», figurarsi celebrarlo. «Nella Costituzione non c’è alcun riferimento alla parola “antifascismo”», osserva a fine giornata, alla buvette il presidente Ignazio La Russa, annunciando che nell’anniversario della Liberazione farà «una cosa che metterà d’accordo tutti».

A Palazzo Madama si votano due mozioni sul 25 aprile. Quella delle minoranze (Pd, M5S, Az-Iv, Autonomie e Avs) s’ispira al discorso con cui la senatrice a vita Liliana Segre, sopravvissuta allo sterminio nazista, ha inaugurato la legislatura, e si conclude impegnando il Senato «ad adottare le iniziative necessarie affinché le commemorazioni delle date fondative della nostra storia antifascista si svolgano nel rispetto della verità storica condivisa».

Ma quali sono queste date? Solo tre vengono riportate in entrambi i testi delle mozioni di maggioranza e opposizione: 25 aprile (Festa della liberazione), Primo maggio (Festa del lavoro), e 2 giugno (Festa della Repubblica). Il centrodestra chiede di non dimenticarne altre, tra cui «il 17 marzo, proclamazione del Regno d’Italia» o «il 9 novembre, Giorno della libertà, quale ricorrenza dell’abbattimento del muro di Berlino». E cita la risoluzione del Parlamento europeo del 19 settembre 2019 che si è espressa «contro ogni potere totalitario, a prescindere da qualunque ideologia, contro il nazismo, il fascismo, il comunismo». Ma più delle date e delle dittature, il Pd nota un’assenza: «È un peccato che questa parolina così importante, antifascismo, non sia entrata neanche di striscio nella mozione della maggioranza sul 25 aprile – sottolinea Alfredo Bazoli – un’inaccettabile omissione».

In aula i toni della discussione si fanno subito tesi. «Nel nostro Paese c’è stato un regime fascista. E i comunisti italiani si sono battuti per la libertà. Se oggi tutti noi siamo qui – osserva Walter Verini (Pd) – è perché in Italia ci sono stati la resistenza antifascista e il 25 aprile». Raffaele Speranzon (FdI) va giù duro: «Credo che l’antifascismo sia stato oggetto di una appropriazione indebita e di uno stravolgimento del suo significato originale, che nella sua storia ha condotto ad atti di efferata violenza come il rogo di Primavalle». Il senatore dem Francesco Verducci attacca La Russa, accusandolo di «negazionismo subdolo»; Peppe De Cristofaro (Avs) ricorda che «furono solo i partigiani a riscattare l’onore e la dignità di tutto il Paese».

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