Archive for Aprile, 2023

Giorgetti: piano choc per la natalità, il taglio del cuneo vale 15 euro al mese

venerdì, Aprile 21st, 2023

Luca Monticelli

ROMA. «Non possiamo tassare allo stesso modo single e famiglie con figli». Secondo Giancarlo Giorgetti i 50 euro a figlio previsti come contributo minimo dall’assegno unico non possono certo risolvere il problema della denatalità in Italia. «Serve un’azione choc», ribadisce il ministro dell’Economia davanti ai parlamentari delle commissioni Bilancio di Camera e Senato nel corso di un’audizione sul Def. Giorgetti non fornisce dettagli sulla sua proposta di tagliare le tasse a chi fa almeno due figli, ma ribadisce l’urgenza di invertire la rotta dell’inverno demografico italiano, «una delle maggiori sfide da affrontare». Vanno eliminati i «disincentivi e gli ostacoli» che impediscono alle coppie di mettere su famiglia, ma «non sono così sciocco da pensare che soltanto un bonus fiscale possa produrre un effetto», ammette il ministro che aggiunge: «Non possiamo tassare allo stesso modo chi è single e chi ha una famiglia con figli perché, evidentemente, chi ha figli ha dei costi che in qualche modo alterano il concetto della progressività del carico fiscale».

Sul tavolo ci sono diverse proposte, come ad esempio quella della Lega sulla maxi detrazione di 10 mila euro l’anno per ogni figlio e senza limiti di reddito; oppure il taglio dell’Irpef che piace a Fratelli d’Italia che può superare addirittura il 60% dell’imposta lorda dovuta da uno dei due coniugi. Ci deve essere «un’idea condivisa», insiste Giorgetti, «perché questo tema non riguarda una parte politica ma il futuro dell’Italia». Non si parla di coperture perché i margini sono stretti: l’incertezza regna sovrana a livello internazionale, l’inflazione potrebbe mettere a rischio la crescita e, inoltre, il rialzo dei tassi da parte delle banche centrali potrebbe non essere finito. In più, in attesa della riforma del Patto di stabilità, la prossima legge di Bilancio «dovrà essere compatibile» con la regola del 3% del deficit. Quindi, sottolinea il responsabile del Tesoro, occorrerà «attendere l’evoluzione del quadro macroeconomico per capire il reale perimetro della prossima manovra di Bilancio». La Cgil va all’attacco: «Le proposte del governo sui figli sono infattibili, irrazionali e pericolose, se calcoliamo 10 mila euro per i 10 milioni di minori che ci sono in Italia non basterebbero 100 miliardi», sostiene la vice segretaria Gianna Fracassi. Il presidente dell’Inps Pasquale Tridico difende l’assegno unico: «Spero non ci sia la volontà di cancellarlo perché funziona benissimo, va integrato con i servizi e la detassazione».

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È la satira bellezza, anche quando è volgare

venerdì, Aprile 21st, 2023

Luca Bottura

La politica che spiega alla satira cos’è la satira non è mai un bello spettacolo. Anche in presenza di satira disgustosa. Forse soprattutto: altrimenti si è Charlie solo quando qualcuno arma il Kalashnikov. Lo fu persino Daniela Santanché, per dire.

È che in democrazia ciò che non è diffamatorio, è permesso. Anche al netto del nitore artistico o persino morale della vignetta. E cosa sia diffamatorio lo stabilisce un giudice, non la seconda carica dello Stato coram populo.

Così, il disegno contro la sorella di Giorgia Meloni, anzi: soprattutto contro suo marito, apparso ieri sul Fatto Quotidiano, può legittimamente apparire greve, irricevibile, sessista, eccetera. Ma non è il Parlamento il luogo per discuterne. Non è la sede di partito il posto giusto per indignarsi. Non è, l’opposizione, il Malaussène virtuale che deve scusarsi per ciò che non ha commesso, facendosi schiacciare come sempre nella narrazione che la vede colpevole delle guerre puniche, del terrorismo, forse anche dei 15 punti restituiti alla Juve.

Specie se, per scomodare Debord a casaccio, ha assistito (quella politica che oggi indossa le gramaglie) al progressivo smantellamento delle barriere di opportunità tra potere, informazione, appunto satira. Contribuendo al loro sfaldamento. Non solo il mezzo non è più il messaggio: il mezzo si sovrappone al messaggio in un turbinio di sciocchezze a favore di camera. E di Camera. E di Senato. In un doppiopesismo che la politica ha sempre avuto ma, da qualche decennio, (facciamo quattro), da quando cioè abbiamo inventato a Milano due un format per cui la Fox dovrebbe pagarci la Siae, è diventato programma di Governo.

Fratelli d’Italia, la Lega, la Destra italiana tutta, compresi, per primi, i Cinque Stelle a trazione Casaleggio, utilizzano nei confronti degli avversari politici una logica di fideismo Qanonista che prevede lo strepitio contro qualcuno, categoria o persona: basta che non possa difendersi, come volàno del consenso. Per quella discutibile vignetta prendono cappello gli stessi che hanno crocifisso “la Boldrina”, chi ne esibiva la bambola gonfiabile sui palchi, quelli che davano degli oranghi agli avversari di colore, quelli per due voti parlano per anni di sostituzione etnica e poi dicono che non sapevano e che si riferivano al ristorante indiano sotto casa.

Di più: Arianna Meloni è comprensibilmente risentita per l’improntitudine grossier applicata alle cose di famiglia, ma oltre che dell’agguato satirico è vittima di una società dello spettacolo che le è toccato cavalcare “autodenunciandosi” per smentire gossip conosciuti solo nell’inner circle del generone romano.

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Lo Stato che non premia il merito

venerdì, Aprile 21st, 2023

di Sabino Cassese

Si pensa a nuove assunzioni invece di retribuire meglio quelli che ci sono, anche per migliorare il servizio

Autorevoli esponenti di governo continuano ad annunciare cospicue assunzioni nel settore pubblico. Già altre ne sono state disposte con il piano di ripresa. Si aggiungono le immissioni in ruolo dalle graduatorie provinciali degli insegnanti di sostegno e la stabilizzazione dei precari con 36 mesi di servizio, anche non continuativo, nonché dei precari degli enti locali. Il Dipartimento della funzione pubblica è al lavoro per fare una ricognizione del personale da stabilizzare e un fondo sarebbe stato costituito al ministero dell’Economia e delle finanze per coprire parte dei costi di queste assunzioni. Poi, ci si può attendere che, nel 2026, si dovranno stabilizzare le persone assunte a tempo determinato dalle amministrazioni e dagli uffici giudiziari per il piano di ripresa. Infine, un decreto legge approvato dal governo il 6 aprile scorso ha dettato «disposizioni urgenti per il rafforzamento della capacità amministrativa delle amministrazioni pubbliche», disponendo cospicui aumenti delle dotazioni organiche. Solo nel 2023 sono programmate 170 mila assunzioni. È questo il modo per rafforzare la capacità amministrativa del settore pubblico?

Sgombriamo il campo dall’illusione che le assunzioni vogliano dire più voti. Coloro che nutrono questa speranza saranno presto disillusi. Si tratta di un pessimo calcolo. S i creerà un altro esercito di scontenti a causa delle condizioni di lavoro negli uffici pubblici, che, per essere generosi, possono essere definite subottimali.

L’argomento usato da chi sostiene la necessità di assumere altro personale pubblico è quello del blocco del «turn-over» durato almeno un decennio. Ma questo non tiene conto dello Stato-arcipelago, di quanti nuovi organismi esterni alla pubblica amministrazione si sono aggiunti in questi anni, autorità, agenzie, istituti ausiliari, che fanno parte del settore pubblico perché operano con risorse pubbliche. Se la Ragioneria generale dello Stato curasse le statistiche del settore pubblico, dovrebbe calcolare anche il personale addetto alle funzioni che sono state esternalizzate.

Bisognerebbe, invece, cogliere la duplice occasione di un mercato del lavoro con minori tensioni e della disponibilità di risorse che derivano dal piano di ripresa e dalla denatalità, che diminuisce la richiesta di alcuni servizi pubblici, in particolare di quello scolastico, per una cura dimagrante che serva ad aumentare la produttività, ma specialmente le retribuzioni del pubblico impiego.

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Sergio Mattarella: «Per un Rinascimento europeo partiamo dalla cultura»

venerdì, Aprile 21st, 2023

di Marzio Breda

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«Leggere è condividere conoscenza e valori: così il continente rinsalda la sua unità e si apre al mondo». Il capo dello Stato, all’avvio del Festival du Livre di Parigi dove l’Italia è ospite d’onore, riflette su letteratura, diritti, convivenza

Sergio Mattarella: «Per un Rinascimento europeo partiamo dalla cultura»
Particolare della «Scuola di Atene» di Raffaello Sanzio (1509-1511; foto Getty)

Signor presidente, si apre un biennio nel quale l’Italia sta avendo un ruolo da protagonista nella cultura europea. «Paese Ospite d’Onore» al Festival du Livre di Parigi, omaggio che si ripeterà nel 2024 alla Buchmesse di Francoforte, e ciò conferma l’interesse verso la nostra narrativa, poesia, filosofia e saggistica… Saranno presentati autori contemporanei e della tradizione, che ci legano all’identità dell’Europa. Possono essere anche eventi come questi gli «antidoti» di cui l’Ue ha bisogno per superare fragilità e riscoprirsi unita? Con una cultura certo plurale, ma su valori comuni?

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Sergio Mattarella (foto Paolo Giandotti)

«La partecipazione dell’Italia in veste d’ospite d’onore a due tra le più prestigiose occasioni culturali europee, oltre a riconoscere il contributo recato dalla civiltà italica al sentire globale, rappresenta una grande occasione per proseguire sulla strada di una osmosi che consolidi sempre più la piattaforma comune di valori sui quali si fonda la Casa europea.
L’incontro e il dialogo tra culture offre l’opportunità di conoscersi al di fuori di consolidati stereotipi e crea, nel confronto, le condizioni per superare la fragilità di una interpretazione dell’identità basata sulla chiusura e il rifiuto dell’altro. Il rispecchiarsi in uno spazio largo è ciò che ha consentito il crescere delle civiltà. Il sapere si è affermato come un valore democratico, anzi come condizione della stessa vita democratica. Non a caso l’accesso all’istruzione è divenuto uno dei diritti contemporanei. Un bagaglio di studi limitato è una barriera che, oltre a creare divari, genera incomprensioni e, dunque, conflittualità e, soprattutto, ci impedisce di progettare il futuro con chiavi interpretative adeguate a comprendere la complessità del nostro vivere contemporaneo.
Il libro, come ogni altra modalità di espressione della creatività umana, rappresenta uno strumento di condivisione della conoscenza.
Leggere è essenziale. Bisognerebbe leggere di più e, forse, la lettura del Milione di Marco Polo potrebbe aiutarci a comprendere lo spirito con cui va guardato il mondo.
Lo scambio apre le menti, tanto più per una cultura solida e ammirata come quella italiana. Consente di rimuovere pregiudizi e nozioni artefatte che ostacolano la conoscenza, ricacciandoci in recinti neo-tribali. Il progresso del mondo è avvenuto anche, se non soprattutto, grazie agli scambi con le culture “altre”.
Le trasformazioni repentine dei modelli di convivenza indotte dalle innovazioni tecnologiche, gli effetti dei cambiamenti climatici e della stessa crisi pandemica, i conflitti in atto, ci interrogano oggi profondamente nella nostra personalità. La cultura ci sorregge nella nostra capacità di immaginare fin d’ora il tempo nuovo, offrendoci criteri divenuti universali. La sfida è caratterizzata anche dal saper far migrare e incarnare i valori dei patti fondativi delle società contemporanee nelle architetture informatiche, che disegnano e influenzano in modo determinante le nostre società».

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Concessioni balneari, cosa prevede la sentenza europea e cosa farà il governo Meloni

venerdì, Aprile 21st, 2023

di Marco Galluzzo

Il governo già al lavoro: si pensa a un decreto a un ddl di iniziativa governativa

Concessioni  balneari, cosa prevede la sentenza europea e cosa farà il governo Meloni
Imagoeconomica

Ufficialmente, venerdì scorso, nel corso dell’incontro a Palazzo Chigi fra Giorgia Meloni e il commissario Ue al Mercato unico, Thierry Breton, non si è parlato di concessioni balneari. Eppure ieri mattina una portavoce della Commissione ha dichiarato di fronte alla stampa europea — anche se poi ha parzialmente ritrattato — che la presidente del Consiglio, nel corso di quel faccia a faccia, ha assicurato al commissario che l’Italia adeguerà presto la sua legislazione alle direttive europee sulle concessioni balneari.

Di sicuro in tanti aspettavano l’apertura di una procedura di infrazione per l’Italia, due giorni fa: una lettera sarebbe stata già scritta dalla Commissione, ma sembra che all’ultimo istante le autorità di Bruxelles abbiano preferito soprassedere. Forse perché il governo italiano ha dato garanzie che entro l’estate la questione sarà chiusa una volta per tutte. Forse perché è stato direttamente il capo del governo a impegnarsi. A Palazzo Chigi non confermano, ma nemmeno smentiscono.

Di sicuro nella staff della presidente del Consiglio dicono che la sentenza della Corte di Giustizia europea era ampiamente attesa per i contenuti e che a questo punto al governo italiano non resta che intervenire con un provvedimento ad hoc. Ci si sta già lavorando, anche se non è chiara la formula che verrà scelta, quella del decreto legge o del disegno di legge di iniziativa governativa. I nodi aperti sono i tempi e il modo.

Di sicuro occorre fare in fretta, anche per il caos normativo che al momento domina la materia: la sentenza della Corte infatti si applica direttamente, fa premio sulla legislazione nazionale e invita in modo esplicito gli enti locali italiani a disapplicare le norme interne che risultano in contraddizione con la direttiva europea e l’esigenza di mettere a gara le concessioni balneari. Da 13 anni Bruxelles prova ad allineare l’Italia agli altri Paesi europei, finora senza successo.

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Emergenza clima in Europa, i dati allarmanti: “Nuovi record di caldo nel 2023 e 2024 con El Niño”

giovedì, Aprile 20th, 2023

L’anno più caldo e siccitoso di sempre. La situazione climatica del 2022 è stata caratterizzata da un caldo estremo senza precedenti e condizioni di siccità diffusa. Lo evidenzia il rapporto annuale sullo stato del clima europeo (ESOTC), pubblicato oggi sulla base dei dati raccolti dal servizio sui cambiamenti climatici di Copernicus. «I risultati – si legge nel rapporto – mostrano l’aumento delle temperature e l’intensificarsi degli eventi estremi e offrono una panoramica del clima dello scorso anno in un contesto a lungo termine». Stando a quanto emerge dall’indagine, in Europa è stato registrato il secondo anno più caldo mai registrato, mentre l’estate è stata caratterizzata dalle temperature più elevate dall’inizio dei record. Gran parte dell’Europa ha subito ondate di caldo intense e prolungate. Le scarse precipitazioni, inoltre, hanno portato a una diffusa siccità. “Le temperature in tutta Europa – riportano gli scienziati – stanno aumentando al doppio del tasso medio globale, più veloce rispetto a qualsiasi altro continente».
Caldo record quest’estate
E le emissioni sulle proiezioni per i prossimi mesi sono tutt’altro che entusiasmanti. I principali modelli matematici indicano che l’estate potrà essere torrida e siccitosa, con temperature che nel cuore dell’Europa e nel Mediterraneo potranno essere molto più elevate della media. Insomma, il trend di un incremento di caldo e siccità continuerà.
Emissioni record
Tornando ai dati 2022, il report evidenzia che le emissioni europee di carbonio associate agli incendi estivi sono state le più alte degli ultimi 15 anni, con alcuni paesi che hanno registrato i livelli di emissioni più elevati degli ultimi 20 anni. Questi, in estrema sintesi, sono i dati relativi al tasso di frequenza di incendi che emergono dal rapporto annuale sullo stato del clima europeo (ESOTC), divulgato oggi dagli scienziati del Copernicus Climate Change Service (C3S). I ricercatori hanno confrontato i dati raccolti dal 1850, quando e’ iniziato il monitoraggio, per ricostruire un quadro temporale accurato e puntuale dell’andamento dei fattori legati al cambiamento climatico in Europa. «I risultati – scrivono gli autori – hanno evidenziato aumenti significativi delle emissioni di carbonio associate agli incendi boschivi, specialmente nell’estate del 2022 e in particolare in determinate regioni europee. Il tasso di episodi e fenomeni naturali estremi è aumentato notevolmente anche a causa delle condizioni più calde e secche che si sono verificate nel continente».

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Fisco, grandi opere, Pnrr Made in Italy e “Mia”. Parte la sfida delle riforme

giovedì, Aprile 20th, 2023

Stefano Zurlo

Eppur si muove. Piano piano, troppo per chi credeva in una partenza da fenomeni, il governo comincia a delineare il grande affresco delle riforme. Siamo all’inizio, anzi per l’opposizione siamo soli ai titoli, ma al di là delle scintille di giornata alcuni temi portanti iniziano a prendere forma.

C’è finalmente la delega fiscale che ha iniziato la sua perigliosa navigazione con l’obiettivo di consegnarci un sistema tributario meno contorto e più trasparente e con l’ambizione di portare tutti nella terra promessa della flat tax.

Molti esperti sostengono che non ci sono i soldi per provare anche solo ad alleggerire la pressione su cittadini e imprese, ma la sfida è lanciata. Così come presto dovrebbe arrivare il decreto sul reddito di cittadinanza e le politiche attive, capitolo doloroso di tutti i governi che molto hanno promesso e poco realizzato.

Per ora, dai giornali, sappiamo che il reddito, ribattezzato Mia e poi spezzettato nel trittico Gil-Gal-Pal, si assottiglierà come la platea di coloro che continueranno a riceverlo sul famoso divano. Per il resto, si cerca in tutti i modi di far rientrare nel circuito produttivo chi oggi è fermo ma avrebbe le carte per andare in ufficio o in fabbrica. L’idea di una sorta di bonus braccia conserte tendenzialmente a vita è considerata un freno allo sviluppo, di più un insulto alla cultura del lavoro.

Tamponate in qualche modo le prime emergenze, dai rave al superbonus scassaconti, l’esecutivo prova a spingere sull’acceleratore delle grandi opere, a partire naturalmente dal simbolo dei simboli, il ponte sullo Stretto, finora solo una costosissima montagna di disegni ma si spera presto – nell’arco di sei anni promettono i tecnici – una realtà.

Non c’ è solo il ponte, perché ci sono poi i binari dell’alta velocità, fra Sud e Nord-Est, uno dei capitoli più corposi del Pnrr, a sua volta la madre di tutte le riforme, il nuovo Piano Marshall per far avanzare un Paese che si è in parte ripiegato su se stesso. Il Pnrr è un’eredità, pesante, del governo Draghi ma Meloni si gioca la sua credibilità, fra polemiche e critiche, proprio sul raggiungimento dei numerosi target previsti. Il Pnrr vuole smuovere il Paese, incartato in una sequenza di no, ma costringe anche la pubblica amministrazione a ripensare se stessa: ecco, in una ideale staffetta Draghi Meloni, il nuovo codice degli appalti, appena presentato dal ministro Matteo Salvini, all’insegna della velocizzazione dei tempi e del disboscamento delle procedure.

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Tensione al Senato sul decreto migranti. “La sinistra sulle navi e poi alle cene vip”. Oggi il sì dell’Aula con un testo corretto

giovedì, Aprile 20th, 2023

Francesco Boezi

Marcia serrata per il dl Cutro sui migranti che oggi sarà approvato in Senato, per poi approdare alla Camera nella prima settimana di maggio. Ieri è stata una giornata tesa e costellata dai veleni e dalle critiche provenienti dagli scranni dell’opposizione. È valso anche per la Camera, dove il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ha dovuto replicare ad accuse di «incompetenza» arrivate dai grillini, spiegando come la «protezione speciale» debba essere prevista per chi davvero «fugge da pericoli».

La Schlein, da distanza, ha provato ad attaccare la Meloni sostenendo che la premier voglia importare il modello ungherese. A Palazzo Madama, tutta la minoranza si è scagliata contro la presentazione di un emendamento «canguro» da parte del governo, ossia di un intervento con parecchie modifiche rispetto al testo base. Una mossa quest’ultima – su cui il governo è poi tornato indietro, facendo ripartire i lavori d’Aula che erano stati sospesi. Più in generale, esiste un orientamento ideologico che va oltre le scaramucce procedurali. Il centrodestra vuole una stretta, compresa una riduzione sostanziale della «protezione speciale». Il centrosinistra considera questo provvedimento e i suoi effetti «pericolosi» e «disumani». Marco Lisei, senatore di Fdi e firmatario di un subemendamento chiave, ha incalzato dem e grillini. «La mattina vi fate magari un giro nelle Caritas o sulle navi Ong e la sera i vostri leader di partito partecipano alle cene di gala nell’attico di qualche vip», ha tuonato. «È curioso – ha aggiunto – : voi di sinistra state coi poveri la mattina e con le celebrità la sera. Siete dunque per il salario minimo e per il caviale libero». Quando si dice una definizione che calza a pennello. Il riferimento è stato anche alle ultime occasioni conviviali, tra quelle rese pubbliche, a cui ha partecipato la segretaria del Pd. «Gli italiani sanno che noi i confini li difendiamo sempre», ha chiosato il meloniano. Toni incisivi e forse dovuti anche a quanto dichiarato poco prima dai dem, con Filippo Sensi che aveva sottolineato come il governo fosse solito «evocare» la «paura». De Cristofaro, di Alleanza Verdi-Sinistra, ha scimmiottato una frase del ministro Lollobrigida (quella sulla «sostituzione etnica» che è stata stigmatizzata dai consueti benpensanti), usando l’espressione «sostituzione etica». Al netto del clima, qualche emendamento della minoranza è stato approvato, come quello sul ruolo delle organizzazioni internazionali per gli accordi di formazione. Per il resto, bocciato l’emendamento di Scalfarotto per la regolarizzazione dei migranti che posseggono un lavoro. Approvata, invece, la possibilità di affidare l’hotspot di Lampedusa (dove aprirà anche un 118) alla Croce Rossa, come voluto dalla maggioranza. E modificato, infine, un passaggio del subemendamento di Gasparri, Lisei e Pirovano per evitare di contrastare i trattati internazionali quali la Carta di Nizza e la Carta europea dei diritti dell’uomo. Soppresso un solo comma. Un’ulteriore novità di rilievo: stop ai corsi di italiano e a quelli di orientamento legale nei centri accoglienza.

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Tra movimentismo e responsabilità, così Elly Schlein costruisce il nuovo Pd

giovedì, Aprile 20th, 2023

FRANCESCA SCHIANCHI

L’aveva promesso, eccola qua. Alla vigilia di Pasqua, il giorno della presentazione della segreteria via Instagram – molte facce nuove, fin troppe a giudicare dalla sorpresa di mezzo partito –, prima di prendersi qualche (criticatissimo) giorno di pausa, la segretaria del Pd Elly Schlein aveva annunciato una futura conferenza stampa. Troppi borbottii, nel partito e fuori, sui suoi tempi di decisione – quasi un mese per comporre la squadra -, troppe illazioni sui suoi silenzi. Dieci anni fa, come ieri, il tradimento dei 101 di Prodi fu l’inizio della sua parabola: ora appuntamento alla sede del Nazareno, alle spalle le bandiere del Pd, ucraina e arcobaleno – c’erano già quando era leader Letta, assicurano dal quartier generale, con lei di là dalla scrivania si notano di più.

Nelle ultime settimane è cresciuta la tensione con il Movimento cinque stelle sul termovalorizzatore di Roma, il Terzo polo è esploso, la maggioranza ha offerto qualche altra occasione di polemica, buonista e antifascista, dicono a destra; ottima per rimarcare una distanza, vista dal Pd. Di molti argomenti, Schlein non aveva ancora parlato, su parecchi temi controversi era attesa al varco dal suo stesso partito: chi è veramente? Cosa farà, continuano a domandarsi dalle fila di un Pd che, a quasi due mesi dalla scelta dei gazebo, in gran parte ancora si chiede chi lo stia guidando. Lei lo sa, e il primo messaggio che manda è lo stesso che pronunciò occhi negli occhi con la premier, un mese fa in Aula alla Camera: «Lei è al governo, ci sono io all’opposizione».

Vuole essere lei, vuole essere il suo Pd la vera alternativa alla destra, nel dare della «bugiarda» a Giorgia Meloni sulla protezione speciale («sono 18 i Paesi che hanno questa forma di protezione»), nella scelta della riunione della prima segreteria a Riano, là dove fu trovato il cadavere di Giacomo Matteotti, alla vigilia del 25 aprile e mentre dalla maggioranza ancora si glissa sull’argomento, nelle critiche alle nomine fatte dal governo e al decreto Cutro – «portano l’Ungheria in Italia». Inflessibile eppure disponibile a parlare con la premier di Pnrr «per il bene del Paese»: vuole essere l’anti-Meloni e si vede – e non è certo solo una trita questione di giovane leadership femminile. «Si fa trovare là dove bisogna stare per essere l’opposto di questa destra», valuta un vecchio dirigente dem superando la naturale ritrosia davanti all’eccentricità della figura di Elly Schlein. Per ora funziona e mette la sordina a qualunque tensione: il partito è dato dai sondaggi al 21 per cento in costante aumento, quando nemmeno tre mesi fa galleggiava sei o sette punti più in basso.

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Miriam Mafai, il giornalismo come passione civile e la capacità di dire: voglio avere tutto

giovedì, Aprile 20th, 2023

Annalisa Cuzzocrea

Comincio a dirvi chi non era, Miriam Mafai, perché non ci siano fraintendimenti. Miriam, che ha dedicato la sua vita fin da giovanissima alla causa del Partito Comunista Italiano, non era la ragazza rossa. Era una ragazza libera e lo è stata fino all’ultimo istante della sua vita. Non ha mai smesso di usare la ragione e non si è mai fatta tappare gli occhi dall’ideologia. Pur avendo – e sì che ce l’aveva – una fede incrollabile. Che viene fuori da qualsiasi cosa abbia scritto.Miriam credeva che l’ascolto, l’impegno, il lavoro, le parole, potessero cambiare il mondo. Non è mai stata pessimista perché non è mai stata arresa.

Quando ho cominciato a leggere tutto di lei, la prima cosa che ho invidiato – quante cose belle smuove l’invidia – è la passione civile. E quello che ho pensato è che quello che manca nel giornalismo, oggi, è la passione civile. Credere in qualcosa: lottare perché si affermi. Mi direte che questa è politica: andatelo a dire a George Orwell.

C’è una politica – la ricerca del bene della polis, della comunità – che si può fare fuori dai partiti e dalle istituzioni e Miriam Mafai l’ha fatta tanto più da giornalista che da funzionaria di partito, cosa che pure è stata, perché altrimenti non avrebbe saputo raccontare l’emancipazione delle donne durante la tragedia della Seconda guerra mondiale in Pane nero. Altrimenti, non sarebbe andata a descrivere cos’erano quelli che a noi sembrano oggi i pittoreschi sassi di Matera, un luogo dove le persone, i bambini, vivevano come bestie. Non avrebbe fatto un giro nelle miniere d’oltralpe in cui i reietti, nel dopoguerra, eravamo noi, i mangiaspaghetti, gli italiani umiliati e offesi degli anni dell’emigrazione di massa.

Se non ti spinge la certezza che la parola possa muovere qualcosa, che possa essere spada, come scriveva Leonardo Sciascia, non puoi neanche avvicinarti a capire chi era Miriam Mafai. L’incipit della sua biografia, Una vita quasi due, curata dalla figlia Sara Scalia, che non smetterò mai di ringraziare per l’ottima vellutata di zucca e per la fiducia con cui mi ha affidato i suoi ricordi, è questo: «Sono nata sotto il segno felice del disordine». Miriam viene da una famiglia fuori dalle regole ed è sempre rimasta fuori dalle regole, se per regole si intendono le convenzioni senza senso, la forma priva di sostanza. E non ha mai sbandato. Non ha mai smesso di seguire il filo della sua libertà e del suo impegno.

Aveva, come molti della sua generazione cresciuta dentro la carta stampata, il culto del giornale. Il giornale veniva prima di tutto. E c’è una cosa che spesso non si racconta di Miriam Mafai, perché la sua biografia e il suo carattere sono stati talmente particolari da prendersi tutta la scena: non si parla abbastanza dello stile. Della sua prosa asciutta arsa secca e al tempo vividissima. Della precisione del dettaglio. Del ritmo che segue uno spartito suo. Dei colori che sembrano venire da uno dei quadri di Mario Mafai.

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