Archive for Aprile, 2023

La fuga di Artem Uss, cosa non ha funzionato. La catena di errori e sottovalutazioni. Dagli Usa dati ambigui

domenica, Aprile 16th, 2023

di Luigi Ferrarella

Dal Dipartimento di giustizia americano l’indicazione «senza fissa dimora in Italia» e la scarsa chiarezza sui reati contestati. L’imprenditore russo evaso con il braccialetto elettronico dalla sua casa di Basiglio lo scorso marzo

Tra sbavature, sottovalutazioni e autogol che hanno punteggiato le scelte dei vari soggetti istituzionali intorno alla richiesta di estradizione negli Stati Uniti dell’uomo d’affari russo Artem Uss fermato a Malpensa il 17 ottobre 2022 (magistrati milanesi, ministero della Giustizia, servizi segreti, forze dell’ordine, gestori di braccialetti elettronici), gli atti mostrano che a dare il proprio contributo sono stati paradossalmente anche gli americani: proprio all’inizio di tutto, e proprio su quelle circostanze che, una volta risultate o non vere o non documentate, per converso hanno costituito il presupposto sul quale poi il 25 novembre 2022 il primo collegio della Corte d’Appello (Fagnoni-Curami-Caramellino) ha fondato la decisione di accogliere dal 2 dicembre l’istanza difensiva di arresti domiciliari con braccialetto elettronico nella villa di Basiglio. Quella da cui Uss il 22 marzo scorso, all’indomani del primo parziale via libera all’estradizione comunque non operativa perché sottoposta a ricorso pendente in Cassazione, è fuggito con grande facilità, per beffa portandosi via il braccialetto elettronico.

Quando infatti il 18 ottobre la Corte d’Appello (in attesa che dagli Stati Uniti tramite Ministero arrivino solo l’11 novembre la richiesta di estradizione e gli atti allegati) convalida l’arresto provvisorio di Uss emesso «il 26 settembre dal Dipartimento di giustizia americano per associazione per delinquere, truffa e riciclaggio», lo fa per il (prospettato dagli americani) «concreto pericolo di fuga evidente nel fatto che Uss era in partenza per Istanbul insieme alla propria compagna», «per l’assenza di una fissa dimora in Italia», «per gli appoggi internazionali che gli hanno consentito di allontanarsi dal luogo di commissione del reato» indicato in New York. Tre circostanze però non esatte o quantomeno non documentate dagli americani.

Dopo quasi 40 giorni di carcere a Busto Arsizio, infatti, i difensori Vinicio Nardo (allora presidente dell’Ordine degli avvocati di Milano) e Fabio De Matteis in una istanza di arresti domiciliari hanno buon gioco a rappresentare ai giudici che, «contrariamente a quanto indicato nella convalida dell’arresto, Uss è stato arrestato a Malpensa non perché di passaggio nel nostro Paese, ma in quanto, dopo aver soggiornato qualche giorno a Milano, stava rientrando via Turchia in Russia»; e che «dalla documentazione americana non si arguisce risponda al vero la circostanza, anch’essa riportata a sostegno del pericolo di fuga, che Uss si sia allontanato dal luogo di commissione del reato, non risultando infatti si sia mai recato a New York». 

Rating 3.00 out of 5

Caso Orlandi, sulle accuse a Wojtyla l’avvocata Laura Sgrò convocata in Vaticano si rifiuta di fare nomi

domenica, Aprile 16th, 2023

di Ester Palma

La legale era stata convocata dal promotore di Giustizia vaticano  Alessandro Diddi, come aveva chiesto più volte: ma sabato mattina ha opposto il segreto professionale

Caso Orlandi, sulle accuse a Wojtyla l’avvocata Sgrò si rifiuta di fare nomi

Sulle accuse a papa Wojtyla, nell’ambito dell’inchiesta aperta in Vaticano sulla scomparsa di Emanuela Orlandi, il fratello Pietro e l’avvocato Laura Sgrò si rifiutano di indicare le loro fonti al Promotore di Giustizia. E’ accaduto nel corso del brevissimo incontro di sabato mattina in Vaticano fra la legale della famiglia Orlandi, convocata in qualità di testimone per riferire sulla provenienza delle informazioni su Giovanni Paolo II e più in generale sul caso della ragazza scomparsa, e il Promotore di Giustizia Alessandro Diddi, nel corso del quale l’avvocato Sgrò ha scelto di opporre il segreto professionale alla richiesta di spiegare da chi aveva ricevuto le informazioni sulle presunte attività illecite di Giovanni Paolo II. 

«La legale chiedeva da mesi quest’incontro»

Lo riporta Vatican News, citando una dichiarazione del direttore della Sala Stampa della Santa Sede Matteo Bruni: «Il Promotore di giustizia Diddi, insieme al professor Gianluca Perone, Promotore applicato, ha ricevuto l’avvocato Laura Sgrò, come da lei ripetutamente e pubblicamente richiesto, anche per fornire quegli elementi, relativi alla provenienza di alcune informazioni in suo possesso, attesi dopo le dichiarazioni fornite da Pietro Orlandi. L’avvocato Sgro si è avvalsa del segreto professionale». 

Laura Sgrò: «False affermazioni, che sia fatta piena luce»

Dichiarazioni contestate dall’avvocato Sgrò che, in una lettera ai vertici della Comunicazione in Vaticano, sottolinea come tale «affermazione non corrisponda al vero», chiedendo che sia «fatta piena luce» sulla questione: «Il mio assistito , signor Pietro Orlandi, è stato ascoltato per ben otto ore l’11 aprile u.s. dal promotore di Giustizia, prof. Alessandro Diddi, al quale ha presentato una corposa memoria corredata da un elenco di ventotto persone, chiedendo motivatamente che siano presto ascoltate. Il signor Pietro inoltre si è reso pienamente disponibile a fornire ogni altro chiarimento a richiesta dello stesso promotore di Giustizia». L’avvocato Sgrò specifica poi in merito ad una «mia personale audizione come persona informata dei fatti» che «essa è evidentemente incompatibile con la mia posizione di avvocato difensore della famiglia Orlandi». Ribadendo, infine, nel rigettare le notizie circolate, che «il segreto professionale è baluardo della verità stessa e attaccarlo significa impedire ad un avvocato di poter apportare il proprio contributo alla verità».

Rating 3.00 out of 5

Strage di Erba, il pg di Milano: “Liberate Rosa e Olindo”

domenica, Aprile 16th, 2023

Gianluigi Nuzzi

La strage di Erba, dopo aver già conquistato il primato di peggiore carneficina del nuovo millennio nel nostro Paese, colleziona un’altra inquietante peculiarità: un sostituto procuratore generale dopo aver letto gli atti chiede che il processo venga riaperto, affatto convinto che Rosa e Olindo siano davvero gli assassini di quei quattro innocenti ammazzati la sera dell’11 dicembre 2006 a Erba. Un documento analitico, frutto di mesi di lavoro quello che il sostituto Cuno Tarfusser, già procuratore capo a Bolzano e ora a Milano, ha elaborato, dopo aver incontrato gli avvocati di Rosa e Olindo, i due che stanno scontando l’ergastolo dopo la pronuncia definitiva della Cassazione nel 2011. Una richiesta sollevata «in tutta coscienza per amore di verità e di giustizia e per l’insopportabilità del pensiero che due persone, probabilmente vittime di errore giudiziario, stiano scontando l’ergastolo». La conclusione è netta: «Fin dal primo grado c’erano prove della loro innocenza».

Il documento è ora sulla scrivania del procuratore generale Francesca Nanni perché sta a quest’ultima decidere se vistarlo e trasmetterlo a Brescia per il vaglio della Corte d’Appello sull’eventuale revisione, oppure archiviarlo non ritenendolo condivisibile. Nel documento Tarfusser valorizza elementi controversi su tutte le tre prove principali che portarono all’ergastolo. Si parte dalle macchie di sangue della vittima sull’auto usata dagli imputati, che sarebbe in realtà un effetto ottico, al riconoscimento e l’identificazione di Olindo da parte di Mario Frigerio, unico testimone della strage, che sarebbe compromesso dai “buchi” nelle intercettazioni e, da ultima, la confessione stessa della coppia che poi ha ritrattato.

L’auto accusa dei coniugi, per il magistrato, sarebbe «da considerarsi false confessione acquiescente», la testimonianza di Frigerio una «falsa memoria» legata al «peggioramento della condizione psichica» dell’uomo e alle «errate tecniche di intervista investigativa». Osservazioni, sottolinea il magistrato, che «se approfondite e valutate, avrebbero già sin dal giudizio di primo grado potuto portare ad un diverso esito processuale».

Hanno colpito il sostituto procuratore generale, sia le intercettazioni ambientali di quando Frigerio era in ospedale, mai entrate nel procedimento, sia gli audio e i video effettuati prima della confessione, Tarfusser ha cioè maturato dubbi sull’istruttoria ancora prima di valutare le “nuove prove” che gli avvocati di Rosa e Olindo hanno raccolto negli ultimi anni, contando su numerosi consulenti ed esperti. Sembra infatti che Tarfusser si sia sorpreso di numerosi dettagli a iniziare dal fatto che Rosa e Olindo vennero sentiti addirittura da quattro pubblici ministeri.

Per capire la portata di questa mossa di Tarfusser è forse davvero la prima volta dal 1930, con l’entrata in vigore del nuovo codice di procedura penale nella storia della nostra giustizia, che un sostituto procuratore generale – e quindi chi rappresenta l’accusa – ponga dei dubbi sulla colpevolezza dei condannati, sollecitando la revisione e la riapertura del dibattimento. In genere, infatti, è l’imputato a chiedere un nuovo processo. Proprio a Brescia, che con ogni probabilità sarà investita della questione dai colleghi di Milano, quest’autunno la Corte aveva respinto – ad esempio – analoga istanza presentata da Maurizio Tremonte, già informatore dei servizi, dopo la condanna all’ergastolo ricevuta per la strage di piazza Della Loggia, accogliendo così il diniego suggerito dal procuratore generale Guido Rispoli.

A questo punto è difficile ipotizzare che Nanni sconfessi il proprio consigliere più anziano mentre è più probabile che la pratica finisca a Brescia, come prevede il codice per passare al vaglio della Corte che dovrà innanzitutto decidere sull’ammissibilità della stessa.

Rating 3.00 out of 5

Il capitano della Lazio si schianta in auto contro un tram: Ciro Immobile miracolosamente illeso con le figlie. Il calciatore: “È passato col rosso”

domenica, Aprile 16th, 2023

ROMA. Grande paura ma nessuna conseguenza fisica per Ciro Immobile e le sue figlie: il centravanti e capitano della Lazio ha distrutto stamattina la sua Land Rover Defender in un incidente stradale a Roma.

Incidente stradale per Ciro Immobile: scontro con un tram a Roma – la diretta

L’auto del bomber biancoceleste, su cui viaggiavano anche le sue due figlie, si è schiantata con il tram numero 19 mentre attraversava ponte Matteotti, tra Prati e Flaminio. Il tram è uscito dalle rotaie, la macchina è distrutta.

L’incidente ha coinvolto sette persone oltre a Immobile, compresi alcuni passeggeri del tram, che sono stati portati al Gemelli per accertamenti. Il calciatore, «un po’ indolenzito al braccio», parlando alle forze dell’ordine, ha dichiarato che il tram sarebbe passato col semaforo rosso. Anche Ciro Immobile e le figlie sono stati comunque trasportati al Policlinico Gemelli in ambulanza, dove sono sottoposti a controlli.

* Notizia in aggiornamento

LA STAMPA

Rating 3.00 out of 5

Quei cristi invisibili che vogliamo respingere

domenica, Aprile 16th, 2023

Massimo Giannini

La profezia era stata fin troppo facile, affidata alle parole del grande Fernando Aramburu in “Patria”: un giorno non molto lontano in pochi ricorderanno quello che è successo. «Ed è inutile farsi il sangue amaro: è la legge della vita, alla fine vince sempre l’oblio». Infatti l’oblio ha vinto anche stavolta. Sono passati quasi due mesi dal naufragio di Cutro del 26 febbraio. Novantuno vittime accertate, di cui trentacinque bambini. Ottanta sopravvissuti. Almeno dodici dispersi. Da allora quella spiaggia – punteggiata prima di corpi, poi di croci e di fiori – è già svanita dalla nostra memoria. Il mare ha smesso di restituire i morti, noi abbiamo smesso di preoccuparci dei vivi. La compassione è finita. Adesso è di nuovo «invasione». E dobbiamo ricominciare a difenderci.

Tonificato dall’audace colpo messo a segno con le nomine nelle “Big Five” partecipate dallo Stato, Matteo Salvini rilancia la crociata cattivista contro i migranti, tornando sul luogo del delitto compiuto ai tempi dei due decreti sicurezza varati dal governo grillo-leghista. Dopo aver picconato allora l’istituto della protezione «umanitaria», ora si tratta di abolire o indebolire anche quella «speciale» che è rimasta. Il Capitano non si accontenta di aver cancellato quattro anni fa la tutela per i profughi che non avevano diritto al riconoscimento dello status di rifugiato ma non potevano essere allontanati dal territorio nazionale a causa di oggettive e gravi situazioni personali. Adesso vuole abolire anche la protezione per il cittadino straniero che, se rimpatriato, possa essere oggetto di persecuzione o rischi di essere sottoposto a tortura, trattamenti degradanti, violazioni sistematiche e gravi di diritti umani.

Lo prevedevano già due disegni di legge incardinati presso la Commissione Affari Costituzionali della Camera. E ora lo ribadisce un emendamento della maggioranza al decreto-Cutro, in discussione al Senato, che vieta la possibilità di convertire la protezione speciale in permessi di soggiorno per lavoro e i permessi legati a calamità naturali o a patologie mediche curabili nel Paese d’origine.

Poteva sembrare solo l’ennesima fuga in avanti del Carroccio, per mettere alla prova i Fratelli d’Italia e testare nuovamente i rapporti di forza interni alla coalizione. Purtroppo non è così. Lungo la frontiera del «peggiorismo» ideologico e del revanchismo identitario la rincorsa a destra non ammette né soste né deroghe. Libera da ogni retaggio ideologico del Fascismo e sciolta da ogni vincolo storico col Colonialismo, Giorgia Meloni ad Addis Abeba rilancia la controffensiva sovranista/revisionista. Respinge tutte le critiche, all’insegna della rimozione del passato e dell’assoluzione del presente. Abbraccia tutti i bambini, in nome dell’indiscutibile «fratellanza euro-africana» e dell’immancabile “Piano Mattei”. Siamo tutti etiopi, a casa loro. Ma vogliamo solo italiani, a casa nostra. Dunque sì, la presidente del Consiglio conferma che l’obiettivo della «eliminazione della protezione speciale» non è solo di Salvini, ma è anche il suo. E allora prepariamoci, perché il governo andrà avanti su questa strada. Anche se stavolta l’Europa non ce lo chiede, il buon senso ce lo sconsiglia, l’ordinamento giuridico ce lo vieta.

Rating 3.00 out of 5

I 5s sognano la democrazia diretta però boicottano l’elezione al Colle

sabato, Aprile 15th, 2023

Domenico Di Sanzo

Altro che Rousseau, i grillini dicono no al presidenzialismo Il ministro Casellati: «È il contrario di quello che dicevate»

Parlavano di Rousseau e della democrazia diretta. Della partecipazione dei cittadini e del referendum propositivo. Eppure i 5 Stelle boicottano l’elezione diretta del premier o del Presidente della Repubblica. Per i grillini, che si autoproclamavano «portavoce» dei cittadini, gli elettori non possono scegliere chi sarà chiamato a governare. L’ennesimo paradosso, un’altra contraddizione per il Movimento che ha già abiurato a tutti i suoi principi delle origini.
E così è accaduto che mercoledì, durante l’audizione della ministra delle Riforme istituzionali Maria Elisabetta Alberti Casellati in Commissione Affari costituzionali alla Camera, il M5s si è opposto a qualsiasi ipotesi di elezione diretta da parte dei cittadini del presidente della Repubblica o del presidente del Consiglio. «Non ho sentito, da parte dei 5 Stelle, un accenno alla volontà popolare – ha spiegato Casellati rivolgendosi ai deputati stellati – il fatto di non voler restituire il voto ai cittadini affinché possano scegliersi il presidente della Repubblica o del Consiglio, mi pare un po’ contrario a quello che avete sempre detto sulla partecipazione popolare». Anche nella scorsa legislatura gli stellati avevano votato contro la riforma presidenzialista proposta da Fdi.
Giuseppe Conte sul tema aveva bacchettato il centrodestra: «Non hanno le idee chiare».
Ma lo stesso Conte, da premier, nel 2019 sognava «una legislatura costituente» per «un cambio di sistema». Ancora, a giugno del 2021, intervistato da La7: «Proporrò agli altri leader di ragionare su una riforma costituzionale che possa rafforzare il nostro sistema. Se proporrò il presidenzialismo? Non me lo faccia anticipare». Dopo due mesi, con La Stampa, non nascondeva la sua invidia per i Paesi dove «Capi di Stato e di governo rimangono in carica per decenni».
Ora che il centrodestra ha i numeri e la possibilità per cambiare il sistema, il M5s di Conte si irrigidisce.

Rating 3.00 out of 5

Francia nel caos per la riforma pensioni: migliaia in strada e scontri

sabato, Aprile 15th, 2023

Via libera del Consiglio costituzionale francese al nodo centrale, nonché il più contestato, della riforma delle pensioni voluta dal presidente Emmanuel Macron, cioè quello dell’innalzamento dell’età pensionabile da 62 a 64 anni. Dopo che da tre mesi massicce proteste infiammano la Francia, i 9 ‘saggi’ – così vengono definiti i membri della Corte costituzionale – hanno deciso di respingere 6 disposizioni presenti nel testo, ma di dare luce verde all’impalcatura essenziale della riforma. Macron potrebbe dunque ora promulgare il testo. Migliaia le persone scese subito in strada in diverse città, da Parigi a Nizza, da Lione a Caen a Rennes. Nella capitale i manifestanti si sono raccolti davanti all’Hotel de Ville e da lì è partito un corteo spontaneo.

I sindacati hanno lanciato un appello a Macron a non promulgare la riforma. Il presidente della Repubblica ha 15 giorni di tempo per farlo, ma fonti vicine a Macron hanno fatto sapere che la promulgazione potrebbe essere rapida. Entro 48 ore secondo Bfmtv. “Dal 2017 il presidente promulga sistematicamente tutte le leggi il giorno successivo o quello dopo ancora”, hanno ricordato a Franceinfo dall’entourage presidenziale. In mattinata Macron aveva invitato i sindacati a partecipare a un incontro all’Eliseo martedì 18 aprile, ma dall’intersindacale è giunto un no, tanto più che, secondo quanto filtrato, il presidente vorrebbe promulgare la legge prima di allora: a seguito della decisione della Corte i sindacati uniti contro la riforma hanno annunciato che non accetteranno alcun incontro con l’esecutivo prima del 1° maggio, data per la quale hanno indetto una nuova giornata di “mobilitazione eccezionale e popolare contro la riforma delle pensioni e per la giustizia sociale”.

“Questa sera non ci sono né vincitori né vinti”, è stata la reazione della premier francese Elisabeth Borne. “La Corte costituzionale ha stabilito che la riforma è in linea con la nostra Costituzione, sia nel merito che nella procedura. Il testo è giunto alla fine del suo processo democratico”, ha twittato, rivendicando che “richiede uno sforzo da parte dei francesi che possono permetterselo”, “ma prevede anche molti progressi”. Il governo ha sostenuto che la riforma è necessaria per mantenere a galla il sistema pensionistico a fronte dell’invecchiamento della popolazione.

Rating 3.00 out of 5

Pietro Orlandi, le dichiarazioni a Quarto Grado: “Cosa ho detto su Papa Wojtyla”

sabato, Aprile 15th, 2023

Giada Oricchio

Il caso di Emanuela Orlandi, la figlia minorenne di un messo pontificio scomparsa nel nulla il 22 giugno 1983, sta sollevando forti polemiche a seguito di alcune dichiarazioni del fratello Pietro su papa Giovanni Paolo II.

L’11 aprile scorso, Orlandi è stato ricevuto in Vaticano perché Papa Francesco ha fatto riaprire l’inchiesta e ha consegnato un file audio al Promotore di Giustizia in cui un uomo vicino alla Banda della Magliana afferma: “Wojtyla pure insieme se le portava a letto, non so dove, all’interno del Vaticano. Quando è diventata una cosa che ormai era una schifezza, il segretario di Stato ha deciso di intervenire. Ma non dicendo a Wojtyla ora le tolgo da mezzo… non hanno fatto altro che chiamare De Pedis e gli hanno detto sta succedendo questo, ci puoi dare una mano? Punto. Il resto so tutte ca**ate”. Ospite del talk “Dimartedì” su LA7, Pietro Orlandi ha aggiunto: “Mi dicono che Wojtyla ogni tanto la sera usciva con due monsignori polacchi… non andava certo a benedire le case…”.

La frase adombra un’accusa pesantissima verso il pontefice defunto. Ma ieri, venerdì 14 aprile, in collegamento con il programma di Rete4 “Quarto Grado”, l’uomo ha chiarito il senso delle sue parole: “Mi hanno strumentalizzato per fare titoli di giornale e per infangarmi. Sono arrivate palle di fango. Io non ho mai accusato direttamente Giovanni Paolo II di pedofilia, sfido chiunque a sostenerlo”. Orlandi ha proseguito: “Papa Francesco ha detto che vuole fare chiarezza, sa che c’è questo audio che accusa Wojtyla. Circola dal 9 dicembre e nessuno si è mai indignato. Io ho ritenuto opportuno portarlo senza i bip (che coprivano i nomi, nda) al Promotore di Giustizia”.

Rating 3.00 out of 5

Meloni, missione in Etiopia: “Investire qui per evitare un nuovo esodo verso l’Europa”

sabato, Aprile 15th, 2023

dal nostro inviato Ilario LOmbardo

ADDIS ABEBA. Appena quattro mesi fa, nel dicembre 2022, la relazione del Copasir aveva messo nero su bianco che «il rischio di una saldatura tra i molteplici focolai di crisi e una destabilizzazione più ampia» dell’Etiopia «potrebbe alimentare flussi irregolari verso l’Unione europea». Un violento conflitto etnico, la resiliente presenza jihadista, una siccità potenzialmente catastrofica: sulla base del lavoro dell’intelligence italiana, il comitato parlamentare per la sicurezza fotografava una realtà inquietante, un mix di fattori che rappresenta la premessa alla visita di due giorni – ieri e oggi – di Giorgia Meloni ad Addis Abeba.

All’entrata dell’hotel Sheraton la presidente del Consiglio si sofferma a inquadrare il senso della missione, dopo aver già incontrato il presidente dell’Unione Africana Moussa Faki e prima di rivedere nuovamente il primo ministro etiope Abiy Ahmed. «L’Etiopia è uno snodo cruciale», dichiara. Le materie di interesse sono tante. «Quella migratoria – continua – è una conseguenza». Il “piano Mattei”, cuore della strategia meloniana in Africa, considera l’Etiopia un punto fermo per la stabilità di tutto il Corno d’Africa.

Senza una pacificazione sul lungo periodo, e senza infrastrutture e investimenti, gli effetti – le conseguenze di cui parla Meloni – sono facilmente intuibili. Il lavoro da fare è lo stesso di quello che il governo italiano sta portando avanti nel Nord Africa: «È necessario un sostegno che passa attraverso lo sblocco dei finanziamenti, come per la Tunisia» quelli attesi dal Fondo monetario internazionale e dalla Banca Mondiale. Anche qui, come a Tunisi, gli aiuti si sono fermati davanti alle accuse e alle inchieste sulle violazioni dei diritti umani.

Dalla relazione del Copasir a oggi, comunque, la situazione è andata migliorando. La tregua con i ribelli del Tigray ha permesso di riprendere le relazioni internazionali e gli affari con le aziende europee e americane. Il blocco occidentale considera l’Etiopia cruciale non solo per scongiurare l’esodo dei profughi ma anche per frenare gli appetiti di Russia e Cina nella regione. Ma la stabilità è raggiungibile – sostiene Meloni – solo disincagliando le risorse promesse e «sostenendo ulteriori investimenti». L’Italia si è fatta trovare in prima fila, anche grazie ai rapporti coltivati negli ultimi anni e a un ruolo di mediazione durante il conflitto. Ma la corsa è partita. E la competizione è spietata. In Etiopia è già stato il segretario di Stato americano Anthony Blinken, e presto verranno il presidente francese Emmanuel Macron e il cancelliere tedesco Olaf Scholz.

Rating 3.00 out of 5

Terzo Polo, passione triste

sabato, Aprile 15th, 2023

Massimo Recalcati

La logica tristemente infausta dei due galli in un pollaio è davvero sufficiente per spiegare quello che appare come il naufragio politico del progetto del cosiddetto Terzo Polo? È un fatto di esperienza: non sempre le separazioni affettive ci obbligano a distribuire in parti eguali la responsabilità del fallimento di una unione. A volte si constata che è una delle due parti a perseguire (coscientemente o inconsciamente) l’obbiettivo della divisione, mentre l’altra prova in tutti i modi a difendere la relazione dalla sua fine. È forse questo il caso della morte prematura del progetto di unione tra Azione e Italia viva promesso agli elettori nell’ultima campagna elettorale? Vi sarebbe allora qualcuno dei due più colpevole dell’altro? Qualcuno che ha maggiori responsabilità nell’aver reso impossibile un progetto politico atteso da diversi come una speranza di questo Paese?

È quello che insistono a raccontare in queste ore, con più o meno livore, i rappresentanti dei due schieramenti in conflitto. Non intendo entrare nel ginepraio psichico che queste domande spalancano a cielo aperto. È inutile, scriveva Majakovsky prima di suicidarsi, “rinfacciarsi i torti reciproci”. Il problema mi pare assai più generale e prescinde dai caratteri dei due contendenti, come dai calcoli individuali o di schieramento. Riguarda piuttosto la politica nell’epoca della sua evaporazione ideologica. Più del teatrino dei due galli nello stesso pollaio obbligati ad affermarsi l’uno contro l’altro, utilizzerei la metafora, altrettanto nota, del dito con l’unghia sporca che indica la luna. Restare a osservare l’unghia sporca – sempre quella dell’altro ovviamente – impedisce, lo sappiamo, di contemplare la bellezza della luna. È questo un problema che la vita politica contemporanea – non solo quella del nostro Paese – patisce profondamente. È una delle ragioni che hanno sospinto recentemente Elly Schlein ad una vittoria inattesa. Ci voleva uno strappo, una discontinuità col passato, un movimento in avanti. Perché la crisi della politica implica anche la spinta a farla risorgere dalle ceneri, ovvero la necessità di rendere ancora possibile la visione della bellezza della luna. E non mi stupisce che Schlein debba gran parte della sua affermazione all’essere una leader capace di esprimere la forza e il coraggio della giovinezza. La sua vittoria scaturisce, infatti, ben al di là dei contenuti specifici del suo programma, se non, a mio avviso, addirittura in contraddizione con alcuni di essi, dall’incarnazione persuasiva di una passione che non arretra di fronte agli ostacoli e che sa coinvolgere in modo avvincente le nuove generazioni. Ma è indubbio che la politica ai tempi della sua evaporazione, comporti per lo più il fiorire di leadership sempre più narcisistiche e sempre meno al servizio della comunità. Questo restringe fatalmente l’orizzonte del pensiero politico a quello del proprio Ego e alla difesa dei suoi prestigi.

Rating 3.00 out of 5
Marquee Powered By Know How Media.