Archive for Aprile, 2023

Gp d’Australia, succede di tutto e alla fine vince Verstappen. Safety car, incidenti, notte fonda per la Ferrari e Leclerc subito fuori

domenica, Aprile 2nd, 2023

Max Verstappen vince anche il Gran Premio d’Australia, terzo appuntamento della stagione di Formula 1. Il pilota della Red Bull, dopo esser stato bruciato alla prima partenza dalle due Mercedes, domina come al solito grazie alla forza della sua monoposto e va a vincere poi in modo rocambolesco in un finale di gara con due bandiere rosse consecutive (tre totali). Si chiude dietro la Safety Car con Lewis Hamilton e Fernando Alonso a completare il podio, il terzo consecutivo per lo spagnolo dell’Aston Martin.

Ancora notte fonda per la Ferrari: Carlos Sainz chiude addirittura 12 costretto a scontare una penalita’ di 5 secondi per il contatto con Alonso nel finale, mentre Charles Leclerc ha rimediato il secondo zero stagionale dopo un incidente con Stroll al via. Sfortunatissimo invece George Russell, ritirato nel corso nel 18 giro per problemi al motore della sua Mercedes, dopo esser stato leader nelle prime tornate grazie ad una super partenza. Chiude con un buon sesto posto Sergio Perez, che partiva addirittura dalla pit-lane con l’altra Red Bull. La partenza sorride alle due Mercedes, con Russell che si prende subito la prima posizione bruciando Verstappen, superato qualche tornata dopo anche da Hamilton. Sainz invece passa il connazionale Alonso, mentre appena dietro Leclerc prova subito a lanciare qualche segnale, ma un contatto con l’Aston Martin di Stroll lo mette immediatamente fuori dai giochi.

Nel corso dell’ottavo giro un incidente di Albon forza la bandiera rossa da parte della direzione gara: si erano appena fermati Russell e Sainz, in quel momento rispettivamente primo e quarto, che alla ripartenza si ritrovano sfortunatamente settimo ed undicesimo in griglia. Hamilton diventa quindi il nuovo leader, ma alla ripartenza la sua Mercedes viene letteralmente sverniciata dalla Red Bull del campione del mondo in carica.

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La faccia tosta di Conte: il primo responsabile dei ritardi del Pnrr fu lui

domenica, Aprile 2nd, 2023

Lorenzo Grossi

Verrebbe quasi voglia di rispondergli con un secco “No, grazie”, ma poi si rischierebbe di far cadere il (buon) senso istituzionale di responsabilità. Fatto sta che Giuseppe Conte ha dimostrato tutta la sua faccia tosta con la sua disponibilità a “sedersi a un tavolo” per “dare il proprio contributo nell’interesse comune” sulle criticità del Pnrr emerse tanto a Bruxelles quanto a Roma. Il leader del Movimento 5 Stelle ha parlato di una “mano tesa al Paese intero”, senza lesinare forti accenti propagandistici. La tendenza che è emersa dalle parole dell’ex presidente del Consiglio, infatti, non trascura tentativi strumentalizzazionI contro la maggioranza quando si indica la volontà di “rimediare ai ritardi collezionati in questi mesi e agli errori sin qui commessi”. Peccato che il Piano fosse già sbagliato in origine. Ed era stato incardinato (guarda caso) da Conte medesimo.

Che cosa non torna nel ragionamento di Conte

Insomma, il tentativo di Giuseppi è chiaro: far finta di volere aiutare il governo nella ristrutturazione del Pnrr ma, al tempo stesso, imputargli tutte le responsabilità e i ritardi del caso. La proposta di Conte è stata comunque accolta e apprezzata dal centrodestra, che ha dimostrato in questo frangente tutta la propria superiorità istituzionale davanti all’ipocrisia del gesto. Tuttavia l’intenzione della maggioranza è quella di non prestare il fianco a polemiche e “scaricabarile”. Lo ha chiarito in maniera netta il nuovo capogruppo alla Camera di Forza Italia, Paolo Barelli, il quale ha sottolineato che non c’è alcuna difficoltà “ad accogliere la proposta di Conte per un tavolo sul Pnrr che ci veda tutti assieme”, avvertendo però che “deve essere un tavolo informativo e partecipativo, che tenga conto della realtà e soprattutto non strumentale a creare polemiche“.

La verità sul Pnrr e sui ritardi dell’Italia

Anche perché Conte ha voluto anche dettare “due precondizioni a Giorgia Meloni”: “La prima è una grande operazione di trasparenza, assolutamente necessaria a individuare cosa non sta funzionando e dove occorre intervenire. La seconda è l’ascolto delle proposte del M5S e delle altre forze politiche, anche di opposizione, che vorranno offrire il proprio contributo”. A parte il fatto che l‘operazione trasparenza, in realtà, è già in atto: il governo l’ha avviata immediatamente e rilanciata con estrema forza nel momento stesso in cui con l’Unione Europea ha concordato un ulteriore mese di verifica sulla terza tranche di fondi. Ma quello che rimane politicamente inaccettabile è lo sgambetto mediatico del presidente dei 5 Stelle di fare passare non solo l’attuale esecutivo come responsabile delle difficoltà, ma anche se stesso come salvatore della patria. “Vedrete, di questo passo mi accuseranno di aver portato troppi soldi in Italia per nascondere l’imbarazzo di non riuscire a spenderli…”, ha replicato ironicamente ai cronisti.

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Il Papa avvisa i “corvi” e torna alla normalità: subito la prima udienza poi i riti della Pasqua

domenica, Aprile 2nd, 2023

Stefano Zecchi

Era impietosa la fotografia, pubblicata su tutti i quotidiani, che riprendeva il Papa nel momento in cui scendeva dall’auto per entrare in ospedale. Una smorfia di dolore che parlava nel modo più vero della sofferenza che stava patendo il pontefice. Da qualche tempo lo vedevamo in difficoltà nella deambulazione, sistemato talvolta sulla sedia a rotelle, oppure vigorosamente sostenuto da braccia amiche, lento e insicuro nell’incedere col bastone. Ma si governa con la testa, diceva Papa Francesco, e, finché la testa funziona bene, la saggezza può continuare a illuminare l’amministrazione pontificia.

Tuttavia quella foto racconta anche un’altra verità che eravamo stati abituati a conoscere durante il pontificato di Giovanni Paolo II, instancabile pellegrino nel mondo. Grande fierezza comunicativa esprimeva l’atletica corporeità di Wojtyla, e la voce della sua preghiera non poteva essere sentita e accolta senza essere associata al suo vigore fisico. Poi ci siamo dovuti abituare ad altra immagine: la decadenza del corpo ferito e guarito miracolosamente, ma ormai provato nella propria carne. Il governo della Chiesa era sempre amministrato dalla testa geniale di Giovanni Paolo II, ma la fragilità del corpo diventava una costante immagine di dolore che accompagnava le sue preghiere, le sue omelie.

Papa Francesco lo abbiamo conosciuto non con il fisico da atleta, ma con una rassicurante, ampia e generosa corporeità che ben si è accompagnata alle sue parole, quasi mai espresse con toni forti e imperiosi. Adesso, l’immagine del dolore sul volto accomuna i due papi. Diversi, molto diversi dai grandi pontefici che nel secolo scorso li avevano preceduti. Paolo VI, Papa Giovanni, Pio XII: in pubblico si muovevano sulla sedia gestatoria, prevalentemente chiusi tra le mura vaticane, viaggi apostolici molto vicini alla sede pontificia e non protratti nel tempo.

Per loro governare con la testa, mettendo tra parentesi la condizione fisica del loro corpo, era per noi non solo qualcosa di scontato ma faceva crescere la ieraticità della loro persona. Certo, infinite sofferenze avrà patito il loro corpo, ma quel dolore era custodito nel segreto dell’anima.

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Le sfide di governo e la realtà lontana

domenica, Aprile 2nd, 2023

di Antonio Polito

Nell’ultima settimana l’Italia ha vietato l’intelligenza artificiale, un parlamentare della maggioranza ha proposto multe fino a 100 mila euro per chi usa parole inglesi, e il presidente del Senato ha contestato il valore di un’azione partigiana del 1944, scusandosene il giorno dopo.I vincitori delle elezioni si sono a lungo vantati di essere più in sintonia della sinistra con il Paese reale, di conoscere i bisogni del popolo, di saperne interpretare le angosce. Ma è difficile ricordare una settimana del nostro dibattito pubblico più lontana di questa dalla realtà italiana, da ciò di cui si occupano quotidianamente famiglie e imprese.

La presidente del Consiglio ha fatto molto in questi mesi per indirizzare la nuova fase politica verso il fare, l’agire, l’ottenere. Rientra in questo quadro una profonda revisione di idee e atteggiamenti nei confronti dell’Unione Europea e nei rapporti con Bruxelles, che ha prodotto tra le altre cose positive anche una gestione fin qui seria e responsabile dei conti pubblici. Ma col passare dei giorni stanno emergendo due seri problemi per la destra di governo.

Il primo è che intorno a Giorgia Meloni si agitano troppe ansie identitarie, quasi come se la vera preoccupazione di chi è andato al potere fosse quella di dimostrare che non ha cambiato idea, né mai la cambierà. Naturalmente ciascuno ha diritto alle sue idee, ma l’esercizio di funzioni pubbliche, in cui si rappresenta anche chi quelle idee non condivide, richiede quanto meno di cambiare agenda e priorità (e qualche volta anche di tacere, se l’idea si dimostra sbagliata oppure offensiva).

La destra al governo non ci deve dimostrare quale sia la sua identità, e cioè chi ritiene di essere, ma che cosa pensa di fare. D’altra parte esibire la propria identità con quotidiani esercizi da culturista rischia di ingrossare le schiere degli avversari, allarmando molti agnostici per eccitare pochi nostalgici.

Il secondo problema è che c’è davvero tanto da fare, invece che questo. Le cronache di tutti i giorni ci raccontano di un Paese che ha bisogno di decisioni. Non basta elencare i problemi e la loro gravità. Bisogna poi anche trovare le soluzioni, o almeno cominciare a lavorarci su.

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La Russa si scusa su via Rasella: «Erano nazisti». Il pressing di Giorgia Meloni

domenica, Aprile 2nd, 2023

di Paola Di Caro

«Ho sbagliato». Ma il Pd: «Non può ricoprire quel ruolo»

La Russa si scusa su via Rasella: «Erano nazisti». Pressing di Meloni
Ignazio La Russa (Ansa)

Dopo le parole rilasciate al Corriere della Sera per ridimensionare la portata della sua uscita sull’azione partigiana di via Rasella («Non volevo fare polemica, davo per scontato che si capisse che quei soldati uccisi erano nazisti, se avessi voluto avrei potuto dire che fu ben diverso l’eroico gesto di Salvo D’Acquisto, e che per l’azione dei partgiani morirono anche due civili inermi»), Ignazio La Russa torna sul caso che ha fatto insorgere comunità ebraica, Anpi, opposizioni e praticamente tutti gli storici e commentatori. E chiede scusa.

Il presidente del Senato — che aveva definito «musicisti semi-pensionati» i soldati del battaglione Bozen e un’azione «non gloriosa» quella dei partigiani che portò alla rappresaglia con l’eccidio delle Fosse Ardeatine, da lui ovviamente fortemente condannato — ha avuto ben poche voci a sua difesa dalla sua maggioranza, anzi, l’azzurro Mulè e il leghista Durigon hanno fatto notare come si trattasse di un’uscita poco opportuna. Ci sono state invece molte richieste di dimissioni e una polemica dai toni altissimi.

Così il presidente di Palazzo Madama è stato costretto a tornare sulle sue parole e a fare marcia indietro, pur ribadendo come il senso della sua uscita non fosse polemica, ma tesa invece — spiegano i suoi — proprio a riportare pace. E lo ha fatto anche per placare una Giorgia Meloni molto arrabbiata fin dal primo momento per l’uscita del suo fedelissimo, e in pressing su di lui per chiudere al più presto un caso che può fare molto male al governo, tanto più in vista del 25 Aprile quando le opposizioni potrebbero dare battaglia. D’altronde, già lo annuncia la segretaria Pd Schlein: «Non permetteremo alla destra di riscrivere la storia: sarà una Festa della Liberazione di lotta e mobilitazione».

«Ho sbagliato — scrive quindi La Russa nel primo pomeriggio in una nota — a non sottolineare che i tedeschi uccisi in via Rasella fossero soldati nazisti, ma credevo che fosse ovvio e scontato oltre che notorio». Poi l’auto-precisazione sulla natura degli incarichi dei soldati: «Non so se effettivamente è errata la notizia, più volte pubblicata e da me presa per buona, che i riservisti altoatesini inquadrati nella polizia tedesca facessero anche parte della banda militare del corpo». E qui le scuse: «Fatte salve le persone che hanno commentato pretestuosamente e in prevenuta malafede, voglio invece scusarmi con chi anche in forza di resoconti imprecisi abbia comunque trovato motivi di sentirsi offeso». 

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Sinner contro Medvedev: è arrivato il grande giorno

domenica, Aprile 2nd, 2023

Jannik per evitare il cappotto e salire al numero 6 del mondo, Daniil per vincere la sua quarta finale sulle cinque disputate negli ultimi cinque tornei, e rimettersi in caccia del numero 1.

La finale di Miami di stasera fra Sinner e Medvedev mette di fronte i due giocatori più in palla e continui di questo inizio di 2023, rispettivamente numero 4 e numero 1 della Race, la classifica che conta solo i punti dell’anno solare (il n.2 è Djokovic, il 3 Alcaraz)

Medvedev ha visto la sua striscia vincente di 19 partite interrotta da da Alcaraz due settimane fa nella finale di Indian Wells, ed è in vantaggio 5-0 nei precedenti con Sinner. L’ultimo risale a febbraio, nella finale di Rotterdam, quando Medvedev ha chiuso in rimonta 5-7, 6-2, 6-2, conquistando il primo di tre titoli consecutivi.

Grazie alla vittoria contro Khachanov ora Daniil ora vanta almeno la finale in tutti i sei Masters 1000 e nei due Slam che si disputano sul veloce, mentre Jannik è l’unico italiano capace di approdare a due finali di Masters 1000 (la prima sempre a Miami la perse nel 2021 contro il polacco Hurkacz), l’unico a riuscirci sul veloce, e può diventare il secondo a vincerne uno nell’era Open dopo Fabio Fognini, trionfatore a Monte Carlo nel 2019 (Berrettini vanta invece una finale a Madrid). E’ anche il settimo azzurro a sconfiggere un numero 1 in carica dopo Corrado Barazzutti (Nastase, 1972), Adriano Panatta (Connors 1975 e 1977), Pozzi (Agassi, 2000), Filippo Volandri (Federer 2007), Fabio Fognini (Murray 2017) e Lorenzo Sonego (Djokovic, 2020).

«Jannik sta facendo grandi progressi», ha ammesso il russo. Da fondo campo picchia fortissimo, con il diritto arriva a 160 chilometri all’ora, io non ci riesco, e questo è un vantaggio».

Percussione contro imprevedibilità, progressione contro accelerazioni, risposta contro servizio. Tutti e due puntano soprattutto su un tennis di grande potenza da fondo, gli indicatori statistici dicono che a Miami finora nessuno è riuscito a comandare il gioco come Jannik. Fra l’altro l’italiano ha aumentato, con successo, le sue discese a rete, e aggredire Medvedev togliendogli ritmo e punti di riferimento potrebbe diventare una chiave tattica importante. Ma Jannik dovrà anche migliorare il suo rendimento al servizio, uno dei punti di forza di Medvedev. «Sicuramente sarà una partita completamente diversa da quella con Carlos», ha ammesso Jannik. «Non ho mai battuto Daniil. Ci siamo già affrontati in finale a Rotterdam. quando sono riuscito a vincere un set, ma devo fare qualche cambiamento, cercando di variare un po’ il gioco. Sono felice di essere in finale, vediamo come andrà». Tre dei loro cinque incontri hanno avuto bisogno del set decisivo, compresa la vittoria di Medvedev alle Atp Finals del 2021, ma il Sinner di oggi è un giocatore diverso, più maturo e sicuro di se stesso, cresciuto sia muscolarmente sia tatticamente.

Per gli appassionati, la giornata di domenica può trasformarsi in una lunga preparazione al big match del giorno. Le emozioni dell’incontro elettrizzante con Alcaraz si possono rivivere grazie alle repliche di Sky Sport, con ampio spazio anche sul canale all news Sky Sport 24 con highlight e interviste da Miami. Anche il canale Sky Sport Tennis è dedicato al campione altoatesino con le repliche del match notturno (disponibile anche on demand) e lo speciale «Sinner oltre il tennis».

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Elly Schlein: “Pd, mai più capibastone”

domenica, Aprile 2nd, 2023

Filippo Fiorini

MODENA. La domanda più scomoda arriva per ultima ed Elly Schlein smette di sorridere o annuire per seguire il proprio interlocutore come ha fatto finora. Diventa serissima e prende qualche secondo in più del solito per rispondere, incalzata su quella che è la prima decisione disciplinare che ha preso da quando è segretaria del Pd: il commissariamento del partito in Campania e nella città di Caserta, con l’accusa di un broglio alle primarie. Si trova al festival di Domani a Modena, sul palco con l’editore del quotidiano, l’ingegner Carlo De Benedetti, e la giornalista politica Daniela Preziosi.

L’intervistatrice le chiede se mettersi contro «un cacicco come Vincenzo De Luca», che sotto i colori del centrosinistra governa la regione in questione dal giugno 2015, «non porterà un grosso costo in termini di voti». La segretaria risponde: «Non so se ci sarà un costo di voti, ma sono sicura che il costo sarebbe stato sicuramente maggiore se non avessimo tenuto fede all’impegno di trasparenza che abbiamo preso nei confronti degli elettori», e sono applausi.

A batterle le mani, è la platea che nel pomeriggio di ieri ha gremito San Carlo, una chiesa sconsacrata nel centro della città emiliana dove è stato mantenuto l’arredo classico di altari e immagini sacre. Tra loro, ci sono persone di tutte le età, in piedi o accampati sui gradini. Sono soprattutto giovani e in particolare donne: la fotografia dei non iscritti o ex iscritti al Pd che ha votato Schlein e ribaltato il risultato all’ultimo minuto contro Stefano Bonaccini, governatore dell’Emilia-Romagna ed ora presidente del partito. Molti tra costoro seguono Schlein da quando la sua lista alle regionali si chiamava «Coraggiosa».

Si entusiasmano quando spiega: «Avevamo notato una gestione opaca durante le primarie. L’ho detto anche in assemblea, non voglio più vedere pacchetti di tessere o capibastone, ma io non credo che dovremmo commettere l’errore di considerarlo un fenomeno generale. Sono situazioni che abbiamo localizzato e non permetterò a nessuno di gettare fango sui milioni di elettrici ed elettori che hanno partecipato alle primarie».

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Valanga in Val d’Aosta con due alpinisti torinesi dispersi, ritrovati in mattinata due corpi sepolti dalla neve

domenica, Aprile 2nd, 2023

AOSTA. Sono stati individuati i due corpi (che con ogni probabilità appartengono ai due torinesi dispersi da ieri) nella zona dello Chateau des Dames, montagna della Valtournenche dove si concentravano le ricerche dei due scialpinisti torinesi dispersi da sabato. I cadaveri, sepolti da circa tre metri di neve, sono nel vallone dove nella notte è stata scoperta una valanga. Sono in corso le operazioni di recupero: verranno poi portati a valle per il riconoscimento ufficiale. Non risultando ulteriori dispersi in zona, i soccorritori ritengono probabile che si tratti dei due torinesi. Sul posto i militari del Soccorso alpino della guardia di finanza di Cervinia e i tecnici del Soccorso alpino valdostano.Sono state sospese per la notte e riprenderanno all’alba le ricerche dei due scialpinisti torinesi che risultano dispersi sul Chateau des Dames, vetta in Valtournenche (Aosta).

L’elicottero svizzero di Air Zermatt, richiesto in serata perché abilitato al volo notturno, ha quindi riportato a valle gli uomini del Soccorso alpino della guardia di finanza di Cervinia e del Soccorso alpino valdostano. Con le prime luci del giorno le operazioni di ricerca si potranno condurre in maniera più efficace, anche con l’ausilio di unità cinofile.

L’accumulo di neve si trova a circa 2.400 metri ed è difficile ora individuare il punto del distacco. L’elicottero di Air Zermatt ha portato sul posto sei unità del Soccorso alpino della guardia di finanza di Cervinia e del Soccorso alpino valdostano. In un primo momento l’Artva, apparecchio di ricerca di dispersi sotto valanga, ha dato qualche segnale, senza poi fornire altre indicazioni utili.

I due scialpinisti torinesi erano partiti questa mattina per una gita in Valle d’Aosta. Gli altri amici, verificato il mancato rientro, hanno dato l’allarme senza conoscere la località esatta e riferendo che i telefoni cellulari suonano a vuoto e nessuno risponde.

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Bobbio, Ignazio e l’equazione tra fascismo e antifascismo

domenica, Aprile 2nd, 2023

MASSIMO GIANNINI

Mancano ventitré giorni alla Festa della Liberazione, e vogliamo dire al presidente del Senato che di qui ad allora, e poi anche oltre, noi non gli daremo tregua. Siamo convinti da sempre che Ignazio Benito La Russa non possieda le qualità morali e istituzionali, etiche e politiche, per rappresentare la seconda carica dello Stato. Ma con le sue intemerate su Via Rasella ha superato un limite, e indietro non si torna. Conosco già le obiezioni di sapienti e benpensanti, opinionisti a gettone e benaltristi un tanto al chilo: ancora con le polemiche sul fascismo e l’anti-fascismo? Che c’entriamo noi contemporanei con le polveri del passato, quando siamo aggrediti dai virus del presente? Non vedete che le priorità del Paese sono inflazione e immigrazione? Lo vediamo benissimo, tanto che ai sondaggi di Alessandra Ghisleri che certificano queste ansie degli italiani dedichiamo regolarmente l’apertura del nostro giornale. Lo vediamo a tal punto che da mesi facciamo inchieste quotidiane sul dissesto della sanità pubblica e sul disastro del lavoro povero, e da giorni abbiamo lanciato con forza l’allarme sui ritardi inaccettabili della giustizia e su quelli incolmabili del Pnrr. Ma in una democrazia sana tutto si tiene, nulla si elide. E ora rivolgo io una domanda ai valorosi sostenitori della mozione “basta parlare di fascismo e anti-fascismo”, presenti anche tra i nostri lettori. Non vedete l’uso ideologico che certa “destra nazionale” sta facendo della Storia, per ripulirsi dai suoi errori e i suoi orrori, rendendoli uguali a quelli degli altri, quindi equivalenti e pertanto irrilevanti? Non vedete l’insidia culturale di un revisionismo fittizio che, distorcendo la Memoria, crea le basi per l’abiura e poi la riscrittura del patto che ci lega, cioè la Costituzione repubblicana?

Al fondo, da cinque mesi a questa parte, stiamo assistendo a questo: la pretesa tracotante e grossolana di imporre un’egemonia “alternativa”, come se questa non fosse il risultato naturale di un “processo” che può durare anni, ma l’esito scontato di una “procedura” che si consuma dalla sera alla mattina (cioè le elezioni vinte). Senza un lungo e serio impegno di riflessione culturale e di elaborazione politica. Senza un pensiero nuovo, che non nasca dalla manipolazione dei nudi fatti o dalla riesumazione di Renan.

L’intero storytelling del governo e della maggioranza, dal 25 di settembre in poi, riflette questa idea di riaffermazione/riabilitazione identitaria e questa sfrontata volontà di rilegittimazione di se stessi attraverso la delegittimazione degli altri. Sul fronte interno non c’è quasi nulla, di ciò che hanno fatto e detto la presidente del Consiglio, i suoi ministri e i suoi Fratelli, che non abbia questo movente psico-politico. Tutto si fa e si propone “contro” qualcuno o qualcosa. Il decreto anti-rave lanciato “contro” i devianti “che fumano e occupano”. I decreti migranti concepiti “contro” le Ong e gli scafisti da inseguire “per tutto il globo terracqueo”. La vicenda Cospito giocata “contro” le sinistre “complici dei terroristi e dei mafiosi”. La delega fiscale studiata “contro” lo Stato-nemico che tartassa i contribuenti. L’abolizione del reddito di cittadinanza pensata “contro” i poveri e gli “occupabili sdraiati sul divano”. L’iscrizione anagrafica dei figli di coppie omogenitoriali negata “contro” i gay che “ricorrono all’utero in affitto”. La battaglia sulla legge che impedirebbe a donne in gravidanza e bambini di scontare pene in carcere combattuta “contro” le “rom che scippano e rapinano”. Persino le nomine nelle partecipate pubbliche e nella Rai immaginate “contro” i “piccoli Stalin col colbacco” rimasti in circolazione. Ha ragione Luciano Canfora: la destra sta provando a “inventare la Tradizione” (approfittando dell’accidia della sinistra, che gliene ha ceduto il monopolio). In molti casi lo fa conservandola, a botte di intolleranza e xenofobia. In altri casi lo fa adulterandola, a colpi di falsificazioni storiche.

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Le tre mosse per non arrendersi

sabato, Aprile 1st, 2023

Fausto Biloslavo

«Nessuna resa» sull’emergenza migranti e, soprattutto, sulle ritrosie europee ad affrontare l’ondata prevista di almeno 140mila sbarchi. Parola di Giorgia Meloni che, in un’intervista al Piccolo, quotidiano di Trieste, Lampedusa del nord per la rotta balcanica, ha ribadito che non ha «nessuna intenzione di cedere all’ideologia della resa che ci aveva reso succubi in Europa sui migranti». Adesso dovrà dimostrarlo con i fatti, sapendo bene che a Bruxelles la strada è sempre in salita. Non è un caso che ieri l’emergenza migranti ed i rapporti con la Ue siano stati centrali nell’incontro con il capo dello Stato, Sergio Mattarella, sui temi di maggiore attualità e difficoltà politica.

I numeri degli sbarchi sono impietosi: dall’inizio dell’anno abbiamo già registrato 27.280 arrivi per la stragrande maggioranza provenienti da Paesi non in guerra. Il dato più allarmante sono i 12.583 migranti sbarcati a marzo con l’inizio della primavera, nove volte di più rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Cosa succederà con la bella stagione e l’arrivo dell’estate? Le stime più moderate della Guardia costiera prevedono l’arrivo di 138mila migranti quest’anno.

In «soccorso» alla premier giungono indirettamente le parole della presidente Ursula von der Leyen pronunciate ai suoi commissari l’8 febbraio e mai uscite prima. La «maggior parte dei richiedenti asilo» nell’Ue «non ha bisogno di protezione internazionale». Von der Leyen ha invitato gli Stati membri ad impegnarsi di più sui rimpatri, ammettendo che nemmeno un quinto di chi non ha diritto a restare in Europa viene rimandato a casa. Una bacchettata non indifferente se teniamo conto che nel 2022 sono stati 330mila gli attraversamenti irregolari delle frontiere esterne europee, record dal 2016.

Musica per le orecchie di Meloni che, però, se vuole tamponare l’ondata che si profila all’orizzonte, dovrà avere il coraggio di rompere alcuni tabù. Primo fra tutti una possibile operazione di respingimento, in collaborazione con la Guardia costiera tunisina, come fecero i governi italiani, compreso quello di Prodi, negli anni Novanta con l’Albania, e la stessa Unione europea con la missione Hera in Senegal, che ha prosciugato la rotta verso le Baleari spagnole.

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