Archive for Aprile, 2023

Stupro a Milano, il racconto della vittima: «Trascinata nell’ascensore, cercavo di scappare e lui mi picchiava»

sabato, Aprile 29th, 2023

di Giuseppe Guastella

Le parole della 36enne nei verbali della Polizia: «Quell’uomo ha detto che doveva andare in Francia, come me. Poi mi ha aggredito. Dopo la prima violenza sono svenuta»

Milano, 35enne violentata in ascensore alla stazione Centrale: fermato il presunto aggressore
La zona degli ascensori in Stazione Centrale

Ore di brutalità negli stessi giardinetti in Piazza Luigi Di Savoia, a Milano, che dovrebbero vedere i bambini giocare tra scivoli e altalene, e che invece, di giorno come di notte, sono ritrovo di sbandati d’ogni risma e nazionalità. Qui, alle 2.30 di giovedì, una donna marocchina di 36 anni ha subìto la prima violenza da parte di un connazionale incontrato per caso. E da qui comincia il suo drammatico racconto. 

Sola in stazione

La Polizia ferroviaria raccoglie con delicatezza e cura i ricordi della vittima ancora sotto choc a meno di dieci ore dallo stupro. È un atto indispensabile per le indagini del pubblico ministero Alessia Menegazzo che in poche ore arrivano all’identificazione e all’arresto del violentatore, risultato reso possibile dal protocollo del Codice rosso per la tutela delle vittime perfezionato nel dipartimento guidato dal procuratore aggiunto Letizia Mannella. La donna racconta di essere arrivata a Milano dieci giorni prima dalla Norvegia, dove vive la sua famiglia, di essere stata ospite di amici che nella tarda serata di mercoledì non hanno avuto scrupoli a lasciarla sola in stazione in attesa che partisse il treno delle 6 per Parigi. 

«Era amichevole, poi mi ha afferrato»

«In Francia vive mio zio che mi avrebbe aiutata a rientrare in Marocco», dichiara a verbale. Non immagina che all’1.30 la stazione chiude. Esce e si ferma in Piazza Luigi di Savoia, a destra della stazione. «Alle 2.30 sono stata avvicinata da un mio connazionale (…) con lui ho conversato per alcuni minuti e gli ho confidato che mi sarei recata in Francia». L’uomo, Fadil M. (chi è), non si lascia sfuggire l’occasione per infonderle sicurezza e tendere la sua trappola. «Mi ha risposto che anche lui sarebbe andato in Francia». Quella che fino ad allora sembrava un’amichevole conversazione si trasforma nell’inizio di un incubo: «Mi ha afferrato la mano destra e mi ha trascinato nei giardinetti». Il resto sono i particolari orribili della prima delle violenze che si protrarrà per mezz’ora fino a quando lei sviene. A farla tornare all’inferno ci pensa il connazionale tentando di violentarla di nuovo, «senza riuscirci perché opponevo resistenza». Non è finita. Le telecamere di sorveglianza alle 5.07,10 riprendono l’uomo che la trascina per mano e, 17 secondi dopo, i due di fronte agli ascensori al piano terra. «Mi ha portata dentro la stazione e, giunti nell’atrio adiacente all’ascensore, sul lato destro, mi ha aggredito nuovamente cercando di baciarmi sulla bocca e sul collo e di avere un atto sessuale con me». 

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La giornata del Def tra scuse, ritardi, indisposizioni. In Parlamento va in scena una sfilata di orecchie basse

sabato, Aprile 29th, 2023

di Fabrizio Roncone

Parola d’ordine: minimizzare. E a un certo punto il dem Stumpo cerca la rissa

La giornata del Def tra scuse, ritardi, indisposizioni. In Parlamento va in scena una sfilata di orecchie basse

Mai viste tante orecchie basse in Transatlantico. E facce biancastre. E parlamentari che biascicano scuse come pinocchi ubriachi.
L’ordine, tra i ranghi della maggioranza, è: minimizzare.

Alla buvette s’avvicinano e soffiano il loro mantra: può succedere di non avere i numeri necessari per approvare questo benedetto scostamento di bilancio, ma comunque tra poco rivotiamo, e buonanotte.

Chiacchiere: un pasticciaccio così brutto è inammissibile. Tanto più sei hai la presidente del Consiglio che è a Londra, a Downing Street, a incontrare per la prima volta il premier britannico e a rassicurare — come sempre accade quando Giorgia Meloni va all’estero — i mercati, sospettosi, e propensi a esserci ostili.

Ecco, appunto: c’è qualcuno di voi che ha parlato con la Meloni? (furibonda, ha preteso l’elenco dei 25 assenti ingiustificati di giovedì pomeriggio: 11 della Lega, nove di FI, cinque di FdI).

Certi fanno i vaghi e si girano, altri entrano in Aula. Un deputato di Fratelli d’Italia — occhiata piena di perfidia — indica Luca Ciriani, il ministro per i Rapporti con il Parlamento, un friulano elegante, pacato, che adesso sembra uno di quelli che nei film di Sergio Leone hanno appena passato un brutto quarto d’ora. Del resto: parlateci voi, con la Meloni, mentre ti chiede per quale motivo pensi t’abbia nominato ministro, se non per controllare che i gruppi parlamentari della maggioranza marciassero compatti, e tu, però, nel giorno decisivo, non c’eri («Le ho spiegato che ero al Senato, trattenuto da una capigruppo…»).

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L’ira di Meloni sul Def: «Io non ho parole». Tra gli alleati cala il gelo

venerdì, Aprile 28th, 2023

di Monica Guerzoni

La maggioranza non è riuscita ad approvare il Documento di economia e finanza. L’imbarazzo per l’immagine di scarsa coesione davanti alla Ue

La cattiva notizia ha raggiunto Giorgia Meloni a Downing Street, mentre era impegnata nel suo primo, importante incontro con il premier britannico. Appena uscita dal bilaterale con Rishi Sunak e tornata in possesso del suo smartphone, la presidente del Consiglio è rimasta basita quando ha sentito la voce di un «furibondo» Alfredo Mantovano. Il sottosegretario a Palazzo Chigi prima le racconta il fattaccio, poi prova a placarla: «Tranquilla, stiamo risolvendo…».

Chi era con lei nella missione londinese la descrive «fuori dalla grazia del cielo» e non per i cartelli («no al fascismo») con cui alcuni manifestanti l’hanno accolta davanti al palazzo del governo britannico. No, l’ira della premier si deve tutta alla figuraccia che le ha imposto la sua maggioranza, che non è riuscita ad approvare il Def e ha messo a rischio il Consiglio dei ministri del Primo maggio, a cui Meloni tiene moltissimo. «Io non ho parole» ha scritto la leader, furiosa, sulla chat con gli eletti di FdI, dopo che la missione a Londra è stata quasi oscurata dal pasticciaccio di Montecitorio.

Finito il vertice con Sunak, la premier si attacca al cellulare per affrontare un incidente parlamentare che non ha precedenti. Parla più volte con Mantovano, cerca di capire se il «suo» ministro per i Rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani, avesse informato esponenti del governo e deputati dell’importanza del voto e cerca i leader dei partiti, per verificare se gli alleati abbiano voluto farle un trappolone. Preoccupazione legittima, dopo lo sfogo del ministro Giorgetti contro i deputati che «non si rendono conto» e visti i sospetti e le accuse tra le forze di maggioranza.

In Parlamento c’è chi accredita una telefonata tra Meloni e il presidente Mattarella, ma il Quirinale smentisce. Però i contatti tra Palazzo Chigi e il Colle ci sono stati, eccome.

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ZTElly e l’armocromista

venerdì, Aprile 28th, 2023

di Massimo Gramellini

Ringrazio Elly Schlein perché fino a ieri ignoravo colpevolmente l’esistenza dell’armocromia, l’arte di abbinare i vestiti alla carnagione. Ignoravo anche che esistessero persone pagate 400 euro l’ora per segnalarmi che il maglione grigio topo con losanghe arancioni in stile fidanzato di Bridget Jones sbatte terribilmente con le occhiaie giallastre. E non mi scandalizza che una giovane leader politica affronti questi temi apparentemente voluttuari su una prestigiosa rivista di moda.

Il problema è che quella di Elly Schlein a «Vogue» non era un’intervista qualsiasi. Era la prima da segretaria del Pd, per di più alla vigilia della Festa del Lavoro, un tempo «core business» della ditta. E per la sua prima uscita pubblica, quella che dà il tono di una leadership, mi sarei aspettato una conversazione sul salario minimo, o una di politica estera con i quotidiani stranieri, oppure una sui diritti civili con qualche settimanale popolare.

A scanso di equivoci, avrei provato la stessa sorpresa se il segretario del Pd fosse stato Bonaccini e avesse concesso la prima intervista a un giornale sportivo per parlare del Bologna o a una rivista di parrucchieri per indagare il senso del suo pizzetto. Oltre a quelli dell’armocromista, a Schlein potrebbero far comodo i consigli di un cromista della comunicazione o, meglio ancora, di un friggitore di salsicce della festa dell’Unità.

Con permesso, vado ad armonizzare il maglione. Non vorrei mai che scoppiasse la rivoluzione e non avessi niente da mettermi.

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Sondaggio, guizzo-Berlusconi e balzo di Salvini: le nuove cifre

giovedì, Aprile 27th, 2023

La fine del Terzo Polo, in seguito alla rottura tra Carlo Calenda e Matteo Renzi, ha avvantaggiato una forza politica in particolare, quella di Silvio Berlusconi. Come evidenziato dall’ultimo sondaggio settimanale di Termometro Politico, Forza Italia ha fatto un balzo in avanti che l’ha portata a essere il quinto partito del Paese con il 7,5% dei consensi. 

Dietro gli azzurri c’è Azione al 4,3%. Più in basso invece Italia Viva al 2,5%, sotto la soglia di sbarramento. Al primo posto continua a esserci Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni col 29,2% dei consensi. A seguire il Pd di Elly Schlein, in rialzo al 18,7%. Resta sempre alta, comunque, la fiducia degli italiani nella premier Meloni, sostanzialmente stabile al 43,7%. Per quanto riguarda le altre forze politiche, il Movimento 5 Stelle, con un calo dello 0,2%, si attesta al 16,2%. In risalita, proprio come Forza Italia, è anche la Lega di Matteo Salvini che, stando all’ultima rilevazione, è ora al 9,7%. In fondo alla classifica, infine, ci sono +Europa e Per l’Italia con Paragone appaiate al 2,4%. Seguono Sinistra/Verdi al 2,2% e Democrazia Sovrana e Popolare e Unione Popolare all’1,5%.

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Landini il massimalista irriducibile critica anche il taglio del cuneo fiscale

giovedì, Aprile 27th, 2023

Paolo Bracalini

Difficile accontentare Maurizio Landini. Le politiche di detassazione per le famiglie con figli? «È solo propaganda. La denatalità esiste ma servono politiche strutturali, di altra natura». Il taglio delle tasse? «Provvedimenti sbagliati». Neanche il taglio del cuneo fiscale, che pure beneficia i lavoratori, è un buona notizia per Landini (nel tondo), il più barricadero dei sindacalisti, di fatto un leader dell’opposizione al governo Meloni insieme a Conte e Schlein. Nel Def sono previsti 3,4 miliardi di euro nel 2023 e 4,5 miliardi di euro nel 2024 per «realizzare un taglio dei contributi sociali a carico dei lavori dipendenti con redditi medio-bassi». Pochi? Se fossero stati di più sarebbe stato meglio, ma le manovre non si fanno con le risorse disponibili, non con i se. Cero non abbastanza per Landini, che avrebbe messo di più, molto di più e ancora di più. «Tre miliardi sono insufficienti, la nostra richiesta è una riduzione di 5 punti che vuol dire avere almeno un aumento di 100 euro medi al mese», spiega Landini, protestando per aver ricevuto dal governo solo un «dobbiamo vedere in base alle risorse che abbiamo». La ricetta fiscale del segretario Cgil prevede anche la rivalutazione delle detrazioni in base all’inflazione, «una vera riforma fiscale che combatta l’evasione fiscale, che riduca il peso sul lavoro dipendente e sui pensionati, che allarghi la base imponibile, che tassi molto di più la rendita finanziaria e immobiliare e che introduca un contributo straordinario di solidarietà sui profitti per redistribuire per la tenuta dei salari e per creare lavoro». Il decreto lavoro? «Ripristina i voucher e ora si parla di liberalizzare ulteriormente i contratti a termine. Si va nella direzione sbagliata».

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Il Bestiario, l’Ideologino

giovedì, Aprile 27th, 2023

Giovanni Zola

L’Ideologino è un leggendario animale che vive il suo momento di gloria tra il 25 Aprile e il primo Maggio, poi basta.

L’Ideologino è un essere mitologico che si desta dal torpore dell’agone politico in una settimana di primavera, quando la natura si risveglia, le api impollinano e rinascono gli amori. È una sorta di risveglio dal letargo annuale nel quale l’Ideologino può finalmente cavalcare i suoi cavalli di battaglia, scendere in piazza con i suoi simili e annunciare i suoi proclami senza doverli scrivere da nuovo perché sono gli stessi da quasi ottanta anni e data una spolverata sono già belli pronti come le patatine surgelate.

Nella settimana d’oro i grandi temi sono l’antifascismo e il lavoro. Per quanto riguarda l’antifascismo, l’Ideologino festeggia la liberazione dal nazifascismo per opera dei partigiani coadiuvati, secondo lui in modo irrilevante, dall’esercito degli Stati Uniti. Dato che il fascismo, inteso come regime del Ventennio che limitava la libertà a chi non era in possesso dell’odiosa tessera, è bello che morto e sepolto, l’Ideologino fa di tutto per riesumarlo e avvertire del pericolo, dimenticando che proprio l’Ideologino ha difeso qualche anno fa il regime del Biennio che limitava la libertà a chi non era in possesso dell’odiosa tessera.

Per quanto riguarda la festa dei lavoratori, l’Ideologino si appella all’articolo uno della Costituzione più bella del mondo: “L’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”. Il diritto al lavoro è infatti un bene inalienabile e l’Ideologino lamenta che tale diritto sia calpestato dal governo di centro destra, scordando di aver governato per gli ultimi vent’anni e che nel famoso Biennio il lavoro sia stato impedito dal famoso Ministro della Salute appartenente, ironia della sorte, proprio al partito nominato Articolo Uno. Per questo motivo sarebbe più corretto correggere il primo articolo della Costituzione nella formula: “L’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro… all’estero”.

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Conte va coi no-vax pur di opporsi all’invio di armi all’Ucraina

giovedì, Aprile 27th, 2023

Dario Martini

Ha nutrito dubbi a lungo. Poi Giuseppe Conte si è deciso a sostenere il referendum contro l’invio di armi in Ucraina. Fosse solo per questo non ci sarebbe da stupirsi. Il leader dei 5 Stelle ha manifestato sin da subito la sua perplessità, poi divenuta aperta contrarietà, al sostegno militare incondizionato a Kiev. Allora perché inizialmente ha tentennato? Deve aver ponderato bene questa scelta quando si è reso conto di chi erano i promotori del referendum. Perché a chiedere lo stop immediato all’invio di forniture militari a Zelensky è Generazione Futura. Sul suo sito si presenta come «società cooperativa di mutuo soccorso ecologico intergenerazionale ad azionariato diffuso è nata per promuovere la difesa e la valorizzazione dei beni comuni». L’associazione è l’evoluzione della Commissione DuPre (Dubbio e Precauzione) che prima di opporsi alle armi in Ucraina ha condotto una battaglia serrata contro la cosiddetta «dittatura sanitaria» portata avanti, a loro dire, dal governo Draghi. Tra i volti noti, ne fanno parte, tra gli altri, il giurista Ugo Mattei, il filosofo Massimo Cacciari e il critico televisivo Carlo Freccero.

La Commissione DuPre spesso ha veicolato una «controverità», sulla gestione del Covid prima, e sulla guerra in Ucraina poi. Il paradosso, che deve aver fatto esitare Conte, è proprio questo. L’attuale leader del Movimento 5 Stelle, ex presidente del Consiglio che si è trovato ad affrontare lo scoppio della pandemia, che ha stipulato gli accordi per far arrivare i vaccini in Italia, “padre del lockdown” e sostenitore in seguito del green pass, si ritrova oggi a condividere la battaglia del referendum anti-armi promosso proprio da coloro che hanno contestato la gestione politica dell’emergenza Covid. A convincere Conte è stata l’esigenza di intestarsi una battaglia politica in cui crede convintamente, insieme all’opportunità di smarcarsi in modo chiaro dal Pd di Elly Schlein, che sul terreno del sostegno all’Ucraina non può permettersi distinguo. In definitiva deve aver pensato – poco importa le campagne che i promotori del referendum hanno condotto in precedenza.

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Ue, Patto di Stabilità da 15 miliardi l’anno: tagliola sull’Italia

giovedì, Aprile 27th, 2023

Gianni Di Capua

La lezione del Covid non ha fatto cambiare idea a Bruxelles. Nella nuova edizione delle regole contabili per i bilanci pubblici, il vecchio Patto era stato sospeso causa pandemia, restano i vecchi limiti del 3% del deficit e del 60% del debito rispetto al Pil. Insomma, la camicia di forza univoca per le differenti economie è tornata, pronta a stringere lo sviluppo dei Paesi più indebitati come il nostro. Per la Commissione che lo ha elaborato è però un Patto di stabilità più «equilibrato», ma anche con regole più «efficaci», che prevedono una riduzione del debito «più graduale» rispetto a quella prescritta dalle norme tuttora in vigore ma sospese nel 2020. Un quadro che dovrebbe incentivare, secondo la Commissione, le «riforme» e gli «investimenti» di cui l’Ue ha un grande bisogno nel nuovo contesto geopolitico. La Commissione ha presentato ieri a Bruxelles le attesissime proposte legislative per riformare il quadro Ue di governance economica. Formalmente, a quanto si è appreso da fonti Ue, il dossier non approderà al tavolo dell’Ecofin prima di giugno, perché deve essere fatto prima il lavoro tecnico a livello di esperti, che potrebbe iniziare già settimana prossima. Le proposte legislative introducono diverse novità rispetto al quadro che venne sospeso nel marzo 2020.

In sostanza, gli Stati membri che sforano i tetti del 3% del rapporto deficit/Pil e/o del 60% nel rapporto tra debito pubblico e Pil dovranno rispettare delle traiettorie specifiche di bilancio a medio termine che assicurino un rientro del deficit sotto il 3% e che pongano il debito su un percorso discendente in modo stabile. I piani saranno su un periodo di quattro anni, estendibili a sette in cambio di investimenti e riforme in linea con le priorità Ue. L’aggiustamento fiscale che ne conseguirà sarà sicuramente «più graduale» rispetto a quello richiesto dalle regole sospese nel 2020, ha sottolineato il commissario all’Economia Paolo Gentiloni, e proprio per questo anche più credibile. Il percorso di aggiustamento delineato dalla Commissione sarà tagliato su misura per ogni Stato, ma prevederà, per i Paesi con il deficit sopra il 3% del Pil, anche un requisito «orizzontale»: un aggiustamento minimo annuo pari allo 0,5% del Pil, un livello che secondo una fonte Ue sicuramente l’Italia supererà in caso di aggiustamento quadriennale e che, in caso di aggiustamento spalmato su sette anni, sarebbe «intorno» a quella cifra per un periodo «significativo» del settennato.

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Perché il governo deve votare no

giovedì, Aprile 27th, 2023

Veronica De Romanis

Christian Lindner  

Ieri la Commissione europea ha presentato la sua proposta di riforma del Patto di stabilità e crescita, ossia l’insieme di regole che limitano il disavanzo e il debito degli Stati appartenenti all’area dell’euro. La proposta prevede che i singoli governi presentino piani quadriennali di riduzione del debito da concordare con Bruxelles. L’obiettivo è quello di eleminare il vecchio schema basato su procedure multilaterali per far spazio a negoziati bilaterali: un approccio che non è piaciuto alla Germania. Nei giorni scorsi, il ministro delle Finanze Christian Lindner aveva chiesto di mantenere criteri quantitativi uguali per tutti in modo da ridurre il potere discrezionale della Commissione in sede di negoziato. Nello schema rivisto, le istanze tedesche sono state accolte solo in parte. Nello specifico, il rapporto debito/Pil a fine periodo deve essere inferiore al livello inziale e quello disavanzo/Pil deve scendere di mezzo punto percentuale l’anno se superiore al 3 per cento. Questa seconda proposta rischia di rivelarsi pro-ciclica, il contrario dell’obbiettivo di Bruxelles, ma tant’è. Per il resto, poco è cambiato rispetto alla prima bozza di riforma presentata nell’autunno scorso. E, di conseguenza, le criticità già evidenziate su questo giornale restano. A cominciare da quella legata al fatto che al centro della proposta vi è la sostenibilità dei debiti degli Stati. Il nuovo impianto prevede, infatti, regole diverse in base al livello di indebitamento. Chi ha un rapporto debito/Pil superiore al 60 per cento è sottoposto a una procedura più rigorosa. La Commissione definisce una traiettoria tecnica, ossia un quadro di riferimento che servirà ai governi per delineare il percorso di aggiustamento. Quest’ultimo si concentra su un unico indicatore: la spesa primaria calcolata al netto degli interessi e della componente legata alla disoccupazione. La traiettoria viene definita ex-ante con l’ausilio di un’analisi di sostenibilità del debito effettuata dalla Commissione. Ciò rappresenta un elemento di forte criticità. L’analisi di sostenibilità del debito è una procedura complessa e poco trasparente. Si basa, infatti, su previsioni a medio/lungo termine di diversi indicatori quali la crescita economica (per un lasso di tempo ben più esteso di quello del ciclo), i tassi di interessi, l’avanzo primario, lo stato di realizzazione delle riforme e il loro impatto sul bilancio dello Stato. Il rischio di errore, in un periodo come quello attuale caratterizzato da grande incertezza, è elevato. In caso di valutazione negativa sulla sostenibilità del debito, i mercati potrebbero reagire negativamente. È evidente che il grado di discrezionalità di giudizio da parte di Bruxelles diventa significativo.

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