Archive for Aprile, 2023

Questa nostra Costituzione, strumento di progresso e trasformazione

martedì, Aprile 25th, 2023

Donatella Stasio

All’inizio del 1956 Piero Calamandrei comincia a collaborare come editorialista con La Stampa e nel mese di settembre, prima della sua morte improvvisa, anticipa al quotidiano l’invio di un pezzo intitolato Questa nostra Repubblica, che purtroppo, non riuscirà a concludere. Nel 1995, quel titolo diventa Questa nostra Costituzione per mano di Alessandro Galante Garrone, che con l’editore Bompiani ripubblica un famoso saggio di Calamandrei sulle origini antifasciste della Costituzione e sulle ragioni, politiche e storiche, che ne hanno ritardato l’attuazione. Questa nostra Costituzione è un titolo «tipicamente calamandreiano», spiegava Galante Garrone, nel quale «sembra di sentir vibrare il sentimento di nostalgico affetto e insieme di pugnace volontà di difesa della Costituzione contro certe animosità o grossolane dimenticanze». In questo senso è un titolo di grande attualità e lo vogliamo rilanciare oggi perché ci parla di un senso di appartenenza a una comunità di valori – rispetto della persona, dignità, solidarietà, non discriminazione, pluralismo – che nell’antifascismo affonda le sue radici – storiche, ideali, culturali -, che di quei valori si nutre ma che, per difenderli e vivificarli, ha bisogno di memoria, di impegno, di cura.

Il patto che ci lega

Massimo Giannini 24 Aprile 2023

Avvocato, liberale e poi fondatore del Partito d’azione, padre costituente, Calamandrei ha sempre messo al centro del suo impegno politico la difesa della Costituzione e dell’eredità della Resistenza, che tra il 1948 e il 1955 vedeva minacciate da un processo di involuzione, rappresentato dalla mancata attuazione del dettato costituzionale e dal permanere della legislazione fascista, che imputava alla maggioranza politica dell’epoca, arrivando a dire che «di fronte alla Costituzione, i conservatori sono i veri sovversivi». Non c’è bisogno di scomodare simbologie fasciste per cogliere dietro il dilagante «disfattismo costituzionale e il processo alla Resistenza» – due facce della stessa medaglia poiché «la Costituzione è lo spirito della Resistenza tradotto in formule giuridiche» – una caduta della coscienza civile, l’insensibilità democratica della classe dirigente e il desiderio di ritorno all’autoritarismo fascista.

Parole che ancora una volta ci riportano all’oggi, alla cultura della destra «conservatrice» impegnata a minimizzare, negare, cancellare dalla coscienza civile momenti, valori, parole fondanti di «questa nostra Costituzione».

L’antifascismo non è un residuato bellico, sepolto insieme al fascismo, suo antagonista storico. «Il 25 aprile – spiegava Pietro Scoppola – è un punto di arrivo, come conclusione della guerra civile e liberazione del paese, ma è anche un punto di partenza per la ricostruzione democratica. In questo senso, l’antifascismo rimane come fondamento irrinunciabile della nostra Costituzione». Lo vediamo declinato nell’affermazione dei valori della persona umana, della libertà e della solidarietà, valori che il fascismo aveva negato e calpestato. La Resistenza, ricordava Calamandrei, è stata «la riscoperta della dignità dell’uomo come persona e la sua rivendicazione ne rappresentava il momento più alto: rivendicazione della libertà dell’uomo, persona e non cosa».

«Persona umana», come ha detto, di recente, il presidente della Repubblica nel suo discorso ad Auschwitz sulle corresponsabilità del fascismo negli orrori del nazismo e sul dovere della memoria, perché «odio, pregiudizio, razzismo, estremismo, antisemitismo, indifferenza, delirio, volontà di potere sono in agguato, sfidando in permanenza la coscienza delle persone e dei popoli».

Rating 3.00 out of 5

La Resistenza della Memoria

martedì, Aprile 25th, 2023

Federico Capurso, Francesco Olivo

L’Italia celebra oggi la Liberazione dal nazifascismo. Ed è il ricordo di quei giorni, la memoria, a essere il perno intorno a cui si preserva il valore del 25 aprile. Lo sottolinea il Capo dello Stato, Sergio Mattarella, incontrando al Quirinale una rappresentanza delle Associazioni combattentistiche e d’arma, di cui ne loda «l’impegno e la determinazione per tener viva la memoria di un periodo tra i più drammatici della nostra storia». Un lavoro con cui, sottolinea ancora, contribuiscono «in ampia misura a far conoscere e non dimenticare quanti hanno lottato per la difesa degli ideali di indipendenza e di libertà che permisero la liberazione dell’Italia dall’oppressione nazi-fascista». Per questo, per il suo nono anno da Presidente della Repubblica, dopo le consuete celebrazioni all’Altare della patria, a Roma, Mattarella volerà in Piemonte, prima a Cuneo, poi a Borgo San Dalmazzo e a Boves, luoghi simbolo della Resistenza e della Liberazione. Luoghi della memoria.

Giorgia Meloni, invece, in agenda ha solo un appuntamento: la cerimonia all’Altare della Patria di piazza Venezia a Roma, alle 9, accanto a Mattarella e ai due presidenti delle Camere, Ignazio La Russa e Lorenzo Fontana. Palazzo Chigi nega che ci siano altri eventi che la presidente seguirà nella giornata, ma da tempo si rincorrono voci su una visita a sorpresa, magari in un luogo simbolico. Quello che appare certo è che la premier vorrà lasciare scritte le sue considerazioni e una delle forme può essere inviare una lettera a un giornale, nell’auspicio di chiudere le molte polemiche sulle ambiguità della destra con il passato fascista. Si tratta, è ovvio, di un tema delicato, dove è fondamentale evitare passi falsi, il rischio infatti è riaprire un dibattito anziché chiuderlo, come successo con il ricordo dei martiri delle Fosse Ardeatine, «trucidati perché italiani» e non perché «antifascisti». Da Palazzo Chigi si spiega che la grammatica istituzionale vuole che sia il presidente della Repubblica a prendersi la scena in un giorno così, ma ciò non vuol dire che Meloni debba limitarsi a un omaggio formale, per giunta di primo mattino, per poi eclissarsi. Così, un’altra delle opzioni di cui si torna a vociferare in questi giorni è quella di un gesto a sorpresa, come la rinuncia, nel simbolo di Fratelli d’Italia, alla fiamma che fu del Movimento sociale, anche se dal partito si affrettano a smentire questa possibilità.

Non ha altri appuntamenti in agenda per la Liberazione neppure il presidente del Senato La Russa, che subito dopo la deposizione della corona all’Altare della Patria, volerà a Praga per intervenire alla Conferenza dei presidenti dei Parlamenti Ue, per poi partecipare alle commemorazioni di Jan Palach, martire della lotta contro l’occupazione comunista. Una scelta che, per le opposizioni, ha il sapore della provocazione e riaccende le polemiche. D’altronde, è il primo 25 aprile con un governo di destra. La tensione politica pare ancora in grado di ravvivare antiche contrapposizioni e il dichiarato obiettivo di Fratelli d’Italia di superare le divisioni e arrivare a una pacificazione, resta lontano. Complice, forse, anche la timidezza mostrata fin qui dagli uomini di Meloni nel tagliare certe radici.

Lega e Forza Italia mostrano invece un piglio deciso, utile a mettere in difficoltà l’alleata, se possibile. Silvio Berlusconi torna a parlare, a tre settimane dal ricovero, e lo fa con una nota in cui rievoca la Resistenza, «una straordinaria pagina sulla quale si fonda la nostra Costituzione, baluardo delle nostre libertà e dei nostri diritti». La memoria, dunque, richiamata da Mattarella, a cui il presidente di Forza Italia affianca una riflessione «sul presente e sull’avvenire», affinché la Liberazione sia anche un’occasione utile a «superare ogni divisione e ogni contrasto, per conseguire il bene dell’Italia e degli italiani».

Rating 3.00 out of 5

Il patto che ci lega

martedì, Aprile 25th, 2023

Massimo Giannini

«In questa Costituzione c’è tutta la nostra Storia, tutto il nostro passato, tutti i nostri dolori, le nostre sciagure, le nostre glorie: son tutti sfociati qui, negli articoli. E a saper intendere, dietro questi articoli si sentono delle voci lontane…». Era il 1955, e Piero Calamandrei spiegava così, a un gruppo di studenti milanesi, il «Grande Libro della Democrazia» sul quale abbiamo ricostruito il Paese tra le macerie del nazi-fascismo.

Le «voci lontane», per lui, erano quelle di Mazzini e Cavour, di Cattaneo e Garibaldi, che parlano in ciascuna delle norme sancite dalla Carta, dall’Italia che «ripudia la guerra» alla «Repubblica una e indivisibile» fondata sul lavoro. Ma erano soprattutto quelle di Matteotti e dei fratelli Cervi, di Don Minzoni e dei «centomila morti» della Resistenza. Morti di tutti i partiti e di tutte le fedi: comunisti e socialisti, popolari e azionisti, cattolici ed ebrei.

«Se volete andare in pellegrinaggio nei luoghi dov’è nata la nostra Costituzione – aggiungeva Calamandrei – andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati, dovunque è morto un italiano per riscattare la libertà e la dignità…». Oggi più che mai, dunque, la Festa della Liberazione è anche la Festa della Costituzione. Nata e forgiata nel ripudio della dittatura mussoliniana (come recita la XII Disposizione Finale) e con i valori dell’anti-fascismo (l’uguaglianza e la solidarietà, il rispetto per la persona e la tutela dei diritti fondamentali). Solo nell’Italia dei revisionismi storici e dei revanchismi ideologici il 25 aprile può essere considerata una ricorrenza «divisiva» o «di parte».

Rating 3.00 out of 5

25 Aprile, il rischio di schiacciare l’Italia sul passato

martedì, Aprile 25th, 2023

di Massimo Franco

25 Aprile, il rischio di schiacciare l’Italia sul passato

I sondaggi dicono in modo uniforme che le polemiche sul 25 Aprile, festa della Liberazione dalla dittatura di fascisti e nazisti, non stanno avendo grandi riflessi elettorali. Da una parte può sconcertare. Dall’altra è una conferma positiva: significa che si tratta di un dibattito alimentato in modo maldestro da alcuni esponenti della destra; contrastato dalla sinistra, e non solo, seppure con eccessi strumentali e riducendo il ruolo degli Alleati; ma osservato da gran parte dell’opinione pubblica con una punta di fastidio per le divisioni che queste minoranze fanno sopravvivere artificiosamente. È possibile che oggi, quando il capo dello Stato, Sergio Mattarella, salirà a Roma all’Altare della Patria a rendere il suo omaggio insieme con la premier Giorgia Meloni e i vertici del Parlamento, la polemica ingiallisca di colpo.

D’altronde, il presidente della Repubblica non ha lasciato spazio a interpretazioni di comodo. La bussola con la quale si è mosso è quella di chi ritiene la Liberazione un valore fondante. E chi lo accompagnerà mostrerà di fatto di piegarsi, se non di condividere questa impostazione: anche se rimangono tensioni diffuse. Alla fine le posizioni ambigue o nostalgiche, presenti nella maggioranza di destra, in apparenza sono state isolate. E non soltanto per la reazione di una sinistra che a tratti mostra di volersi appropriare in modo esclusivo del 25 Aprile. A smarcarsi da alcune affermazioni sconcertanti del presidente del Senato, Ignazio La Russa e di altri esponenti di FdI sono stati sia l’irritazione malcelata di Giorgia Meloni; sia la presa di distanza di alleati come Lega e FI, schierati in questa occasione con il Quirinale. Che lo abbiano fatto per sottolineare le contraddizioni del partito della premier conta relativamente. Né serve rimarcare che in passato avevano mostrato un’adesione meno convinta. Per quanto tormentato, e nonostante i veleni, quanto è accaduto in queste settimane forse ha permesso di mettere in chiaro il valore di un anniversario; e sottrarlo ai tentativi di chi punta a imbalsamarlo per delegittimare gli avversari; ma anche a quelli di quanti provano con miopia a delegittimare il 25 Aprile.

Rating 3.00 out of 5

Giorgia Meloni: «Il 25 aprile sia la festa della libertà: i valori democratici ora difendiamoli in Ucraina. Fascismo, noi incompatibili con qualsiasi nostalgia»

martedì, Aprile 25th, 2023

di Giorgia Meloni

La lettera della premier al «Corriere»: «Democrazia e libertà sono scolpite nella Costituzione con un testo che aveva l’obiettivo di unire, non di dividere: occorre fare di questa ricorrenza un momento di rinnovata concordia»

Giorgia Meloni: «Il 25 aprile sia la festa della libertà: i valori democratici ora difendiamoli in Ucraina. Fascismo, noi incompatibili con qualsiasi nostalgia»
Giorgia Meloni con Paola Del Din

Caro direttore,
oggi l’Italia celebra l’anniversario della Liberazione. Io stessa lo farò accompagnando il presidente della Repubblica Mattarella nella tradizionale cerimonia di deposizione di una corona di alloro all’Altare della Patria, mentre i ministri del governo parteciperanno alle altre celebrazioni istituzionali previste.

Nel mio primo 25 Aprile da presidente del Consiglio, affido alle colonne del Corriere alcune riflessioni che mi auguro possano contribuire a fare di questa ricorrenza un momento di ritrovata concordia nazionale nel quale la celebrazione della nostra ritrovata libertà ci aiuti a comprendere e rafforzare il ruolo dell’Italia nel mondo come imprescindibile baluardo di democrazia. E lo faccio con la serenità di chi queste riflessioni le ha viste maturare compiutamente tra le fila della propria parte politica ormai 30 anni fa, senza mai discostarsene nei lunghi anni di impegno politico e istituzionale. Da molti anni infatti, e come ogni osservatore onesto riconosce, i partiti che rappresentano la destra in Parlamento hanno dichiarato la loro incompatibilità con qualsiasi nostalgia del fascismo.

Il 25 Aprile 1945 segna evidentemente uno spartiacque per l’Italia: la fine della Seconda guerra mondiale, dell’occupazione nazista, del Ventennio fascista, delle persecuzioni anti ebraiche, dei bombardamenti e di molti altri lutti e privazioni che hanno afflitto per lungo tempo la nostra comunità nazionale. Purtroppo, la stessa data non segnò anche la fine della sanguinosa guerra civile che aveva lacerato il popolo italiano, che in alcuni territori si protrasse e divise persino singole famiglie, travolte da una spirale di odio che portò a esecuzioni sommarie anche diversi mesi dopo la fine del conflitto. Così come è doveroso ricordare che, mentre quel giorno milioni di italiani tornarono ad assaporare la libertà, per centinaia di migliaia di nostri connazionali di Istria, Fiume e Dalmazia iniziò invece una seconda ondata di eccidi e il dramma dell’esodo dalle loro terre. Ma il frutto fondamentale del 25 Aprile è stato, e rimane senza dubbio, l’affermazione dei valori democratici, che il fascismo aveva conculcato e che ritroviamo scolpiti nella Costituzione repubblicana.

Da quel paziente negoziato volto a definire princìpi e regole della nostra nascente democrazia liberale — esito non unanimemente auspicato da tutte le componenti della Resistenza — scaturì un testo che si dava l’obiettivo di unire e non di dividere, come ha ben ricordato alcuni giorni fa su queste pagine il professor Galli della Loggia.

Nel gestire quella difficile transizione, che aveva già conosciuto un passaggio significativo con l’amnistia voluta dall’allora ministro della Giustizia Togliatti, i costituenti affidarono dunque alla forza stessa della democrazia e della sua realizzazione negli anni il compito di includere nella nuova cornice anche chi aveva combattuto tra gli sconfitti e quella maggioranza di italiani che aveva avuto verso il fascismo un atteggiamento «passivo». Specularmente, chi dal processo costituente era rimasto escluso per ovvie ragioni storiche, si impegnò a traghettare milioni di italiani nella nuova repubblica parlamentare, dando forma alla destra democratica. Una famiglia che negli anni ha saputo allargarsi, coinvolgendo tra le proprie fila anche esponenti di culture politiche, come quella cattolica o liberale, che avevano avversato il regime fascista.

Rating 3.00 out of 5

“Ha un suo sistema di potere”. Conte frena sull’alleanza col Pd

domenica, Aprile 23rd, 2023

Luca Sablone

Tra i partiti dell’opposizione il caos è una componente che dall’inizio della legislatura ha sempre ricoperto un ruolo primario. Le formazioni politiche al di fuori della maggioranza non riescono a trovare vere convergenze e la scarsa compattezza è una conseguenza logica. Il Movimento 5 Stelle si era affrettato a esultare dopo la vittoria di Elly Schlein alle primarie provando ad apparecchiare l’alleanza con il Partito democratico, ma dai vertici arriva una brusca frenata: bisogna andarci piano.

Conte gela il Pd

A invitare alla calma è stato Giuseppe Conte, che per il momento ha respinto l’idea di un conclave rendendo praticamente nulla la possibilità di intavolare un’intesa con il Pd a stretto giro o di chiudersi in una stanza con il nuovo segretario dem per trovare una quadra comune. Il leader del M5S, nel colloquio pubblicato da La Repubblica, ha ricordato le vicende che la scorsa estate avevano sancito la rottura con il Partito democratico in vista delle elezioni politiche del 25 settembre 2022.

“Andiamoci piano. Solo pochi mesi fa volevano sbatterci fuori dal Parlamento e dal sistema politico”, è il monito arrivato. In effetti la crisi del governo Draghi aveva innescato il divorzio tra Conte ed Enrico Letta, facendo saltare ogni ipotesi di accordo per presentarsi uniti di fronte agli elettori. Ma sullo sfondo c’è anche un altro tema e riguarda la natura politica del Pd: “Abbiamo toccato con mano, tante volte, quali siano i metodi e la logica di un partito, il Pd, che ha un suo sistema di potere”.

I grillini si sono sempre mostrati favorevoli a un lavoro unitario in Parlamento, ma i giallorossi si sono già bruciati per il termovalorizzatore: l’asse tra 5 Stelle e ambientalisti verdi è finito isolato in Aula, provocando irritazione e delusione nella galassia gialla. La mossa di Elly Schlein è servita forse per contenere l’ala moderata in forte sofferenza, ma dall’altro lato il M5S ha preso atto della posizione dei dem su un tema ritenuto di grande importanza.

Rating 3.00 out of 5

Più sbarchi, più criminali. Ad aprile oltre 8mila arrivi

domenica, Aprile 23rd, 2023

Fausto Biloslavo

L’orribile stupro di una bambina di 9 anni in un Centro per i richiedenti asilo, la violenza sessuale di un egiziano regolare su un treno, l’ennesimo terrorista camuffato da migrante e sbarcato a Messina per non parlare degli afghani ospitati da noi che parteggiano per i talebani. Non bisogna mai generalizzare e fare di tutta l’erba un fascio, ma l’impennata degli arrivi illegali porta a casa nostra gente di tutti i generi compresi criminali, violentatori e terroristi.

Ovviamente ce ne sono anche fra gli italiani, ma con l’aumento degli sbarchi sarà sempre più difficile controllare l’arrivo di delinquenti, jihadisti e per un semplice calcolo delle probabilità evitare episodi di violenza sessuale. La squadra mobile ha arrestato ieri un migrante del Camerun di 38 anni ospite nel Centro di accoglienza per richiedenti asilo di Sant’Anna di Isola Capo Rizzuto. Lo stesso Cara ospita una famiglia con una bambina di 9 anni, che sarebbe stata violentata dall’uomo quando i genitori l’hanno lasciata sola. Nel Cara ci sono circa 800 persone.

Il 5 aprile a bordo del treno regionale Varese-Treviglio un pizzaiolo egiziano, regolare in Italia e incensurato, avrebbe abusato di una 21enne toscana. La violenza sessuale aggravata, secondo l’accusa, sarebbe avvenuta con «una certa premeditazione ed efferatezza». L’egiziano è finito in carcere, ma nega di aver approfittato della giovane italiana.

Se il presunto stupratore vive in Italia da tempo un terrorista siriano è sbarcato l’11 marzo a Messina grazie all’intervento della Guardia di Finanza in soccorso di un natante con 93 migranti. Tutti pachistani, egiziani e siriani, compreso il comandante intermedio del gruppo jihadista Jabat al Nusra, ex Al Qaida, che si era camuffato da migrante. E aveva pagato fra i 6mila e 9mila euro per salpare con il barcone dalla Cirenaica. La Digos l’ha scoperto, ma quanti sono riusciti a passare o arriveranno con gli aumenti degli sbarchi?

«Diversi afghani soprattutto di etnia pasthun sono filo talebani e inveiscono contro gli Stati Uniti attaccando pure l’Italia che li ospita. Lo fanno apertamente sui social» rivela uno degli ex interpreti del nostro contingente, che abbiamo evacuato da Herat.

Se continueremo con i numeri di marzo quando sono arrivati 13.263 persone, dieci volte tanto rispetto allo stesso periodo del 2022 o aprile che segnala già 8.720 sbarchi, a fine anno verranno superati i 138mila previsti all’inizio della primavera. Da gennaio sono già arrivati 35.085 irregolari, quattro volte in più rispetto allo scorso anno. E le nazionalità sono sempre più africane (Costa D’avorio e Guinea primi in classifica) oltre a egiziani, tunisini, pachistani e cittadini del Bangladesh.

Rating 3.00 out of 5

Donne e occupazione: il lavoro che crea lavoro

domenica, Aprile 23rd, 2023

di Maurizio Ferrera

Ammettere più immigrati o incentivare il lavoro femminile? Per assicurare il finanziamento del welfare dovremo in realtà fare entrambe le cose. Intanto, Giorgia Meloni si è espressa a favore della seconda opzione. Si tratta di un obiettivo che i nostri governi perseguono ormai da vent’anni, senza molti risultati. Se vuole provarci anche il primo esecutivo guidato da una donna, prendiamola in parola e valutiamolo su ciò che concretamente saprà fare.

In Italia lavorano 55 donne su cento nella fascia d’età 20-54. Altre 15 vorrebbero trovare occupazione, ma non riescono. In parte mancano posti di lavoro congrui rispetto alle competenze, nell’area di residenza (c’è la famiglia). L’ostacolo principale è però la conciliazione. Se ci sono dei figli o degli anziani da assistere, le donne restano intrappolate a casa. E siccome le famiglie monoreddito fanno fatica a quadrare i conti, anche di figli se ne fanno pochi, uno o al massimo due. Come ha osservato il New York Times, di questo passo l’Italia rischia di sparire.

Superare l’ostacolo non è facile, ma altri Paesi ci sono riusciti. La Svezia è il caso di maggior successo. Per incentivare il lavoro femminile e insieme la natalità, ha messo in piedi un sistema pubblico di conciliazione che — visto dall’Italia — è davvero strabiliante. Vale la pena di ricordarne i principali strumenti. Tenendo presente che la loro generosità ha prodotto, sì, un’elevata occupazione femminile, ma non certo un aumento della popolazione. Più semplicemente, ha consentito di mantenere il tasso di natalità intorno al 2,1 figli per donna, il minimo indispensabile per non decrescere.

Iniziamo dai congedi parentali. Fin dal 1974, i padri svedesi hanno gli stessi diritti delle madri; oggi quasi la metà di loro sceglie di stare a casa per accudire i neonati. Il congedo retribuito è previsto per tutti i cittadini (è a somma fissa per chi non ha un lavoro dipendente). Inizialmente pari a sei mesi, la durata è stata elevata prima a 9, poi a 12, 15 e oggi è di 16 mesi indennizzati. Esaurito il congedo, i neo-genitori hanno il diritto di chiedere il part-time, se lo desiderano. Fino a che un figlio compie 12 anni, ci si può assentare dal lavoro per 60 giorni all’anno, anche se si ammala la baby sitter.

Praticamente tutti i bambini (il 100% nel caso dei lavoratori dipendenti) trova posto al nido. Solo i più benestanti devono pagare un ticket. I giovani fino a 29 anni con almeno un figlio hanno poi diritto a una indennità che copre circa la metà dell’affitto.

Rating 3.00 out of 5

Ma ora la pillola diamola ai maschi

domenica, Aprile 23rd, 2023

Simonetta Sciandivasci

Che le donne – tutte le donne – non debbano più pagare la pillola contraccettiva è una buona e giusta cosa. Però non è equa: lascia che la contraccezione sia onere (carico, se vogliamo usare una parola più incisiva e certamente più in voga) femminile.

La scelta dell’Aifa, quindi, diversamente da quanto è stato quasi unanimemente ed entusiasticamente scritto e detto, non è una svolta: è lo sgombero di una strada già intrapresa e conferma l’assetto patriarcale (spiace doverlo sempre dire) della nostra medicina, e in particolare della medicina riproduttiva.

È piuttosto impressionante che, sebbene una donna sia fertile pochi giorni al mese, mentre un uomo lo è sempre, si intervenga sulle donne e non sugli uomini. È impressionante per il portato culturale che questo illumina, e per la facilità con cui ne accettiamo la conseguenza, ovvero il controllo sul corpo delle donne, al punto che la pillola, ancora adesso, è in senso quasi univoco intesa come una liberazione, cosa che è certamente stata, ma che forse ora ha un segno e un senso diverso.

È difficile non riconoscere, in questo, l’acclarato automatismo che rende maternità sinonimo di genitorialità: figli e non figli sono questione femminile e privata (ma ecco una dimensione che l’Aifa ha smontato: quella privata).

Non accade solo in Italia, però altrove un po’ di più se ne discute, e la ricerca, anche se poco e in maniera non propriamente sistematica, sperimenta pillole contraccettive dedicate agli uomini.

La scelta dell’Aifa potrebbe essere un momento per fare lo stesso anche qui, partendo da alcuni dati e fatti, il più importante dei quali ci dice che vasectomia (legale dal 1978) e ricorso al preservativo, attualmente le uniche due pratiche contraccettive di onere maschile (il coito interrotto è più problematico), generano timore e imbarazzo. In pochi preferiscono la contraccezione maschile a quella femminile, in pochi considerano anche solo l’ipotesi di farlo.

Se e quando ci decideremo a fare educazione sessuale e affettiva nelle scuole, ricordiamoci di insegnare ai bambini che la vasectomia non è castrante, non devirilizza, non è cosa da femminucce. E mi scuso se uso questo termine in senso diminuente, Federica Fabrizio ha ragione quando scrive nel suo libro per Fabbri Editore, “Femminucce”, appunto, che è invece una parola di grande bellezza e di cui dovremmo riappropriarci. Mi scuso, ma mi serve esemplificare.

Rating 3.00 out of 5

Recovery, caos nel governo. Meloni alza la voce: la premier detta la linea e a Londra ribadirà l’intenzione di utilizzare tutte le risorse Ue

domenica, Aprile 23rd, 2023

ALESSANDRO BARBERA FRANCESCO OLIVO

L’invito agli imprenditori e alla comunità finanziaria londinese è stato spedito a metà settimana. L’appuntamento è per venerdì all’ora di pranzo, nella residenza dell’ambasciatore italiano. Con Giorgia Meloni ci sarà Francesco Lollobrigida, che vuole far crescere la quota di made in Italy sugli scaffali dei supermercati svuotati dalla Brexit. «L’agenda degli incontri non è ancora definita», spiegano da Palazzo Chigi. La ragione principale della visita è il bilaterale con Rishi Sunak, e non è chiaro se vedrà singolarmente gli investitori. Ma una cosa è decisa: nonostante i problemi, i ritardi e i dubbi che serpeggiano nella sua maggioranza, nell’intervento pubblico in ambasciata la premier ribadirà l’impegno a non perdere un solo euro dei duecento miliardi del Piano nazionale di ripresa e resilienza.

Agli occhi dei mercati non è un’affermazione banale. Il pasticcio comunicativo degli ultimi giorni ha iniziato a preoccupare gli esperti di debito italiano. Gli analisti hanno apprezzato l’impostazione prudente del Documento di economia e finanza, e l’andamento dello spread sui Bund tedeschi lo conferma. Ma in molti si interrogano per le prospettive di medio termine dell’emittente Italia. Il titolo decennale italiano paga un differenziale sulla Francia dell’1,4 per cento. La crescita quest’anno sarà nella migliore delle ipotesi dell’1 per cento, quasi un quarto del 2022. L’aumento dei tassi da parte della Banca centrale europea – lo ha detto esplicitamente Giancarlo Giorgetti in Parlamento questa settimana – farà aumentare la spesa per interessi del 2023 da 75 a 100 miliardi di euro: numeri che non si vedevano da anni. Se la curva del debito italiano di qui al 2026 è sotto controllo, lo si deve ai quaranta miliardi l’anno garantiti sulla carta dal Recovery Plan. «Senza quell’ammontare degno di una grossa legge di bilancio – spiegano due investitori sotto la garanzia dell’anonimato – il debito italiano riprenderebbe il volo».

È per questa ragione che Meloni ha deciso di tenere il punto, spegnendo sul nascere la tentazione di un pezzo della maggioranza a rinunciare ad una parte dei 122 miliardi di prestiti del Piano. Avevano iniziato il capogruppo leghista alla Camera Riccardo Molinari e Claudio Borghi. Poi il compagno di partito di Meloni, Fabio Rampelli, e ieri Guido Crosetto. «Voci dal sen fuggite», dice un esponente di governo che condivide in pieno la linea della premier. Chi le ha parlato ieri la descrive sorpresa e piuttosto irritata per affermazioni che mettono in discussione uno dei tasselli fondamentali della sua politica economica. I fedelissimi di Meloni invitano a confrontare le parole del ministro della Difesa a questo giornale con l’intervista rilasciata nelle stesse ore dalla premier a Milano Finanza. «Sul Pnrr sento e leggo cose che non esistono. Come il ministro Fitto ha già spiegato in diverse sedi istituzionali, stiamo lavorando con la Commissione europea per risolvere alcuni problemi strutturali del piano. Ma il Pnrr, sia chiaro, non è un problema, ma una grande opportunità che il governo non si lascerà sfuggire, nonostante errori e ritardi che ha ereditato».

Il messaggio ai naviganti è semplice: la linea dell’esecutivo è quella di Meloni ed è bene che si adeguino tutti. Nelle stanze di Palazzo Chigi fanno notare come non sia infrequente che molti ministri intervengano con disinvoltura su temi delicati: era successo qualche giorno fa con il responsabile della Pubblica amministrazione Paolo Zangrillo, ora con Crosetto. Il messaggio che viene fatto filtrare dalle stanze del governo è di evitare soprattutto le esternazioni che chiamano in causa i rapporti fra Roma e Bruxelles. Quando non è lei stessa a interloquire con la presidente Ursula von der Leyen, il Pnrr è materia del ministro per gli Affari europei Raffaele Fitto. A lui e solo a lui la premier ha delegato le trattative con il commissario all’Economia Paolo Gentiloni e il responsabile del Mercato interno Thierry Breton. «Ci siamo trovati fra le mani un Piano con cose irrealizzabili», spiega ancora una volta una voce autorizzata dalla premier. «Ma ciò non toglie che faremo di tutto per risolvere i problemi».

Il pranzo di venerdì di Meloni con Matteo Salvini è servito anzitutto a questo. Non è un caso se il vicepremier, che dal Pnrr ha solo da guadagnare in consenso, non ha mai messo il cappello ai dubbi espressi dalla prima linea leghista. Dopo quel pranzo, dal ministero delle Infrastrutture sono stati fatti filtrare più dettagli sull’attuazione del Piano per sottolineare il procedere di alcuni degli appalti, soprattutto ferroviari.

Rating 3.00 out of 5
Marquee Powered By Know How Media.