Archive for Maggio, 2023

“Centinaia di tedeschi devono lasciare la Russia”. Alta tensione Berlino-Mosca

sabato, Maggio 27th, 2023

Federico Giuliani

Cresce sempre di più la crisi diplomatica tra Germania e Russia. Diverse centinaia di funzionari tedeschi, come diplomatici, insegnanti e pure impiegati del Goethe Institute, devono lasciare il territorio russo. Il motivo è dettato dalla riduzione del personale russo in terra tedesca, che ha spinto Mosca ad introdurre un conseguente limite massimo per il numero del personale tedesco presso le missioni diplomatiche e le organizzazioni intermedie di Berlino all’ombra del Cremlino.

Il limite imposto da Mosca

Secondo quanto riportato da Suddeutsche Zeitung, Mosca avrebbe dichiarato una guerra diplomatica, con l’imposizione di un nuovo limite massimo del personale teutonico in Russia. I media tedeschi ritengono che questa potrebbe non essere la fine dell’escalation diplomatica russa, e che in futuro potrebbero arrivare ulteriori decisioni. Ricordiamo che Mosca ha ridotto a 350 il numero del personale delle istituzioni tedesche all’interno del suo Paese.

Da quanto emerso, a partire dall’inizio di giugno ci sarebbe un limite, imposto dal Cremlino, che regolerebbe la presenza dei rappresentanti della Germania in Russia. “Questo limite fissato richiede un taglio importante in tutte le aree della nostra presenza in Russia”, ha spiegato il ministero degli Esteri tedesco.

Ad essere colpiti dal nuovo provvedimento saranno i diplomatici, ma soprattutto i mediatori culturali, come gli insegnanti della scuola tedesca di Mosca e un numero considerevole di impiegati del Goethe Institute.

Tensione tra Germania e Russia

“Di fronte a questa decisione unilaterale, ingiustificata e incomprensibile, il governo federale si preoccupa ora di garantire una presenza minima dei mediatori in Russia mantenendo al contempo la presenza diplomatica”, ha scritto sempre Suddeutsche Zeitung, citando il ministero degli Esteri federale. Questo è possibile solo se “in tutte le aree il numero dei dipendenti viene ridotto, in alcuni casi in modo drastico”, ha concluso il dicastero. In vista del limite massimo per la presenza russa in Germania, il governo federale farà di tutto per assicurare che ci sia un vero equilibrio nella pratica.

Nel corso degli ultimi mesi, Germania e Russia si sono ripetutamente espulse i diplomatici a vicenda. Le rispettive rappresentanze sono già state molto sfoltite, i servizi per i cittadini tedeschi a Mosca sono ridotti o sono associati a tempi di attesa più lunghi, ad esempio per il rilascio dei documenti. La situazione è notevolmente peggiorata da quando è scoppiata la guerra in Ucraina.

Guerra diplomatica

Lo scorso aprile il ministero degli Esteri di Mosca spiegava che Berlino aveva deciso un’espulsione “di massa” dei diplomatici russi presenti nel Paese. Il Cremlino ha quindi annunciato analoghe contromisure e, di conseguenza, anche un ingente numero di diplomatici tedeschi sarebbe stato presto allontanato dalla Federazione russa.

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La bufala dei Cpr descritti come lager: le vere violenze le fanno gli ospiti

sabato, Maggio 27th, 2023

Gian Micalessin

Corrado Formigli l’ha intitolato «L’inferno dei Cpr», ma a ben guardare è diventata la beatificazione televisiva di violenza e illegalità. Parliamo dell’inchiesta sui «Centri di Permanenza e Rimpatrio» (Cpr) andata in onda su «Piazza Pulita»(La7) giovedì 25 maggio. Un’inchiesta senza dubbio interessante perché i filmati usciti dai telefonini dei reclusi e ottenuti dall’autrice Chiara Proietti D’Ambra ci mostrano una realtà raramente documentata. Peccato che l’innegabile esclusività sia stata viziata dagli interventi in studio. Uno studio dove gli ospiti meno allineati con le tesi del conduttore venivano sistematicamente interrotti mentre quelli chiamati a illustrare il presunto «inferno» dipingevano i reclusi (pluri-denunciati per spaccio o violenze) come i dannati di un girone infernale dove manganelli e psico farmaci sono garanzia di silenzio e sottomissione. Con il compiaciuto sospetto che il tutto avvenga grazie alla complicità del governo Meloni. Una tesi assai lontana dalla verità visto che Cpr nascono nel 1998 e sono una creazione della sinistra. A istituirli fu la legge sull’immigrazione del governo Prodi, firmata dall’allora ministro dell’Interno Giorgio Napolitano, che varò i Centri di Permanenza Temporanea (Ctp) precursori dei Cpr. Ma a rendere faziosa l’inchiesta s’aggiunge il modo in cui, sempre in studio, vengono illustrati i video dei Cpr. Per capirlo basta lo spezzone usato come immagine simbolo. In quel filmato, girato nel Cpr di Gradisca d’Isonzo, si vede un migrante ferito alla schiena riportato in camerata da alcuni agenti. Un’immagine sicuramente drammatica in cui l’unica vittima sembra quell’uomo sanguinante e a petto nudo. Peccato che – come chiarito a Il Giornale da fonti del Viminale – l’immagine sia solo l’episodio terminale d’una giornata di violenze andata in scena nel Cpr di Gradisca lo scorso 20 aprile. Partiamo dal suo protagonista ovvero Haddad Hammami, un marocchino 26enne in Italia dal 2021. «Quel giorno – spiega la fonte – alcuni dei reclusi avevano appiccato un incendio nelle stanze del centro e lui oltre ad alimentarlo bloccava gli operatori che tentavano di raggiungere gli estintori e spegnere l’incendio». Una situazione che peggiora dopo l’intervento delle forze dell’ordine. «Mentre le fiamme si facevano minacciose quel migrante – continua la fonte – colpiva gli agenti con un pezzo di ferro e i suoi compagni lanciavano pezzi di vetro e altri oggetti contundenti. A quel punto gli agenti han dovuto scontrarsi con i reclusi, sfondare il blocco e spegnere l’incendio». Un altro retroscena ignorato dall’inchiesta di Piazza Pulita riguarda i precedenti di Haddad Hammami. Prima di contribuire al tentato incendio del Cpr di Gradisca il marocchino era stato indagato per furto aggravato, porto d’armi, danneggiamento, possesso di stupefacenti e fabbricazione di documenti falsi. «Senza contare il sequestro, ai primi di aprile, di un pacco a lui destinato – aggiunge la fonte de Il Giornale – contenente sostanze stupefacenti». Insomma non esattamente un agnellino. Come non lo sono altri due protagonisti dell’inchiesta. Keven Onias Holander da Cruz, un 22enne brasiliano clandestino in Italia dal 2019 – denunciato più volte per droga, ricettazione e resistenza a pubblico ufficiale – non viene imbottito di psico farmaci, come sostiene nei filmati, ma semplicemente curato con le medicine prescrittegli dopo un intervento di ernia inguinale praticatogli durante la reclusione.

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Kissinger compie 100 anni. Ucraina e Cina, cosa ne pensa oggi lo stratega Usa

sabato, Maggio 27th, 2023

Henry Kissinger, storico segretario di Stato americano e deus ex machina della politica Usa dagli Anni Settanta e per quasi mezzo secolo, oggi è alla vigilia dei 100 anni. Il traguardo lo taglierà domani, 27 maggio, ma nonostante l’età avanzata continua a lavorare quindici ore al giorno. E non ha fatto mancare il suo punto di vista sugli scenari geopolitici odierni. Sulla guerra in Ucraina, ad esempio, Kissinger ha le idee chiare sul ruolo decisivo che giocherà Pechino: «Ora che la Cina è entrata nei negoziati ne verremo a capo, penso entro la fine dell’anno – ha detto in un’intervista a Cbsnews – parleremo di un processo negoziale e persino di veri e propri negoziati».
Della Cina, del resto, Kissinger è un estremo conoscitore. Fu proprio lui l’architetto del vertice tra il presidente Usa Richard Nixon e Mao Tse Dong, a capo della Repubblica popolare cinese, dando il via dopo oltre vent’anni di gelo alla “normalizzazione” nei rapporti tra Washington e Pechino. Ma l’incontro fu anche l’inizio, per la Cina, del cammino che l’ha condotta a diventare un player internazionale chiave e una potenza globale. Quel vertice, peraltro, avvenne nel 1972: lo stesso anno dell’indimenticabile intervista rilasciata a Oriana Fallaci. Anni dopo Kissinger se ne pentì, definendola “la cosa più stupida che abbia fatto nella mia vita”.
La lunga carriera dell’ex segretario di Stato americano culmina, nel 1973, con il premio Nobel per la Pace che gli fu conferito per il negoziato di Parigi e per la fine della guerra in Vietnam. Un’assegnazione che venne contestata da molti, ma esaurito il suo ruolo di governo, il politico ha continuato a influenzare gli affari mondiali come consulente, autore prolifico e negoziatore in trattative di pace in varie parti del mondo.

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Lucia Annunziata lascia la Rai, Fiorello: “Agli italiani non frega niente”

sabato, Maggio 27th, 2023

Domenico Alcamo

Continua il confronto attorno alle dimissioni di Lucia Annunziata dalla Rai. Con una mail inviata ai vertici l’altroieri, proprio nel giorno della nomina dei direttori, la giornalista, conduttrice di «Mezz’ora in più», ha lasciato l’azienda radiotelevisiva pubblica. Sulla questione ieri mattina, con il suo ben noto taglio di intelligente ironia, è intervenuto anche Fiorello, a Viva Rai2: «Gli italiani sono disperati da quando se n’è andata Lucia Annunziata». E ha aggiunto: «Pensano che gli italiani siano interessati da queste cose. Ma no, non gliene frega niente. Non siamo il centro del mondo, mi ci metto dentro anche io, non siamo niente. Siamo solo dei saltimbanchi». E di nuovo: «Non è mai cambiato niente. Adesso c’è “TeleMeloni”: c’è il governo di destra e quelli di destra mettono quelli di destra, c’è un governo di sinistra e quelli di sinistra mettono i loro di sinistra, è sempre stato così». Poi, rivolto alla giornalista, riferendosi al contenuto della lettera ha detto: «Annunziata, se non condividi niente di questo governo, allora dovevi rimanere per lottare dall’interno. Se te nevai, te ne sei andata. Che poi tutto questo andare via, bisogna capire da dove arriva». L’allusione, evidente, è anche all’addio di Fabio Fazio. Una posizione, quella dell’anchorman, ripresa anche da Salvini: «Bravo Fiorello», twitta. Sul tema, peraltro, è stata interpellata anche la diretta interessata, presentando il suo libro al Festival dell’Economia di Trento: «Le dimissioni sono una cosa seria–ha detto-mi piacerebbe non tornare su questa vicenda». E ha sottolineato: «Ci ho messo tre giorni a scrivere sette-otto righe, ho soppesato parola per parola e sono lì: ho detto tutto, cercando di non trasformare questa vicenda in una vicenda centrale. Sono delle dimissioni che mi sembra siano state accolte. Non c’è niente di strano».

L’argomento ha continuato, anche ieri, a captare il dibattito politico. Il ministro del Turismo, Daniela Santanché, ha sottolineato. «La penso come Fiorello, se era contro il governo aveva una grande occasione. Poi magari la vedremo in una splendida campagna elettorale».

Il riferimento è all’indiscrezione che circola secondo cui la conduttrice potrebbe abbracciare l’impegno politico candidandosi alle elezioni europee. Anche il capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera, Tommaso Foti, ha fatto riferimento alla questione: «Se fosse vero che le sue dimissioni sono prodromiche ad un suo impegno ancor più diretto in politica con il Partito Democratico, il prossimo anno ci sarebbe la possibilità di vederla in parlamento a Bruxelles. Sarebbe certamente un fatto positivo che in quel consesso possa esprimere le proprie idee con coerenza e convinzione, auspicando che lo faccia soprattutto nell’interesse della nostra Italia».

Da Forza Italia, Giorgio Mulè ha osservato: «Qui siamo in un romanzo di Agatha Christie dove manca il cadavere, nel senso che manca qualsiasi forma di azione, interdizione, censura diretta o indiretta, nei confronti di Lucia Annunziata. Per quanto riguarda le nomine di ieri, soprattutto quelle più rilevanti per la cultura, come appunto Rai Cultura e le fiction, sono saldamente rimaste nelle mani di manager indicati dal Partito Democratico o di sinistra».

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L’egemonia culturale a destra è solo potere

sabato, Maggio 27th, 2023

Marco Follini

Caro direttore, l’egemonia culturale è quella tal cosa che la politica dovrebbe cercare prima del potere, o magari dopo il potere. Mai durante. Prima, è una preparazione. Dopo, può essere un rimpianto. Durante, è quasi sempre un equivoco e spesso diventa un abuso. Già, perché i tempi della politica e quelli della cultura non coincidono quasi mai. E quando si prova a farli coincidere si tratta quasi sempre di una forzatura. Si pretende che la lettura di qualche libro, la frequentazione di qualche teatro, l’accumulo di qualche conoscenza in più determinino un maggior diritto a guidare la carovana del potere. Ma più spesso avviene il contrario. E cioè avviene che chi si trova a guidare i ministeri abbia altro da fare, e semmai attinga a quelle conoscenze e frequentazioni che appartengono a prima. O magari si riservi di tornare sull’argomento quando avrà più tempo per farlo.

Non a caso nella Prima Repubblica questa egemonia fu appannaggio dell’opposizione. Come a voler compensare la sinistra del suo mancato approdo al governo quasi offrendole in cambio una sorta di maggioranza culturale, fatta di libri, film, quadri, cattedre e insegnamenti. Cosa della quale all’epoca si lamentavano un po’ tutti, coloro che ne beneficiavano e coloro che se ne sentivano vittime. Ma che tutto sommato concorreva, suo malgrado, a migliorare gli uni e agli altri.

Ora invece si pretende che il governo, la maggioranza, la nuova destra che si sta affermando traggano dai voti che hanno in più un diritto (e un dovere) supplementare a guidare le coscienze. Circostanza che per alcuni diventa banale occupazione dei posti ma per altri finisce per sublimarsi nel faticoso compito di illuminare le menti degli italiani. Così, una sicura furbizia e una pretesa virtù finiscono per darsi la mano ponendo all’ordine del giorno la questione di una nuova egemonia culturale.

Non si offenda nessuno: è la strada più sbagliata. Perché la cultura politica è l’apprendistato dei governi, non il loro effetto collaterale. E tanto più chi ha in mano le redini del paese, o almeno dei suoi centri politici, dovrebbe capire che alle sue fortune concorrono sempre in maggior misura coloro che pungolano a far meglio piuttosto che coloro che vorrebbero certificare che s’è fatto benissimo.

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Il sondaggio: FdI torna a salire: 29,6%. Il Pd frena. M5S cala al 15% (meno delle Politiche)

sabato, Maggio 27th, 2023

di Nando Pagnoncelli

Dem al 20,4%. La Lega (8,2%) supera Forza Italia. Consenso stabile per governo e premier. I leader: primo posto per Conte, Berlusconi e Schlein

Il sondaggio: FdI torna a salire: 29,6%. Il Pd frena. M5S cala al 15% (meno delle Politiche)

Il mese di maggio è stato molto movimentato e denso di avvenimenti politici e non: dal decreto lavoro varato il primo maggio, al confronto tra governo e opposizione sulle riforme istituzionali con una particolare attenzione rivolta al tema del presidenzialismo e del premierato; dalle nomine di alcuni vertici istituzionali a quelle di società partecipate tra cui la Rai; dalle elezioni amministrative che hanno riguardato circa sei milioni e mezzo di elettori, alle tensioni con la Francia a seguito delle dichiarazioni del ministro degli interni transalpino sulla gestione dei flussi migratori da parte del nostro esecutivo; dalla visita in Italia del presidente ucraino Zelensky, ai vertici internazionali (il Consiglio d’Europa a Reykjavik e il G7 in Giappone), per finire con la drammatica situazione in Emilia-Romagna a seguito dell’inondazione. Viene naturale chiedersi che impatto hanno avuto tutti questi fatti sullo scenario politico nazionale, anche a seguito del dibattito acceso e delle polemiche che alcuni di essi hanno suscitato.

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Intenzioni di voto, chi sale e chi scende

Ebbene, il sondaggio odierno mostra, con poche eccezioni, una sostanziale stabilità delle opinioni degli italiani rispetto ad aprile, a partire dalle valutazioni sull ’operato del governo e della presidente del Consiglio che fanno registrare un aumento sia dei giudizi positivi (due punti) sia di quelli negativi (un punto l’esecutivo, due la premier), lasciando inalterato l’indice di gradimento di entrambi, che si attesta rispettivamente a 51 e 53. Di fatto si conferma una sostanziale polarizzazione delle opinioni ed è probabile che la densità dei fatti del mese abbia determinato nelle reazioni dei cittadini una molteplicità di effetti compensativi come in una sorta di gioco «a somma zero».

Quanto agli orientamenti di voto, il dato più significativo è rappresentato dalla flessione di 1,5 punti del M5S che, con il 15% dei consensi, per la prima volta viene stimato su valori inferiori al risultato ottenuto alle Politiche dello scorso anno; nel sondaggio odierno abbiamo testato separatamente Azione e Italia viva a seguito delle tensioni tra le due forze politiche il cui esito, peraltro, in vista delle Europee del prossimo anno non è facile da decifrare. Le stime dei due partiti evidenziano una differenza di solo mezzo punto, con Azione al 3,5% e Iv al 3%. Nel complesso si registrano variazioni di pochi decimali rispetto ad un mese fa: FdI si mantiene al primo posto con il 29,6% invertendo la tendenza discendente fatta registrare nei due mesi precedenti; il Pd si conferma al secondo posto con il 20,4% (-0,3%), seguito dal M5S, dalla Lega (8,2%) e Forza Italia (7,7%). Stabile anche la quota di astenuti e indecisi che rimane ragguardevole (39,5%). Sulla base di queste stime il centrodestra prevale nettamente sul centrosinistra (46,5% a 25,7%) e al momento, tenuto conto che la prossima scadenza elettorale è rappresentata dalle Europee che prevedono il metodo proporzionale (che significa «tutti contro tutti»), altre ipotesi di coalizione (centrosinistra e M5S oppure la riproposizione del «campo largo»), ancorché più competitive con il centrodestra, sono del tutto premature.

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Burocrazia ed efficienza, uno Stato poco frugale

sabato, Maggio 27th, 2023

di Sabino Cassese

Stanziare risorse per investimenti è facile, spenderle difficile, come dimostrato dal fatto che i progetti degli ultimi dodici anni sono stati realizzati solamente per un quinto. Non è un aumento del numero dei dipendenti pubblici l’obiettivo al quale puntare

Prima il Piano nazionale di ripresa e di resilienza, poi l’alluvione pongono il problema della capacità amministrativa dello Stato. Per il piano, occorre ora una revisione degli obiettivi, allo scopo di tener conto di quelli non attuati. L’alluvione richiede la realizzazione di canali di scolo, per far defluire le acque, e la costruzione di casse di espansione, opere ingenti per le quali sarà difficile provvedere in breve tempo.

Queste opere si scontrano con la storica incapacità dell’amministrazione. Abbiamo, infatti, sentito auspicare che gli aiuti agli alluvionati siano dati «senza burocrazia». Le risorse finanziarie ci sono, non c’è la capacità di realizzare le opere. Stanziare risorse per investimenti è facile, spenderle difficile, come dimostrato dal fatto che i progetti degli ultimi dodici anni sono stati realizzati solamente per un quinto. La Corte dei conti ha individuato le cause nei procedimenti lunghi e laboriosi e nella carenza di organismi tecnici, tanto più grave in un Paese nel quale vi sono cultura e scuole di ingegneria idraulica eccellenti. Si parla di ricorrere all’esercito, come per la pandemia.

Mentre ci si preoccupa, giustamente, della durata e della coesione dei governi, si dimentica che la velocità della macchina non dipende tanto dall’abilità del pilota, quanto dalla potenza del motore: è questo che determina l’andatura. E il motore dello Stato è la burocrazia.

Stupisce che, in questa situazione, il governo prima e ora la Camera dei deputati puntino, per «rafforzare la capacità amministrativa», su un decreto-legge (numero 44 del 2023) che è una vera e propria sagra di assunzioni di personale. Il testo — trenta articoli per quasi settanta pagine, accompagnato da una relazione tecnica di più di duecento pagine in qualche punto reticente e in qualche altro compiacente — è scritto con la tecnica del cuci-scuci e delle addizioni interstiziali, in modo da renderlo incomprensibile ai non addetti ai lavori, ed è destinato a raddoppiare di dimensioni nel corso dell’esame parlamentare per la conversione. Allo scopo dichiarato di aumentare la capacità amministrativa dello Stato, non fa altro che aprire le porte dei ministeri a nuovo personale. Le molte pagine del decreto-legge sono dedicate ad allargamenti di organici, incrementi di dotazioni, scorrimenti di graduatorie, riserve di posti, inquadramenti in ruolo, stabilizzazioni di personale, immissioni in ruolo, concorsi con posti riservati, assunzioni straordinarie. Tutto questo per i ministeri, mentre alle regioni e agli enti locali sono riservate solo poche briciole.

Così si realizza l’obiettivo del ministro della Pubblica amministrazione: soddisfatto di aver assunto 157 mila persone nel 2022, si propone di assumerne altre 170 mila quest’anno, oltre a stabilizzare i dipendenti assunti a tempo determinato con il piano di ripresa e di resilienza (così nell’intervista che ha dato il 24 maggio scorso a Repubblica) e a «sistemare» il personale previsto dal decreto-legge numero 44.

Questo decreto-legge è la prova del fatto che il governo ha chiuso gli occhi, senza vagliare le richieste che provenivano dall’interno dell’amministrazione, e non affronta le cause della inefficienza del settore pubblico. Il piano di ripresa prevede, entro il 2024, 200 semplificazioni. Il ministro della Pubblica amministrazione ne promette 600, ma dichiara di aver avviato il lavoro soltanto per 70 procedure. Come ha osservato Maurizio Ferrera il 21 maggio scorso su questo giornale, i processi di attuazione degli investimenti pubblici poggiano su un coacervo di regole che prevedono la partecipazione di una spropositata pluralità di attori e molti di questi chiudono il loro «passaggio a livello» e creano ingorghi per difendere anche i loro interessi.

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Una nuova macchia solare quattro volte più grande della Terra preoccupa gli scienziati

sabato, Maggio 27th, 2023

Gli scienziati monitorano l’attività solare attraverso la comparsa di macchie sulla superficie del Sole, che indicano una maggiore attività. Attualmente, una gigantesca macchia solare chiamata AR3310 è allineata con la Terra. Le macchie solari sono regioni scure e fredde sulla fotosfera del Sole, causate da complesse interazioni nel campo magnetico solare. Questa macchia, quattro volte più grande della Terra, è visibile a occhio nudo adottando però delle precauzioni come l’utilizzo di occhiali da eclissi o filtri solari per proteggere gli occhi. Le macchie solari possono causare brillamenti solari, delle esplosioni che inviano energia e particelle nello spazio, con potenziali effetti sulla Terra.

L’AR3310 ne ha emesso la scorsa settimana uno di livello M, ma c’è una possibilità del 20% che possa emettere un brillamento di classe X (il più alto nella scala), che potrebbe influenzare le comunicazioni e i sistemi tecnologici. È importante monitorare l’attività solare durante il ciclo solare, che dura circa 11 anni, e ci troviamo attualmente nel ciclo solare 25. Si prevede che l’attività solare raggiungerà il picco nel 2025.

LA STAMPA

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Fmi boccia le promesse di Meloni: “La flat tax è irrealizzabile. E sulle pensioni serve una stretta”

sabato, Maggio 27th, 2023

Fabrizio Goria

Ancora una bocciatura per il governo Meloni. A questo giro è il Fondo monetario internazionale (Fmi) a criticare: nel suo rapporto periodico rimarca che la crescita 2023 sarà sopra le attese, con il Pil a +1,1%, ma che l’inflazione resterà oltre il 2% almeno fino al 2026. Dalla riforma del Fisco al Recovery, passando per il sistema pensionistico e i conti pubblici, sono svariate le fonti di preoccupazione per l’istituzione di Washington. Che chiede più proattività, puntualità ed efficacia all’esecutivo. Il rischio, in un clima di tassi d’interesse crescenti, è quello di trovarsi nelle sabbie mobili. E l’invito è quello di non ricorrere a scorciatoie: «Una tassa sugli extraprofitti delle banche potrebbe avere conseguenze indesiderate». Risponde a distanza il ministro del Tesoro, Giancarlo Giorgetti: «Stiamo riducendo il debito, come chiesto dagli ispettori del Fmi».

Più ombre che luci. Vero, il Pil italiano ha rimbalzato più delle stime preliminari, ma le criticità restano elevate, secondo il Fmi. «L’attività economica e l’occupazione sono cresciute fortemente nel 2022 grazie all’abile gestione delle forniture di gas da parte delle autorità e al sostegno del welfare fornito in risposta allo choc dei prezzi dell’energia», si sottolinea. Roma crescerà dell’1,1% nel 2023 e nel 2024 per poi accelerare nel 2025, anche grazie al Pnrr, la cui spesa raggiungerà il picco quell’anno. Ma l’attuazione del Recovery dovrà essere «accelerata». Specie a fronte di rincari più poderosi di quanto ipotizzato. L’inflazione di fondo in Italia è destinata a ridursi «gradualmente» ma l’andamento del costo della vita tornerà «all’obiettivo del 2% solo intorno al 2026». Come se non bastasse, pur rimanendo elevato, viene rimarcato, «il rapporto debito pubblico/Pil è diminuito e i prestiti in sofferenza sono rimasti bassi». Tuttavia, a partire dal 2023, «la crescita passerà a una marcia inferiore, mentre l’inflazione core dovrebbe rimanere vischiosa e gli alti tassi di interesse manterranno elevati i rischi del settore finanziario».

Non sono mancate anche ulteriori critiche. «La politica fiscale può aiutare l’economia ad affrontare gli shock proteggendo la sostenibilità delle finanze pubbliche», dicono gli analisti. Dato il debito pubblico ancora elevato, inoltre, «le condizioni di finanziamento più restrittive e la necessità di sostenere la disinflazione, si consiglia di risparmiare opportunisticamente la maggior parte delle entrate impreviste derivanti da sorprese inflazionistiche e modifiche contabili del credito d’imposta». In un contesto del genere, «un piano credibile di riduzione del debito a medio termine attenuerebbe ulteriormente i rischi».

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Totopalinsesti a destra il dopo Fazio-Annunziata a Cattelan e Bortone

sabato, Maggio 27th, 2023

ANTONIO BRAVETTI

ROMA. «La sinistra non è nervosa perché perde un’egemonia culturale, ma perché perde l’egemonia di potere». Giorgia Meloni rivendica la rivoluzione in Rai. «Sono per una logica meritocratica – dice dal palco di Catania – e se c’è qualcuno che se ne vuole andare non è un problema che ci riguarda».

Fatte le nomine, in viale Mazzini si lavora ai palinsesti della nuova Rai sovranista. «Stiamo semplicemente cercando di togliere il monocolore Pd dalla Rai», rivendica la ministra Daniela Santanché. Gli addii di Fabio Fazio e Lucia Annunziata, però, potrebbero non essere gli unici. Si vocifera di un Corrado Augias con le valigie in mano, non incline a farsi ridurre lo spazio, come sembra. E ieri, tra il serio e il faceto, Fiorello ha messo viale Mazzini in allarme: «Amadeus mi ha detto che quest’anno non sa se farà Sanremo. ..». Una bomba, altro che «bombetta», come la definisce lo showman siciliano.

I palinsesti saranno presentati a Napoli il 7 luglio. I bene informati raccontano di un Alessandro Cattelan alla domenica sera, al posto di Fabio Fazio. Caterina Balivo che si riprende il pomeriggio lasciato a Serena Bortone, entrata nella corsa a tre per il dopo Lucia Annunziata. In lizza ci sono lei, Luisella Costamagna e Monica Maggioni. “Agorà” nelle mani di Manuela Moreno.

Gli addii di Fazio e Annunziata hanno lasciato strascichi amari. Per sostituirli si fanno i nomi di Cattelan, Bortone, Costamagna. Il conduttore di Tortona potrebbe ereditare un format sul modello di “Che tempo che fa”, con le interviste come piatto forte. Da viale Mazzini raccontano che il programma sarebbe confermato per la domenica sera, anche se resta l’ipotesi di spostare “Report” (confermato) al posto di Fazio. Per il dopo-Annunziata è un po’ più complicato. Due i nomi più gettonati. Costamagna, sponsorizzata dai Cinquestelle, forti di un fruttuoso dialogo con la maggioranza; e Bortone, che nei giorni scorsi era data in partenza per Discovery. La conduttrice di “Oggi è un altro giorno” potrebbe invece restare, lasciare il pomeriggio a Caterina Balivo e traslocare su Rai 3 al posto di Annunziata. All’ex presidente Rai si è rivolto Fiorello, a suo modo: «Se non condividi niente di questo governo, tu dovevi rimanere. Se te ne vai, te ne vai». Salvini condivide: «Penso che l’Italia sopravviverà anche se qualche strapagato conduttore Rai non verrà più pagato dal denaro pubblico degli italiani». Contro Annunziata continuano gli strali del centrodestra che l’accusano di «fare un uso politico di un’azienda pubblica». Tanto che il capogruppo di FdI alla Camera Tommaso Foti si spinge a chiedersi se «si è dimessa per candidarsi a Bruxelles col Pd? ».

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