Archive for Maggio, 2023

Aperture e ostilità: quei giochi europei sull’Italia

lunedì, Maggio 15th, 2023

di Maurizio Ferrera

Lo scorso ottobre l’arrivo di Giorgia Meloni a Palazzo Chigi fu visto come un piccolo terremoto in Europa. Gli elettori di uno dei Paesi fondatori della Ue avevano scelto un leader dichiaratamente sovranista. Una novità che rischiava di compromettere i delicati equilibri fra Paesi, gruppi politici e forse lo stesso processo di integrazione.

In realtà, a Bruxelles il cambio di governo a Roma ha generato per ora conseguenze limitate. Si sono tuttavia polarizzate le posizioni nei confronti dell’Italia all’interno della cosiddetta «sfera intermedia» della politica europea, quella in cui i leader dei vari Paesi si confrontano tra loro negli incontri bilaterali oppure si parlano a distanza attraverso i media. È all’interno di questa sfera che si forgiano le alleanze in vista delle decisioni Ue. Le dichiarazioni pubbliche servono inoltre a mandare messaggi ai propri elettori.

I primi leader a dare il benvenuto a Giorgia Meloni sono stati ovviamente Orbán e Morawiecki, i quali hanno subito rimarcato la comune visione sovranista dell’ Europa. Quando Meloni è andata in visita a Varsavia, il premier Morawiecki l’ha portata al «Tolkien café», aperto per celebrare un testo cult della destra europea, «Il Signore degli Anelli». Alla fine della chiacchierata, Georgia e Mateusz hanno dichiarato: «Insieme sconfiggeremo Mordor». Bruxelles e la burocrazia europea venivano paragonati al regno oscuro del tiranno Sauron.

I simboli di Tolkien fanno parte dell’immaginario sovranista, richiamarli è un modo per attirare l’attenzione degli elettori più giovani. Dietro alla simpatia polacca e ungherese per Meloni vi sono anche interessi molto concreti. Budapest e Varsavia sperano nell’appoggio di un grande Paese come l’Italia per costruire minoranze di blocco nel Consiglio su temi delicati come lo Stato di diritto o l’ambiente. La sorprendente crescita dei Democratici Svedesi, altro partito di destra radicale, potrebbe facilitare aggregazioni di questo tipo. Meloni ha tuttavia deluso finora tali aspettative.

I leader europeisti si rapportano con il governo italiano in modo speculare ai sovranisti. Da un lato, condannano pubblicamente la visione dell’Europa come insieme di patrie nazionali e l’ostilità contro i migranti da parte di Meloni. Dall’altro lato, non possono permettersi di tirare troppo la corda: anche per loro è importante che l’Italia resti allineata con la tradizionale agenda europeista.

Delegittimando Meloni, gli europeisti sperano di togliere spazio alla destra radicale interna come Vox in Spagna e Le Pen e Zemmour in Francia. Alcuni esponenti del governo spagnolo (ad esempio la influente ministra del Lavoro, che proviene da Podemos) si sono lasciati andare a dichiarazioni molto critiche. I più aggressivi sono stati i leader di governo francesi: la premier Borne pronunciò già in ottobre la frase infelice «vigileremo sul rispetto dei diritti», mentre il ministro Darmarin ha recentemente accusato Meloni di essere un’incapace sulla questione dei migranti, aprendo una crisi diplomatica non ancora completamente sanata.

Nelle conversazioni private e negli incontri bilaterali, il quadro cambia. Nella sua visita a Roma, Sánchez ha cercato di trovare un terreno comune sui dossier europei più importanti. E lo stesso Macron ha evitato che le tensioni fra Roma e Parigi degenerassero in un conflitto politico dannoso anche per la Francia.

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Chi va in pensione più tardi vive meglio e più a lungo

lunedì, Maggio 15th, 2023

di Milena Gabanelli e Francesco Tortora

Vuoi vivere a lungo e in salute? Non smettere mai di lavorare! Detta così è un po’ brutale, ma gli studi scientifici dimostrano che ritardare il pensionamento rallenta il declino cognitivo e consente di sfuggire all’isolamento sociale. La ricerca più esaustiva, pubblicata nel 2015 sulla rivista «CDC Preventing Chronic Disease», è stata svolta su un campione di 83 mila persone: gli over 65 che lavorano hanno tre volte più probabilità di stare meglio fisicamente rispetto a chi è inattivo e il 50% di probabilità in meno di contrarre patologie serie, come cancro o malattie cardiache. Dunque, escludendo i lavori usuranti, quando si entra in questa fascia di età sarebbe saggio pensarci due volte prima di abbandonare definitivamente il proprio mestiere.

Tra i popoli più longevi al mondo

A guardare i numeri noi italiani stiamo già bene così: nel 2023 l’aspettativa media di vita è di 84,2 anni (86,1 per le donne e 82,1 per gli uomini). Tra i grandi Paesi solo il Giappone fa meglio, ma come vedremo più avanti le differenze sono sostanziali.

Dai dati Ocse mediamente gli italiani trascorrono 24 anni in pensione, e da un’analisi di Bloomberg tra i 16 e i 18 anni sono trascorsi in buona salute.Una lunga vita è un dato positivo e allo stesso tempo una sfida. L’Italia è infatti il Paese più anziano d’Europa (età media 48 anni contro i 44,4 della Ue). Gli over 65 hanno superato i 14 milioni (il 24% dell’intera popolazione) e secondo le proiezioni Istat nel 2050 diventeranno 20 milioni (34,9%). Come conservare l’attuale tenore di vita ed evitare aumenti della spesa sociale insostenibili? Tra le strategie più innovative adottate negli ultimi anni da Paesi che ci assomigliano demograficamente ci sono il contrasto alle misure che incentivano l’uscita anticipata dal mercato del lavoro (vedi Quota 100-103) e la promozione dell’occupazione degli over 65.

Età pensionabile e posticipo dell’assegno

La riforma Fornero del 2011 prevede che l’età standard per andare in pensione sia 67 anni, ma grazie alle varie norme sull’uscita anticipata l’età effettiva resta tra i 62 e i 63 anni (dati OCSE e Itinerari Previdenziali). I dipendenti pubblici che hanno maturato i diritti alla pensione devono obbligatoriamente uscire a 65 anni e solo alcune limitate categorie professionali (magistrati, medici, docenti) possono posticipare l’età limite a 70 anni. Nel privato, invece, in accordo con l’azienda, si può restare al lavoro fino a 71 anni. Chi decide di posticipare la pensione deve rinunciare temporaneamente all’assegno, ma al momento dell’uscita ne incasserà uno più corposo non solo grazie all’aumento degli anni di contribuzione, ma anche perché si è elevato il coefficiente di trasformazione che determina l’ammontare dell’assegno. Ad esempio, nel 2023 una persona che esce dal lavoro a 65 anni e che ha accumulato 300 mila euro di contributi beneficerà di un coefficiente di trasformazione di 5,352% e di una pensione annuale di 16.056 euro. Se però va in pensione a 70 anni, con 350 mila euro di contributi e un codice di trasformazione annuale di 6,395% avrà una pensione di 22.382 euro. Poco più di 500 euro al mese.

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Perché Fazio lascia la Rai (che non ha un sostituto) e la frase dopo le elezioni: «Ora qualcosa accadrà»

lunedì, Maggio 15th, 2023

di Renato Franco

Da tempo la posizione di Fazio era in bilico: per tre mesi nessuno dall’azienda lo ha contattato per il rinnovo del contratto. Le parole di de Bortoli: «Oggi la notizia sei tu: il tuo addio è un grandissimo errore editoriale»

Perché Fazio lascia la Rai (che non ha un sostituto) e la frase dopo le elezioni: «Ora qualcosa accadrà»

Ancora due puntate e poi, da domenica 28, Fabio Fazio scomparirà dai teleschermi Rai.

Cronaca di una morte (metaforica) annunciata, o meglio evocata per anni, pretesa, voluta, desiderata (Salvini, su tutti) e alla fine eccolo lì, lo scalpo eccellente. Il suo.

Durante «Che tempo che fa» sembra il solito Fazio — tranquillo, sereno, sornione, divertito — anche perché per lui questo divorzio dopo 40 anni di Rai non è un fulmine a ciel sereno. Aveva già intuito, capito da tempo che questa era la volta «buona».

La sua pratica — il rinnovo del contratto in scadenza — era nelle mani di Carlo Fuortes, l’amministratore delegato della Rai che pochi giorni fa ha deciso di rassegnare le dimissioni prendendo atto che «non ci sono più le condizioni per proseguire». Condizioni che da tempo erano precarie e nel momento in cui il potere dell’ad ha iniziato a vacillare nessuno si è fatto vivo con Fazio. Binario morto. Tre mesi di silenzio. E se uno non ti chiama per tre mesi, sai come va a finire…

Il conduttore ha dovuto solo unire i puntini
.

Le prime avvisaglie a ottobre scorso, con l’elezione di Giorgia Meloni, quando il vento era definitivamente cambiato. Lui un po’ se lo sentiva, «vedrai che dovranno fare qualcosa», confidava mesi fa. Nel momento in cui la firma del suo nuovo contratto si è arenata al settimo piano di Viale Mazzini, il cerchio si è chiuso. Se qualcuno aveva dubbi, il tweet di Salvini («Belli ciao») li cancella tutti: è la battuta che circola dietro le quinte della trasmissione.

Fazio rivela il suo stato d’animo in diretta al Tg3, poco prima di mettersi dietro il bancone di Che tempo che fa: «Il mio lavoro continuerà altrove, d’altronde non tutti i protagonisti sono adatti per tutte le narrazioni, quindi continuo a fare serenamente altrove il mio lavoro… Conserverò solo un ricordo meraviglioso di questi 40 anni».

Una foto con Blanco pubblicata sui social
, una lunga chiacchierata con Ferruccio de Bortoli (non a caso). Prima di andare in onda, il conduttore si intrattiene con i suoi ospiti come fa sempre. Contentissimo della nuova avventura, così lo dipingono adesso.

Ci pensa de Bortoli a rompere in diretta il muro del silenzio: «Oggi la notizia sei tu Fabio. Il tuo addio è una grandissima perdita per il servizio pubblico e un grandissimo errore editoriale». Come al solito, diretto al punto. Lui ne sa qualcosa. Fazio mantiene il basso profilo, nel suo stile: «Nessuna vocazione a essere considerati vittime, o martiri». Anche perché le amarezze riesce a metterle velocemente in soffitta.

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Elezioni Turchia, Erdogan costretto al ballottaggio: accuse incrociate sui conteggi, grande sfida il 28 maggio

lunedì, Maggio 15th, 2023

di Monica Ricci Sargentini

Il leader uscente parte avanti, poi il recupero di Kiliçdaroglu, che ora spera. Intanto il «Reis» si assicura la maggioranza in Parlamento

Elezioni Turchia, Erdogan costretto al ballottaggio: accuse incrociate sui conteggi, grande sfida il 28 maggio

Una serata al cardiopalma, in Turchia, dove lo spoglio dei voti per le presidenziali all’inizio dava l’attuale presidente Recep Tayyip Erdogan largamente oltre il 50%, facendo pensare a una sua vittoria netta al primo turno. Ma, man mano che affluivano i voti, le cifre sono cambiate e il «Reis», l’uomo che regna sulla Turchia da venti anni, più a lungo di qualsiasi altro, persino del fondatore della Repubblica Mustafa Kemal Atatürk, è sceso sotto la soglia del 50%. Con il 98% di schede scrutinate l’uscente si è fermato al 49,34% , mentre il suo rivale Kemal Kiliçdaroglu (qui l’intervista) si attestava al 45% ; Sinan Ogan, il candidato dell’estrema destra, è a poco più del 5%, dopo una dura campagna sul rimpatrio dei migranti siriani, circa 4 milioni.

Una situazione che ha fatto surriscaldare il clima con il leader dell’opposizione, una coalizione eterogenea di sei partiti che va da destra alla sinistra, che ha accusato il presidente in carica di star manipolando i dati: «Il vantaggio di Erdogan è finto, non lasciate i vostri posti». Sotto accusa l’agenzia giornalistica Anadolu che già in passato era stata al centro di polemiche per aver rivelato solo i dati favorevoli al Sultano, colui che detiene ormai il controllo totale dell’informazione. «Cercare di annunciare i risultati in fretta significa usurpare la volontà nazionale» è stata la pronta risposta del presidente e del Partito islamico Giustizia e Sviluppo (Akp) che è apparso, attorniato dai sostenitori a Istanbul.

Per tutta la nottata l’opposizione ha continuato a ripetere di essere in testa e che i dati annunciati erano manipolati. Sembra però sicura la vittoria dell’attuale maggioranza in Parlamento dove avrebbe raggiunto più del 50% dei consensi. Kiliçdaroglu trionfa in gran parte del sudest del Paese a maggioranza curda, ma Erdogan si conferma nelle campagne e nei suoi feudi.

Di sicuro lo spoglio delle schede è stato contestato dagli osservatori dei partiti in diversi seggi. A Çankaya, un quartiere di Ankara, i voti sono stati contati per ben 11 volte, come racconta su Twitter la giornalista Nevsin Mengü . La giornata del voto si era svolta in grande tranquillità. I 64 milioni di elettori, chiamati a scegliere il nuovo presidente e a rinnovare l’Assemblea nazionale, avevano risposto in massa. Secondo dati non ufficiali alle urne si sarebbe recato l’88,29% degli aventi diritto. Numeri confermati dalla folla di persone che sin dalle prime ore della giornata ha affollato i seggi, affrontando lunghissime file.

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Bomba immigrazione per destabilizzare l’Italia: attacco calcolato a Meloni e Piantedosi

domenica, Maggio 14th, 2023

Luigi Bisignani

Caro direttore, l’immigrazione come mezzo di destabilizzazione di massa. È un dato di fatto che gli sbarchi in Italia negli ultimi mesi siano aumentati fino al 300% e, secondo i rapporti dei Servizi, nei prossimi giorni altre centinaia di migliaia di disperati sono pronti a sbarcare dalle coste del Nordafrica. Si parla in totale di circa mezzo milione di persone rispetto alle centocinquantamila degli anni precedenti. Il governo Meloni-Piantedosi sta tentando di tutto per arginare quello che sembra un calcolato piano d’attacco di apparati d’Intelligence internazionali e gruppi di matrice fondamentalista provenienti dall’Africa via Turchia -e poi vedremo nel probabile dopo Erdogan – Tunisia e Cirenaica.

A questo scenario si aggiungono i francesi, che sigillano sempre di più i loro confini e non fanno altro che soffiare sul fuoco. Ma adesso non è il momento di invidie, retate da breaking news, gendarmerie alle frontiere o respingimenti clamorosi. Né, tantomeno, c’è bisogno di annunci roboanti o provvedimenti straordinari «american-style» per mezzo dei quali dalla mezzanotte di ieri chiunque entri negli Stati Uniti dal confine sud è considerato illegale e quindi immediatamente respinto. Ora c’è bisogno di coordinamento e da questo punto di vista l’Italia qualche risultato comincia a conseguirlo. Tanto che anche nei report delle cancellerie europee il dato sta trapelando irritando, da un lato francesi e spagnoli e spingendo, dall’altro l’Unione Europea a salire sul carro del Paese che si sta dimostrando vincitore nella sfida dei migranti. Mai prima d’ora, infatti, i rappresentanti delle istituzioni europee, da Ursula von der Leyen a Roberta Metsola fino a Charles Michel si erano mostrati così aperti a considerare il fenomeno migratorio un problema di tutta l’Europa e non solo italiano. Forse, fiutata l’aria, vogliono prendersi anche loro qualche medaglia per un lavoro tutto nostro.

Dopo la tragedia di Cutro, in seguito alla quale il premier e il ministro dell’Interno sono stati dileggiati come se avessero causato loro il naufragio, la reazione c’è stata eccome, sia a livello normativo che a livello organizzativo. Con il «decreto Cutro», infatti, sono state messe a punto le vie legali per l’ingresso in Italia, limitando altri sistemi surrettizi come la protezione speciale introdotta a suo tempo dalla ministra Luciana Lamorgese e aumentando i decreti flussi, incluse le possibilità di ingresso «fuori quota» riservate a quei lavoratori stranieri che abbiano frequentato corsi di formazione organizzati dall’Italia nei Paesi di origine o di stranieri provenienti da Paesi con cui l’Italia ha sottoscritto intese in materia di rimpatrio. E con la dichiarazione dello stato di emergenza, attraverso l’ordinanza della protezione civile del 16 aprile scorso, si sono snellite anche le procedure per l’acquisizione di beni e servizi per aprire velocemente nuove strutture di primissima accoglienza e rendere meno disagevoli le condizioni dei migranti. Un’attenzione volta non solo a evitare altre tragedie, ma anche ad offrire un livello dignitoso di permanenza per chi sbarca sul nostro territorio. Una gestione decisamente migliore e più umana rispetto a quella della Francia che prova con i dispacci d’ambasciata a farla passare come una «pirouette» di Giorgia Meloni.

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L’imbarazzo della sinistra tra pacifisti e anti-Usa

domenica, Maggio 14th, 2023

Laura Cesaretti

L’ ultima acrobazia del «pacifismo» di sinistra – non potendo attaccare direttamente Zelensky nel giorno della sua visita ufficiale in Italia – è quella di gridare alla «censura» contro il fisico Carlo Rovelli, che avrebbe dovuto rappresentare l’Italia alla Fiera del Libro di Francoforte. Dopo i suoi exploit anti-occidente e anti-Kyev, gli organizzatori hanno ritirato l’invito (ieri sera già reiterato) per evitare «nuove polemiche».

E allora eccoli lì, a denunciare con torni tonitruanti il crimine contro «la libertà di pensiero», come fa Giuseppe Conte mettendosi subito in prima linea: «Ma neppure in una fiera del libro si dà spazio al libero pensiero? – si chiede il capo 5S – Neppure nel santuario del libero confronto di idee è concesso mettere in discussione il pensiero unico dominante? Vergogna!».

Il «pensiero unico dominante» sarebbe ovviamente quello che dice che in Ucraina c’è un aggressore e un aggredito, c’è un regime totalitario che cerca di invadere e distruggere un paese democratico e filo-europeo, e che dunque è doveroso aiutare chi resiste per difendere la libertà.

A Conte si accoda subito la sinistra del Pd, a cominciare dal personaggio che Elly Schlein ha scelto come responsabile Cultura, ossia l’ex santorino Guido Ruotolo: «Siamo preoccupati per il clima di censura che si respira in Italia (anche se la Buchmesse è in verità a Francoforte, ndr), a Rovelli fanno pagar care le critiche al governo». Anche la responsabile Donne dem D’Elia insorge: «É molto grave per la democrazia in questo paese che Rovelli sia censurato e non possa rappresentare l’Italia».

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Candidati, liste e coalizioni: cosa c’è da sapere sulle elezioni comunali 2023

domenica, Maggio 14th, 2023

Luca Sablone

Parte oggi domenica 14 e lunedì 15 maggio un’importante tornata di elezioni comunali: circa 600 Comuni, di cui 13 capoluoghi di Provincia, saranno chiamati al voto per eleggere il nuovo sindaco. L’eventuale turno di ballottaggio è fissato esattamente a due settimane di distanza, ovvero il 28 e 29 maggio. Sono diverse le città verso cui vi è maggiore attenzione a causa della rilevanza che rende le sfide locali assai curiose. Nelle 13 principali città il centrodestra parte da 7 amministrazioni mentre la sinistra da 5 (a Imperia l’uscente Scajola venne eletto come civico). Ecco il quadro della situazione in vista delle elezioni comunali di maggio.

Brescia

A Brescia cerca la conferma Laura Castelletti, candidata della coalizione di centrosinistra che può vantare il sostegno di ben 8 liste (tra cui Partito democratico e Terzo Polo). Il principale sfidante è Fabio Rolfi del centrodestra, che proverà a invertire la tendenza e a ribaltare il risultato delle scorse consultazioni per porre fine all’esperienza rossa. Il Movimento 5 Stelle corre con il Partito comunista e con Unione Popolare per Alessandro Lucà. In solitaria la civica La Maddalena per Brescia appoggia Alessandro Maccabelli.

Sondrio

Tenta il bis Marco Scaramellini, che a Sondrio può contare sul sostegno del centrodestra unito. Il Partito democratico propone – insieme ad alcune liste civiche rosse – il nome di Simone Del Curto, mentre il progetto della lista civica di Letizia Moratti ha sposato la causa di Luca Zambon.

Treviso

Il centrodestra a Treviso si compatta sulla figura di Mario Conte per provare a strappare la conferma. Il centrosinistra si presenta spaccato in tutte le sue parti: il Partito democratico supporta Giorgio De Nardi; il Movimento 5 Stelle propone Maurizio Mestriner; il Terzo Polo si fa avanti con Nicolò Rocco. Partecipa alla sfida anche Luigino Rancan del Popolo della Famiglia.

Vicenza

La coalizione formata da Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia vanta unità pure a Vicenza per il bis di Francesco Rucco. Invece il Partito democratico ha scelto di scommettere su Giacomo Possamai, mentre il Movimento 5 Stelle ha virato su Edoardo Bortolotto. Sono molti i candidati civici: Claudio Cicero (Impegno a 360°), Annarita Simone (La Comune), Stefano Crescioli (ContiamoCi) e Lucio Zoppello (Rigeneriamo insieme Vicenza).

Imperia

Il centrodestra civico a Imperia punta tutto sul sindaco uscente Claudio Scajola, che nel 2018 venne eletto come civico. Prova a batterlo Ivan Bracco di Partito democratico e Verdi-Sinistra italiana. Il Movimento 5 Stelle gioca la carta Stefano Semeria. Tra i civici figurano Luciano Zarbano di Imperia senza padroni ed Enrico Lauretti di Società aperta.

Massa

Il centrodestra corre diviso a Massa: Lega e Forza Italia puntano sull’uscente Francesco Persiani, mentre Fratelli d’Italia e Noi moderati scelgono Marco Guidi. Anche il centrosinistra procede senza unità: da una parte il Pd e Verdi-Sinistra italiana vanno su Romolo Enzo Ricci; dall’altra il M5S e Unione Popolare virano su Daniela Bennati. Gli altri candidati in corsa sono Cesare Maria Ragaglini, Andrea Barotti, Marco Lenzoni e Guido Mussi.

Pisa

A Pisa il centrodestra crede nella conferma di Michele Conti, che però deve vedersela con il principale sfidante Paolo Martinelli che gode del sostegno del centrosinistra giallorosso (Partito democratico, Movimento 5 Stelle, Verdi-Sinistra italiana e civiche). Invece il Terzo Polo va in solitaria con Rita Mariotti. Corrono anche Alexandre Dei di Patto civico, Edoardo Polacco di Comitato Libertà Toscana e Francesco Auletta di Unione Popolare.

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Rovelli escluso dalla Fiera del libro di Francoforte, è bufera. Poi il presidente degli editori fa dietrofront: invito rinnovato

domenica, Maggio 14th, 2023

«Rinnovo l’invito al professor Carlo Rovelli a partecipare alla cerimonia di inaugurazione di Francoforte 2024, per condividere con tutti noi la bellezza della ricerca e il valore della conoscenza. Non ho ricevuto nessuna pressione». Lo dice in una nota Ricardo Franco Levi, commissario straordinario del governo Italia Ospite d’Onore 2024 alla Fiera Internazionale del Libro di Francoforte. Facendo di fatto un dietrofront rispetto al no alla partecipazione emerso in un primo momento. Una negazione che aveva acceso il dibattito.

«Sono sensibile- aggiunge Levi – e accolgo con soddisfazione le dichiarazioni di esponenti del governo che confermano la volontà di garantire un’aperta partecipazione alla Fiera di Francoforte, nel rispetto del principio e della difesa del pluralismo del pensiero e delle idee. Ho altresì apprezzato – prosegue Levi – la comprensione espressa dall’Associazione Italiana Editori (Aie) per le ragioni di prudenza istituzionale che mi avevano portato alle scelte espresse come commissario. Insieme abbiamo condiviso e riaffermato l’impegno alla difesa della libertà di pensiero e di espressione. Ho pertanto raccolto l’auspicio di Aie che si possa confermare la presenza del professor Carlo Rovelli a Francoforte».

«Senza parole, e piena solidarietà a Carlo Rovelli». Dopo il ritiro dell’invito da parte della Fiera del Libro di Francoforte a Carlo Rovelli, il direttore del Salone del Libro di Torino, Nicola Lagioia, era sceso in campo a favore del fisico. «La si può pensare in modo molto diverso rispetto a lui sulla questione ucraina – scrive Lagioia – ma così dal mondo dell’editoria passa un brutto segnale: se un autore attacca il governo viene fatto fuori». Nel fronte pro-Rovelli c’è Gad Lerner, che parla di «una macchia indelebile sulla reputazione della cultura italiana». Solidarietà a Rovelli anche dall’opposizione: «È molto grave per la libertà di ricerca e di pensiero, per la democrazia in questo Paese che sia stato censurato e non possa rappresentare l’Italia alla Fiera del libro di Francoforte», aveva detto la senatrice Cecilia D’Elia, capogruppo del Pd in Commissione Scuola, università, ricerca e cultura e portavoce della Conferenza delle Democratiche. «Vergogna immonda. Mala tempora currunt, solidarietà, prof», su Twitter Valeria Parrella.

Dopo la polemica col governo la Buchmesse cancella Rovelli: “Ho osato criticare Crosetto”

13 Maggio 2023

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Riforma costituzionale, un confronto senza ipocrisie

domenica, Maggio 14th, 2023

di Angelo Panebianco

Riusciranno a sorprenderci o sarà un deprimente déjà vu? Come era prevedibile, il confronto sul tema della riforma costituzionale è partito con il piede sbagliato. Proponendo «soluzioni»(presidenzialismo, premierato, elezione diretta del premier, eccetera), senza spiegare — perché sarebbe politicamente troppo costoso, come vedremo — quale sia il problema che ci si propone di risolvere. Se si continua così, finirà con una divisione acuta fra quelli che raccontano all’opinione pubblica che il presidenzialismo sia sinonimo di decisionismo (e non lo è, anche se è dai tempi di Bettino Craxi che l’equivoco viene alimentato) e quelli che si travestiranno da partigiani, cantando Bella ciao, e marciando in difesa della «costituzione nata dalla resistenza». Nessuno ha la sfera di cristallo ma, a occhio e croce, le probabilità che per questa strada si possano fare serie riforme costituzionali sembrano più o meno le stesse che ha il ponte sullo stretto di Messina di essere prima o poi finito e inaugurato: vicine allo zero. Che le forze politiche usino il tema costituzionale per farsi propaganda, per blandire i vari settori di un’opinione pubblica al tempo stesso divisa e disorientata, non deve stupire né scandalizzare: è la democrazia, bellezza. Ma certo sarebbe un bel passo avanti se, anziché dalle formule, si partisse dalla identificazione del problema.

Servirebbe quanto meno a snidare i gruppi, le forze, che avrebbero più da perdere da una seria riforma costituzionale. Bisognerebbe uscire dalla genericità: dire che si tratta di mettere fine alla endemica instabilità dei governi (la grande piaga della Repubblica italiana fin dalla sua nascita) non è sufficiente. Occorre andare alla radice del problema. Solo in questo modo si possono individuare i rimedi più efficaci.

Per isolare il problema conviene partire da tre domande. La prima: come mai le uniche due rilevanti riforme costituzionali che la Repubblica abbia conosciuto, quella del titolo Quinto (sui rapporti fra centro e periferia) e la riduzione del numero dei parlamentari, non incontrarono forti resistenze? La risposta è che entrambe le riforme andavano nella direzione — che, per ragioni diverse, piaceva a tanti — dell’ulteriore indebolimento di un «centro politico» (governo e Parlamento), già di per sé tradizionalmente debole. La seconda domanda: perché quella tentata da Matteo Renzi e bocciata da un referendum popolare nel 2016 era una buona riforma? La risposta è che, anche se non prevedeva elezioni dirette del presidente o del premier, proponendo di superare sia il bicameralismo simmetrico (due camere con uguali poteri) sia il titolo Quinto, avrebbe rafforzato, indirettamente ma sicuramente, la forza del governo centrale. La terza domanda: perché quel progetto suscitò l’opposizione di un gran numero di gruppi fra loro eterogenei (qualcuno ricorderà, ad esempio, che Magistratura democratica prese pubblicamente posizione contro)? La risposta è che in Italia ci sono molti gruppi che temono un rafforzamento del governo perché ciò indebolirebbe i loro poteri di veto sulle politiche e sulle decisioni pubbliche.

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Eurovision Song Contest: vince Loreen con la sua “Tattoo”, Marco Mengoni ottimo quarto

domenica, Maggio 14th, 2023

LUCA DONDONI

Loreen con la sua “Tattoo” vince con 583 punti l’Eurovision Song Contest 2023. Marco Mengoni con 350 punti è degnamente quarto. Al secondo posto la Finlandia con 526 e al terzo Israele con 362. Il cantante di Due Vite è stato comunque protagonista della serata: ha voluto infatti portare sul palco la bandiera lgbtq+ disegnata dal graphic designer Daniel Quasar per rendere la celebre Rainbow Flag ancora più inclusiva. Cinque colori in più, il bianco, il rosa, l’azzurro, il marrone e il nero, posizionati a lato. Le nuove strisce colorate sono dedicate alla comunità di colore, a quella transgender, ai malati di Hiv e a chi è morto per portare avanti la battaglia dei diritti.

Il racconto della serata

Loreen, in gara per la Svezia, era fra i favoriti per la vittoria finale dell’Eurovision Song Contest 2023 con una canzone struggente e potente. Cantautrice ed attivista Loreen, si è assicurata dunque la 67esima edizione. Lorine Zineb Nora Talhaoui è nata nel 1983 a Åkersberga da genitori immigrati marocchini di origine berbera e nel 2004 ha raggiunto la grande popolarità partecipando allo swedish “Idol” classificandosi quarta.

Eurovision, le pagelle: Mengoni emozionante (8), Let 3 eccessivi ma con intelligenza (9) e Mae Muller senza voce (4)

Nel 2011 ci prova all’importantissimo Melodifestivalen, il programma con cui la Svezia decide il rappresentante all’Eurovision. Purtroppo in quel caso non arriva nemmeno in finale. L’anno dopo con il brano “Euphoria” si ripresenta e vince potendo rappresentare il proprio paese all’Eurovision Song Contest di Baku. Loreen, da “Euphoria” a “Tattoo” a questa incredibile manifestazione. Nello stesso anno esce con l’album “Heal”.

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