Archive for Maggio, 2023

La famiglia è uguale per tutti: la nostra battaglia per i diritti

venerdì, Maggio 12th, 2023

di   Massimo Giannini

Due secoli fa Voltaire avrebbe risolto tutto ricordando che «la tolleranza non ha mai provocato guerre, mentre l’intolleranza ha coperto la terra di massacri». Oggi, per fortuna, non è di «massacri» che stiamo parlando (anche se di episodi di violenza fisica se ne continuano a verificare tanti). E non stiamo parlando più neanche di «tolleranza» (perché non c’è proprio niente da «tollerare», di fronte alla normalità dell’amore in tutte le sue forme e le sue espressioni). È assurdo dirlo, nel 2023, ma quando parliamo delle persone Lgbtq parliamo ancora di discriminazione e di esclusione, di pregiudizio sociale e di stigma giuridico. Non esistono solo «le parole per ferire». Esistono soprattutto «gli atti che feriscono». E infatti la deriva politica oscurantista che attraversa il Paese ci pone di fronte all’ennesimo attacco ai principi costituzionali di uguaglianza e di tutela della dignità della persona. Il governo nazionale nega il riconoscimento dei figli e delle figlie delle coppie omogenitoriali, e intima ai sindaci di non procedere alle relative trascrizioni anagrafiche. Il motivo è che non si vuole legittimare il ricordo alla gestazione per altri («utero in affitto», lo chiamano, e non per caso). Un alibi vergognoso, che nulla c’entra con il riconoscimento di quel diritto. Un divieto da Stato etico, che colpisce soggetti indifesi e «colpevoli» di nulla, come i bambini, relegati in un’apartheid insopportabile per una Repubblica democratica fondata sul principio di uguaglianza.

Di fronte a tanta cinica inciviltà, c’è in tutta Italia un movimento di sindaci che si oppone a questa torsione culturale e morale, e chiede all’esecutivo non solo di autorizzare quei riconoscimenti anagrafici, ma di riconoscere il matrimonio egualitario, per consentire anche alle coppie omosessuali l’accesso alle adozioni ordinarie previsto per quelle eterosessuali. È una battaglia di civiltà, che dobbiamo e vogliamo sostenere con tutte le nostre forze.

Rating 3.00 out of 5

Esplosione a Milano in Porta Romana, l’allarme dei residenti: «Ancora un focolaio attivo»

venerdì, Maggio 12th, 2023

di Redazione Milano

Dopo l’esplosione dell’11 maggio, i residenti di via Pier Lombardo in mattinata hanno notato del fumo uscire dalla finestra di un appartamento coinvolto nell’incendio: sul posto i vigili del fuoco e la polizia locale

Incendio in via Pier Lombardo, ancora un focolaio attivo: l'allarme dei residenti

Ancora fumo a Milano, in via Pier Lombardo, dopo l’incendio e l’esplosione di giovedì (11 maggio). Nuove segnalazioni sono arrivate a polizia e vigili del fuoco per un focolaio che nella notte ha preso forza e che alle prime ore del mattino di venerdì ha provocato un principio d’incendio. I pompieri sono dovuti tornare per spegnere definitivamente le fiamme. Si escludono pericoli per le persone. 

Il fumo dalla finestra

Intorno alle 7 in via Vasari i residenti hanno notato del fumo uscire da una finestra del secondo piano dello stesso stabile interessato dallo scoppio e hanno dato l’allarme. Il focolaio è poi stato spento. Resta chiusa, in via precauzionale, la scuola privata gestita dalle suore, così come il tratto di via Vasari coinvolto nel rogo e il tratto di via Pier Lombardo tra via Vasari e via Tiraboschi.

La dinamica dell’esplosione

L’incendio giovedì sarebbe partito dal cofano del camion che trasportava bombole d’ossigeno, forse a causa di un cortocircuito. Inutili i tentativi dell’autista di spegnere subito le fiamme. Il calore ha «stappato» le bombole come bottiglie: l’ondata d’ossigeno ha accelerato il rogo.

La conta dei danni

Come conseguenza del rogo si contano 10 auto distrutte o danneggiate, 5 motorini carbonizzati e tre appartamenti andati in fiamme. Una dozzina gli alloggi dichiarati inagibili nella serata di giovedì. Due i feriti: oltre all’autista del camion, una suora 89enne che si è procurata una contusione nei concitati momenti successivi all’esplosione.

Rating 3.00 out of 5

Rai, Roberto Sergio pronto a cambiare. Ai tg Chiocci e Preziosi. Verso il ritorno di Claudio Lippi. Costamagna su Rai2

venerdì, Maggio 12th, 2023

di Antonella Baccaro

Lunedì la nomina di Rossi come dg. Conferme su Chiocci al Tg1, Preziosi verso il Tg2

Ecco Sergio per la guida della Rai La partita su direzioni e palinsesti

Si sblocca la nomina di Roberto Sergio ad amministratore delegato della Rai. Ieri, in Consiglio dei ministri, sciolto il nodo delle nomine del capo della Polizia e delle Fiamme gialle, che sembrava bloccare tutto, il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, ha proposto il nome del manager. Lunedì è già stata convocata l’assemblea e il consiglio di amministrazione che ratificherà la nomina. Sergio potrebbe già annunciare i nomi dei collaboratori più stretti: Giampaolo Rossi, come direttore generale, e Paola Marchesini, direttrice di RadioDue, come capo dello staff. Ai direttori di genere e di testata, anche se lo schema sarebbe quasi completo, si dovrebbe procedere nel cda di giovedì.

Il totonomi vede stabili Marcello Ciannamea al Prime Time, al posto di Stefano Coletta, e di Angelo Mellone al Day Time, al posto di Simona Sala, che andrebbe a dirigere Radio2. Agli Approfondimenti, al posto di Antonio Di Bella che va in pensione, l’avrebbe spuntata l’attuale vice Paolo Corsini. Francesco Pionati e Giuseppe Carboni si giocano Radio1 e Rai Parlamento. Anche se il M5S vorrebbe per Carboni RaiNews, oggi diretta da Paolo Petrecca. Nel caso la spuntasse, Petrecca andrebbe allo Sport. Stabili Alessandro Casarin al TgR e Andrea Montanari a Radio3, mentre Andrea Vianello passerebbe da Radio1 a San Marino Tv.

Quanto ai tg, al Tg1 sarebbe in arrivo Gian Marco Chiocci, al posto di Monica Maggioni, che prenderebbe il Coordinamento editoriale e un programma. Al Tg2 l’avrebbe spuntata Antonio Preziosi, al posto di Nicola Rao, che verrebbe dirottato alle Relazioni esterne. Al Tg3 rimarrebbe Mario Orfeo.

Ancora prematura sembra l’assegnazione dei programmi autunnali. Tra le novità, il M5S avrebbe ottenuto, nell’ottica del pluralismo, la conduzione di un programma il sabato pomeriggio, su Rai2, per Luisella Costamagna. Per Agorà scalderebbe i motori Manuela Moreno. Certa, ma da definire, la collocazione di Monica Setta, Annalisa Bruchi, Laura Tecce, Nunzia De Girolamo. Pino Insegno marcerebbe verso L’eredità, e sarebbe certo il ritorno di Claudio Lippi. Va verso la definizione la trattativa con Fabio Fazio, cui sarebbe stato proposto di rinunciare agli ospiti politici e dimezzare i costi. Tra i big che vengono considerati in quota sinistra serpeggerebbero molti dubbi circa l’opportunità di restare di fronte all’eventuale imposizione di nuovi autori nelle proprie squadre. C’è insofferenza anche rispetto al cannoneggiamento mediatico.

Rating 3.00 out of 5

Papa Francesco e l’agenda di sabato lasciata vuota: così apre la porta a un incontro con Zelensky in Vaticano

venerdì, Maggio 12th, 2023

di Gian Guido Vecchi

Non ci sono conferme ufficiali, ma i segnali che arrivano dal Vaticano fanno capire che l’incontro è possibile

Papa Francesco e l’agenda di sabato lasciata vuota: così apre la porta a un incontro con Zelensky in Vaticano
Papa Francesco e Zelensky nel 2020

Di conferme ufficiali non ce ne sono, il momento è delicato e meno si parla meglio è, «qualsiasi parola, anche pronunciata con le migliori intenzioni, rischia di diventare un ostacolo più che un aiuto alla pace», ma insomma ai piani alti della Santa Sede fanno notare che nella giornata di sabato l’agenda ufficiale del Papa è vuota, il che accade assai di rado. Lo spazio per un incontro è aperto.

Del resto le indiscrezioni su un’udienza al presidente ucraino Volodymyr Zelensky in arrivo a Roma si sono moltiplicate ieri pomeriggio e Oltretevere il «possibile» è diventato «probabile», accompagnato della certezza che Francesco, nel caso, non aspetta altro ed è pronto a riceverlo: perché «la pace si fa sempre aprendo canali», osservava a fine aprile, di ritorno dall’Ungheria, annunciando una «missione» riservata per «aprire una strada di pace» tra Mosca e Kiev.

Così la missione è in corso e «andrà avanti», ha confermato l’altro giorno il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato Vaticano, aggiungendo una considerazione che suona come un indizio: «Sì, ci sono novità, ma naturalmente a livello riservato». Per dire quanto sia difficile, dopo che Francesco ne aveva parlato ai giornalisti sia Zelensky sia il Cremlino avevano detto di «non sapere» di missioni di sorta. Era stato lo stesso Parolin a confermare che, in effetti, «le due parti a suo tempo sono state informate», poi la faccenda si è risolta: «Non erano smentite, ci sono stati contatti in cui si è chiarito da entrambe le parti che si è trattato di un misunderstanding, un equivoco», ha detto il capo della diplomazia vaticana.

Le ultime notizie sulla guerra in Ucraina, in diretta

Resta tutta la difficoltà di una «missione» che appare più che mai ardua, dopo quattordici mesi di tentativi. Francesco ha già ricevuto Zelensky ma era un paio d’anni prima dell’invasione russa, l’8 febbraio 2020, anche se già allora la Santa Sede scriveva che i colloqui in Segreteria di Stato «sono stati dedicati principalmente alla situazione umanitaria e alla ricerca della pace nel contesto del conflitto che, dal 2014, sta ancora affliggendo l’Ucraina».

Poi la situazione è precipitata, all’indomani dell’invasione Francesco andò di persona all’ambasciata di Mosca, il 25 febbraio 2022, e il giorno dopo parlò al telefono con Zelensky, tornò a parlargli un mese più tardi. Nel frattempo telefonate e contatti con le parti sono stati continui.

Rating 3.00 out of 5

Parte già il pallottoliere per evitare il referendum

giovedì, Maggio 11th, 2023

Laura Cesaretti

Dieci ore filate di formali e assai cortesi «consultazioni» con tutti i gruppi di opposizione, ma su quella che la premier definisce solenne «la madre di tutte le riforme» tutti giocano ancora a carte coperte.

A cominciare da Giorgia Meloni, che celebra il «cantiere ormai aperto» ma nei colloqui di martedì non si è sbilanciata sul progetto concreto che intende perseguire. Certo, c`è l`obiettivo di «dare stabilità» ai governi e «rafforzarne» l`azione, attraverso «il voto dei cittadini». Ma chi o cosa debbano votare ancora non è chiaro: un presidente o un premier, una squadra o «un uomo (o donna) solo al comando», un modello francese o piuttosto americano, Westminster o piuttosto (come paventa qualcuno a sinistra) Budapest? Si vedrà, anche perché se il centrosinistra è (come sempre) diviso, anche la maggioranza ondeggia e scricchiola, tra le ansiose bizze della Lega e malumori per una partita di cui Palazzo Chigi sembra voler assumere tutta la regia.

Con l`incubo dei precedenti fallimenti a gettare ombre sul percorso: perché certo il centrodestra ha i numeri per far da solo, se restasse compatto, e addirittura per allargarsi se da Terzo Polo, Autonomie e gruppo misto arriveranno i voti, ad esempio sul modello del premierato. Ma non ha i numeri per raggiungere i due terzi delle Camere ed evitare il referendum finale, che – nelle speranze degli avversari – può diventare la trappola in cui far cadere Giorgia Meloni. Per evitarlo servono 267 deputati (il centrodestra ne conta 238) e 137 senatori (il centrodestra ne conta 116): una quota non facile da raggiungere, anche se Iv e Azione votassero compatti con la maggioranza. Sul modello presidenzialista non ci sarebbero chance, visto il niet di Calenda e Renzi. Sul premierato i numeri sarebbero più nutriti, ma è la Lega a resistere. Il rebus insomma è ancora tutto da risolvere, e non è chiaro quanto appassioni il famoso popolo che tanto si vuol coinvolgere.

Per evitare le accuse di «aventinismo» o di conservatorismo istituzionale, il Pd si affretta a mettere sul tavolo un proprio pacchetto di riforme, in testa quella della legge elettorale (con l`abolizione delle liste bloccate) e dell`articolo 49 con «nuove regole per la selezione della classe dirigente dei partiti», spiega Alessandro Alfieri, l`esponente riformista cui Elly Schlein ha affidato il dossier, e che riconosce su quest`ultimo tema «una importante apertura della premier». La segretaria dem deve al contempo dare un segno di disponibilità al dialogo, per tenere unito il proprio partito, ma anche di fermezza sui «paletti», cominciare dal no all`elezione diretta di presidente o premier e dall`altolà all`autonomia differenziata.

Rating 3.00 out of 5

“Il Pd può arrivare al 30%”. “No, spaventa i moderati”. Sondaggisti divisi su Schlein

giovedì, Maggio 11th, 2023

Francesco Curridori

L’uscita dell’economista Carlo Cottarelli, il rapporto con la Cgil di Maurizio Landini e il no alle riforme. Il Pd di Elly Schlein continua a far parlare di sé e a dividere i sondaggisti. Per la rubrica Il bianco e il nero abbiamo raccolto le opinioni di Carlo Buttaroni (Tecné) e Antonio Noto (IPR Marketing).

Quello di Cottarelli è solo l’ultimo di una lunga serie di addii dal Pd. La Schlein non è in grado di tenere unito il partito?

Buttaroni: “Le posizioni di Elly Schlein rendono difficile tenere unito un partito come il Pd che ha molte anime al suo interno. C’è una sinistra più radicale che convive con un riformismo temperato alla Blair e queste anime così diverse e devono trovare sintesi in un segretario che riesca a rappresentarle tutte. La Schlein oggettivamente ha qualche difficoltà sotto questo punto di vista per le sue posizioni che spostano il baricentro della sua segreteria molto a sinistra. Questo rende difficile la convivenza con quelle anime che hanno una posizione più riformista e moderata o che guardano al centro di stampo macroniano. Il Pd, forse, ora, avrebbe bisogno veramente di un Congresso politico più che di un Congresso basato su un procedimento elettorale come sono le primarie”.

Noto: “Il problema è un altro, ossia quanto Cottarelli effettivamente è linea con questo Pd. Oltretutto, il Pd di Cottarelli, alle urne, è uscito abbondantemente sconfitto e oggi il Pd della Schlein vale molto di più del PD. Al di là ovviamente della bravura e del know how di Cottarelli probabilmente il profilo di Cottarelli non è in sintonia con quello dell’elettorato che invece vorrebbe votare il Pd o che già vota Pd”.

Da quando la Schlein è diventata segretaria il Pd è cresciuto di 3-4 punti, ma poi si è fermato intorno al 20%. Secondo lei, perché?

Buttaroni: “Con la sua elezione è sicuramente il Pd cresciuto e adesso viaggia intorno al 20%. La quota di consensi che i sondaggi registrano oggi è grossomodo poco più quello delle Politiche. I 3-4 punti a cui spesso ci si riferisce sono quelli che si registravano in un periodo in cui il Pd era di fatto senza leadership. Con le elezioni politiche e le dimissioni conseguenti che ci sono state del segretario Letta il Pd è stato un partito senza una leadership e non in grado di giocarsela sul piano politico e raccogliere consensi. Oggi questa crescita deriva anche dal fatto che il Pd ha di nuovo un leader. Non abbiamo però una controprova cioè noi non sappiamo se con un altro segretario il Pd avrebbe raggiunto gli stessi consensi per cui è difficile dire che con la Schlein il Pd ha guadagnato molto. Ha recuperato sicuramente una quota importante di consensi. Che questi consensi derivano da un ampliamento della base elettorale è ancora troppo presto per dirlo”.

Noto: “Secondo i nostri risultati è cresciuto di 4-5 punti. Alle primarie era crollato intorno al 16 e, ora, è intorno al 21%. È normale che non può crescere in maniera esponenziale però è risalito c’è tutta una parte di ex elettori che negli anni ha abbandonato il Pd e che oggi sta valutando se ritornare a votare Pd oppure no. È un elettorato che non si ferma al semplice cambio del capitano, ma vuole vedere i contenuti e, quindi, vuole capire nel tempo se i contenuti del PD della Schlein sono in sintonia con i propri bisogni e le proprie attese. Sta lì a guardare, ma per ora non si schiera ancora col Pd”.

La strategia di strizzare l’occhio a Landini e alla sinistra radicale, nel lungo periodo, può portare più benefici o danni?

Buttaroni: “In Italia tradizionalmente una sinistra che non è riuscita a parlare con un’area moderata non ha avuto diciamo esiti elettorali tali da competere effettivamente per il governo del Paese. In questo momento bisognerebbe capire se Elly Schlein può puntare a un’area che può arrivare anche al 30%, ma che deve saper attrarre anche il centro e quei moderati con proposte che devono essere eccessivamente radicali. Bisogna, dunque, vedere se la Schlein sarà capace di mettere in campo una proposta di questo tipo perché in questo momento le forze più moderate della società fanno fatica a trovare nel Pd guidato dalla Schlein un interlocutore affine proprio perché gli estremismi di sinistra radicale spaventano quell’area moderata, non tanto per la questione dei diritti ma più le politiche economiche”.

Noto: “Il Pd ha un problema storico per cui per aumentare i suoi consensi deve puntare ad altri target, ma negli anni scorsi gli operai hanno votato Fratelli d’Italia mentre alle Europee votarono più per la Lega che per il Pd. La scommessa della Schlein è proprio recuperare quella classe sociale che si è sentita abbandonata, ma deve mantenere anche le classi sociali che oggi le danno il 20%. È una scommessa che va misurata tra uno o due anni”.

Rating 3.00 out of 5

Caro affitti, Elly Schlein sposa tutte le proteste. Ora sta con gli studenti

giovedì, Maggio 11th, 2023

Christian Campigli

Un problema serio. Che va ad incidere sulle decisioni dei nostri giovani e sul loro (legittimo) desiderio di scegliere le facoltà migliori. Anche se queste non si trovano nella propria città. Una protesta alla quale il governo sta cercando di dare una risposta immediata, concreta e risolutiva. Cavalcata, in maniera strumentale, dalla sinistra nostrana. Non si placano gli echi della protesta degli universitari contro il caro affitti nelle grandi città. L’iniziativa di Ilaria Lamera, al Politecnico di Milano, è stato ripetuta anche da alcuni studenti a Bologna, Firenze e della Sapienza, che si sono accampati davanti al Rettorato di Roma. Secondo le loro stime, per una stanza nella Capitale si spenderebbe una media che supera i cinquecento euro. «Il problema esiste, e da tanto tempo. Il governo ci sta già investendo tantissimo, abbiamo già messo quattrocento milioni in legge di Bilancio e un miliardo è previsto dal Pnrr – ha sottolineato il Ministro per l’Università e la Ricerca, Anna Maria Bernini ai microfoni del Tg1 – In tutto dovremmo avere, da qui al 2026, settantamila posti letto in più».

Rating 3.00 out of 5

Con il rialzo dei tassi di interesse i soldi del Pnrr costeranno di più

giovedì, Maggio 11th, 2023

Luigi Frasca

Il Parlamento europeo suona l’allarme: l’aumento dei tassi di interessi sui prestiti effettuati per finanziare il Recovery Plan mette a rischio i programmi chiave dell’Unione europea. In una risoluzione votata ieri, 434 voti favorevoli 99 contrari e 89 astensioni, gli eurodeputati hanno espresso «profonda preoccupazione per il fatto che, senza l’adozione delle misure necessarie,l’aumento dei costi di finanziamento dello strumento dell’Unione europea per la ripresa potrebbe limitare gravemente la capacità di bilancio dell’Unione europea di finanziare le priorità e le politiche dell’Unione e di rispondere alle esigenze emergenti». Il problema è nato per una previsione sbagliata. Il quadro finanziario pluriennale 2021-2027 prevedeva 12,9 miliardi di euro in prezzi del 2018, 15 miliardi di euro a prezzi correnti, per il periodo di sette anni per coprire i costi di finanziamento dell’Euri, lo strumento dell’Unione europea per la ripresa. Una cifra che si basava sul presupposto che i tassi di interesse sarebbero aumentati gradualmente dallo 0,55% del 2021 fino a un massimo di 1,5 nel 2027. Il problema è che oggi siamo già oltre il 3%.

Qual è il rischio? Per i deputati senza l’adozione di misure necessarie programmi come Erasmus+, Eu4Health o «Cittadinanza, uguaglianza, diritti e valori» rischiano di subire dei tagli mentre, contestualmente, l’inflazione riduce il valore reale del bilancio dell’Unione europea. Ad aggravare il quadro ci sono state anche le spese non previste sia per la pandemia sia per la guerra in Ucraina. Per questo i deputati chiedono che, per prima cosa, venga riformato il bilancio a lungo termine che dovrà entrare in vigore dal 1° gennaio 2024. La Commissione dovrebbe presentare il progetto di bilancio annuale 2024 alla fine di maggio e proporre una revisione del Qfp, quadro finanziario pluriennale, a giugno. Proposta anche l’introduzione di risorse proprie secondo la tabella di marcia giuridicamente vincolante per garantire un «livello complessivo affidabile e sufficiente di entrate supplementari, anche per coprire gli oneri finanziari dell’Euri». Ma questo come si riflette sulla quota dei fondi del Pnrr che l’Italia ha preso in prestito? Dei 191,5 miliardi di euro del Pnrr italiano 68,9 miliardi sono sovvenzionati a fondo perduto mentre altri 122,6 miliardi di euro sono prestiti. Per i costi dei prestiti del Pnrr l’Italia si rifà al loan agreement, ossia l’accordo di prestito, sottoscritto con l’Ue il 26 luglio 2021 dall’allora governo di Mario Draghi. I costi dei prestiti sono stabiliti dalla Commissione europea in una «confirmation notice», avviso di conferma, inviata all’Italia prima dell’erogazione delle singole rate. Gli 11 miliardi della prima rata dovranno essere restituiti in circa vent’anni e non da subito, ma a partire da maggio 2023 ed entro maggio 2052. Il fatto che il debito sia «spalmato» su un periodo così lungo permette sia di ridurre il peso del debito sul bilancio pubblico nei singoli anni, ma di solito un prestito più a lungo termine prevede un tasso di interesse più alto. Non è facile calcolare la percentuale precisa degli interessi perché variano al variare delle condizioni del mercato.

Rating 3.00 out of 5

Fazzolari sulle riforme: «Il ruolo del capo dello Stato? Non sarà depotenziato»

giovedì, Maggio 11th, 2023

di Monica Guerzoni

Il sottosegretario a Palazzo Chigi e mente del programma di Meloni: «Non si vede la necessità di una commissione bicamerale sulle riforme»

Fazzolari sulle riforme: «Il ruolo del capo dello Stato? Non sarà depotenziato»
Giovanbattista Fazzolari (FdI), sottosegretario a Palazzo Chigi

«La Francia? Non stanno facendo una bella figura».

Giovanbattista Fazzolari, per il partito di Macron la premier Meloni è «disumana e inefficace sui migranti». Perché Parigi ha preso di mira il governo italiano?
«Questi continui attacchi non denotano un buono stato di salute del governo di una grande nazione — risponde il sottosegretario all’Attuazione del programma —. Prima dicevano che dovevamo accogliere tutti i migranti, ora ci chiedono di contrastare l’immigrazione illegale di massa. Per noi è un enorme successo aver fatto cambiare linea al governo francese. Ora ci aspettiamo che la Francia sia coerente e sostenga in Europa le proposte italiane per contrastare l’immigrazione illegale».

Sul lavoro volete tornare ai contratti spazzatura, come accusa la vicepremier socialista spagnola Dìaz?
«Con il governo Meloni abbiamo raggiunto il record storico di contratti stabili a tempo indeterminato. Questi sono i dati, il resto è propaganda».

Per Elly Schlein la priorità è il lavoro, non le riforme.
«Una riforma che dà stabilità al governo è la principale misura economica che si possa dare all’Italia, che negli ultimi vent’anni è cresciuta nel complesso del 4%, mentre Francia e Germania crescevano del 20%. Un divario figlio anche della fragilità e instabilità dei governi, per questo la riforma è fondamentale per il bene della nazione».

Meloni punta ai pieni poteri? O, per dirla con la battuta di Schlein, a una monarchia illuminata?
«Questa riforma non può entrare in vigore prima della fine della legislatura. Non siamo così ingenui da immaginare di fare a nostro vantaggio qualcosa che accadrà nel 2027. E non possiamo prevedere chi sarà fra 4 anni il soggetto politicamente più forte».

Eppure per Meloni è «la madre di tutte le riforme»…
«Il presidente Meloni ha rilevato due grandi criticità. La prima è la totale instabilità dei nostri governi, che cambiano in media ogni due anni. E questo, per un Paese grande e potente, comporta difficoltà a stare ai tavoli internazionali. Sorprende che l’allarme abbiamo dovuto lanciarlo noi».

Le sembra che le opposizioni lo abbiano recepito?
«Tutte le forze condividono l’idea che l’attuale sistema istituzionale italiano non funziona, è già un enorme punto di partenza. Il secondo grande problema è che governi sempre più scollegati dall’esito del voto popolare comportano una totale disaffezione dell’elettorato e quindi una delegittimazione delle istituzioni. Sul come affrontare questi problemi ci sono grandi distanze, ma tutti concordano sul fatto che il nostro sistema istituzionale sia un elemento di fragilità per il Paese».

Rating 3.00 out of 5

730 precompilato, dall’11 maggio si può modificare e inviare: ecco quando arriva il rimborso

giovedì, Maggio 11th, 2023

di Alessia Conzonato

730 precompilato, via alle modifiche

Il 2 maggio l’Agenzia delle Entrate ha diffuso sul proprio sito internet il modello 730 precompilato e, quindi, con una parte dei dati dei contribuenti preventivamente inseriti. A partire da giovedì 11 maggio è possibile accettarlo oppure modificarlo prima dell’invidio definitivo del documento. Gli interessati potranno verificare che ci siano tutti gli oneri detraibili e di avere tutti i documenti necessari a dimostrare l’effettività del diritto allo sconto fiscale. Sotto osservazione ci sono soprattutto la prima rata dei bonus casa per interventi sostenuti sulla singola unità immobiliare e le spese mediche.
Per la consegna ci sarà tempo fino al 2 ottobre per via telematica, ma è anticipata – essendo domenica – al 30 settembre se restituito tramite Caf, professionista abilitato o sostituto d’imposta.
Vediamo, quindi, come modificare correttamente il modello.

Leggi anche:Modello 730, le detrazioni possibili: dai farmaci alle visite mediche, cosa fare

Leggi anche:Modello 730, dal 2 maggio via al precompilato: come si modifica e invia (senza fare errori)

Come effettuare le modifiche

Secondo la guida fornita dalle Entrate (disponibile a questo link), per compilare il quadro E inerente a oneri e spese ci sono due modalità: quella ordinaria per chi preferisce farlo in autonomia e quella assistita della dichiarazione dei redditi. In caso di necessità di passare da una modalità all’altra, la piattaforma permette di farlo con il tasto «Cambia modalità di compilazione», attenzione, però, che siano state recepite le modifiche apportate fino a quel momento. Per correggere una delle voci già compilata dal Fisco o per inserirne una nuova, è necessario cliccare su “E-oneri” per visualizzare l’elenco completo delle voci di spesa.
Nello spazio denominato «Dichiarante e familiari» è possibile visualizzare – inserendo il proprio codice fiscale – tutte le spese dei familiari a carico; ogni voce può essere eliminata, esclusa o inclusa, oltre a poterne aggiungere di nuove.

Rating 3.00 out of 5
Marquee Powered By Know How Media.