Archive for Maggio, 2023

Lavoro, salari troppo bassi e posti migliori in mano agli anziani: l’Italia è contro i giovani

lunedì, Maggio 8th, 2023

Francesco Spini

Avere meno di 35 anni nel 1985 in Italia voleva dire, in media, guadagnare circa il 20% in meno dei colleghi ultra 55enni. Sono bastati tre decenni per fare precipitare le cose: nel 2019 il divario è in sostanza raddoppiato e ora la differenza “generazionale” dei salari è di circa 40 punti percentuali. La battaglia degli stipendi e delle carriere, in quel rebus che è diventato il mondo del lavoro, ha vincitori e vinti. Giovani di belle speranze che restano intrappolati in organizzazioni dove gli «anziani» occupano i posti migliori, fanno carriera e non lasciano seggiole libere: solo posti in piedi.

La fotografia è impietosa e complicata insieme. A scattarla è uno studio, tuttora in divenire dal titolo “Paesi per vecchi, analisi del divario salariale per età”. Vi hanno lavorato e continuano a farlo due ricercatori: Nicola Bianchi, assistant professor alla Kellogg School of Management della Northwestern University nonché faculty research fellow al National Bureau of Economic Research (Nber) e Matteo Paradisi, assistant professor all’Istituto Einaudi per l’Economia e la Finanza (Eief). È uno dei frutti, nella parte italiana, dell’apertura dei dati dell’Inps inaugurata quando alla presidenza dell’istituto c’era Tito Boeri. Ne è uscito un esame approfondito sul rapporto tra vecchie e nuove generazioni. In un panorama in cui fabbriche e uffici sono invecchiati. Nel 1985 l’età media degli addetti era di 35,8 anni, nel 2019 (anno a cui si riferiscono gli ultimi dati disponibili) era salita a 42,7 anni, il 19% in più.

Tante le cause: dalle culle vuote (18,1 nascite ogni mille persone nel 1960, 7,3 nel 2018), alla speranza di vita più lunga (da 69,1 a 83,3 anni), fino all’età pensionabile allungata: quanto basta per far cambiare forma alla piramide demografica nelle aziende. E ora la parte ormai maggioritaria dei lavoratori (quella dai 45 anni in più) si mangia la fetta di torta più generosa.

«Pensiamo che la principale ragione della tendenza dei salari sia uno spillover negativo delle carriere. Insomma: i lavoratori più anziani creano congestioni, ingorghi. Tengono le posizioni migliori e non lasciano spazio ai giovani, meno esperti, che devono attendere a lungo per salire nelle gerarchie», dice Nicola Bianchi. Attesa sempre più lunga: se a metà degli Anni 80 un lavoratore over 55 stava nella propria impresa in media per un decennio, nel 2019 ci sta per 15 anni. Difficile dire se questo crei vantaggi o svantaggi per la produttività delle aziende. «Da un certo punto di vista ci sono ricerche che mostrano come ci siano un numero di lavori che richiedono maggior esperienza. Dall’altro l’evoluzione tecnologica richiederebbe competenze più aggiornate».

Rating 3.00 out of 5

Cottarelli sulle dimissioni dal Pd: «Schlein ha spostato il partito a sinistra: mi dimetto dal Senato, i miei valori sono altri»

lunedì, Maggio 8th, 2023

di Alessandra Arachi

L’economista si era candidato come indipendente con i dem: «La segretaria fa bene, è coerente: ha tentato di convincermi a restare. Ma io torno ad insegnare alla Cattolica».

Cottarelli sulle dimissioni dal Pd: «Schlein ha spostato il partito a sinistra: mi dimetto dal Senato, i miei valori sono altri»

Senatore Carlo Cottarelli, lascia il Pd?
«Lascio il gruppo del Senato, non sono iscritto al Pd».

Però è stato eletto con il Pd.
«Sì, certo».

Andrà in altri gruppi?
«Me lo hanno proposto, ma non è giusto cambiare partito. La prossima settimana mi dimetto dal Senato».

Perché?
«Ho ricevuto un’offerta dall’Università Cattolica».

Che tipo di offerta?
«Dirigere un programma per l’educazione di Scienze sociali ed economiche per gli studenti delle scuole superiori. Farò questo anche nei circoli culturali e degli anziani. Sarà una prestazione gratuita».

Non è però questo il motivo, lei aveva già manifestato disagio a rimanere dentro il Partito democratico.
«Vero, ma questa proposta è stata la spinta decisiva per lasciare».

Qual è stato il motivo di questa decisione?
«Direi che lo spostamento del Pd in un’area lontana dai miei valori liberaldemocratici ha facilitato la decisione».

L’elezione a segretaria di Elly Schlein?
«Anche la composizione della segreteria. Però, attenzione, credo che abbia fatto bene a spostare il Pd a sinistra».

In che senso dice che ha fatto bene?
«Il messaggio che adesso arriva dal Pd è più coerente con quello che dovrebbe avere un partito di sinistra. È importante che il messaggio di un partito sia chiaro»

Cosa pensa di Schlein?
«La stimo, al di là delle nostre posizioni diverse».

Non ha digerito lo spostamento del partito lontano dall’area liberal democratica. Ma qual è l’elemento che ha pesato di più in questa decisione, che più la divide dalla segretaria del Pd?
«Il tema dell’energia nucleare, il termovalorizzatore, il freno al superbonus, anche l’utero in affitto o alcuni aspetti del Jobs act. Ma questi sono temi specifici, non il tema fondante».

Qual è allora il tema fondante?
«Il ruolo del merito nella società e il peso che debba avere l’uguaglianza delle opportunità rispetto all’uguaglianza redistributiva. Entrambi sono importanti ma è il peso relativo che conta. Quando ho deciso di partecipare alla campagna elettorale del Pd sono andato a leggere il documento dei valori, l’ultimo che c’era, quello del 2008: merito e opportunità erano scritti con chiarezza. Nel documento del 2023 il merito era sparito, anche un po’ criticato. Ma non solo da lì».

Rating 3.00 out of 5

Il 9 maggio dimezzato: la crepa russa a Bakhmut

lunedì, Maggio 8th, 2023

di Paolo Mieli

Alla vigilia di domani, 9 maggio, quando sulla Piazza Rossa si terrà la tradizionale manifestazione celebrativa della vittoria russa sulle armate hitleriane, Evgeny Prigozhin ha cambiato idea. Giorni fa il capo della Wagner aveva annunciato l’intenzione di abbandonare l’assedio di Bakhmut e di ritirarsi il giorno successivo a quello della parata. Dopodomani, il 10 maggio. Lo aveva fatto in un video assai crudo, con ai piedi cadaveri ancora sanguinanti di suoi miliziani. Bersaglio esplicito delle sue rimostranze i due uomini che siedono al vertice delle istituzioni militari russe: il ministro della Difesa Sergej Shoigu e il capo di Stato maggiore Valerij Gerasimov.

Prigozhin non aveva ritenuto di dover ricorrere a un linguaggio edulcorato. Li aveva definiti, Shoigu e Gerasimov, «feccia», «prostitute». Sosteneva che quei due se ne stavano tranquilli in sedi «costose», felici che i loro bambini potessero restare a giocare «registrando i loro piccoli video su YouTube», mentre i figli della vera Russia morivano a grappoli a causa del mancato invio di munizioni. Munizioni che avrebbero dovuto essere stanziate dai padri di quei bambini che si divertivano con i video. Se quei proiettili fossero arrivati per tempo, i morti si sarebbero ridotti dell’ottanta per cento. E invece i «volontari» della Wagner erano caduti in una misura impressionante (cinque volte quel che era stato messo nel conto) per responsabilità di capi che — proseguiva alterato l’autore della denuncia — se ne stavano ad «ingrassare» in «uffici di mogano».

Parole del tutto inusuali anche per uno come Prigozhin poco incline alla diplomazia. Un modo assai brutale di chiamare in causa personaggi del calibro di Shoigu e Gerasimov. Parole, per di più, non sconfessate da Putin.

Non è tutto. Il leader ceceno Ramzan Kadyrov (che pure in passato si era analogamente lamentato di non aver ricevuto adeguato sostegno dai vertici militari russi) si era detto pronto a sostituire i miliziani della Wagner sul fronte di Bakhmut. Al fine — dichiarava — di «ripulire» la città «dalla Nato e dai satanisti ucraini». In seguito, una mina anticarro ha fatto saltare in aria l’auto dello scrittore Zakhar Prilepin che di Prigozhin è un celebre estimatore. Prilepin (a differenza del suo autista) non è morto come era accaduto invece, un mese fa, per un altro seguace di Prigozhin, il blogger Vladlen Tatarsky. A questo punto Prigozhin forse ha colto nell’aria più di un avvertimento ed è tornato sui suoi passi: ha annunciato che stavolta ha motivo di credere alle promesse di rifornimenti da parte di Shoigu e Gerasimov e che resterà con le sue truppe a Bakhmut.

Qualche tempo fa si diffuse la notizia che nello stato maggiore di Kiev in molti si erano pronunciati per l’abbandono di Bakhmut dal momento che la città, dopo nove mesi di assedio, è pressoché distrutta e inabitabile. In quell’occasione – sempre secondo queste indiscrezioni, mai smentite – era stato Zelensky in persona a convincere i suoi, uno ad uno, che il valore della difesa di Bakhmut era intrinsecamente connesso alla richiesta di nuovi aiuti all’Occidente. Non consentire ai russi di poter vantare lo sfondamento in quella città era l’indispensabile premessa per l’eventuale nuova offensiva di primavera. Ma soprattutto avrebbe provocato crepe inimmaginabili negli alti comandi russi. Così è stato. Indipendentemente dalle congetture sulla paternità degli attentati che si moltiplicano in territorio russo, le parole di Prigozhin segnalano una caduta del senso di reciproca fiducia e di lealtà negli alti comandi russi. Saranno quelle parole a fare da contesto ai «festeggiamenti» del 9 maggio. Celebrazioni sfortunate: un anno fa avrebbero dovuto essere l’occasione per l’annuncio della conclusione dell’«operazione speciale» in Ucraina. Quest’anno, pur in tono minore, avrebbero avuto bisogno quantomeno di un trofeo. E quel trofeo doveva essere la città di Bakhmut.

Rating 3.00 out of 5

Caro mutui, che casa puoi comprare adesso se guadagni almeno 1.500 euro al mese

lunedì, Maggio 8th, 2023

di Gino Pagliuca

La riduzione del potere di acquisto

Con il suo reddito medio un milanese oggi, con un mutuo fisso a 30 anni, può finanziare l’acquisto di 37,2 metri quadrati nella sua città. Un anno fa con la stessa rata riusciva a garantirsi l’acquisto di oltre 51 metri. Una perdita di potere d’acquisto del 27,4%.

Appena un po’ meglio è andata nella Capitale dove dai 41,5 metri di un anno fa si è scesi a 31,3, con un calo del 24,7%. A Torino i metri sono scesi da 71,2 a 54,2 (-26,4%) e infine a Napoli si è passati da 31,7 a 23,6 (-25,6%). Sono i risultati di sintesi di una simulazione che abbiamo compiuto mettendo a confronto redditi, valori immobiliari e andamento dei tassi. Per i conteggi abbiamo considerato il reddito disponibile procapite aggiornato a fine 2021 calcolato dall’istituto Tagliacarne (Unioncamere). I prezzi sono quelli medi richiesti a fine aprile calcolati da immobiliare.it.

Gli scenari: le differenze tra Roma e Milano

Tre gli scenari (qui la simulazione completa per tre famiglie tipo in 8 città): mutuatario con un reddito pari a quello medio, che compra in area medio bassa; reddito pari a 1,5 volte quello medio e acquisto in area residenziale; reddito doppio e acquisto in area di pregio. In tutti i casi abbiamo ipotizzato un mutuo fisso a 30 anni pari al 70% del valore della casa.
Guardando il mercato con quest’ottica si comprende perché i prezzi di Milano, di gran lunga i più alti del Paese, trovino una parziale giustificazione nel fatto che anche i redditi sono molto più elevati.
Tra il capoluogo lombardo e la Capitale ci sono oltre 9.500 euro di differenza di reddito annuo ma il costo medio del centro storico di Milano, nonostante superi i 10 mila euro al metro in relazione al reddito è più sostenibile dei 7.500 circa del centro di Roma perché nel primo caso il mutuo garantisce l’acquisto di 38,6 metri quadrati, nella Capitale ne copre 36,9. E anche nelle zone residenziali la differenza di potere d’acquisto non è molto ampia, il gap sarebbe invece elevato se si considerasse l’estrema periferia milanese con le aree extra Gra della Capitale, dove i prezzi sono molto più bassi.

Leggi anche:
Da Milano a Napoli: i conti in tasca a tre famiglie con mutuo e le migliori offerte con i nuovi tassi del mercato

Napoli, Torino, Palermo, Genova

Quanto alle altre città, Napoli ha prezzi elevati rispetto al reddito medio mentre i capoluoghi con un maggior potere di acquisto sono Torino, Palermo e Genova. Certo, sono calcoli effettuati su valori medi ma rendono l’idea di come l’andamento dei mutui sta cambiando il mercato immobiliare. La prima evidente conseguenza è che la barriera all’ingresso è diventata più alta: il reddito medio di chi chiede il finanziamento è cresciuto, secondo un’analisi di mutuiOnline.it, del 15% in un anno Ma come cambia la sostenibilità di una rata con il variare del reddito? A differenza di quanto avviene con il valore dell’ipoteca regolato dalla legge bancaria (la somma mutuata non si può eccedere l’80% delle garanzie fornite) sul rapporto rata reddito non ci sono regole prefissate. Ogni banca ha i suoi criteri di valutazione e il luogo comune per cui sarebbe sostenibile una rata pari a un terzo del reddito netto (detratti cioè altri debiti, ad esempio le rate per l’auto) può essere giudicato indicativo solo per chi ha introiti medio-alti.

Rating 3.00 out of 5

Meteo maggio tra picchi oltre i 30 gradi e temporali. Le previsioni di Giuliacci

domenica, Maggio 7th, 2023

Meteo sull’ottovolante. Il mese di maggio si preannuncia piuttosto movimentato con picchi di caldo destinati a portare il termometro anche oltre i 30 gradi centigradi, in alcune zone d’Italia, ma anche instabilità e piogge. A fare il punto sui modelli previsionali a 15 giorni sono gli esperti di meteogiuliacci.it, il sito del colonnello Mario Giuliacci, star del tempo in tv. Il caldo di questi giorni “durerà poco”, e ci aspetta un maggio “dinamico, almeno nella sua prima metà”, si legge nell’analisi. Nella fase calda in corso si potrebbe toccare i 30 gradi e oltre, con la speranza che questo fenomeno non si ripeta troppo spesso. Secondo i meteorologi, tuttavia, maggio “non sarà sole deciso per tutti, anzi ci saranno diverse opportunità di piogge e temporali” soprattutto nelle zone alpine e appenniniche in diverse aree del nord. 

Maggio, ricordano gli esperti, è uno dei mesi più piovosi dell’anno per le regioni del Nord e pertanto “non ci deve affatto stupire che ci siano rovesci e temporali frequenti”. Anche in questo caso, a essere dannosi sono gli eventi estremi ed eccessivi, come le piogge che hanno provocato il diastro in Emilia-Romagna, soprattutto nelle province romagnole. Piogge “estreme” che “hanno dato praticamente fine allo status siccitoso di quella zona d’Italia. Ma non è dappertutto così. Ci sono zone di Piemonte, Liguria e Lombardia dove il deficit è ancora molto serio”. La speranza è che l’instabilitò dei prossimi 15 giorni possa portare un riequilibrio delle precipitazioni ma senza eventi estremi. 

IL TEMPO

Rating 3.00 out of 5

Bollette, stangata da incubo per gli italiani: in dieci anni aumento di 1.625 euro

domenica, Maggio 7th, 2023

Numeri da capogiro, che rappresentano un incubo per le famiglie italiane. In 10 anni la spesa media annua degli italiani per le tariffe di luce, gas, acqua e rifiuti è salita complessivamente del +68,7% un incremento di spesa pari a 1.625 euro a famiglia, con i prezzi dell’elettricità che, rispetto al 2012, hanno registrato un aumento record del +240%. Lo studio è del Codacons, che ha realizzato un’analisi per capire come sia cambiata la spesa dei cittadini per le utenze domestiche negli ultimi 10 anni. In base ai dati ufficiali, nel 2012 la bolletta media della luce si è attestata a quota 524 euro a famiglia, mentre quella del gas è stata pari a 1.277 euro a nucleo. Nel 2022, e a causa dei continui rincari dei prezzi energetici, la bolletta media per l’elettricità ha raggiunto quota 1.322 euro, mentre per il gas una famiglia ha speso 1.866 euro. 

In 10 anni la spesa per l’energia elettrica è aumentata quindi di quasi 800 euro (+798 euro) mentre quella per il gas di 589 euro, per un totale di +1.387 euro a famiglia. Confrontando il dettaglio delle tariffe, si scopre che quelle della luce hanno segnato un vero e proprio record del +240%, passando dai 19,403 centesimi di euro per kilowattora dell’ultimo trimestre del 2012 ai 66,01 centesimi di euro dell’analogo periodo del 2022. Il Codacons analizza poi l’andamento delle altre utenze domestiche: nel 2012 per le forniture di acqua una famiglia ha spesa in media 310 euro, spesa salita a 487 euro nel 2022 (+57%). La città con le tariffe idriche più elevate è Frosinone, dove una famiglia ha speso in media nell’ultimo anno 880 euro per la bolletta dell’acqua, contro i 175 euro della città più economica, Isernia.

Rating 3.00 out of 5

Roma, blitz degli eco-teppisti a Piazza Navona: ennesimo sfregio alla cultura

domenica, Maggio 7th, 2023

Silvana Tempesta

Nuovo assalto, e nuovo sfregio, degli ambientalisti di «Ultima Generazione» che intorno alle 15.30 del primo, affollatissimo, sabato di maggio hanno colorato di nero l’acqua della Fontana dei Quattro Fiumi. Immediato l’intervento dei carabinieri. Una replica di quanto accaduto circa un mese fa alla Barcaccia di piazza di Spagna al grido di «il nostro futuro è nero come quest’acqua: senza acqua non c’è vita e con l’aumento delle temperature siamo esposti alla siccità, da un lato, e alle alluvioni, dall’altro. Acqua che manca per coltivare il cibo, acqua che cade tutta insieme distruggendole case. Ci aspettano anni difficili, ma se non azzeriamo le emissioni subito saranno terribili». Immediata l’indignazione delle istituzioni, a cominciare dal sindaco Roberto Gualtieri che dopo aver rassicurato che la Fontana del Bernini «non ha subito danni permanenti» ha duramente condannato «insensato sfregio» sottolineando come «le lotte giuste diventano sbagliate se danneggiano i beni comuni. Non è mettendo a rischio il patrimonio artistico che si salva l’ambiente».

Pesante anche l’assessore capitolino alla Cultura, Miguel Gotor: «Gli ecoidioti colpiscono ancora. Ribadiamo sdegnati che i monumenti non sono palcoscenici in cui mettere in scena spettacoli surreali ma opere delicate e senza tempo da trattare con tutt’altro rispetto». Nel condannare lo sfregio al monumento il ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano ha auspicato «che il Parlamento approvi quanto prima le nuove norme contro gli eco-vandali». Richiede pene più severe anche l’assessore alla Cultura della Regione, Simona Baldassarre, mentre in serata è ancora il sindaco Gualtieri a rassicurare sui danni.

Rating 3.00 out of 5

Casini: “Prudenza sulle riforme non sia una fuga dalla realtà”

domenica, Maggio 7th, 2023

Francesca Schianchi

«Incontrarsi tra persone civili non è mai sbagliato, certo bisogna poi vedere con che spirito lo si fa…». L’ex presidente della Camera Pier Ferdinando Casini, oggi senatore eletto da indipendente nelle liste del Pd, li ricorda tutti, i tentativi di riforme costituzionali fatti negli ultimi trent’anni, dalla Bicamerale di D’Alema al referendum fallito da Renzi. Oggi guarda all’iniziativa della premier – l’invito alle opposizioni per parlare di riforme – con una certa dose di scetticismo: «Proceda con cautela».

Con che spirito le sembra stia iniziando questo percorso?

«Ci si può incontrare per fare propaganda, per essere d’accordo nell’essere in disaccordo o per cercare un’intesa. Io spero si risolva in un dialogo sostanziale e non in una parata di propaganda reciproca».

Per arrivare a quale risultato?

«Io dico: a parte un piccolo drappello di destra, la Costituzione è frutto di uno sforzo condiviso da tutti, scritta da personaggi di primissimo piano: c’è veramente la necessità di cambiarla?».

Se imposta così la questione, però, diventa impossibile anche solo interrogarsi se si possa toccare.

«Non voglio dire che farlo sia lesa maestà. Constato però, in punta di piedi, che ogni volta che lo abbiamo fatto in passato abbiamo fatto pasticci. Stiamo attenti a non lacerare il nostro tessuto istituzionale».

Lei si è dichiarato contrario al presidenzialismo, perché?

«L’Italia è un Paese storicamente litigioso, serve un pater familias, un presidente della Repubblica che sappia interloquire con tutti e abbassi il tasso di litigiosità».

Un presidente della Repubblica che sia arbitro e non giocatore.

«È così, serve alternativamente a tutti, maggioranza e opposizione, che poi magari si scambieranno i ruoli. Prenda gli ultimi due presidenti, Napolitano e Mattarella: entrambi sono stati riconfermati, anche da chi non li aveva votati la prima volta».

Ma è successo a causa della debolezza della politica…

«Sì, certo, ma è anche sintomo del fatto che, per una politica debole, l’unica garanzia è la figura del presidente della Repubblica».

Gustavo Zagrebelsky paventa il rischio di alimentare un humus pericoloso nel Paese.

«Io non voglio drammatizzare né lanciare allarmi democratici. Ma guardo le cose con lucidità: gli Stati Uniti e il Brasile, due Paesi con sistema presidenziale, sono quelli in cui c’è stato l’assalto ai Palazzi da parte degli sconfitti delle elezioni. È una spia che si accende».

E come considera l’ipotesi di un “premierato forte”?

«Tutti i presidenti del Consiglio lamentano una carenza di poteri, ricordo che lo fecero spesso già Prodi e Berlusconi. Se si parla di adeguare i poteri del premier, che oggi non può nemmeno sfiduciare un ministro, è una cosa; tutt’altro è il cancellierato, che comporta un equilibrio costituzionale da rivedere. Dopodiché bisogna anche capirsi su cosa significhi democrazia».

Rating 3.00 out of 5

Guerra Russia-Ucraina, abbattuti decine di droni in Crimea. Aiea: “Preoccupati per la situazione della centrale di Zaporizhzhya”. Accuse a Mosca: “Bombe al fosforo nell’assedio di Bakhmut”

domenica, Maggio 7th, 2023

a cura della redazione

È stata un’altra notte complicata in Ucraina. Gli allarmi antiaerei sono entrati in funzione nella notte in buona parte del paese e la la difesa ha abbattuto un certo numero di droni, incluso uno sopra lo spazio aereo di Kiev. Lo ha riferito la Reuters, citando funzionari ucraini. «Durante l’ultimo allarme aereo, un drone da ricognizione nemico è stato rilevato nello spazio aereo di Kiev» ed è stato «distrutto», ha dichiarato l’amministrazione militare di Kiev, precisando che «non ci sono state vittime o danni».

Ed è ancora forte, intanto, la notizia dell’attentato che ha coinvolto lo scrittore nazionalista Zakhar Prilepin, noto per le sue posizioni pro Cremlino e a favore della guerra in Ucraina. Il conducente è morto, mentre Prilepin è rimasto ferito. Un uomo è stato fermato per il suo presunto coinvolgimento nel caso, un cittadino ucraino secondo i media russi. Il Comitato investigativo russo, che sta trattando il caso come «atto terroristico», lo ha identificato come Oleksandr Permyakov e ha riferito che avrebbe confessato di avere agito su istruzioni dei servizi speciali ucraini; avrebbe ammesso di avere piazzato un ordigno sulla strada e di averlo poi azionato a distanza.

Russia, lo scrittore pro Cremlino Prilepin ferito nell’esplosione della sua auto

Mosca, per bocca della portavoce del ministero degli Esteri Maria Zakharova, ha puntato il dito contro Stati Uniti e Regno Unito: «Washington e la Nato hanno alimentato un’altra cellula terroristica internazionale, il regime di Kiev. Bin Laden, l’Isis, ora Zelensky e i suoi scagnozzi. Responsabilità diretta di Stati Uniti e Gran Bretagna. Preghiamo per Zakhar», ha scritto su Telegram.

Mentre il movimento partigiano di ucraini e tatari di Crimea Atesh ha rivendicato l’attentato, Kiev tramite il consigliere presidenziale Mykhailo Podolyak ha accusato Mosca definendo Prilepin una vittima della «macchina repressiva russa». Per l’ex presidente russo Dmitry Medvedev, vice presidente del Consiglio di sicurezza nazionale, si è trattato di un «vile attacco» perpetrato da «estremisti nazisti», il nemico cerca di intimidire la Russia e colpire i veri patrioti, ma questo crimine «non rimarrà impunito».

È la terza esplosione che coinvolge personalità di spicco pro Cremlino dall’inizio della guerra in Ucraina. Nell’agosto del 2022 un’autobomba alla periferia di Mosca uccise Daria Dugina, figlia dell’influente teorico politico russo Alexandr Dugin, spesso definito «il cervello di Putin»; le autorità russe hanno sostenuto che dietro l’esplosione ci fosse l’Ucraina. Il mese scorso un’esplosione in un caffè di San Pietroburgo ha ucciso invece il noto blogger militare Vladlen Tatarsky; anche in quel caso le autorità hanno puntato il dito contro i servizi segreti ucraini.

Ora Prilepin: diventato un sostenitore di Putin nel 2014, dopo che il presidente russo dichiarò l’annessione illegale della penisola di Crimea, lo scrittore è stato coinvolto nel conflitto nell’Ucraina orientale al fianco dei separatisti sostenuti dalla Russia e l’anno scorso è stato sanzionato dall’Unione europea per il suo sostegno all’invasione russa dell’Ucraina. Nel 2020 ha fondato un partito politico, ‘For the Truth’, che secondo i media russi era sostenuto dal Cremlino. Un anno dopo, il partito di Prilepin si è fuso con il partito nazionalista ‘A just Russia’, che ha seggi in Parlamento.

Intanto, sul campo in Ucraina esplosioni sono avvenute in Crimea, dove l’amministrazione filorussa ha riferito dell’abbattimento di due missili balistici ucraini Grom-2 sulla penisola.

Quanto alla situazione a Bakhmut, gli ucraini hanno accusato le truppe russe di bombardare la città con munizioni al fosforo. «La stessa situazione si è verificata a Mariupol. Quando non possono fare nulla, vengono sparate munizioni al fosforo», ha detto Petro Andriushchenko, consigliere del sindaco di Mariupol, pubblicando un video a riguardo. Il capo del gruppo Wagner, Yevgeny Prigozhin, facendo seguito alla minaccia di venerdì di lasciare Bakhmut il 10 maggio, ha annunciato che cederà le sue postazioni in città alle forze speciali cecene Akhmat di Ramzan Kadyrov. «Sto già contattando i rappresentanti di Kadyrov per iniziare immediatamente a trasferire posizioni, in modo che il 10 maggio alle 00.00, esattamente nel momento in cui, secondo i nostri calcoli, esauriremo completamente il potenziale di combattimento, i nostri compagni prenderanno il nostro posto e continueranno l’assalto al villaggio di Bakhmut», ha fatto sapere Prigozhin.

Rating 3.00 out of 5

Il Re di Arcore non abdica

domenica, Maggio 7th, 2023

Flavia Perina

Straniante sovrapposizione di immagini sull’asse Londra – Roma. Lì le immagini di un nuovo re intronato grazie a ferree regole dinastiche. Qui il ritorno in scena di un re anziano, malato, da un mese in ospedale, che però non pensa neanche per idea alla successione e si impegna nella fatica di un discorso di venti minuti per rassicurare la convention di Forza Italia e dirgli: sono tornato, sono pronto a combattere con voi. Il rito cantato trionfa a entrambe le latitudini. Ovviamente sontuoso a Westminster, con lo sfoggio di ermellini e carrozze d’oro dettato dalla consuetudine. Assai più sobrio al San Raffaele, ma anche lì con gli ingredienti della tradizione della casa di Arcore: la scrivania, la bandiera, i libri, il trucco cinematografico che il Cavaliere usa fin da giovane, quando di rughe ne aveva assai meno, gli slogan del mito forzista che chiamavano ovazioni nei grandi raduni di una volta, quelle strabocchevoli platee di San Giovanni, di piazza del Duomo, di piazza Plebiscito, dove Silvio faticava a pronunciare i discorsi per lo scrosciare degli applausi.

Stavolta è diverso. Il primo battimano arriva al minuto dieci del video, con la citazione dell’incoraggiamento di mamma Rosa alla discesa in campo. E il successivo alla ripetizione della frase con cui nel 1994 annunciò il suo ingresso in politica: l’Italia è il Paese che amo. Ce ne saranno appena altri tre o quattro, ed è immaginabile che la platea sia più attenta a decifrare le vere condizioni di salute del capo, i motivi dei suoi singulti, la causa dei due terribili momenti in cui l’aria sembra mancargli, che ad ascoltare i contenuti del suo messaggio. Vogliono sapere se e quanto sta bene, se e quanto ce la potrà fare, e soprattutto vorrebbero capire se le sue parole nascondano sottotesti su una successione di cui tutti parlano, che a tutti appare inevitabile ma non arriva mai.

Beh, quei sottotesti non ci sono. Se i monarchi veri, quelli con la corona che strabordano dalle immagini da Londra, sono inchiodati alle regole della primogenitura (tutto facile per loro), il sovrano dei moderati italiani ha libertà di scelta e rifiuta ancora di poggiare la spada sulla spalla di uno dei suoi capitani. Anzi, non li cita proprio. Nessuno. I ringraziamenti alla classe dirigente sono tutti generici e plurali: «i coordinatori», «i capigruppo», «i parlamentari», i «dirigenti». Hai visto mai che qualcuno se ne ammanti per acciuffare il ruolo di erede designato. L’unico nome pronunciato fuori dal Pantheon dei fondatori, i Martino, i Badget Bozzo, gli Urbani, è quello della regina consorte, la «cara Marta». E anche questo dettaglio aiuta a capire la vera natura del rito a cui abbiamo assistito. Non è l’estremo sforzo di un re provato dall’età e dalla malattia, il preludio di un passaggio di testimone, l’atto conclusivo di una incredibile carriera, ma la re-incoronazione di un monarca convinto di non poter essere sostituito, di avere ancora un pezzo di storia da scrivere e da interpretare.

Rating 3.00 out of 5
Marquee Powered By Know How Media.