Archive for Maggio, 2023

Inps, è scontro FdI-Lega: così Meloni vuole frenare Salvini sulle pensioni

sabato, Maggio 6th, 2023

Luca Monticelli

Comporre il puzzle delle nomine sul tavolo è diventato ancora più difficile. Allo stallo che blocca il rinnovo dei vertici di Guardia di Finanza, Polizia e Rai, si aggiunge un’altra partita che stimola l’appetito della maggioranza: l’Inps. Il decreto omnibus approvato dal Consiglio dei ministri di giovedì sera stabilisce il commissariamento di Inps e Inail, una misura che accelera la decadenza dei Cda e consente di cambiare i presidenti. La rimozione di Pasquale Tridico, nominato al vertice dell’istituto di previdenza in quota Movimento 5 stelle dall’esecutivo gialloverde nel 2019, ha un sapore politico ma risolve anche un contenzioso dentro la pubblica amministrazione sulla durata del suo mandato. Tridico è considerato il padre del Reddito di cittadinanza – quello vecchio che il centrodestra ha smantellato con il decreto Lavoro – e soprattutto ha le chiavi del welfare e delle pensioni. La premier Giorgia Meloni, secondo quanto racconta una fonte, vorrebbe all’Inps una personalità vicina a Fratelli d’Italia per avere al tavolo un “alleato” in più da contrapporre alla Lega e a Matteo Salvini, che ha fatto della riforma delle pensioni – con quota 41 – la battaglia elettorale principale da portare a casa nei prossimi mesi. Quindi, lo schema immaginato è questo: l’Inps a FdI e l’Inail alla Lega. Peraltro l’istituto di assicurazione sugli infortuni era già nelle mani di Salvini, visto che Franco Bettoni era stato indicato dal Carroccio sempre durante l’esperienza gialloverde.

Il totonomi sull’Inps impazza già nei palazzi: in prima fila ci sono Gabriele Fava, giuslavorista ed ex commissario di Alitalia, e Concetta Ferrari, segretaria generale del ministero del Lavoro, un profilo di fiducia della ministra Marina Elvira Calderone. Gira anche un candidato di mediazione: Alberto Brambilla, presidente del Centro studi Itinerari previdenziali, ex sottosegretario al Lavoro del governo Berlusconi del 2001 e un tempo vicino alla Lega, dalle cui posizioni si è allontanato criticando Quota 100. La bozza del decreto omnibus varato giovedì prevede una nuova governance dell’Inps e dell’Inail: cancella la figura del vice presidente e modifica i poteri del presidente che non potrà più nominare il direttore generale, facoltà che spetterà al Cda.

Prima che il nuovo sistema sarà attivo, il governo metterà alla guida degli istituti due commissari che saranno nominati entro 20 giorni dalla pubblicazione in gazzetta del decreto, facendo quindi decadere gli attuali vertici. Il mandato di Bettoni era in scadenza il 30 luglio, mentre sul termine di Tridico si rischiava di aprire un contenzioso interno alla Pa. L’economista vicino al Movimento 5 stelle fu nominato commissario dell’Inps nel marzo del 2019 e a maggio venne confermato presidente. Il consiglio di amministrazione, però, si insediò solo nel maggio del 2020, perciò Tridico ottenne un parere dall’avvocatura dell’Inps che lo considerava formalmente presidente solo dopo l’insediamento del Cda, allungando il suo mandato a maggio 2024. Parere sconfessato poi dall’Avvocatura dello Stato che confermò la scadenza il prossimo 22 maggio.

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Governo al lavoro per la svolta presidenzialista

sabato, Maggio 6th, 2023

Marcello Sorgi

Dopo mesi di preparazione all’ombra dell’avvio dell’azione del governo, la riforma presidenziale, perno del programma elettorale con cui Meloni e il destra-centro a settembre hanno vinto le elezioni, è pronta a vedere la luce. Ci ha lavorato, riservatamente e a contatto con la premier, la ministra Casellati. Martedi 9, dalle 12,30 alle 18, le due siederanno insieme per un giro di consultazioni formali con i gruppi parlamentari delle opposizioni, da +Europa al Pd, cercando di vincere le resistenze manifestate finora. Ma anche se dovessero trovarsi di fronte a una serie di invalicabili «no», la decisione è ormai presa e il testo sarà adottato in una delle prossime sedute del consiglio dei ministri, entro la fine di maggio.

Da quel momento in poi, è facile aspettarselo, il presidenzialismo, quale che sia la forma che verrà scelta, diventerà il fronte di uno scontro parlamentare, prima, e nel Paese, poi, per il referendum confermativo, senza esclusione di colpi. Qualcosa di simile, ma forse anche più pesante, vista la portata del cambiamento di cui si discute, di ciò a cui si assistette nei famosi «mille giorni» del governo Renzi, tra il 2014 e il 2016, quando l’allora segretario-premier del Pd propose, e per certi versi impose, il passaggio dal bicameralismo al monocameralismo (con un completo depotenziamento del Senato), accompagnato da una legge elettorale che si avvicinava a una quasi elezione diretta del premier. Approvato dopo un iter parlamentare assai tormentato, il progetto fu respinto nel referendum popolare, segnando il tramonto della stella di Renzi.

Proprio perché questa esperienza le è ben presente, Meloni s’è mossa fin qui con cautela, consigliando lo stesso atteggiamento a Casellati. La quale ha studiato attentamente le esperienze precedenti: la Commissione Bicamerale Bozzi, di cui ricorrono i quarant’anni, e le successive De Mita-Iotti (1993-‘94) e D’Alema (1997-‘98), conclusa con il famoso «patto della crostata», siglato a casa Letta e caduto per un ripensamento di Berlusconi. È una lunga storia, che attraversa stagioni politiche molto differenti, dalla Prima Repubblica alla Seconda a quella attuale: ma la sensazione che se ne ricava è che il fallimento delle Bicamerali sia stato determinato, oltre che dalla difficoltà della prova, dalla confusione politica che si generava al loro interno, con la formazione di maggioranze spurie, diverse da quelle dei governi, di cui finivano per ostacolare l’andamento. Ecco perché, da Enrico Letta in poi, passando per Renzi, le commissioni sono state archiviate e si è preferito percorrere la via maestra indicata dalla Costituzione con l’articolo 138: quattro passaggi dello stesso testo dalle Camere, con votazioni a intervalli non inferiori a tre mesi e referendum confermativo da parte degli elettori, se la riforma è approvata con una maggioranza semplice, e non di due terzi dei senatori e dei deputati. Ed ecco ancora perché le riforme istituzionali, quando diventano l’obiettivo di un governo e di uno schieramento, occupano un’intera legislatura, o comunque la parte più produttiva dei cinque anni di vita parlamentare da un appuntamento elettorale all’altro.

Sul suo tavolo, la ministra Casellati ha allineato due possibili ipotesi di cambiamento: la prima è il presidenzialismo o semipresidenzialismo, che qualcuno chiama «alla francese», ma forse sarebbe meglio definire «all’italiana»: l’elezione diretta del Capo dello Stato che manterrebbe più o meno gli stessi poteri di adesso, formalmente di pura rappresentanza dell’unità nazionale, ma in realtà molto forti, come s’è visto in questi anni di crisi politica e transizione infinita da una Repubblica all’altra. Poteri che non potrebbero che essere rafforzati da una scelta diretta del corpo elettorale, e mettere in secondo piano quelli del Presidente del consiglio, che continuerebbe ad essere nominato dal Presidente della Repubblica, e vincolato alla fiducia espressa dalle Camere. Nel caso in cui questa dovesse essere la proposta di Meloni e Casellati, il testo recherebbe una piccola ma significativa postilla: la riforma entrerebbe in vigore dopo il 2029, anno di scadenza del secondo settennato mattarelliano: un atto di riguardo verso il Presidente in carica, che non è detto sarebbe sufficiente a non indebolirne l’azione, nell’ultimo periodo di mandato parlamentare e in attesa, sia del successore, per il quale inevitabilmente partirebbe subito la campagna elettorale, sia della prima sperimentazione dell’elezione popolare.

La seconda ipotesi della Casellati è il cosiddetto«premierato forte» o elezione diretta del capo del governo. Si tratterebbe, insieme, di un passo verso il modello tedesco del Cancelliere, e di una razionalizzazione del tentativo fatto informalmente, per non dire goffamente, dal centrodestra e dal centrosinistra tra il 1994 e il 2013, quando si cominciò a indicare sulle schede dei partiti membri delle coalizioni il nome dei candidati premier: «Berlusconi presidente» e «Prodi presidente». Agli elettori, in assenza di una vera riforma, veniva consentita di fatto la scelta «di un uomo, un programma e una coalizione», come si diceva allora. La mancanza di una legge, però, fece sì che al primo tentativo andato a vuoto – la «non vittoria» di Bersani nel 2013 –, tutto o quasi tutto tornasse come prima, e ogni partito candidasse il proprio leader alla guida di un governo che poi necessariamente sarebbe stato frutto di accordi politici successivi al voto.

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Scontro Italia-Francia, Giannini: in Europa un deficit di leadership, l’Italia non ha alleati

sabato, Maggio 6th, 2023

L’intervento del direttore della Stampa a Metropolis

LA STAMPA

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È il grande giorno di re Carlo III: gli occhi del mondo sull’incoronazione

sabato, Maggio 6th, 2023

Emanuela Minucci

È il giorno più lungo di Carlo III, l’eterno successore che oggi realizzerà il suo sogno. Anche se il nuovo sovrano ha preteso una cerimonia snella. L’operazione «Golden Orb» durerà meno di quattro ore: ma sarà sempre la giornata che il primogenito di Elisabetta II aspettava da settant’anni, ovvero da quando sua madre salì al trono e lui ne diventò automaticamente l’erede. Oggi Carlo III sarà il 40° monarca del Regno Unito a essere incoronato nell’Abbazia di Westminster, attraverso un rito che più solenne non si può e la cui storia risale a mille anni or sono. Londra oggi è sul serio l’ombelico del mondo con gli oltre cento capi di Stato e le teste coronate di tutta Europa che siederanno nei primi banchi dell’abbazia di Westminster. Sempre oggi, però, è anche il giorno di Camilla, la donna che ha saputo aspettare mezzo secolo il suo re e oggi verrà incoronata regina: finalmente un passo avanti rispetto all’ingombrante ombra di Diana, la Principessa del popolo.

L’atmosfera che si respira a Londra è davvero da show della Great Britain. Non si vedeva dai tempi del matrimonio fra l’allora Principe Carlo e Lady D. Migliaia di sudditi si sono accampati da giorni lungo il percorso, lungo 7 chilometri, della Carrozza Reale, la Diamond Jubilee State Coach trainata da sei cavalli bianchi, e sono pronti a immortalare sui loro smartphone l’evento.

Tutti i segreti dell’incoronazione di Re Carlo: dal balcone-gate all’incognita Meghan sino ai droni intelligenti sulla folla

Fra le curiosità: la corona di Carlo III – che pesa due chili – contiene il diamante Cullinan II, talvolta chiamato Seconda Stella d’Africa, che fu donato a Edoardo VII il giorno del suo 66esimo compleanno dal governo del Transvaal, un’ex colonia della corona britannica, nell’attuale Sudafrica. Mentre l’olio usato per Carlo III, come precisa la BBC, non conterrà ingredienti di origine animale. Il sovrano reggerà lo scettro: un’inestimabile asta d’oro tempestata di ametiste, diamanti, rubini e smeraldi, che rappresenta il controllo sulla nazione.Punti chiave

  • 08:51 Harry arriva all’ultimo e se ne andrà per primo
  • 08:25 Biden assente: «Incontrerò Carlo III in estate»
  • 08:16 Harry sarà relegato in terza fila

09:24

Da Mayfair a Battersea Power Station, dove vedere l’incoronazione Diversi maxischemi nel centro e nei sobborghi londinesi

Prevedendo che il Mall, il primo tratto della processione per l’incoronazione fra Buckingham Palace all’Abbazia di Westminster, sarà strapieno, a Londra sono stati allestiti diversi maxischermi in aree verdi per consentire ai cittadini di assistere alla cerimonia facendo l’agognato picnic. Uno sarà allestito a Grosvenor Square, a Mayfair, altri a Hyde Park nella zona dei campi di calcio, del Coskpit e del Boathouse Lawn. Uno schermo più piccolo è localizzato a St James’s Park, presso l’entrata di Malborough Gate e uno a Green Park, sul viale del Broad Walk. Più decentrato, uno schermo decorato con festoni di Union Jack troneggia all’interno dell’ex Battersea Power Station, l’iconica ex centrale elettrica in stile art déco con quattro ciminiere sulla riva sud del Tamigi, riconvertita in grande centro commerciale e compound abitativo di lusso. Si potrà assistere all’aperto alla cerimonia anche a Croydon, sobborgo a sud di Londra, presso il Boxpark, nello stadio di Wembley e nel sobborgo di Walthamstow, nel nord-est della capitale. 09:14

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Re Carlo III, dalla corona agli invitati a tutti i segreti della carrozza reale: le 10 cose da sapere sull’incoronazione

sabato, Maggio 6th, 2023

Gli occhi del mondo sono puntati su re Carlo III oggi per l’incoronazione, che giunge otto mesi dopo l’ascesa al trono a seguito della morte della regina Elisabetta a settembre. La cerimonia solenne verrà celebrata nell’abbazia di Westminster a Londra dall’arcivescovo di Canterbury e si prevede che sarà più breve e meno sontuosa della celebrazione di 3 ore con cui Elisabetta II si insediò nel 1953, in linea con i piani di Carlo per una monarchia più snella. “Operazione Golden Orb” è il nome in codice dei piani per l’incoronazione, che verrà festeggiata per l’intero fine settimana: si inizia questa mattina, con l’investitura di re Carlo III e della regina Camilla, poi domani, domenica 7 maggio, si terranno feste di strada e pranzi comunitari, anche il premier ne ospiterà uno a Downing Street, nonché un concerto nel parco del Castello di Windsor con diverse star sul palco, da Andrea Bocelli a Lionel Richie, dai Take That a Katy Perry. Anche lunedì 8 maggio sarà una giornata festiva.

Incoronazione di re Carlo III – la diretta

QUANDO E DOVE – La cerimonia di incoronazione di re Carlo III e della regina consorte Camilla si tiene oggi, 6 maggio, alle 11 ora locale, le 12 in Italia, all’abbazia di Westminster. Qui la coppia reale arriverà con la cosiddetta ‘King’s Procession’ da Buckingham Palace, un percorso di circa 7 chilometri al via alle 10.30 locali, le 11.30 in Italia, a bordo della carrozza Diamond Jubilee State Coach, un mezzo che è stato modernizzato con dettagli come aria condizionata e finestrini elettrici. La durata prevista della cerimonia è di un’ora circa, rispetto alle 3 della regina Elisabetta II.

Incoronazione, Kate e William salutano la folla vicino a Buckingham Palace

LA CARROZZA – La Diamond Jubilee State Coach, 3 tonnellate di peso, è stata costruita nel 2012 in Australia in occasione dei 60 anni di regno della regina Elisabetta II ed è stata ammodernata. La scelta costituisce una rottura rispetto alla tradizione, che sarebbe stata quella di utilizzare la Gold State Coach, più antica e meno comoda. In un altro segno di rottura con la tradizione, è atteso che Carlo indossi un’uniforme militare anziché i tradizionali calzoni e calze di seta indossati dai re prima di lui. L’interno della carrozza è stato arredato con legni, metalli e materiali che hanno un legame specifico con la Gran Bretagna e la sua storia. Dalle residenze reali di Buckingham Palace, Palazzo di Kensington, Castello di Windsor, Palazzo di Holyroodhouse; alle Cattedrali: la Cattedrale di San Paolo, l’Abbazia di Westminster la nave Mary Rose, Downing Street 10, la Base in Antartide di Ernest Shacleton.
LA CERIMONIA – Per diventare re non è necessario che un monarca venga incoronato, infatti Carlo è automaticamente diventato re al momento della morte di Elisabetta II. Ma la cerimonia religiosa simbolica dell’incoronazione formalizza il ruolo del monarca come capo della Chiesa d’Inghilterra e segna il trasferimento di titoli e poteri. Le fasi previste della cerimonia sono: riconoscimento, giuramento, unzione, investitura, intronizzazione e omaggio. Carlo sarà seduto sulla cosiddetta ‘sedia dell’incoronazione’, o ‘sedia di Edoardo’: è accanto a questa sedia settecentesca che viene presentato dall’arcivescovo di Canterbury ai fedeli riuniti nell’abbazia; i presenti gridano “God Save the King” e le trombe risuonano. Successivamente il sovrano giura di sostenere la legge e la Chiesa d’Inghilterra. Segue l’unzione: il re si toglie la veste cerimoniale e si siede sulla sedia dell’incoronazione, sulla quale viene tenuto un drappo dorato per nascondere il re alla vista; l’arcivescovo di Canterbury unge le mani, il petto e la testa del re con un olio sacro preparato secondo una ricetta segreta, noto per contenere ambra grigia, fiori d’arancio, rose, gelsomino e cannella. L’olio usato per Carlo non conterrà ingredienti di origine animale, precisa la Bbc.

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Piazzapulita, surreale Saviano: difende pure l’armocromia. “Massacro”

venerdì, Maggio 5th, 2023

La polemica sull’armocromista “è solo l’inizio del massacro”. Per Roberto Saviano l’intervista a Vogue di Elly Schlein non è un clamoroso autogol di comunicazione che tradisce la distanza del Pd dai problemi veri del Paese, ma un “dettaglio” su cui la stampa si è aggrappata per “togliere attenzione a tutto il resto”. Lo scrittore di Gomorra  è ospite di Corrado Formigli a Piazzapulita, su La7, nella puntata di giovedì 4 maggio, e come da copione difende a spada tratta la leader dem. 

Jebreal e Saviano uniti dalla gaffe. Il doppio attacco a Meloni finisce malissimo

Schlein in una delle rare interviste ha confessato alla rivista di moda di avvalersi di una personal shopper esperta di armocromia (l’abbinamento dei colori…) che tra l’altro costa centinaia di euro l’ora. Anche i commentatori più teneri col Pd hanno bollato l’operazione come una tremenda gaffe. Non Saviano: “È solo l’inizio del massacro che un leader subisce quando si espone in politica. Si è data attenzione a questo dettaglio inutile per toglierla a tutto il resto”, argomenta lo scrittore, che gira intorno al concetto: “Si dà luce a commento detto in qualche secondo per impedire facilmente che l’attenzione vado su altro”. 

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Napoli, spari alla festa scudetto: un morto e tre feriti

venerdì, Maggio 5th, 2023

Una grande festa quella che ha vissuto Napoli nella notte per la vittoria del terzo scudetto, a 33 anni dall’ultimo trionfo dell’epoca di Diego Maradona. Che porta con sé anche un bilancio drammatico: un morto e tre feriti, tutti raggiunti da colpi di arma da fuoco nella zona di piazza Carlo III. A perdere la vita è stato un 26enne. Altre tre persone, invece, sono finite all’ospedale ferite dall’esplosione di petardi. 

Il 26 anni, con precedenti, è morto nella notte dopo esser stato ferito da colpi d’arma da fuoco in varie parti del corpo. La vittima, Vincenzo Costanzo residente nel quartiere di Ponticelli, è stata ricoverata all’ospedale Caldarelli dove è morta poco dopo. Tra i feriti risultano una donna di 26 anni e due giovani di 24 e 20 anni, raggiunti da colpi d’arma da fuoco, ma non in pericolo di vita. Sulla vicenda indagano i carabinieri. Una delle ipotesi più accreditate è che tutti siano stati feriti nello stesso luogo dove sarebbe stato colpito anche il 26enne morto ma la dinamica non è chiara.

I carabinieri a Napoli sono intervenuti in piazza Carlo III e nello stesso luogo potrebbero essere state ferite le altre persone portate in ospedale nella notte per ferite da arma da fuoco. Sulla dinamica ci sono ancora molti punti da chiarire, ma anche il luogo del ferimento del 26enne poi deceduto non è chiaro perché potrebbe essere accaduto nella vicina piazza Volturno.

All’ospedale Pellegrini, poi, è arrivata una ragazza di Portici di 26 anni, ferita alla caviglia, verosimilmente da colpo d’arma da fuoco, curata e dimessa con 10 giorni di prognosi. Nell’ospedale Villa Betania è arrivato un 24enne residente a Ponticelli ferito al gluteo destro, anche lui da colpo di pistola, curato e dimesso con 15 giorni di prognosi, e un ventenne di Portici con ferita e prognosi uguale. Una delle ipotesi più accreditata è che tutti siano stati feriti nello stesso luogo, lì dove sarebbe stato colpito anche Costanzo. Indagini ancora in corso.

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Roma, fascia verde “da rivedere”. Il dato choc: da novembre stop a 500mila auto

venerdì, Maggio 5th, 2023

Martina Zanchi

Travolto dalla rabbia dei cittadini il Campidoglio è costretto a prendersi una “pausa di riflessione” sui nuovi divieti di circolazione all’interno della Ztl Fascia verde. Ieri sera, al termine di una riunione dell’amministrazione capitolina, è arrivata la notizia che il sindaco Roberto Gualtieri ha istituito un tavolo tecnico permanente interno che avrà l’obiettivo di valutare «possibili rimodulazioni»- riferiscono fonti del Campidoglio – delle limitazioni al transito dei veicoli in Fascia verde introdotte con la delibera di giunta approvata a novembre. Il gruppo di lavoro, in questa fase, si occuperà di eseguire un monitoraggio relativo «all’attuale e reale circolazione dei veicoli Euro 2 ed Euro 3 in città».

Numeri che, se si guarda solo ai dati Aci relativi al parco veicoli 2022 nel Comune di Roma, sono ben superiori ai circa 35mila possessori di permessi di sosta e di ingresso nella Ztl che risiedono all’interno dell’area della Fascia verde. Cittadini che nelle prossime settimane riceveranno da Roma Servizi perla Mobilità una lettera che li avvisa della prossima revoca dei loro permessi. Ma il numero complessivo di romani che saranno direttamente colpiti dai divieti di circolazione è decisamente più alto. Stando ai dati Aci 2022 e considerando soltanto le autovetture, infatti, risultano oltre quattrocentomila veicoli (477.201), alimentati a gasolio e a benzina che, dal 1 novembre, non potranno più accedere in Fascia verde.

Questo perché appartengono a classi troppo inquinanti, dall’Euro 0 all’Euro 2 per la benzina e fino all’Euro 4 per i mezzi diesel. A questo dato, comunque parziale, bisogna aggiungere le centinaia di migliaia di pendolari che quotidianamente raggiungono la Capitale per lavoro o per altre esigenze. Stime ancora non definitive danno questa fascia di utenza intorno alle trecentomila unità, ma compito del tavolo di lavoro istituito in Campidoglio sarà proprio quello di tirare fuori una cifra attendibile, sulla base della quale stabilire se e quali modifiche apportare alla delibera. «A novembre 400mila macchine non potranno più entrare in Fascia «Richiami» I possessori di permessi Ztl e di sosta che se li vedranno revocare perché hanno auto vecchie verde – evidenzia il consigliere di Azione Francesco Carpano – Il trasporto pubblico è pronto? Sono arrivati nuovi treni su metro A e B? Sono stati comprati quella della C?

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Passa il “decreto Fuortes”, al via la rivoluzione in Rai

venerdì, Maggio 5th, 2023

Laura Rio

Ecco, dunque, quello che passerà alla storia della Rai come il «decreto Fuortes». La norma studiata per cambiare il vertice della Tv di Stato e designare come amministratore delegato un dirigente più vicino al volere dell’attuale governo nella persona di Roberto Sergio, attuale direttore della radiofonia e uomo interno che conosce profondamente l’azienda. Ieri, nel Consiglio dei ministri, è stata varato il decreto che, insieme a più ampie disposizioni sugli enti pubblici, estende anche agli stranieri il limite di 70 anni di età per i sovrintendenti di enti lirici (finora valeva per quelli italiani). Dunque, questo significa il decadimento di Stephane Lissner del Teatro San Carlo di Napoli, anche se ha già promesso di fare ricorso (perché le leggi non potrebbero essere retroattive). Fuortes dovrebbe prendere il suo posto e, a sua volta, Sergio diventare ad Rai con Giampaolo Rossi, molto vicino a Giorgia Meloni, direttore generale. Tutto questo procedimento è costellato di condizionali, perché in una vicenda così intricata, non si sa mai che può accadere. Comunque, l’obiettivo è chiaro: mettere ai vertici della Tv di Stato una governance che faccia una televisione che parli a tutto il paese, anche a quell’area di destra che – a torto o a ragione – finora non si è sentita adeguatamente rappresentata. E, questo, non solo nei telegiornali e nei talk, ma anche nei programmi di intrattenimento. Non che l’attuale ad, Carlo Fuortes, non fosse disposto a una vigorosa virata, ma la Meloni ha preferito cambiare nonostante mancasse solo un anno alla fine del suo mandato perché non c’è nessun rappresentante di Fratelli d’Italia nel cda Rai. Da par suo, Fuortes ha intricato ancor più la questione pretendendo (non è possibile licenziarlo) una poltrona di prestigio per sloggiare, individuata appunto nel San Carlo di Napoli. In tutto questo sono settimane che l’azienda è bloccata in attesa delle decisioni. Adesso bisognerà attendere i prossimi passi di Fuortes, che si è visto esaudito. Oggi ci sarà un consiglio di amministrazione Rai, in cui l’ad potrebbe esprimere le sue intenzioni. In ogni caso le dimissioni le deve comunicare alla presidente Rai Marinella Soldi e al collegio sindacale. Quindi toccherà al Ministero del tesoro designare il successore, ovvero Roberto Sergio. Se questa tabella di marcia procederà spedita, a metà maggio potrebbero essere insediati i nuovi vertici. A quel punto si andrà al galoppo per raddrizzare la baracca e, prima di tutto, mettere a punto i programmi della prossima stagione, di cui si vuole appunto cambiare l’indirizzo editoriale inserendo presentatori, autori e giornalisti che magari hanno faticato a trovare spazio negli anni passati.

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Investimenti e intuizioni, ecco i segreti dietro lo scudetto del Napoli

venerdì, Maggio 5th, 2023

Andrea Muratore

Lo scudetto del Napoli viene da lontano. Ed è anche il premio al lavoro di una società che, sotto la guida del presidente Aurelio De Laurentiis, ha riportato nell’Olimpo del calcio italiano una piazza affamata di risultati. Se i due scudetti del 1987 e del 1990 del Napoli che ruotava attorno a Diego Armando Maradona erano stati i titoli del riscatto nazionalpopolare e populista di una squadra trascinata dal Diez al livello delle corazzate del Nord, quello del Napoli di Luciano Spalletti è il punto di arrivo di una corsa durata diciannove anni.

Plusvalenze e risultati

Era il 6 ottobre 2004 quando il Napoli targato De Laurentiis esordiva in Serie C1 dopo il fallimento battendo 1-0 la Vis Pesaro all’ultimo respiro al San Paolo, con gol di Massimiliano Varricchio. Da allora in avanti, soprattutto dopo il ritorno in Serie A concretizzatosi nel 2007, De Laurentiis e la sua società hanno portato gli azzurri nell’élite con programmazione e investimenti. Ha speso molto, il club guidato dal produttore cinematografico romano: 800 milioni di euro solo nell’ultimo decennio nelle sessioni di mercato e un miliardo di euro circa per gli stipendi nello stesso periodo. Ma spesso gli investimenti sono stati ripagati ampiamente da plusvalenze e risultati sul campo.

Nei primi anni dopo il ritorno in Serie A il Napoli fu guidato da uomini-simbolo poi divenuti la chiave di volta per eccellenti plusvalenze. Iniziò Ezequiel Lavezzi, il fantasista argentino acquistato per 5 milioni di euro dal San Lorenzo nel 2007 e venduto al Paris Saint Germain per 30 milioni cinque anni dopo. Alla stessa squadra parigina si trasferì l’anno successivo il bomber uruguaiano Edinson Cavani. De Laurentiis aveva investito nel 2010 17 milioni di euro per strapparlo al Palermo, ma lo cedette per ben 66 milioni di euro al club degli emiri qatarioti dopo che il Matador aveva segnato 104 gol in 138 partite contribuendo alla vittoria della Coppa Italia 2011-2012.

A sostituire Cavani fu chiamato Gonzalo Higuain, acquistato dal Real Madrid per 40 milioni di euro, in quella che fu la più onerosa trattativa della storia del Napoli. Investimento lautamente ricompensato dalla vendita del Pipita argentino alla Juventus per 90 milioni di euro tre anni dopo

Questi erano i racconti di un Napoli capace di muoversi tra le big ma presto o tardi destinato a separarsi dai suoi migliori talenti. Per la stabilizzazione l’uomo del destino è stato, in quest’ottica, Cristiano Giuntoli. Dopo la sua chiamata alla carica di direttore sportivo, il manager ed ex calciatore classe 1972 artefice del miracolo Carpi, guidato come dirigente dalla D alla Serie A nel decennio precedente, ha impostato in tandem con De Laurentiis una strategia di programmazione societaria molto ambiziosa.

Il modello Napoli che ha portato allo scudetto

Il Napoli non ha alle spalle una struttura tale da poter gestire vivai ramificati come quelli che hanno in Europa società come l’Ajax e l’Atalanta. La struttura stessa del club e della sua tifoseria, che sovraespone gli enfant du pays sotto il profilo delle aspettative, ha fatto sì che pochi, a parte lo storico ex capitano Lorenzo Insigne, abbiano avuto modo di emergere dalla Primavera ai ranghi dei titolarissimi. La strategia di Giuntoli è stata invece pragmatica e a metà strada. Acquisti di giocatori da campionati minori e dalla classe medio-bassa delle massime leghe europee si sono saldati a investimenti mirati su dei big capaci però di garantire, in prospettiva, rendimenti sul campo notevoli e una crescita delle prestazioni capace di stabilizzare ad alti livelli il club.

I giocatori in questione, inoltre, sono stati chiamati anche sulla logica della fidelizzazione alla maglia, sfruttando la tendenza di De Laurentiis e Giuntoli a chiedere ai neo-firmatari del club l’impegno a garantire al club la gestione esclusiva dei propri diritti d’immagine. Una scelta spesso ritenuta controversa, ma che ha creato un’identificazione del Napoli come collettivo al di sopra dei singoli.

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