Archive for Maggio, 2023

Natura e tecnica: ostaggi al telefono con nessuno

sabato, Maggio 13th, 2023

di Ernesto Galli della Loggia

Anche se negli ultimi tempi le cose sono un po’ diverse (ma non poi così tanto), nei decenni che ci stanno alle spalle abbiamo assistito a mutamenti delle nostre società così continui e sostanziali, così benefici e duraturi — perlopiù frutto congiunto dell’affermazione della democrazia e delle conquiste tecnico-scientifiche — da lasciare nella mentalità di noi tutti un’impronta duratura e fortissima. Ne siamo usciti quelli che siamo oggi: degli invincibili progressisti. Progressisti per sempre.

Progressisti perché convinti, ad esempio, che la sola idea di opporsi al cambiamento, di voler conservare, siano idee sostanzialmente insensate (oltre che reazionarie, «di destra»). In particolare ci appare insensata l’idea che si possa rifiutare una qualunque cosa si presenti come il frutto del progresso tecno-scientifico: anche se oggi tale progresso sembra sul punto di prendere (o ha già preso) un orientamento significativamente diverso da quello precedente. Passando cioè da un progresso volto a rafforzare e ampliare le capacità umane (per dire: dalle capacità del sistema immunitario a quelle di calcolo) a un progresso in cui invece la tecno-scienza mira di fatto a sostituire tali capacità, a surrogarle (l’ingegneria genetica e l’intelligenza artificiale sono solo i due casi più clamorosi). Con il risultato, in prospettiva, di un vero e proprio superamento di quello che si potrebbe chiamare l’umano «naturale» a pro di un umano post-naturale, «artificiale».

Ma se le cose stanno così è evidente che anche il significato ideologico e quindi politico del concetto di conservare è destinato a mutare. In che senso secondo l’antico vocabolario può ancora considerarsi «conservatore» e «di destra», ad esempio, vietare ogni ricerca sulla clonazione umana o sulla sostituzione dell’utero con una macchina (due traguardi oggi tecnicamente non così lontani)? Non stiamo forse assistendo, insomma, all’inizio di un radicale mutamento di senso delle categorie che finora abbiamo forse troppo disinvoltamente adoperate nell’arena politica? In che senso avrebbe ancora a che fare con la «destra» tradizionalmente intesa un partito che ad esempio si proponesse di opporsi a quello che non saprei definire altrimenti che come uno «snaturamento della vita», della vita individuale come della vita sociale, promosso dal combinato disposto di progresso tecnico e interessi economici?

Faccio solo un esempio, all’apparenza di portata assai limitata ma che è indicativo di che cosa voglia dire il combinato suddetto nell’esistenza quotidiana di ciascuno di noi.

Per una fattura sbagliata, per protestare contro qualsiasi disservizio, per chiedere un’informazione, per un corriere che non ci ha trovato a casa, per prenotare ormai qualsiasi cosa, per parlare con qualsiasi ufficio, telefoniamo a un centralino. E qui comincia una vera odissea. Quello che ci risponde immediatamente è un disco. Il quale ci prospetta quattro o cinque opzioni da digitare, poi di seguito ancora una volta altre quattro o cinque, e magari la stessa cosa un’altra volta ancora. Se capiamo bene e siamo così bravi e pronti da scegliere sempre l’opzione giusta inizia regolarmente un’attesa snervante di tre, cinque, dieci minuti, un tempo potenzialmente illimitato durante il quale un disco ci ripete di continuo che «il primo operatore libero ecc. ecc…»; finché a un certo punto, novantanove volte su cento, con l’aria di farci un piacere saremo invitati «per non prolungare l’attesa…» ad andare sul sito «www.vattelapesca» e da lì proseguire il nostro viaggio verso il nulla.

Nel nostro quotidiano rapporto con il mondo è sempre più raro, insomma, che ci sia una voce umana che ci ascolti quando dobbiamo avanzare una protesta o una richiesta. Il progresso e insieme l’ovvio interesse economico di non ricorrere a degli operatori in carne ed ossa ci sottrae ogni possibile interlocutore reale. Al suo posto ci viene imposto di rivolgerci a una macchina, di parlare al suo silenzioso fruscio, di cancellare dalle parole che pronunciamo ogni tratto personale, emotivo, nostro: di «stare ai fatti!» e basta. Sapendo peraltro di non poterci attendere alcuna risposta, costretti ad affidare l’esito di quanto stiamo dicendo a una entità imperscrutabile che non possiamo sapere se, quando, e come, prenderà in esame quella che di fatto assomiglia più che altro a una disperata supplica.

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Zelensky a Roma, Meloni: «Siamo al fianco di Kiev». La premier offrirà aiuti (ma c’è lo scoglio dei soldi)

sabato, Maggio 13th, 2023

di Francesco Verderami

Per Palazzo Chigi, l’immagine dell’Italia si è rafforzata

Zelensky a Roma, Meloni: «Siamo al fianco di Kiev». La premier offrirà aiuti (ma c’è lo scoglio dei soldi)

Zelensky salirà al Quirinale per chiedere l’appoggio dell’Italia all’ingresso nella Ue e andrà a palazzo Chigi per ottenere ulteriore supporto militare.

E non c’è dubbio che il capo dello Stato e la premier si adopereranno, consapevoli che la strada dell’Ucraina verso l’Europa presenti ancora degli ostacoli, e che la strada verso la pace rimanga irta di difficoltà. Perciò Meloni dice che «siamo e resteremo al fianco di Kiev»: «Il sostegno al popolo aggredito dall’invasore russo è una scelta convinta e doverosa, in difesa dei valori occidentali e quindi assunta anche nell’interesse nazionale. Si tratta di una scelta che il mio partito ha fatto quando stava all’opposizione e che ha ribadito quando è stato chiamato a governare». Perciò, alla vigilia del colloquio con Zelensky, ci tiene a sottolineare come «l’impegno dimostrato in questi mesi» dal suo gabinetto abbia «rafforzato l’immagine dell’Italia nel contesto internazionale»: «Il fatto che il presidente ucraino venga a Roma negli stessi giorni della visita a Berlino, lo testimonia chiaramente».

La premier coglie la complessità del momento, che incrocia una fase critica della crisi. «E la parola pace — spiega un esponente dell’esecutivo — serve oggi a farci convivere con la guerra, a rincuorare le opinioni pubbliche del mondo libero e a proteggere le nostre economie». Perché il conflitto non sembra per ora destinato a cessare e Zelensky ha bisogno di aiuto. Meloni vuole assecondare le richieste ucraine e al contempo evitare gli scogli politici e mediatici che le si parano davanti. Così, per soffocare sul nascere la polemica dei neo-pacifisti grillini, ha smentito che userà i fondi del Pnrr per nuovi aiuti militari a Kiev. Ma il sostegno proseguirà, usando per esempio le risorse inserite nelle «ulteriori missioni internazionali» appena deliberate dal governo e su cui la prossima settimana il Senato discuterà con i ministri degli Esteri e della Difesa.

In attesa di un nuovo decreto, che i maldipancia nella maggioranza non potranno ostacolare. Perché la guerra sta entrando in un passaggio delicato e Zelensky si trova a un bivio. Fonti militari italiane raccontano che l’Ucraina deve decidere se puntare su «un paio di obiettivi strategici» posti nel corridoio tra Donbass e Crimea, che se venissero conquistati «potrebbero influire» sull’esito del conflitto: ma la scelta è «molto complicata» perché il risultato «non è scontato». Per la controffensiva di primavera, Kiev necessita di sistemi d’arma avanzati per agire in profondità. E se da Stati Uniti e Regno Unito ha ottenuto «materiale adatto», come missili a più lungo raggio, dall’Italia può ricevere «cose che abbiamo e che possiamo dare».

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Chi è il Gandhi turco che sfida Erdogan dalla cucina di casa?

sabato, Maggio 13th, 2023

Elezioni presidenziali e politiche, la Turchia vota e per la prima volta in vent’anni di potere Recep Tayyip Erdogan teme di non farcela

Elezioni presidenziali e politiche, un secolo dopo la nascita della Repubblica la Turchia vota e per la prima volta in vent’anni Recep Tayyip Erdogan teme di non farcela. Chi è Kemal Kilicdaroglu, l’economista in pensione soprannominato «il Gandhi turco» che dalla cucina di casa vuole sfilargli la presidenza?

Gandhi e il Sultano

Settantaquattro anni, originario della provincia orientale di Tunceli, quarto di sette figli, da ragazzino Kilicdaroglu lavorava nei campi di cocomeri e vendeva uova bollite in stazione. Oggi è il capo del socialdemocratico Partito popolare repubblicano fondato dal generale padre della patria Mustafa Kemal Atatürk e guida una coalizione di sei formazioni dell’opposizione. Promette dialogo, pace e gioia contro l’accentramento dei poteri voluto dal «Sultano» Erdogan in un esercizio del potere che non ammette dissenso, piega limiti e leggi a un progetto in contrasto con la cornice riformista e laica del kemalismo, persegue una politica estera «neo-ottomana», espansionista e interventista dal Mediterraneo orientale al Medio Oriente.


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Guerra Ucraina-Russia, le notizie di oggi 13 maggio | Oggi Zelensky in Vaticano e a Roma

sabato, Maggio 13th, 2023

di Marta Serafini, inviata, e redazione Online

Le notizie in diretta sulla guerra di sabato 13 maggio

Guerra Ucraina-Russia, le notizie di oggi 13 maggio | Oggi Zelensky in Vaticano e a Roma

• Oggi Zelensky a Roma, sarà ricevuto da Mattarella. In agenda incontri anche con il Pontefice e la premier
• I russi ripiegano a Bakhmut. Prigozhin: «Lo Stato maggiore sminuisce la situazione»
• Mosca: l’invio dei missili da Londra è una misura «estremamente ostile»
• La Casa Bianca: «Non ci sono cedimenti nel fronte anti-russo»
• A Bruxelles manca l’accordo sul nuovo pacchetto di sanzioni
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Ore 08:34 – Roma blindata per Zelensky: stop ai voli, tiratori scelti, controlli satellitari

(Rinaldo Frignani) Le strade attorno al Parco dei Principi Grand Hotel sono deserte. Transennate e pattugliate dall’Esercito che controlla ogni angolo del quartiere delle ambasciate, fra Villa Borghese e i Parioli. Oggi, e forse domani, il lussuoso albergo che da sempre ospita anche la nomenclatura della diplomazia americana in visita nella Capitale, potrebbe trasformarsi nel quartier generale del presidente ucraino Volodymyr Zelensky.

Qui l’articolo completo.

Ore 07:07 – La battaglia di Bakhmut: «Oggi non si può morire, oggi stiamo avanzando»

(dalla nostra inviata nel distretto di Bakhmut, Marta Serafini) Quando i medici della 225esima scaricano dall’ambulanza il sergente Viktor, tutti tirano un sospiro di sollievo. È cosciente, anche se ha ferite alla cassa toracica, all’inguine e alla testa. «Oggi non si può morire, oggi stiamo avanzando», gli dicono i barellieri mentre lo trasferiscono su un secondo mezzo che lo porterà al punto di stabilizzazione più vicino.

«Non stiamo sfondando ancora ma stiamo andando in avanti», spiegano i militari della 225esima mentre sulle mappe di Deep State, l’app di mappe usata dai soldati ucraini, per la prima volta in sette mesi di battaglia compaiono le macchie blu che indicano le aree riconquistate. Quasi cinque chilometri quadrati vicino al fiume Siversky-Donets, tra i villaggi di Ivanivske e Kurdiumivka, a sud di Bakhmut sono stati liberati dalla 3ª brigata d’assalto.

Ma anche a nord della città c’è movimento. Vicino alla M-03 in direzione Bakhmut e Soledar, l’artiglieria ucraina è al lavoro, una colonna di mezzi blindati per il trasporto fanteria si sposta verso Sloviansk. Le notizie che arrivano dal fronte, a una manciata di chilometri, sono buone. Gli ucraini da ieri mattina stanno avanzando anche sul fianco nord di Bakhmut. A riconoscerlo è pure il ministero della Difesa russo che nel pomeriggio deve ammettere la ritirata e spiegare come ora siano le truppe ucraine a controllare la strada per Chasiv Yar, la «strada della morte» da mesi contesa. «L’intera operazione per entrare a Bakhmut è in corso da ottobre scorso, 7 mesi. Durante questo periodo, abbiamo preso il bacino idrico di Berkhovskoye, l’insediamento di Berkhovka e ci siamo spostati lungo la strada Bakhmut-Sloviansk in direzione di Sloviansk. Ora il processo è invertito».

Evgeny Prigozhin, ormai più presente in rete di un tiktoker e forse furente anche per le dichiarazioni di un comandante ucraino che alla Cnn parla di miliziani della Wagner in fuga, continua a martellare il Cremlino e accusa: il ministero della Difesa «deve smetterla subito di dire bugie», afferma il capo della Wagner aggiungendo che quella descritta non è una ritirata. «C’è stata semplicemente una fuga di unità del ministero della Difesa dai fianchi» che ha portato a una perdita di terreno di 5 km quadrati.

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Zelensky da Meloni a Roma: lo schiaffo alla Russia di Putin

venerdì, Maggio 12th, 2023

Volodymyr Zelensky potrebbe fare nei prossimi giorni una visita lampo a Roma, dove incontrerebbe la premier Giorgia Meloni. L’indiscrezione arriva dalle agenzie di stampa, che citano diverse fonti qualificate. Il presidente ucraino sta facendo visita ad alcuni Paesi europei e avrebbe deciso di aggiungere una tappa anche in Italia: nei giorni scorsi è stato a Helsinki e all’Aia, mentre sabato 13 e domenica 14 maggio è atteso in Germania. 

Zelensky incontrerà il cancelliere Olaf Scholz e il presidente Frank-Walter Steinmeier a Berlino, dopodiché si recherà ad Aquisgrana per ricevere un premio. In questa agenda affollata potrebbe esserci spazio per un viaggio rapidissimo a Roma, sempre nella giornata di sabato 13 maggio: tappa che al momento non è stata ancora confermata in via ufficiale. Meloni aveva incontrato Zelensky a Kiev lo scorso 21 febbraio e lo aveva invitato in Italia: invito che poi era stato ribadito il 26 aprile in occasione del video collegamento di Zelensky con la Conferenza di Roma sulla ricostruzione. 

Inoltre fonti vaticane fanno sapere all’Ansa che il presidente ucraino potrebbe incontrare anche Papa Francesco nel caso in cui dovesse recarsi a Roma nella giornata di sabato. Si tratta soltanto di un’ipotesi e quindi non ci sono conferme sul luogo e sull’ora dell’eventuale incontro. Un paio di settimane fa il Pontefice ha ricevuto il premier ucraino Denys Shmyhal, mentre non ha mai visto Zelensky da quando è scoppiata la guerra. 

LIBERO.IT

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Elly Schlein, schiaffi pure tra le tende alla Sapienza: “Qui a fare la passerella”

venerdì, Maggio 12th, 2023

Elly Schlein si è buttata a capofitto su ogni protesta contro il governo per metterci il cappello del Pd, ultima delle quali è quella contro il caro-affitti con gli studenti che hanno piantato le tende davanti alle università. Ma dopo i malumori nella piazza sindacale di Bologna, dove le hanno gridato chiaro e tondo di andarsene altrove a fare i suoi comizi, arriva contestazione degli studenti. Nella “tendopoli” allestita nel centro della città universitaria della Sapienza, a Roma, alcuni studenti l’hanno accusata di “venire a fare una passerella” mentre il “suo partito, il Pd, da anni non sostiene il diritto allo studio”. Argomentazioni piuttosto fondate, quelle dei militanti della lista studentesca Cambiare rotta, dal momento che i dem, in un modo o nell’altro, hanno governato per anni.

“Io sono segretaria del Pd da sei mesi – ha replicato la segretaria Schlein – e nel mio percorso di impegno politico ed universitario e anche come amministratrice mi sono impegnata sul problema del diritto alla casa. Il Pd nel suo congresso ha messo al centro il diritto all’abitare e il diritto alla casa. Sono venuta a dare sostegno a questa rivendicazione ma è chiaro che in modo diverso metteremo il nostro impegno a vario titolo sia nelle istituzioni che fuori, sia a livello nazionale che locale per mettere in campo politiche diverse su diversi punti: il primo è la mancanza di risorse al diritto allo studio. Non pensiamo al passato, pensiamo al futuro”. Parole vaghe che non convincono gli studenti. Tra l’altro la dem ha chiesto “più risorse sul diritto allo studio”, proprio quando il governo ha stanziato 660 milioni di euro aggiuntivi per il problema. 

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PiazzaPulita, l’ultimo sondaggio (con Schlein in studio…) gela Formigli

venerdì, Maggio 12th, 2023

ondaggi letti tutti di un fiato nella concitazione della trasmissione, quelli andati in onda giovedì 11 maggio a PiazzaPulita, su La7, Il conduttore Corrado Formigli mostra i dati della rilevazione Proger Index e le sorprese non mancano. Ad esempio il balzo del partito della premier Giorgia Meloni, Fratelli d’Italia, che cresce di quattro decimali e torna in zona 30 per cento (29,5). Contemporaneamente si registra il calo del Pd di Elly Schlein, che ieri tra l’altro era ospite proprio di Formigli. I dem perdono lo 0,2 per cento rispetto a sette giorni fa e oggi valgono il 20,6. L’ultimo sondaggi politico di PiazzaPulita offre così tendenze significative anche alla luce delle imminenti elezioni amministrative che vedranno oltre 700 comuni al voto. 

Il Movimento 5 stelle di Giuseppe Conte viene dato al 15,7 per cento, seguono la Lega di Matteo Salvini, stabile al 9 per cento, e Forza Italia al 6,6 (-0,1). Azione di Carlo Calenda è in calo al 4,2 per cento, Italia Viva di Matteo Renzi in crescita al 2,7. Alleanza Verdi-Sinistra italiana sale al 3,3 per cento, più Europa stabile al 2,5 e Italexit-Per l’Italia di Gianluigi Paragone è valutato 1,9 per cento. Risultati che non sorridono alla sinistra anche per quanto riguarda la fiducia nei leader e nell’esecutivo. La fiducia in Meloni cresce dello 0,1 rispetto a una settimana fa: oggi è al 46 per cento. Stabile il gradimento al governo (34). È in calo di un deecimale la fiducia in Schlein (32). La leader dem è seguita da Conte e Salvini (26), Calenda (21) e Silvio Berlusconi (18). 

IL TEMPO

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Le riforme tra paure e scetticismo

venerdì, Maggio 12th, 2023

di Aldo Cazzullo

Non dovremmo avere paura dell’elezione diretta del capo dello Stato. L’elezione diretta del premier invece non esiste in nessun Paese del mondo

Le riforme tra paure e scetticismo
Palazzo Chigi, sede della Presidenza del Consiglio (Ansa)

Quando Charles de Gaulle impose alla Francia la svolta presidenzialista, uscì un pamphlet che monopolizzò la discussione pubblica. Si intitolava «Le coup d’État permanent». L’autore considerava la riforma come un golpe ripetuto tutti i giorni, e giudicava i nuovi meccanismi costituzionali incompatibili con la democrazia. Il suo nome era François Mitterrand; e grazie a quella riforma e a quei meccanismi sarebbe stato presidente della Francia per quattordici anni.

E dopo di lui avrebbe governato per altri cinque anni un altro socialista, François Hollande. Che ha tenuto a battesimo come ministro dell’Economia l’attuale presidente, Emmanuel Macron. Basterebbe questo a ricordare che il presidenzialismo non è una «cosa di destra». Rappresenta un investimento sulla politica. Nel momento in cui la politica conta sempre meno, sovrastata dalla finanza internazionale, dai poteri globali, dai padroni della Rete, gli elettori fanno una scelta, con la possibilità di revocarla dopo cinque o anche solo quattro anni. I n America, a parte il Canada il cui capo di Stato è re Carlo, tutti i Paesi importanti sull’esempio degli Usa eleggono direttamente il loro presidente (nel dopoguerra, sette democratici da Truman a Biden e sette repubblicani da Eisenhower a Trump: anche il Nuovo Mondo invecchia). In Europa sono eletti dal popolo i capi di quasi tutti gli Stati che non hanno un re, dal Portogallo alla Polonia, dall’Irlanda all’Austria, dalla Slovenia alla Repubblica Ceca. A differenza che negli Usa, dove il presidente è il capo del governo, nei Paesi europei le due figure sono distinte; anche in Francia, che è lo Stato dove pure il presidente conta di più. Non è vero che un capo dello Stato eletto dal popolo debba per forza essere al vertice dell’esecutivo. Si può affidare ai cittadini la scelta di un presidente dotato di poteri di rappresentanza e di equilibrio, come in Italia. Non solo si può; lo si fa.

L’unica cosa che non esiste in nessun Paese del mondo è l’elezione diretta del premier. Ci hanno provato in Israele e hanno cambiato idea. Nel Regno Unito vince un partito, non un uomo; diventa premier il capo del partito che ha vinto; ma il premier può essere cambiato, in questa legislatura i conservatori ne hanno avuti tre. In Germania un gigante come Helmut Kohl divenne cancelliere non in seguito a un voto popolare ma in seguito a un voto parlamentare, per il cambio di alleanze dei liberali, che abbandonarono i socialdemocratici per unirsi a Cdu-Csu, insomma i democristiani.

Ovviamente noi italiani possiamo fare eccezione, e inventarci il premierato o il «sindaco d’Italia». Di sicuro non dovremmo avere paura dell’elezione diretta del capo dello Stato, senza per questo negare che i presidenti eletti per sette anni dal Parlamento abbiano lavorato bene, nel caso poi di Sergio Mattarella benissimo.

Diciamoci la verità: la discussione sulle riforme è segnata dallo scetticismo. Il retropensiero è che alla fine non se ne farà nulla. Troppa distanza tra destra e sinistra, interessi diversi anche all’interno delle coalizioni; e poi la mazzata finale del referendum confermativo, che ha già bruciato la riforma Berlusconi e quella Renzi.

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Covid, Crisanti: “Vogliono smontare la mia perizia ma si potevano evitare 4 mila morti”

venerdì, Maggio 12th, 2023

Filippo Femia

«Se mi dovessi difendere direi la stessa cosa, che il perito ha sbagliato». Non è sorpreso Andrea Crisanti, professore di Microbiologia e senatore del Pd, per l’attacco degli avvocati di Roberto Speranza. L’ex ministro della Salute è, insieme all’ex premier Giuseppe Conte, uno dei 19 indagati nell’inchiesta della Procura di Bergamo sulle prime fasi della pandemia. La perizia di parte, un documento chiave per l’accusa, è firmata da Andrea Crisanti.

Gli avvocati di Roberto Speranza puntano il dito contro di lei: «Ha commesso gravi errori che hanno tratto in inganno la Procura». Cosa risponde?
«Non mi meraviglio. È compito della difesa sfidare le conclusioni del perito di parte. Adotterei la stessa strategia, se fossi al posto loro. Nei prossimi mesi cercheranno sistematicamente di smontare la mia perizia, ma è una cosa legittima. Salutare, perfino. Quello che vogliamo tutti è che emerga, nel confronto, una verità processuale. Ma entrerò nel merito della questione solo in sede dibattimentale, se ci sarà».

La difesa dell’ex ministro della Salute sostiene che la comunicazione dell’Oms agli Stati risalente al 5 gennaio 2020 era una raccomandazione non vincolante.
«Quel documento dell’Organizzazione mondiale della sanità era tecnicamente un allarme. Va contestualizzato con gli automatismi previsti dal piano pandemico, incardinato nella legge italiana»

Il piano pandemico italiano, risalente al 2006, era «inefficace» come sostengono gli avvocati dell’ex ministro Speranza?
«L’Oms monitorava periodicamente i piani pandemici dei diversi Stati, chiedendone un eventuale adeguamento. Non sono in grado di stabilire quali informazioni avesse l’Oms sul piano pandemico italiano».

Giuseppe Conte è accusato per la mancata zona rossa ad Alzano e Nembro. Nella sua perizia sostiene che un lockdown dal 27 febbraio 2020 in Val Seriana avrebbe evitato 4.148 decessi, 2.659 se la stretta fosse stata introdotta il 3 marzo.
«Negli ultimi vent’anni i modelli matematici hanno raggiunto un’accuratezza senza precedenti. Scandiscono la nostra vita negli aspetti più disparati, se vi rinunciassimo faremmo un salto indietro di mezzo secolo».

Lei parte dal presupposto che nella gestione della pandemia ci sono stati errori e omissioni?
«Nel comportamento umano ci sono sempre, è inevitabile. Ma non necessariamente hanno rilevanza penale. Nella mia perizia ho cercato di ricostruire i fatti, il mio non è un atto d’accusa: è un contributo per ricostruire la verità storica di quel periodo. Capire cosa non ha funzionato è fondamentale per evitare di commettere gli stessi errori in futuro».

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Diritto di famiglia

venerdì, Maggio 12th, 2023


Annalisa Cuzzocrea

In un Paese che attende da anni una legge che tuteli le famiglie arcobaleno, il male ha inizio con una circolare. Non con un decreto, non con un atto normativo dibattuto in un Parlamento che comunque a ogni prova dimostra di essere indietro rispetto alla realtà, ma con un dispositivo firmato dal ministro dell’Interno che ha dato il via a una serie di conseguenze nefaste. Per chiamare le cose col loro nome, a una catena insopportabile di discriminazioni.

Ci sono bambini, oggi, 12 maggio 2023, in un Paese che si definisce sviluppato, che fino a qualche settimana fa avevano due madri, e oggi ne hanno una sola. E non perché alla seconda mamma sia successo qualcosa, ma perché lo Stato ha cambiato idea e ha deciso che è così. Che un presunto ordine naturale andava ristabilito. Che la loro esistenza è irregolare e come tale deve essere considerata dai documenti di cui hanno bisogno per andare a scuola, in ospedale, per viaggiare, uscire dal Paese, definirsi. Per esistere.

Alcune procure – per ora Padova, Bergamo, Milano – hanno preso talmente alla lettera la circolare emanata dal ministro dell’Interno Matteo Piantedosi da decidere che non doveva valere solo per il futuro, e già su questo c’è moltissimo da discutere, ma anche per il passato. Così ci sono mamme, in questo Paese, che si sono viste dire da un tribunale: da oggi tu, per questo bambino che hai voluto amato e accudito ogni giorno della sua vita, non esisti. Ma, soprattutto, ci sono bambini cui viene all’improvviso preclusa metà della propria famiglia. La madre o il padre non biologici, e quindi nonni, zii, cugini. Bambini che ogni giorno – mentre andranno a scuola, al parco, in gita, dal medico – sapranno che lo Stato li considera e li tratta da diversi, semplicemente per il modo in cui sono nati. Come accadeva un tempo con i figli illegittimi.

Pensavamo che tutto questo fosse alle spalle, da quando il diritto preminente del minore è diventato un principio cardine della nostra giurisprudenza. È lo stesso principio sancito nella Convenzione per i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza delle Nazioni Unite nel 1989. È l’Abc di ogni Paese che rispetta i diritti umani e i diritti civili, ma pian piano, da lì, stiamo tornando indietro. E le armi di distrazione di massa seminate dalla destra e dai movimenti omofobici non c’entrano nulla. Non c’entra la gestazione per altri, che in Italia è vietata e tale sarebbe rimasta anche se – quando si presentò l’occasione – con le Unioni civili fosse stata approvata la stepchild adoption, l’adozione automatica del figlio del partner.

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