Archive for Maggio, 2023

L’allarme del World Economic Forum: “Nei prossimi 5 anni a rischio 14 milioni di posti di lavoro”. Chi rischia e quali sono le nuove frontiere

lunedì, Maggio 1st, 2023

Francesco Bertolino

MILANO. Il 2% dell’occupazione globale è in pericolo a causa d’inflazione, rallentamento economico e carenze di approvvigionamento. Digitalizzazione e transizione energetica offrono nuove opportunità, ma urge una riqualificazione professionale. L’intelligenza artificiale? Minaccia le mansioni impiegatizie e di segreteria, ma avrà un impatto globale positivo

Nei prossimi cinque anni quasi un quarto dei posti di lavoro è destinato a subire modifiche per adattarsi alle incombenti transizioni gemelle, digitale ed energetica. La trasformazione non sarà indolore: di qui al 2027 nasceranno 69 milioni nuovi impieghi nel mondo, ma ne scompariranno 83 milioni. Il saldo sarà quindi negativo per 14 milioni, pari al 2% dei 673 milioni di posti di lavoro.

La stima è frutto di un sondaggio svolto dal World Economic Forum all’interno di un campione rappresentativo: 407 aziende che impiegano oltre 11,3 milioni di lavoratori in 45 Paesi. C’è quindi di che preoccuparsi, anche perché la fosca previsione sui dati occupazionali proviene da un’organizzazione influente e tradizionalmente ottimista.

A dispetto dei timori di Elon Musk, però, la colpa non sarà dell’intelligenza artificiale, ma dell’inflazione, del rallentamento della crescita economica e delle carenze di approvvigionamento. Il progresso tecnologico e la conseguente digitalizzazione, certo, imporranno un radicale mutamento del lavoro.

Ruoli impiegatizi e di segreteria – come sportellisti di banca, cassieri e addetti all’inserimento di dati – sono destinati a essere progressivamente automatizzati. Nuovi sistemi di AI come ChatGpt hanno poi dimostrato di poter svolgere anche mansioni comunicative che in passato sembravano appannaggio dell’umanità.

L’impatto non va però sovrastimato. Secondo le imprese sondate, circa un terzo delle mansioni è oggi automatizzato, appena l’1% in più di tre anni fa. Rispetto all’ultimo rapporto sul futuro del lavoro del Wef, inoltre, le aspettative di ulteriore automazione sono state riviste al ribasso: se nel 2020 si prevedeva che i robot avrebbero svolto il 47% delle mansioni già nel 2025, oggi si è scesi al 42% entro il 2027.

Il 50% delle imprese prevede in ogni caso che l’intelligenza artificiale finirà per aumentare l’occupazione, mentre solo il 25% teme la sostituzione massiccia di dipendenti. Stesso discorso vale per la transizione energetica che pure creerà più posti di lavoro di quanti ne distruggerà. In entrambi i casi, però, il bilancio positivo dipenderà dalla capacità di governi e imprese di favorire la riqualificazione della forza-lavoro.

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Attacco al Concertone: timori di un nuovo caso-Sanremo

lunedì, Maggio 1st, 2023

Ilario Lombardo

ROMA. «Le piacerebbe!». Questa la reazione, risentita e sarcastica, quando in Cgil commentano la nota pubblicata ieri da Giorgia Meloni, e quel passaggio in particolare: «Se Maurizio Landini pensa davvero che sia diseducativo lavorare il Primo maggio, allora il concerto la triplice dovrebbe organizzarlo in un altro giorno».

Un palco, una diretta televisiva, artisti a ruota libera, voglia di diritti, urla, slogan, applausi, tre canali Rai, tra radio e tv, più Raiplay a disposizione. L’incubo Sanremo agli occhi della premier torna a materializzarsi nel Concertone di piazza San Giovanni, immancabile e tradizionale appuntamento per le sfide al governo e le polemiche politiche. I sospetti del sindacato sono diventati certezza tra gli organizzatori dopo la risposta della presidente del Consiglio al segretario della Cgil, che aveva liquidato il Consiglio dei ministri convocato nel giorno della Festa dei lavoratori come una scelta inopportuna e di pura propaganda. Una festa, ricordava Landini, che è tornata nel 1947 in Italia, perché era stata abolita dal regime fascista.

Anche la Uil nota le coincidenze e legge un certo nervosismo della premier. Il segretario Pierpaolo Bombardieri è sicuro che la mossa di ritrovarsi a Palazzo Chigi il Primo maggio per licenziare un decreto sul lavoro nasca dalla voglia di controbilanciare lo show organizzato dai tre grandi sindacati: «Volete scommettere – sostiene – che la conferenza stampa del governo sarà in contemporanea con il comizio dei segretari generali?». È probabile che Bombardieri non abbia torto. Esattamente un anno fa, da semplice leader di Fratelli d’Italia, Meloni organizzò una Conferenza programmatica di tre giorni che si concluse il primo maggio 2022 con un concerto, diretto da Beatrice Venezi, dedicato – parole della futura premier – «ai lavoratori e alle lavoratrici non garantiti e non rappresentati dalla triplice sindacale».

Vocaboli e ossessioni che ritornano oggi. E che si spiegano anche con la storica insofferenza della destra per il concerto simbolo della sinistra italiana. L’imprevedibilità di cosa verrà detto dal palco di San Giovanni è un tema che Meloni non sottovaluta. Attorno a lei non si nasconde come venga vissuto con un certo fastidio, soprattutto dopo quello che è successo a febbraio, al festival di Sanremo. Gli appelli a favore dei diritti Lgbtq+, gli attacchi del rapper Fedez al viceministro Galeazzo Bignami, il bacio con il cantante Rosa Chemical: la premier se n’è interessata personalmente, criticando l’edizione di quest’anno persino in un colloquio a Palazzo Chigi con l’amministratore delegato della Rai Carlo Fuortes.

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Elly Schlein: “Basta tartassare il lavoro, è ora di aumentare le imposte sulle rendite”

lunedì, Maggio 1st, 2023

Annalisa Cuzzocrea

ROMA.Il primo maggio di Elly Schlein è a Portella della Ginestra, «perché quella strage è un simbolo della lotta di lavoratrici e lavoratori». Ieri era alla commemorazione dell’uccisione di Pio La Torre e Rosario Di Salvo, «persone il cui impegno continua a insegnarci qualcosa: una lotta non solo contro ogni mafia, ma per la giustizia sociale, l’emancipazione, il miglioramento delle condizioni materiali». La segretaria del Pd non vuole più dire una parola su vestiti, consigli e armocromie. Né vuole commentare le intrusioni nella sua vita privata, gli attacchi violenti che certa destra le ha riservato. Le interessa – piuttosto – il senso profondo di questa festa a partire da un posto come la Sicilia. «Se non arriva prima lo Stato a dare risposte a chi fa più fatica – dice a La Stampa, in questa sua prima intervista a tutto campo a un quotidiano – arriva la ricattabilità, e si insinuano le mafie».

Fin qui i simboli. Inattaccabili, potenti. Ma nella sostanza, che progetto ha il suo Pd per i lavoratori italiani?
«La prima questione è dire basta al lavoro povero e al lavoro precario. Ci sono milioni di lavoratrici e lavoratori che non riescono a mettere insieme il pranzo con la cena. In Spagna hanno limitato i contratti a termine con un patto tra imprese e sindacati, la direzione è questa e avrebbero dovuto insegnarcelo anni di crisi economica e di tassi di disoccupazione allarmanti tra le donne e i giovani, soprattutto a Sud».

La lotta al precariato, invocata perfino dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella, appare destinata alla sconfitta in un’epoca in cui i lavori tendono a scomparire e la riconversione è obbligata.
«Ma c’è una prima battaglia fondamentale: quella di una nuova legge sulla rappresentanza che rafforzi la contrattazione collettiva e spazzi via il primo nemico, i contratti pirata, accordi firmati per legittimare lo sfruttamento. Accanto a questo, chiediamo di fissare un salario minimo, una soglia sotto la quale non si possa chiamare lavoro quel che è sfruttamento».

Qual è la soglia?
«La nostra proposta riconosce a tutti il trattamento economico complessivo dei contratti collettivi più rappresentativi e al contempo chiede di condividere con le parti sociali una soglia minima legale, 9 euro e 50, sulla quale siamo disponibili a un confronto».

Su questo sembrava potesse esserci un’intesa tra tutte le opposizioni, dall’Alleanza verdi-sinistra italiana passando per i 5 stelle fino ad Azione di Calenda, ma finora è emersa solo la competizione a chi l’ha detto prima o ha la proposta migliore. Ci sono ancora spazi per una battaglia comune?
«Assolutamente sì. I disegni di legge sono stati calendarizzati in Parlamento, i gruppi ci possono lavorare in commissione e continua a essere un tema su cui unire le forze».

Siamo un Paese dalle mille crisi industriali e con sempre meno salvagenti e la sinistra italiana non sembra attrezzata ad affrontare il problema. Il Pd è accusato di essere lontano dai luoghi del lavoro tradizionali come le fabbriche. La nostra ultima intervista, risalente a più di un anno fa, molto prima della sua corsa alle primarie del Pd, riguardava la battaglia delle lavoratrici della Saga Coffee. La questione tanto annosa quanto ineludibile è: come si torna a parlare agli operai, agli impiegati a mille euro al mese, agli ultimi della catena?
«Da vicepresidente dell’Emilia-Romagna ero lì, con loro, sull’Appennino bolognese, al fianco di una lotta che è durata molti giorni e molte notti e la lotta paga sempre. Servirà molto impegno per ricostruire fiducia dopo gli errori fatti, negli anni precedenti, anche dal Partito democratico».

A partire dal Jobs Act, che ha lacerato il Pd al suo stesso interno e che forse ancora lo divide.
«Si tratta di errori che hanno prodotto fratture con il mondo del lavoro, ma torniamo alla proposta: limite ai contratti a termine, legge sulla rappresentanza, salario minimo, poi abolizione degli stage gratuiti, una battaglia dei giovani democratici che ha il supporto di tutto il partito. Ho raccontato spesso di una giovane ingegnera della provincia bergamasca che nonostante una laurea molto professionalizzante ha dovuto mandare più di 200 curricula e la maggior parte delle offerte che le sono arrivate erano di stage gratuiti. Con quelli non ci paghi l’affitto.

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Primo maggio: un mondo cambiato

lunedì, Maggio 1st, 2023

di Dario Di Vico

Una novità mediatica non sembra però destinato a recepire la vera discontinuità del nostro tempo. È il mutamento del rapporto vita-lavoro, uno dei tanti portati della crisi pandemica e che ha già prodotto una significativa fenomenologia

Questo Primo Maggio che andiamo a celebrare una novità la presenta. È vero che le organizzazioni confederali di Cgil-Cisl-Uil hanno scelto come sede della tradizionale manifestazione nazionale Potenza e hanno confermato anche il Concertone romano, ma il governo in carica questa volta ha scelto proprio la data della festa dedicata
al lavoro per tenere un Consiglio dei ministri ad hoc e promulgare nuove norme in materia di contratti a termine e di revisione del reddito di cittadinanza. È una scelta simbolica che va oltre la reale portata dei singoli provvedimenti: dal Consiglio non uscirà infatti un jobs act della destra né un’ampia riforma del mercato dell’occupazione ma specifici e chirurgici indirizzi di legge che modificheranno alcune norme introdotte a suo tempo dal governo Conte 1. Con questa scelta però Giorgia Meloni vuole in qualche modo raccontare quello che le elezioni politiche hanno dimostrato, che la grande platea dei lavoratori italiani avrà anche in tasca la tessera delle confederazioni del Novecento, ma in termini di consenso politico costituisce uno dei retroterra del suo partito e del progetto di costruire una destra conservatrice e tendenzialmente centrista.

Non la si può certo contestare a priori anche perché tutte le ricerche demoscopiche, tese a leggere la composizione sociale del voto, sostengono che lo stesso orientamento fattosi largo tra le tute blu lo si ritrova, almeno per ora, anche tra i titolari di impresa. La mossa del Consiglio dei ministri del Primo Maggio è dunque la sottolineatura di un obiettivo raggiunto: un consenso di tipo interclassista. Che poi le relazioni con i sindacati siano tutt’altro che idilliache e che le tre sigle maggioritarie abbiano già varato a maggio un calendario di manifestazioni, tese a contestare le scelte concrete e le priorità adottate dal governo, cambia poco. Siamo nel campo degli equilibri politici romani ma lontani da un vero ascolto della società.

Perché questo Primo Maggio reca con sé una novità mediatica non sembra però destinato a recepire la vera discontinuità del nostro tempo, che invece nel giorno della festa del lavoro avrebbe pieno diritto a trovare eco . È il mutamento del rapporto vita-lavoro, uno dei tanti portati della crisi pandemica e che ha già prodotto una significativa fenomenologia. Gli esperti si dividono nell’interpretazione dei dati: c’è chi sostiene valida anche per l’Italia la tesi delle grandi dimissioni e chi invece parla di accentuata mobilità (e ricettività) del mercato del lavoro ma anche in questo caso cambia poco. Stiamo parlando di una nuova e profonda sensibilità che investe una larga fetta della popolazione lavorativa e che le imprese più attente hanno monitorato e in qualche maniera cercato di affrontare. Il lavoro, qualsiasi e a ogni costo, è stato derubricato: si cercano soddisfazione, mobilità verticale, conciliazione del tempo «ceduto» al datore di lavoro con il resto della giornata. Non è certo un caso che si siano avviate esperienze-pilota di riduzione della settimana a quattro giorni lavorativi e che, soprattutto, il lavoro da remoto sia diventato una componente strutturale dell’organizzazione di impresa. Che ha portato a rivedere la logica dei grandi spazi destinati ad uffici, a porsi il problema della misurazione della prestazione individuale, a ripensare la tipologia di ingaggio proposta ai dipendenti che lavorano da casa.

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Eldorado Indiano

lunedì, Maggio 1st, 2023

Federico Rampini

L’analisi delle opportunità economiche rappresentate dall’India

Tutti si stanno interessando dell’India, anche gli italiani.
Ma prima di noi c’è qualcun’altro che ha cominciato ad allungare lo sguardo sull’India come nuova opportunità. E’ Tim Cook, chief executive di Apple. Cook è andato in missione in India, ha incontrato il premier Modi (che gli ha voluto fare anche uno spot pubblicitario con l’esibizione di un iPhone co una custodia dorata): dietro tutto questo c’è una riconversione strategica di come le multinazionali americane vedono l’economia globale.
Apple è un esempio lampante: della Cina non potrà mai fare a meno (è un mercato troppo grande dove in trent’anni Apple ha costruito una piattaforma produttiva colossale), ma vuole ridurre il rischio-Cina geopolitico legato alle tensioni crescenti tra Cina e Stati Uniti.

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Governo-sindacati, il fastidio di Landini. E Meloni: era una mano tesa, noi su mondi diversi

lunedì, Maggio 1st, 2023

di Monica Guerzoni

Lo sfogo della presidente del Consiglio durante l’incontro a Palazzo Chigi: mi sarei attesa un «bravi». Polemiche con la Cgil

Governo-sindacati, il fastidio di Landini. E Meloni: era una mano tesa, noi su mondi diversi

Lo schiaffo con cui ha sferzato il leader della Cgil poche ora prima del confronto —scontro a Palazzo Chigi dice molto del perché Giorgia Meloni tenga tanto al decreto Primo Maggio . Una riforma che la premier ha fortissimamente voluto presentare in questa data simbolica, per mostrare «concretamente» agli italiani che il tema del lavoro non è appannaggio solo dei sindacati. Meloni ha ritenuto ingiusto l’attacco di Landini e lo ha detto forte, perché «non merito l’accusa di essere un’ipocrita». Poi si è chiusa nella sala Verde con uno Sbarra in versione «pompiere», con Bombardieri che ha fatto parlare una precaria di 36 anni e con il segretario della Cgil.

L’incontro inizia in un clima «cordiale» e si chiude due ore e mezzo dopo con parole concilianti della premier, per spazzar via gli echi di un battibecco piuttosto animato. Landini ribadisce tutto il suo fastidio per la scelta di riunire il Consiglio dei ministri il primo maggio e Meloni, che gli interlocutori definiranno «puntuta», difende la posizione marcando gli accenti: «Per lei approvare il decreto il 1° maggio è un affronto ai sindacati, per me invece è un modo di partecipare alla festa dei lavoratori con qualcosa di buono. Siamo su mondi diversi». È la coda del botta e risposta che aveva riscaldato il clima prima del vertice, con Landini che bocciava come «arrogante e offensiva» la riunione del governo nel dì della festa e la premier che bollava come «incomprensibili» le parole del segretario generale. Finché, nel bel mezzo dell’incontro, Meloni si sfoga: «Non è una mancanza di rispetto un Cdm il primo maggio per tagliare il costo del lavoro. È un segnale, una mano tesa. E mi sarei aspettata un “bravi”! Perché sul taglio del cuneo credo che siamo d’accordo…».

Dal discorso di Rimini, il primo di un premier al congresso della Cgil dal lontano 1996, è trascorso un mese e mezzo, ma la sintonia di quel 16 marzo è evaporata. A Landini la premier ha chiesto rispetto e lo ha rinchiuso con Sbarra e Bombardieri dentro un termine politicamente vetusto come «la triplice». E poi, durante il vertice, ha insistito sul «valore simbolico» di un provvedimento che contiene «norme significative in tema di sicurezza sul lavoro». Landini si lamenta che il governo convochi i sindacati a cose fatte e Meloni smentisce: «Riteniamo utile un confronto preventivo con le organizzazioni sindacali». Non è, assicura, «un appuntamento una tantum», ma la prova che il governo giudica «molto importante» portare avanti un dialogo «serio e costruttivo» anche su Pnrr, RepowerEu, salari, inflazione e le altre riforme in agenda. Quanto al reddito di cittadinanza, per Landini abolirlo «è una follia», mentre Meloni rivendica che la riforma si fa «per distinguere chi è in grado di lavorare da chi non lo è».

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