Archive for Maggio, 2023

Gli ospedali top e i peggiori: vi diciamo quali sono e perché. Ecco le pagelle mai rese note

giovedì, Maggio 25th, 2023

di Milena Gabanelli e Simona Ravizza

Le aziende ospedaliere, come tutte le aziende, funzionano bene o male a seconda di come sono gestite. Con una differenza però: le prime gestiscono la salute e gli errori di gestione non sono ammessi. Le cronache ci raccontano di solito i casi eccezionali del tipo: «Molinette, salvata bambina di 5 anni con un trapianto di fegato collegato direttamente al cuore» (11 dicembre 2022); «Policlinico Gemelli, caso di rara complessità: nella stessa seduta, effettuato un bypass coronarico, asportato un tumore renale e rimosso un enorme trombo. Impegnate 3 equipe per 10 ore» (10 febbraio 2023); «Padova, trapiantato un cuore fermo da 20 minuti: prima volta» (15 maggio 2023). Un clamore meritato e rassicurante. Contemporaneamente ci sono gli episodi di malasanità che fanno altrettanto rumore e ci terrorizzano. La quotidianità con cui ci confrontiamo abitualmente da pazienti è fatta, però, soprattutto d’altro: Pronto soccorso, liste d’attesa, esami diagnostici che per essere precisi vanno eseguiti con macchinari sotto i 10 anni. Ed è qui che, tranne rare eccezioni, qualità delle cure e capacità dei manager sono strettamente legate. Vediamo cosa vuol dire.

Quando un ospedale funziona bene

Un’azienda ospedaliera funziona bene quando rispetta requisiti imprescindibili:
1) un Pronto soccorso dove i pazienti non se ne vanno perché non hanno ricevuto entro le 8 ore le cura e l’assistenza necessaria;
2) tempi di attesa che rispettano quanto indicato dalla legge (per esempio l’intervento chirurgico per la protesi d’anca entro 180 giorni e gli interventi per tumore alla mammella, al colon retto e al polmone entro 30 giorni);
3) tassi non elevati di ricoveri ad alto rischio di inappropriatezza (come l’artrodesi), ricovero dei pazienti nel reparto giusto per il loro problema (per esempio meno ricoveri possibile di pazienti medici in reparti chirurgici), non fare passare troppi giorni dall’ingresso in ospedale per un intervento chirurgico all’intervento chirurgico stesso, capacità di attrarre pazienti da fuori Regione;
4) bilanci e conti in ordine;
5) numero adeguato di medici e infermieri per posto letto;
6) macchinari e apparecchiature non obsolete.

Le pagelle ai direttori generali

In base a questi indicatori, per la prima volta, è possibile dare una pagella su come sono guidati gli ospedali pubblici: l’Agenas, l’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali che fa capo al ministero della Salute, ha valutato le performance dei manager di 53 ospedali pubblici, di cui 30 universitari, divisi rispettivamente per chi ha più di 700 posti letto o meno di 700 posti letto. Lo ha fatto come previsto dalla legge di Bilancio del 2019 che le affida il compito di monitorare il raggiungimento degli obiettivi dei direttori generali: «L’Agenas – si legge all’art. 1, comma 513 – realizza (…) un sistema di analisi e monitoraggio delle performance delle aziende sanitarie che segnali, in via preventiva, attraverso un apposito meccanismo di allerta, eventuali e significativi scostamenti relativamente alle componenti economico-gestionale, organizzativa, finanziaria e contabile, clinico-assistenziale, di efficacia clinica e dei processi diagnostico-terapeutici, della qualità, della sicurezza e dell’esito delle cure, nonché dell’equità e della trasparenza dei processi». Esclusi gli Irccs non universitari, i mono-specialistici, le Asl e le aziende territoriali come le Aziende sociosanitarie territoriali (Asst) della Lombardia che dal 2015 hanno incorporato quasi tutti gli ospedali pubblici lombardi: la scelta di escluderli dell’Agenas è motivata dalla necessità di avere dati comparabili tra loro. I risultati che leggerete di seguito sono stati incrociati con i dati del «Piano nazionale esiti», lo strumento con cui Agenas testa annualmente la qualità delle cure, a conferma della corrispondenza tra capacità dei manager e risultati clinico-assistenziali.

Rating 3.00 out of 5

Dombrovskis: «Una proroga sul Pnrr? Improbabile. L’Italia può ancora farcela»

giovedì, Maggio 25th, 2023

di Francesca Basso

Dombrovskis: «Una proroga sul Pnrr? Improbabile. L'Italia può ancora farcela»

DALLA NOSTRA CORRISPONDENTE
BRUXELLES — «Vediamo alcuni rischi in alcuni Stati membri ed è per questo che chiediamo di accelerare l’attuazione dei Piani nazionali di ripresa e resilienza». Parla il vicepresidente della Commissione Ue Valdis Dombrovskis a un gruppo ristretto di meda europei, tra cui il Corriere della Sera, nel giorno in cui la Commissione Ue ha presentato le Raccomandazioni specifiche per Paese, che gli Stati membri dovranno tenere presente quando prepareranno le leggi di bilancio per il 2024. «È importante impegnarsi e assicurarsi che i Pnrr siano attuati correttamente — prosegue Dombrovskis — perché c’è la scadenza della fine del 2026. E direi che è molto improbabile che questa scadenza venga prorogata, perché richiederà una decisione unanime degli Stati membri che coinvolgerà nella maggior parte dei casi, in quasi tutti i casi, una procedura parlamentare. Quindi è qualcosa che sarebbe molto difficile. Pertanto, il nostro messaggio agli Stati membri è di concentrarsi sull’attuazione dei piani e non su una sorta di estensione delle scadenze».

Quanto vi preoccupano i ritardi dell’Italia nell’attuazione del Pnrr? Cosa frena il pagamento della terza tranche?
«L’Italia ha già ricevuto due pagamenti e stiamo verificando la richiesta della terza tranche. È importante che l’attuazione continui e che non ci siano ritardi. Nelle nostre raccomandazioni spieghiamo che è importante rafforzare la capacità amministrativa, in particolare a livello subnazionale, per consentire un’attuazione continua, rapida e costante del Pnrr. È importante per l’Italia presentarci il piano rivisto con il capitolo RePowerEu per assicurarne l’attuazione, senza abbassare l’ambizione complessiva del piano e senza rallentarne l’attuazione».

L’Ue come può aiutare l’Italia nell’affrontare l’emergenza in Emilia-Romagna?
«L’Ue sostiene l’Italia nel fronteggiare questo disastro naturale.Il meccanismo europeo di protezione civile è già stato attivato e diversi Paesi stanno offrendo il loro sostegno sul campo. Inoltre il Centro di coordinamento della risposta alle emergenze è in costante contatto con le autorità italiane. Dal punto di vista del sostegno finanziario, abbiamo un’area dedicata ai soccorsi post-catastrofe: c’è il Fondo europeo di solidarietà che può fornire sostegno all’Italia se ne fa richiesta e ci sono ingenti fondi disponibili per l’adattamento dei Paesi al cambiamento climatico e per la riduzione dei rischi geologici nell’ambito della politica di coesione e del Pnrr». Le risorse

Come può l’Italia limitare la spesa primaria netta e al contempo fare gli investimenti necessari per la transizione verde e digitale?
«La nostra raccomandazione fiscale per l’Italia è un miglioramento del saldo strutturale dello 0,7% del Pil, che si traduce in un aumento della spesa primaria nazionale dell’1,3%. Quindi, come limitare questo aumento? La prima cosa che raccomandiamo, analogamente ad altri Paesi, è di ridurre le misure di sostegno all’energia e di utilizzare i relativi risparmi per ridurre il deficit pubblico. Un altro punto importante per gli investimenti è garantire una rapida attuazione del Pnrr. L’Italia è il più grande beneficiario in termini assoluti della Recovery and Resilience Facility (lo strumento principale di Next Generation Eu che alimenta i Pnrr, ndr) , sono disponibili ingenti somme di denaro e l’Italia ha indicato anche l’interesse a ricevere ulteriori prestiti da questo strumento. Ma è importante che i progetti di investimento siano attuati in modo sicuro e con zelo: una forte attenzione all’attuazione del piano aiuterà con la transizione verde e digitale».

Vi preoccupa il progetto di autonomia regionale dell’Italia? C’è un passaggio nelle raccomandazioni.
«Non ci intromettiamo nelle questioni costituzionali degli Stati membri, che devono essere discusse e decise dagli Stati membri. Non è una questione che riguarda la Commissione quando discutiamo, ad esempio, dell’attuazione del piano di recupero e resilienza. In effetti, abbiamo sottolineato la necessità di garantire un’adeguata capacità amministrativa, inclusa nelle Regioni».

Rating 3.00 out of 5

A Roma l’esercito dei tassisti evasori. Pos disattivati, tassametri spenti e assalti ai turisti “con il cash”: tutti i trucchi dei conducenti

mercoledì, Maggio 24th, 2023

di Riccardo Caponetti

I tassisti con partita Iva dichiarano solo una piccolissima parte del loro vero incasso. Un fenomeno esteso in tutta Italia, ma soprattutto a Roma, dove in media – secondo dati governativi diffusi ieri sera da Le Iene – nel 2021 hanno guadagnato 6.240 euro lordi all’anno: ovvero 520 euro al mese, comprese le tasse. La metà di Milano (11.411) e Napoli (19.890), molto meno dei colleghi di Bologna (9.642). Meglio solo di quelli di Firenze (5.238).

A Roma, la città più visitata e grande d’Italia, i tassisti lavorano meno. Più che stipendi, hanno rimborsi spese. C’era il Covid, direte voi. Ed è giusto. Ma come hanno evidenziato Le Iene, anche prima della pandemia i conti non tornavano: nel 2019 un tassista con partita Iva dichiarava in media 12 mila e 817 euro annui, nel 2018 invece 13 mila.

Perché allora, se gli stipendi sono questi, le licenze dei taxi costano più o meno 140 mila euro? E quanto pagano davvero di tasse i tassisti? Con questo doppio interrogativo si è aperto il servizio di ieri sera che racconta, al contrario, una realtà diversa. Al centro c’è sempre lui, il Pos, che rende tracciabili tutti i pagamenti ricevuti. Dunque se per 30 giorni al mese si effettuano transazioni con la carta di credito, mentire allo Stato è impossibile. Ma se si evita di usare, a quel punto diventa facile dribblare le tasse. A confessarlo sono gli stessi conducenti intercettati da Le Iene.

“Pensa che sto mese a dicembre arriverò a guadagnare sui 9 mila euro, ma ho sempre una busta paga di 1.500”, esordisce un tassista. “A Roma io in 42 anni non ho mai avuto accertamenti da parte dell’Agenzia delle entrate. Io dichiaro sempre una busta paga di 1.500-1.300 euro. Poi – dice un altro collega – tutti gli altri soldi che hai incassato sono tuoi, non te li tocca nessuno i contanti. Non si tracciano, capito?”.

La strategia è chiara. “Bisogna tenere un conto mentale o scritto, fai come ti pare, ma devi arrivare a incassare con il Pos massimo sugli 800-1000 euro al mese”, spiega un terzo tassista. Altro che stipendi da fame o rimborsi spese, l’attività può essere molto redditizia. “Adesso ho fatto una corsetta di 8 euro e me li ha dati in contanti, 200 euro al giorno li faccio. C’è gente che si compra casa così eh”, puntualizza un’altra persona.

Per questo ha destato scalpore la decisione di un tassista di Bologna, Redsox (Roberto Mantovani), di pubblicare su Twitter ogni giorno i suoi guadagni. Corsa dopo corsa, massima trasparenza. In totale in due settimane, con 3 giornate di riposo, i suoi incassi trasparenti ammonterebbero già a 5.638 euro: ovvero la metà di quanto in media i suoi colleghi con partita Iva hanno dichiarato per tutto il 2021.

Rating 3.00 out of 5

Le lezioni del voto in Grecia

mercoledì, Maggio 24th, 2023

di Paolo Mieli

Chi perde non può governare: sul ponte di comando si dovrebbe salire esclusivamente dopo aver conquistato la maggioranza nelle urne

La novità è che, dopo le elezioni di domenica scorsa in cui il centrodestra ha vinto con oltre il 40 per cento dei voti, tra la fine di giugno e gli inizi di luglio la Grecia tornerà alle urne. Si voterà, stavolta, con un sistema elettorale diverso che assegnerà al partito con più suffragi — presumibilmente Nea Demokratia di Kyriakos Mitsotakis — un consistente premio: fino a 50 seggi (su 300). Le sinistre contavano su risultati diversi: i sondaggi prevedevano per Syriza di Alexis Tsipras poco meno del 30 per cento, invece l’ex primo ministro ha ottenuto appena più del 20. I socialisti sono cresciuti giusto quel po’ che è servito a mandarli a dormire felici. Ma la sera stessa di domenica si è capito che con quei risultati era impossibile dar vita a maggioranze stabili. Così a decidere chi governerà la Grecia per i prossimi anni, non sarà il Parlamento, ma l’elettorato.

In un certo senso la Grecia affronta problemi simili a quelli di cui ci occupiamo da circa trent’anni qui in Italia. Presidenzialismo, semipresidenzialismo, sistema maggioritario, proporzionale puro o con correzioni le più svariate, si torna sempre lì: chi deve scegliere il governo, il Parlamento coadiuvato dal capo dello Stato o gli elettori? La sinistra — in Grecia, come in Italia — vuole che siano le Camere, eventualmente con una generica indicazione dell’elettorato. Così, del resto è scritto nella Costituzione. Pur se la Costituzione su alcuni punti specifici può essere cambiata e la stessa sinistra non si è tirata indietro quando ha ritenuto che fosse il caso di farlo.

La realtà è però che in Grecia come in Italia il centrosinistra non si fida della propria capacità di dar vita ad una coalizione che raccolga un voto in più di quelli che prendono gli avversari. Anzi, non sa neanche costruirla una coalizione. Il centrodestra così come è stato fondato nei primi anni Novanta da Silvio Berlusconi ha invece fiducia nelle proprie capacità. Ha dimostrato di essere capace di saperla edificare quella coalizione. Anche adesso che, scomparse le arti magiche del fondatore, sono entrati in campo i successori. La sinistra — a dire il vero — accettò il principio del maggioritario venticinque anni fa quando al timone c’era Romano Prodi (e con lui Arturo Parisi). Poi sfasciò tutto e nell’ultimo decennio ha contato solo sul gioco delle alleanze in Aula, quello per cui l’importante non è vincere le elezioni bensì trovare in Parlamento partiti o gruppi di transfughi disponibili a dar vita ad un governo. Li si trova sempre. Il punto adesso è: dopo qualche diniego che si addice a tempi in cui questo tipo di prospettiva non è neanche all’orizzonte, la sinistra immagina, in una fase successiva, di dedicarsi alla costruzione di nuove «unità nazionali»?

Sembra di no. Come fare allora a darci strumenti che consentano di resistere alla tentazione tornare allo scorso decennio? Probabilmente è di questo che si parla quando viene messo sul tavolo l’incartamento del presidenzialismo. Impone qualche riflessione un uomo saggio qual è l’ex presidente della Corte costituzionale Gustavo Zagrebelsky, il quale ha dichiarato (a la Repubblica) che «il presidenzialismo fondato sulla spaccatura del corpo elettorale in due fronti avversi sembra fatto apposta per esaltare l’aspetto distruttivo».

Rating 3.00 out of 5

Elly Schlein campionessa di balle: l’ultima sparata su Giorgia Meloni

mercoledì, Maggio 24th, 2023

Giovanni Sallusti

Elly Schlein è il trionfo del relativismo, del rapporto disinvolto (“fluido”, direbbe lei da buona attivista Lgbtq) con la verità, fondamentalmente della propaganda degenerata in cazzeggio a sua volta deflagrato nella balla esplicita. Si potrebbe dire che la segretaria riprende l’antica lezione del sofista Protagora, apportando un’unica, decisiva modifica: «L’utilità del Pd – invece che l’uomo, ndr- è misura di tutte le cose, di quelle che sono per ciò che sono, e di quelle che non sono per ciò che non sono». Parziale campionario che illustra l’evanescente legame con la realtà di Elly (già messo a dura prova dalle sedute con l’armocromista). Pochi giorni fa, provando goffamente a cavalcare la protesta degli studenti in tenda (che non a caso non sono caduti nella circonvenzione e l’hanno sbalzata di sella): «Il Pd continuerà a spingere per convincere il governo a tornare indietro sull’errore madornale che ha fatto cancellando il fondo per gli affitti, 330 milioni di euro».

Per quanto abbia ripetuto l’accusa in un’intervista a La Stampa e in parecchi eventi elettorali, qui di madornale c’è solamente il suo scivolone. E non lo diciamo noi bavosi reazionari di Libero, bensì il sito Pagella Politica, che ha dimostrato come il suddetto fondo, istituito nel 1998, non era stato rifinanziato già in cinque occasioni: «Nel 2012 durante il governo Monti, nel 2013 durante il governo Letta, nel 2016 durante il governo Renzi, nel 2017 e nel 2018, a cavallo tra il governo Gentiloni e il primo governo Conte». Tolto quest’ultimo, tutti esecutivi sostenuti dal Pd, alcuni addirittura presieduti da segretari o leader di primo piano del partito. Non solo: «Il mancato rifinanziamento del fondo nel 2023 era stato comunque previsto sia dal secondo governo Conte sia dal governo Draghi». Entrambi appoggiati anche da quel gruppo parlamentare collocato nell’emiciclo sinistro, come si chiama… Esatto, dal Pd! Ma soprattutto, nessuno ha cancellato alcunché. Piuttosto, «il governo Meloni – in analogia con cinque precedenti, di cui quattro riguardano il partito di Elly, ndr- non ha stanziato risorse per il fondo per gli affitti, che comunque continua a esistere».

Capite che c’è un lievissimo fossato tra il mondo e la sua rappresentazione schleiniana, che solo lo scodinzolamento del mainstream ai piedi di quella Elly che «ruota l’asse cartesiano della realtà» (l’ha scritto davvero Concita De Gregorio su Repubblica) ha evitato risaltasse in tutta la sua dimensione. Ancora: no Elly, non è vero che per il sacrosanto sostegno alla Romagna devastata dall’alluvione si possano usare fondi attinti dal Pnrr, come vai dichiarando a ogni microfono ti capiti a tiro nel raggio di un chilometro (forse per far dimenticare che da vicepresidente della Regione avevi anche la delega al “coordinamento inter-assessorile delle politiche di prevenzione”, ma da queste parti siam maliziosi). Te lo hanno spiegato in questi giorni la premier Meloni, il ministro Salvini, il ministro Fitto: i finanziamenti del Piano europeo, compreso quelli per contrastare il dissesto idrogeologico, vertono su progetti specifici già concordati e hanno un termine di spesa nel giugno 2026. Rinegoziarli aprirebbe un confronto interminabile con l’Euroburocrazia, un esercizio bizantino grottesco di fronte alla tragedia delle famiglie e delle aziende romagnole, che divampa qui e ora. Peraltro, l’immodificabilità del Pnrr è stato un mantra piddino fino a ieri mattina, a dimostrazione che per Elly e la sua nouvelle vague tutto può istantaneamente capovolgersi nel suo contrario, non ci sono più tesi, ma schizzi di giornata sulla tela arcobaleno.

Rating 3.00 out of 5

Covid, torna la paura: nuova ondata a fine giugno in Cina

mercoledì, Maggio 24th, 2023

A che punto siamo con il Covid? In Italia c’è chi ha preso il virus per la seconda e persino per la terza volta e l’incubo sembra ormai rimasto alle spalle. Ma la comunità internazionale non è affatto tranquilla. E come è avvenuto all’inizio della pandemia, anche oggi l’allarme maggiore arriva dalla Cina. È infatti a giugno 2023 che il Covid 19 potrebbe ripresentarsi con forza nel Paese asiatico. Il picco è atteso il picco è atteso infatti alla fine di giugno, quando dovrebbe colpire circa 65 milioni di persone a settimana. Ma è tutto il mondo, purtroppo, a rischiare la nuova ondata. Magari a causa di una variante o persino di un nuovo virus.
È uno dei massimi esperti cinesi di malattie infettive ad avvisare il mondo che la minaccia non è rientrata del tutto. Si tratta del medico Zhong Nanshan, che nel suo intervento sul Covid al “Greater Bay Area Science Forum” ha inoltre affermato che saranno presto immessi sul mercato due nuovi vaccini per contrastare la variante XBB.  Anche l’Oms sembra preoccuparsi per i rischi connessi a ulteriori mutazioni del virus.
«Non è la fine di Covid come minaccia per la salute globale», ha detto infatti il direttore generale dell’Oms Tedros Adhanom Ghebreyesus, parlando all’Assemblea mondiale della sanità a Ginevra. E se la domanda che in molti si pongono ancora oggi è quale Covid gira adesso, la realtà è che potremmo trovarci di fronte a qualcosa di ancora più aggressivo rispetto a ciò che abbiamo conosciuto finora.

Rating 3.00 out of 5

Emilia-Romagna, dal governo due miliardi per gli alluvionati: gli aiuti dopo il dramma

mercoledì, Maggio 24th, 2023

Edoardo Romagnoli

«Interventi di emergenza di due miliardi di euro non so se si erano mai visti». Giorgia Meloni annuncia in una conferenza stampa le misure contenute nel primo decreto per fronteggiare l’emergenza in Emilia Romagna. Soddisfatto Bonaccini che ha ringraziato il Consiglio dei ministri per «la velocità» e per l’attenzione che il governo ha dato al documento «unitario» che il governatore aveva inviato e in cui si elencava tutto ciò di cui i vari organismi territoriali avevano bisogno. «Alcune misure inviate le ritrovo in quelle approvate oggi. In quell’efficacia troveremo la capacità di capirci ed essere capiti. C’è gente che ha perso tutto o quasi. Un miliardo di euro servirà solo per le infrastrutture di mobilità». I due miliardi arriveranno sotto forma di finanziamenti a fondo perduto, crediti a tasso agevolato, fondi per l’emergenza nazionale, rifinanziato con 200 milioni di euro, e fondi di garanzia. Non solo soldi ma il decreto prevede la sospensione dei termini in materia di adempimenti e versamenti tributari e contributivi, nonché la sospensione di termini amministrativi fino al 31 agosto e la ripresa dei pagamenti fino al 20 novembre. La norma, si legge nella relazione illustrativa, si applica ai soggetti che alla data del 4 maggio 2023 avevano la residenza, la sede legale o la sede operativa nei territori indicati nell’allegato al decreto legge. Per alcuni comuni sono state individuate specifiche circoscrizioni territoriali (frazioni) interessate dagli eventi alluvionali. Per tali aree le disposizioni del presente articolo si applicano limitatamente ai soggetti che dichiarino di essere stati danneggiati dagli eventi.

Il decreto prevede anche il differimento per i comuni e le province del pagamento dei mutui nei confronti di Cassa depositi e prestiti. Sono stati sospesi i pagamenti delle utenze già deliberate dall’Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente. Per chi, invece, aveva in corso d’opera dei lavori coperti dal bonus 110% è stato rinviato al 31 dicembre il termine per completare le ristrutturazioni. Rinviate al 31 luglio le udienze dei procedimenti civili e penali nel caso in cui la parte o il difensore siano residenti nella zona colpita dall’alluvione. Sospesi, dal 1° maggio al 31 luglio, anche i termini nei giudizi amministrativi, contabili, militari e tributari. Mentre verranno sospesi, dal 1° maggio al 31 agosto, i termini dei procedimenti amministrativi. Norma ad hoc anche per i dipendenti della Pubblica amministrazione. Se un dipendente pubblico è impossibilitato a recarsi a lavoro verrà comunque pagato. Mentre è prevista la possibilità di accedere a delle prove di recupero dei concorsi per i residenti nelle zone alluvionate. A società e imprese, oltre al pacchetto di aiuti e fondi di garanzia, sono stati sospesi i versamenti relativi al diritto annuale dovuto alle Camere di commercio degli adempimenti contabili e societari ma anche del pagamento delle rate di mutui e finanziamenti di ogni genere.

Rating 3.00 out of 5

Perché rendere la gestazione per altri reato “universale”?

mercoledì, Maggio 24th, 2023

Vladimiro Zagrebelsky

Iniziano il corso parlamentare alcune proposte di legge che vogliono rendere “universale” il reato, già esistente, del ricorso alla surrogazione di maternità. Così viene chiamata nella legge n. 40 del 2004 una pratica altrimenti e più propriamente detta della gestazione per altri o, se se ne vuol sottolineare il profilo negativo, dell’utero in affitto. Essa prevede che una donna accetti di condurre una gravidanza e partorire un bambino non per sé, ma per un’altra donna o per una coppia etero o omosessuale, con l’impegno sottoscritto in un contratto di rinunciare poi al bambino che ne nascerà, in favore dei committenti. Tale pratica è vietata e sanzionata penalmente non solo in Italia, ma anche in altri Stati europei, per tanti versi simili all’Italia, come Austria, Germania, Francia, Spagna, Svizzera. In alcuni altri Stati è consentita solo se gratuita, in altri anche se retribuita.

Il reato esiste in Italia da anni e non risultano proposte di eliminarlo, rendendo lecito ciò che è vietato. È diffuso infatti il giudizio negativo. In diverse sentenze la Corte costituzionale – che pur in altra occasione aveva definito “incoercibile” la volontà di avere un figlio – l’ha stigmatizzata, dicendo che offende in modo intollerabile la dignità della donna e mina nel profondo le relazioni umane, con una inaccettabile mercificazione del corpo della donna e con sfruttamento della vulnerabilità di donne in situazioni sociali o economiche disagiate. Anche il Parlamento europeo (Risoluzione del 17 dicembre 2015) l’ha condannata in quanto compromette la dignità della donna, il cui corpo e le cui funzioni riproduttive sono usati come merce. La discussione sulla introduzione del divieto penale di gestazione surrogata anche quando essa sia compiuta all’estero, in uno Stato che l’ammette, è diversa da quella sulla sua illiceità, che non è in discussione, nemmeno per introdurre differenziate valutazioni secondo la varietà dei casi. Che non sono solo quelli della coppia omosessuale maschile, ma anche, ad esempio, quelli in cui in una coppia eterosessuale la donna sia o sia divenuta impossibilitata a condurre una gravidanza, che invece, con i gameti della coppia, viene condotta da altra donna. Né si apre una discussione sul trattamento da riservare a ipotesi, rare ma esistenti, di gestazioni caratterizzate da intenti di pura solidarietà, non lesive della dignità della donna, né riducibili alla logica di uno scambio mercantile. La discussione, senza distinzioni, riguarda ora invece la estensione della punibilità a tutti i casi anche quando si siano svolti all’estero. Si tratta di penalmente sanzionare gli adulti, che hanno utilizzato la disponibilità di una donna a gestire per loro una gravidanza, aggirando il divieto in Italia con il praticare all’estero ciò che qui è vietato. Ma vi è collegata la questione centrale del trattamento da riservare al bambino che ne è nato: i bambini già nati all’estero prima della nuova legge e quelli che, qualunque sia la nuova punibilità, nasceranno ancora. Poiché a quei bambini non si può dire che non avrebbero dovuto nascere, né si può negare il diritto a vedersi riconosciuto e mantenuto uno stato di filiazione quanto più rispondente alle sue esigenze di vita e alla realtà di instauratisi rapporti di famiglia. Con conseguenze legali, come il diritto al cognome e alla cittadinanza. L’effetto della punibilità del fatto anche se commesso all’estero porta con sé l’impedimento di chiedere la trascrizione nei registri dello stato civile del certificato di nascita rilasciato all’estero (generalmente alla coppia omosessuale maschile). Si tratterebbe infatti di una autodenuncia per il reato previsto dalla legge italiana. Ed è proprio questo che si vuole ottenere.

Rating 3.00 out of 5

Italiani preoccupati per le alluvioni, ma il caro vita fa più paura del clima malato

mercoledì, Maggio 24th, 2023

Alessandra Ghisleri

Il mondo cambia e l’ambiente si modifica, tutto evolve come il pensiero e le preferenze delle persone. Nella scala delle priorità degli italiani tutto è già mutato nell’arco di poco meno di due mesi. Stabile in cima alla classifica c’è sempre l’inflazione con l’aumento dei prezzi (50,0%; +1,4% in 50 giorni), con le tasse alte per le aziende e le famiglie italiane (25,9%; +1,1%) sul gradino più basso del podio (3°). Gli sbarchi degli immigrati e la loro gestione sul territorio nazionale, pur rilevando una perdita del 2,1%, passando dal 26,2% al 24,1%, scendono al 5° posto nella classifica perché al 2° sale, praticamente dal nulla, la voce del cambiamento climatico e la precarietà del nostro territorio legati ai grandi eventi atmosferici con il 26,3% delle indicazioni e con maggiori preferenze tra i partiti di opposizione.

Con la tragedia accaduta in Emilia-Romagna la percezione dei fatti e di conseguenza delle priorità per ciascuno, si è fortemente trasformata, mettendo in prima linea le necessità che il dramma dell’attualità propone. Tornando alla nostra classifica, alle spalle del podio -al quarto 4°posto- si inseriscono con una crescita di poco meno di 4 punti in percentuale (+3,8%) «le liste di attesa per accedere ad un esame per la tutela della propria salute» con il 25,5% delle citazioni. La guerra in Ucraina che appare senza via di uscita perde il 5,2% passando dal 20,6% al 15,4%, mentre cresce la gestione dei fondi del Pnrr 15,9% (+2,2%). Un’interessante new entry è il caro affitti che entra di diritto nel ranking al 14° posto con un timido 5,2%. In questi giorni il mood degli italiani non è proprio dei migliori. Crescono di +1,6% arrivando al 52,3% coloro che si dichiarano pessimisti sul futuro della situazione economica della propria famiglia, mentre diminuiscono gli ottimisti di 3 punti percentuali (29,0%). Il partito degli sfiduciati è trasversale anche se si distinguono gli elettori di Lega e di Azione con Italia Viva tra coloro che guardano avanti con meno scetticismo. In questo momento l’elettore si sente stanco e impotente di fronte all’impossibilità di arginare e prevedere questi disastri ambientali.

Le conseguenze dell’intervento dell’uomo sulla natura e la sua incapacità di prevenire e manutenere il territorio per metterlo in sicurezza sono riconosciute dal 63,1% delle persone intervistate. A questo punto sarebbe utile fare un passo oltre la polemica politica, visto che nel tempo gli errori commessi sono attribuibili a tutti, al di là del fatto che ciascuno cerchi di segnare il proprio territorio con una bandierina. Un cittadino su 5 ha compreso che siamo nel pieno di un cambiamento climatico importante (21,8%) e che si tratta di un fenomeno in piena evoluzione che già sta modificando la nostra vita (54,2%) e che in pochi sono disposti ad accettare.

Rating 3.00 out of 5

Colosimo all’Antimafia, l’ira delle opposizioni: “È una pagina nera”

mercoledì, Maggio 24th, 2023

Antonio Bravetti

Nessuna sorpresa. Chiara Colosimo, deputata di Fratelli d’Italia, è la nuova presidente della commissione Antimafia. La candidata di Giorgia Meloni è stata eletta al primo scrutinio, tra gli applausi della maggioranza e le proteste delle opposizioni che hanno abbandonato l’aula, tutte tranne il Terzo polo. «Una pessima scelta – dice la vicepresidente del Pd Chiara Gribaudo – un’altra pagina nera». Su Colosimo pesa la presunta vicinanza all’ex terrorista nero dei Nar Luigi Ciavardini. «Non c’è alcuna amicizia», assicura lei. A vuoto gli appelli dei familiari delle vittime che avevano chiesto alle forze politiche di non votarla. «Ambiguità e ombre – dicono dall’associazione Libera di don Ciotti – siamo contrariati». In serata, mentre lascia la Camera, a La Stampa Colosimo dice di sentirsi «emozionata e grata». Nonostante le critiche delle opposizioni? «Mi auguro si rendano conto che la loro polemica è vagamente strumentale». Poi, via. Fuori Montecitorio ad attenderla c’è la scorta, che le è stata assegnata oggi: «A 36 anni fa una certa impressione…».

La giornata inizia a palazzo San Macuto, sede dell’Antimafia. Il centrodestra conta 30 voti su 50 membri. Colosimo viene eletta con 29 sì (4 schede vanno a Dafne Musolino delle Autonomie più un astenuto); manca solo quello della leghista Valeria Sudano, assente per motivi familiari. Pd, M5S e Avs escono dall’aula prima del voto e rientrano solo per eleggere vicepresidenti e segretari. Gli esponenti del Terzo polo, Raffaella Paita (Iv) e Giuseppe Castiglione (Az), restano. «Ci siamo voluti distinguere dagli altri – spiega Paita – non si esce dalle aule del Parlamento, men che meno dall’Antimafia». Votano Musolino e accusano M5S e Pd di essersi «spartiti gli altri incarichi», visto che incassano un vicepresidente e un segretario di opposizione: Federico Cafiero De Raho (M5S) e Anthony Barbagallo (Pd). L’altro vicepresidente e l’altro segretario di maggioranza sono Mauro D’Attis di Forza Italia e Antonio Iannone di FdI.

Una volta eletta, Colosimo ricorda la figura di Giovanni Falcone, cita Piersanti Mattarella e assicura il «saldo impegno» della commissione nella «radicale condanna di ogni mafia». Ai cronisti assicura di non avere «alcuna amicizia con Ciavardini» e a chi le chiede se durante la sua presidenza sarà possibile scandagliare i rapporti tra mafie ed eversione nera, risponde che si indagherà «su tutto quello su cui bisogna indagare», a cominciare «dalle infiltrazioni negli appalti e nel Pnrr». Alle critiche delle associazioni risponde invitandole in commissione: «Qui è casa loro».

Rating 3.00 out of 5
Marquee Powered By Know How Media.