Archive for Giugno, 2023

Calenda: «Sul Pnrr il punto è la politica: non sa spendere né gestire. Certe verifiche paralizzano, il governo ha fatto bene»

martedì, Giugno 6th, 2023

di Maria Teresa Meli

Il leader di Azione: «Salario minimo, forse collaborerò con Schlein»

Calenda: «Sul Pnrr il punto è la politica: non sa spendere né gestire. Certe verifiche paralizzano, il governo ha fatto bene»

Carlo Calenda, lei non crede, come il Partito democratico, che la decisione del governo di sottrarsi al controllo della Corte dei conti sul Pnrr riveli la propensione a una «svolta autoritaria» di questa maggioranza? C’è anche chi ha tirato in ballo il fascismo…
«Macché, si tratta di un controllo ridondante rispetto alla Ue. Quello di costruire controlli su controlli per poi ottenere la paralisi della pubblica amministrazione è uno dei tanti mali italiani. Il governo ha fatto bene. E in tal senso si sono espressi anche autorevoli amministrativisti. Il punto del Pnrr non è questo».

E qual è allora?
«Il punto è che noi non riusciamo a spendere i soldi perché in questo Paese i politici non sono in grado di far accadere le cose perché non hanno esperienza di gestione. È un problema trasversale. Con il Pnrr questo aspetto si evidenzia in modo clamoroso. Sono bravissimi a fare le leggi e a regalare bonus, per il resto, dalla sanità all’immigrazione e all’istruzione, niente di strutturale cambia mai. E gli italiani si ritrovano a dover spendere 40 miliardi di euro l’anno per curarsi mentre solo l’uno per cento dei fondi del Pnrr è stato speso per la sanità».

Possibile che le opposizioni non riescano ancora a trovare un terreno d’azione comune?
«Io ho mandato il nostro piano per l’azzeramento delle liste d’attesa nella sanità e quello per una retribuzione minima contrattuale a Schlein e al governo. Forse, dico forse, e con grande ritardo, sulla retribuzione minima riusciremo a fare qualcosa insieme. Ma il problema è che Schlein ha tre proposte sul salario minimo che riflettono le diverse anime del partito. O il Pd prende consapevolezza del fatto che al suo interno ci sono anime che la pensano diversamente su tutto, compresa l’Ucraina, oppure chiunque sia il segretario non potrà che comunicare il nulla».

Cosa dovrebbe fare secondo lei il Partito democratico?
«Io credo sia ora che il Pd esca dalla terra di nessuno, perché così non marca il governo, anzi, ogni polemica stupida sul saluto romano alla parata del 2 giugno, sulla Corte dei conti come baluardo della democrazia contro il fascismo, rappresenta la garanzia per la Meloni di una vita politica lunga e prosperosa. È arrivato il momento di dare una nuova identità all’area liberal-democratica facendo un’opposizione di merito e noi saremo molto felici se qualcuno dal Pd deciderà che è il tempo di fare questo tipo di opposizione in collaborazione o venendo a costruire con noi un partito liberal-democratico capace di prendere posizioni nette».

E nel frattempo?
«Io posso solo continuare a mandare i nostri contributi all’opposizione e alla maggioranza. Lo farò anche con la proposta che lanceremo giovedì per la limitazione e il divieto dell’uso dei social ai ragazzi sotto i 13 anni e la necessità del consenso dei genitori per quelli dai 13 ai 15. È una legge che è stata approvata in Francia e su cui l’opposizione dovrebbe battere un colpo. I preadolescenti sono devastati dai social e le famiglie sono lasciate sole. Con il risultato che aumentano a dismisura le patologie dei giovani».

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Così si stravolge la democrazia

martedì, Giugno 6th, 2023

Vladimiro Zagrebelsky

Oggi il Parlamento vota due emendamenti proposti dal governo al decreto legge n. 44/2023, che lo stesso governo ha approvato e presentato per la conversione in legge. Mentre la discussione parlamentare è in corso, dopo l’audizione dei vertici della Corte dei Conti, la associazione dei magistrati di quella Corte ha criticato le norme che sottraggono al controllo in corso d’opera i progetti del Piano nazione di ripresa e resilienza e prorogano l’esclusione, già introdotta quando era in corso la pandemia da Covid-19, della responsabilità contabile per condotte gravemente colpose. Ciò di cui si discute non sono le funzioni tradizionali di controllo della Corte dei Conti, ma gli effetti delle modifiche che si vogliono introdurre sulla tutela dei cittadini per l’impiego di fondi pubblici, come quelli disponibili per il Pnrr. L’intervento proprio della Corte dei Conti, quando si traduce nel riscontro di condotte illegali, passa attraverso l’accertamento di responsabilità e recupero dei fondi distratti dall’obiettivo pubblico.

La modifica che ora il governo persegue, con la eliminazione di tali controlli preventivi e di casi di responsabilità contabile, evita di affrontare il difficile, ma indispensabile tema della inefficienza della amministrazione pubblica, nazionale, regionale e comunale e della semplificazione della legislazione e regolamentazione dell’azione pubblica, in particolare nel campo della realizzazione delle opere pubbliche. Egualmente assente è una discussione sulla natura del controllo della Corte dei Conti, soprattutto quando sia in corso d’opera e non a posteriori: un controllo di legalità ma con implicazioni rilevanti di natura economica e politica. Ciò è tanto più possibile quando si svolge nel momento in cui decisioni devono essere assunte dagli amministratori pubblici, spinti a sollecitare il parere di chi alla Corte dei Conti è incaricato del controllo, finendo con il realizzare forme di impropria cogestione o di “paura della firma”.

È vero che l’emendamento governativo contiene una riserva di complessiva revisione della disciplina sulla responsabilità amministrativo-contabile. Ma intanto si procede con una eliminazione di controlli in costanza del permanere delle ragioni profonde dell’incertezza in cui di muove l’amministrazione pubblica e delle ragioni di resistenza ai controlli della Corte dei Conti. Della Corte dei Conti, questa volta, ma se la logica dell’attuale provvedimento dovesse esser portata a compimento anche la competenza dei Tar e del Consiglio di Stato con i loro provvedimenti di sospensiva, diverrebbe oggetto di ridefinizione. Il che, di nuovo, potrebbe essere ragionevole oggetto di discussione, ma solo dopo aver chiarito e rimosso le cause vere delle diffuse illegalità su cui quei giudici intervengono.

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Berlusconi convoca i ministri, nel partito timore di rimpasti orchestrati da Marta Fascina

martedì, Giugno 6th, 2023

Federico Capurso

ROMA. Da ieri mattina i ministri di Forza Italia hanno iniziato a disdire i loro appuntamenti per sabato prossimo: «Sopraggiunti impegni», con tante scuse. Cos’è stato in grado di cambiare all’improvviso le loro agende? L’invito a pranzo, ad Arcore, del presidente Silvio Berlusconi, ovviamente. Il menù politico non è stato ufficialmente anticipato dal Cav – come spesso accade -, ma tutti sanno che la portata principale del weekend sarà la riorganizzazione del partito.

Riunione per ora ristretta ai ministri e non allargata ai capigruppo, ma «il formato è ancora provvisorio». Il punto è farla in fretta. Perché si racconta che nei corridoi della villa ad Arcore si vivano con un certo «fastidio» le voci che da giorni serpeggiano nel partito (e poi finiscono sui giornali), che vorrebbero uno stravolgimento imminente dell’organigramma di Forza Italia. Un’operazione pensata dalla “moglie” Marta Fascina, dicono. «Esercizi di fantasia», replica Berlusconi con una nota. Ma anche per questo si è reso necessario il pranzo di sabato prossimo: dare alle truppe un segnale di presenza del leader e una linea in grado di rasserenare gli animi. Perché l’atmosfera, di fronte agli scenari ipotizzati, quasi punitivi nei confronti di chi non è allineato al nuovo corso “filo-meloniano”, ha creato un certo subbuglio. «Ed è certamente vero che Forza Italia voglia adeguare la sua organizzazione, anche in vista delle prossime elezioni europee. Ma non è vero – sottolinea il Cav – che lo farà “con la rivoluzione” e mortificando le persone».

Insomma, Berlusconi vuole che si mantenga un certo equilibrio e cerca un processo di cambiamento che «coinvolga tutti e valorizzi il talento di ciascuno», si legge ancora nella nota. Poi, dice sorridendo un veterano che ha già vissuto tanti restyling di Forza Italia, «una volta ascoltati e coinvolti tutti quelli che si devono coinvolgere, sarà il presidente a prendere una decisione, come è sempre stato e come è giusto che sia». In fondo, è la famiglia Berlusconi a tenere in vita Forza Italia a suon di donazioni.

L’importante è che la riorganizzazione del partito non si trasformi nella scintilla in grado di provocare una dolorosa diaspora. Il tema è stato affrontato anche in una delle ultime telefonate con il coordinatore Antonio Tajani, che predicava prudenza. A partire da chi è già stato indebolito e, per l’appunto, non va «mortificato», come la capogruppo in Senato Licia Ronzulli. Le voci in Parlamento la vogliono «appesa un filo», ma dopo la nota di Berlusconi «non è detto che venga toccata. E se anche venisse rimossa da capogruppo, potrebbe sempre incassare qualcos’altro», ragionano ai piani alti del partito.

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Memoria corta di sinistra e grillini

martedì, Giugno 6th, 2023

Raffaele Marmo

La sinistra, i grillini e i loro mentori che gridano allo scandalo e evocano tentazioni alla Orban o alla Trump per l’intervento del governo sui controlli della Corte dei Conti dovrebbero leggere Massimo D’Alema e, magari, anche Eugenio Scalfari.

Ne La grande occasione, il libro scritto (con Gianni Cuperlo) dal lìder maximo sull’esperienza fallimentare (purtroppo per il Paese, vale aggiungere) della Bicamerale, D’Alema racconta di come volesse intervenire sulla Corte dei Conti e sul Consiglio di Stato per togliere a queste istituzioni la funzione giurisdizionale. Ebbene, per dire che cosa accadde, bastano le sue parole.

“Nessuno pensava, dunque – spiega – di sopprimere il Consiglio di Stato o la Corte dei Conti, ma solo di rendere questi due organi più efficienti. Anche se era del tutto legittimo che venissero espresse posizioni più radicali, come quella di Scalfari che, sulle colonne di Repubblica, aveva avanzato provocatoriamente l’idea di abolire il Consiglio di Stato, stimolando la replica risentita del suo presidente Laschena e un dibattito particolarmente vivace”.

Ma il meglio, si fa per dire, doveva venire proprio dalla Corte dei Conti. “Nel caso della Corte dei conti – insiste D’Alema – invece, ricordo di aver ricevuto, in quel periodo, una lettera anonima in una busta intestata della Corte, con la quale un sedicente gruppo di magistrati mi “consigliava“ minacciosamente di sostenere un certo nucleo di emendamenti”.

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Esplode il caso Gay Pride “Difendono l’utero in affitto” La Regione: via il patrocinio

martedì, Giugno 6th, 2023

di Giovanni Rossi

Contrordine, Fratelli. Il Roma Pride fa scoppiare un caso politico. Prima la Regione Lazio guidata dal meloniano Francesco Rocca concede il patrocinio all’evento della comunità Lgbtq+ (sabato 10 giugno la parata finale), con tanto di applausi del Pd capitolino. Poi, sotto la spinta delle associazioni Pro Vita, Rocca ci ripensa e revoca il sostegno concesso. Un comunicato della Regione accusa gli organizzatori di aver violato “le condizioni esplicitamente richieste”. “Buona fede” tradita, è la motivazione del dietrofront.

Tutto ruota attorno al manifesto dell’evento intitolato ’Queeresistenza’. Il testo che lo accompagna riporta le storiche richieste della comunità Lgbtq+: “Vogliamo una legge che introduca e disciplini anche in Italia una gestazione per altri (Gpa) etica e solidale, che si basi sul pieno rispetto di tutte le persone coinvolte, sulla scorta delle più avanzate esperienze internazionali”. Nulla di nuovo, se non il fatto che, proprio nei giorni scorsi, la maggioranza ha avviato l’iter parlamentare – giuridicamente assai complesso, forse impraticabile – per trasformare la Gpa in reato cosiddetto “universale” perseguibile anche se commesso all’estero (in Italia la Gpa è fuorilegge già dal 2004). Fa niente se Ucraina, Canada o alcuni Stati Usa includono la Gpa nei propri sistemi sanitari.

La destra tradizionalista non ci sta, si infuria per il supposto tradimento di Rocca e presenta il conto: “Ci chiediamo se il centrodestra non sia in preda a una schizofrenia – chiede Jacopo Coghe, portavoce di Pro Vita & Famiglia Onlus –. Perché il documento politico del Pride è chiaro: legalizzazione dell’utero in affitto, matrimonio egualitario, adozioni per coppie dello stesso sesso, trascrizioni anagrafiche per i ‘figli’ delle coppie gay, identità di genere, progetti gender nelle scuole di ogni ordine e grado. Il patrocinio va immediatamente ritirato per rispetto a tutti quegli elettori che hanno votato Rocca e la sua amministrazione”. Richiesta esaudita.

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Nella guerra senza limiti né deterrenza si vince solo rovesciando i fronti

martedì, Giugno 6th, 2023

Domenico Quirico

Con quali limiti? O addirittura senza limiti? La guerra in Ucraina per alcuni mesi è avanzata con infinitesimali spostamenti quotidiani; sì, una guerra lenta. Addirittura pareva non muoversi nulla e già qualcuno evocava immobilismi da primo conflitto mondiale. Confessiamolo: noi che eravamo al comodo riparo della non belligeranza iniziavamo ad annoiarci. Eppure invisibili divinità cattive costruivano una rete di direzioni, di inclinazioni e di segni, una muscolatura segreta e terribilmente viva per rendere la guerra più grande e pericolosa.

Quel silenzio teso avrebbe dovuto metterci in allarme, era un silenzio di complotto. Non a caso i messaggeri, rarissimi, confusi, tardavano a tornare e sempre a mani vuote: nessun negoziato, vietato parlare di tregua. La misteriosa controffensiva ucraina, indicata come risolutiva, palingenetica proprio perché così misteriosa, sembrava l’unica possibile via per il ritorno all’equilibrio. Ricchi di armi e di voglia guerriera, abbonati all’eroismo, gli ucraini avrebbero ricacciato i russi ristabilendo le frontiere violate, termine ultimo e invalicabile della guerra. La pace era dunque misurabile al centimetro: là e non oltre e tutto sarebbe ritornato come per magia al 23 febbraio. Giusto in tempo per andare in vacanza e per discutere le fette della ricostruzione. Insomma: una guerra raffreddata da manuale di storia. E Putin? E la Russia?

Solo alcuni spregiudicati lasciavano, cautamente, intravedere la tentazione a lucrare, “en passant”, anche la caduta di un altro pestifero autocrate guerrafondaio. Facevano capolino la idea hegheliana della scaltrezza della ragione, e quella, orribile e apparentata, del Male necessario al Bene: in fondo alcune decine di migliaia di morti… Un prezzo accettabile per un mondo ben ordinato.

E invece… La guerra non fa sconti, non si auto limita, ci trascina implacabile a punti estremi di virulenza. Gli ucraini, gli unici che non mentono sulle loro intenzioni, portano la guerra in territorio russo, scavalcano a cannonate, con i droni, sui blindati il prefissato limite. Giorno dopo giorno la modesta finzione dei raid di improbabili “partigiani democratici russi” viene abbandonata. Qui si rovescia il fronte, si attacca esplicitamente dall’altra parte, si dà l’assalto alle loro città. A mettere al riparo i bambini adesso sono i governatori russi. Forse si punta ad avvolgere in una sacca gigantesca l’armata putiniana che si è affannata a munire le trincee del Donbass e che si troverebbe il nemico alle spalle.

Dopo mesi di allegre certezze annibaliche serpeggia un po’ di paura, di drammatizzazione vagamente allucinatoria: ma questa è un’altra guerra… E cosa faranno i russi che si inferociscono quando si calpesta il loro sacro territorio? Che non badano più alle magagne di chi li comanda ma solo ad annientare l’invasore. Come provano lo svedese Carlo dodicesimo, Napoleone e l’imbianchino stratega con i suoi panzer. Ma questa è la logica della guerra. Soltanto rovesciando le parti, andando ad annientare il nemico nel suo territorio si vince. La sconfitta non finisce mai mentre la vittoria accade e si consuma.

Insomma: per prevalere si deve marciare su Mosca, altro che rimettere in piedi le vecchie palette del confine. Sarebbe soltanto un episodio, non risolutivo. Per vincere bisogna imporre la resa ai russi e costringerli a consegnare il responsabile della guerra, Putin e la sua obbediente camarilla. Questa è la guerra, spiegano con realismo gli ucraini, il realismo di chi la combatte e subisce. A noi, ipocriti spettatori, è consentito il comodo di tracciare linee infrangibili, limiti da non superare, obiettivi da non sussurrare neppure sottovoce. La finzione è una delle stoffe con cui è fatta la nostra vita mentale. Ma la guerra si può vincere solo calpestando la terra del nemico e costringendolo ad abbassare le armi. Come hanno fatto i russi più di un anno fa o gli americani in Afghanistan e nella seconda guerra irachena.

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Meloni, migranti, Europa: il risiko Tunisia e il prezzo da pagare per fermare gli sbarchi

martedì, Giugno 6th, 2023

Francesca Mannocchi

La premier Giorgia Meloni oggi incontrerà il presidente tunisino Kais Saied e la premier Najla Bouden. Visita ambiziosa e difficile insieme. Meloni ha bisogno di un interlocutore che gestisca sull’altra sponda del Mediterraneo centrale il sempre più pericoloso flusso migratorio e porta in cambio la promessa del sostegno italiano con il Fondo Monetario Internazionale che ha sospeso un prestito di quasi due miliardi necessario all’economia tunisina affogata nell’inflazione, garantirà aiuti economici e quote di ingressi legali. Il nodo principale è quello del prestito del FMI, bloccato da mesi dopo che Saied, a fine febbraio, aveva pronunciato un discorso violentissimo contro le persone migranti di origine subsahariana presenti nel paese, provocando un’ondata di assalti e violenze. Saied aveva ordinato alle sue forze di sicurezza di espellere tutte le persone considerate irregolari denunciando quella che ha definito «una cospirazione per cambiare la demografia della Tunisia rendendola più africana e meno araba». Dopo il discorso di Saied le partenze verso l’Europa sono aumentate vertiginosamente e in reazione alla grave crisi sociale, al mancato rispetto dei diritti umani, alla deriva sempre più autoritaria del Presidente Saied, il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale hanno sospeso i prestiti, congelando i finanziamenti col rischio di impantanare ancora di più un paese allo stremo, indebitato per l’80% del suo PIL, con un tasso di disoccupazione giovanile che nelle aree più remote sfiora il 40%. L’Italia sa che senza i fondi la Tunisia potrebbe non riprendersi dalla crisi economica col rischio di una nuova ondata di partenze soprattutto dalle coste meridionali del paese, per questo corre ai ripari. Prima le visite di Piantedosi, le chiamate della Premier Meloni a Saied e oggi una nuova visita lampo nella capitale. L’Italia vuole sbloccare i fondi ma sa che gli aiuti non si ottengono senza riforme, e questo è il nodo più complesso. L’idea è quella di proporre due finanziamenti internazionali, con l’appoggio dell’Unione europea, uno subito per tamponare l’emergenza e un altro finanziamento quando le riforme siano state messe in campo.

Romdhane Ben Amor, responsabile del dossier migratorio del Forum tunisino per i diritti economici e sociali (FTDES), da anni monitora il flusso migratorio dalle coste tunisine e analizza l’inefficacia e le conseguenze delle politiche europee. Ben Amor definisce il 2023 l’anno ‘tragico’ delle rotte tunisine. E i numeri gli danno ragione. Dei circa 51 mila sbarchi alla prima settimana di giugno circa 26.555 erano salpati dalla Tunisia, secondo gli ultimi dati delle Nazioni Unite, contro i 3.658 dello stesso periodo del 2022.

I numeri dell’anno precedente erano già allarmanti. Nel 2022 quasi 500 persone sono state dichiarate disperse sulle coste tunisine «è sempre più frequente – dice Ben Amor – che di fronte alla scomparsa di barchini partiti dalle coste di Zarzis i funzionari tunisini non rispondano. C’è sempre meno trasparenza sui numeri dei naufragi delle vittime e dei dispersi, continuiamo a chiedere giustizia, a chiedere spiegazioni ma le autorità tunisine sono sempre più opache persino rispetto a barchini carichi di minori e famiglie. Tutto questo è legato alla situazione politica, economica e sociale ma anche alla forte pressione esercitata sul tema dell’immigrazione irregolare. Parla un solo partito: l’Unione Europea e i suoi Paesi membri. La Tunisia rimane in silenzio». Come a dire che il silenzio sulle morti in mare, l’opacità sui dati, le mancate sanzioni e il mancato controllo sull’operato della Guardia Costiera tunisina siano il prezzo da pagare per gli accordi (leggasi fondi) dell’Unione Europea. «L’Unione europea – continua Ben Amor – non è interessata alla democrazia e al rispetto dei diritti umani, ma alla stabilità all’interno dei paesi situati ai suoi confini meridionali, una stabilità che ha più le fattezze di Ben Ali e Gheddafi che non di un processo democratico».

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Una destra europea in vantaggio ma disunita

martedì, Giugno 6th, 2023

di Massimo Franco

Si va delineando una nebulosa sovranista eterogenea e percorsa da una conflittualità che va oltre la competizione elettorale esasperata dal sistema proporzionale

Una destra europea in vantaggio ma disunita

A un anno dalle Europee del 2024 , i giochi sembrano avviati a un esito quasi scontato: l’affermazione di uno schieramento nel quale Popolari e destre, contro avversari in crisi di identità e di leadership. L’idea di un «vento» conservatore difficile da fermare è ormai passata nella percezione generale. Anche se non si capisce fino in fondo se sia evocato dagli avversari per giustificare e assolvere la propria inadeguatezza; o se davvero sia una dinamica inarrestabile.

Sotto questo aspetto, la situazione continentale potrebbe somigliare sempre più a quella italiana dopo le Politiche del 25 settembre: con opposizioni divise e inconsistenti, e una maggioranza forte e in parallelo divisa da tensioni striscianti. Si va delineando una nebulosa sovranista più eterogenea di quanto faccia intendere l’aggettivo che la definisce; e percorsa da una conflittualità che va oltre la competizione elettorale esasperata dal sistema proporzionale.

L’invasione russa dell’Ucraina sottolinea differenze di politica estera non solo a sinistra. Fotografare la distanza tra la premier Giorgia Meloni sulla Nato rispetto a Matteo Salvini e a Silvio Berlusconi, non fa solo il paio con le divergenze tra Pd e M5S. Evoca anche quelle tra la Polonia «americana» e l’Ungheria filo-Putin, che ha frantumato l’unità euroscettica del«gruppo di Visegrad»; e i contrasti a Varsavia tra i popolari di Donald Tusk e i conservatori del premier Mateusz Morawiecki.

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Guerra Ucraina-Russia, le notizie di oggi | Diga vicino a Kherson distrutta dalle forze russe. Mosca nega e incolpa l’esercito ucraino

martedì, Giugno 6th, 2023

di Andrea Nicastro, inviato, e redazione Online

Le notizie sulla guerra di martedì 6 giugno, in diretta. L’esercito ucraino ha dichiarato che le forze di occupazione russe hanno fatto saltare in aria la diga della centrale idroelettrica di Kakhovskaya, a monte del Dnepr, nell’area di Khershon, e dal bacino è iniziata la fuoriuscita incontrollata di acqua. Mosca incolpa Kiev dell’esplosione

Guerra Ucraina-Russia, le notizie di oggi | Diga vicino a Kherson distrutta dalle forze russe. Mosca nega e incolpa l’esercito ucraino

• Il governatore russo: «Combattimenti a Belgorod».
• Danilov: «Trattare con Putin? Mai: non potete costringerci a negoziare con Satana».
• Il fronte adesso è in Russia, Putin: «Vogliono destabilizzare il Paese».
• Putin dona alla Chiesa l’«Icona della Trinità» di Rublev: i musei protestano.

Ore 08:55 – Michel: «L’attacco alla diga è un crimine di guerra»

«Sono sconvolto dall’attacco senza precedenti della diga Nova Kakhovka. La distruzione delle infrastrutture civili si qualifica chiaramente come un crimine di guerra, e faremo in modo che la Russia e i suoi alleati ne paghino le conseguenze». Così via Twitter il presidente del Consiglio Ue Charles Michel. «Solleverò la questione a giugno al Consiglio Ue e proporrò maggiore assistenza alle aree allagate. Il mio pensiero va a tutte le famiglie in Ucraina colpite da questa catastrofe», prosegue Michel.

Ore 08:47 – Kiev: «Esplosioni nella capitale durante la notte»

Esplosioni sono state udite a Kiev la notte scorsa: lo ha reso noto su Telegram il sindaco della capitale ucraina, Vitalii Klitschko.

Ore 08:33 – Kuleba: «Distruzione diga è un crimine orribile»

«La distruzione da parte dei russi della diga di Kakhova è probabilmente il più grande disastro tecnologico degli ultimi decenni in Europa e mette migliaia di civili a rischio». È quanto scrive su Twitter il ministro degli Esteri ucraino, Dmytro Kuleba, sottolineando che questo è «un crimine orribile: l’unico modo per fermare la Russia, il più grande terrorista del 21esimo secolo, è cacciarla dall’Ucraina».

Ore 08:23 – Kiev: «16000 persone in zona critica, evacuazione in corso»

A causa dell’esplosione della centrale idroelettrica di Kakhovska, 16.000 persone si trovano in una «zona critica» sulla riva destra del fiume Dnipro ed è in corso un’evacuazione: lo ha affermato su Telethon il capo del dipartimento di polizia di Kherson, Alexander Prokudin, come riporta Rbc-Ucraina.

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Btp Valore, partenza boom: superata quota 5 miliardi. Ecco le 5 cose da sapere

martedì, Giugno 6th, 2023

Sandra Riccio

MILANO.

Debutto con il botto per il Btp Valore che nel suo primo giorno di emissione ha raccolto già 5,4miliardi di euro. Si tratta di un ammontare importante che rivela una buona accoglienza da parte dei risparmiatori. Le attese degli operatori sono adesso di un livello complessivo intorno ai 10miliardi, sopra le attese. Il nuovo bond, che fa parte di una neo famiglia denominata Btp Valore, è riservato al solo pubblico retail. Questo nuovo strumento avrà una durata di 4 anni e verrà offerto fino a venerdì, salvo chiusura anticipata. Ecco le caratteristiche chiave.

La cedola crescente

A quanto ammonterà il guadagno? Con la cedola crescente e il premio fedeltà, il rendimento annuo lordo del primo Btp Valore arriverà al 3,74%. Sul mercato secondario, venerdì un Btp di pari scadenza rendeva intorno al 3,46%.

Il bonus

«Il bonus finale dello 0,5% è pensato per premiare i “cassettisti” che tengono il titolo fino alla scadenza – spiega Stefano Gianti, analista di Swissquote -. La logica del Btp Valore è proprio quella di fare in modo che aumenti la quota degli investitori retail tra i compratori del debito italiano. Aumentando la quota di debito pubblico detenuta all’interno del Paese, cresce infatti la percezione di sostenibilità del debito». Per questa ragione questa volta il Tesoro propone un premio fedeltà che è più generoso rispetto a livelli offerti in passato (0,08%). «Puntare sui “cassettisti” che tengono il titolo fino a scadenza potrebbe però rendere il titolo meno liquido sul mercato secondario» avverte l’esperto.

Tassazione agevolata

Ci sono anche altri vantaggi. Il Btp Valore offre una tassazione agevolata che come per gli altri titoli di Stato è del 12,5% sugli interessi, contro il 26% degli altri strumenti finanziari. Inoltre è prevista l’esenzione dalle imposte di successione. L’investimento minimo si adatta ai piccoli portafogli (1.000 euro) e non sono previste commissioni bancarie per l’acquisto all’emissione.

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