Archive for Giugno, 2023

Corte dei Conti e Pnrr, irritazione a Palazzo Chigi: ogni giorno ce n’è una. Il sospetto che sia iniziata la campagna per le Europee

sabato, Giugno 3rd, 2023

di Francesco Verderami

Le «manovre» attribuite ai politici, non più ai tecnocrati

Corte dei Conti e Pnrr, irritazione a Palazzo Chigi: ogni giorno ce n’è una. Il sospetto che sia iniziata la campagna per le Europee

Sul Pnrr la partita dell’Italia con Bruxelles non è più una questione di regole e tantomeno di numeri: è diventata una questione politica. Ne è convinta la premier, secondo la quale gli ultimi accadimenti sulla trattativa sono il segno che è iniziata la campagna elettorale per le Europee.
Ieri la dichiarazione di un portavoce della Commissione — critico con le misure del governo sulla Corte dei conti — ha convinto Meloni a reagire per sconfessare il rappresentante di Bruxelles. Il fatto che la lunga nota di Palazzo Chigi confuti punto per punto quella tesi, testimonia l’intenzione della premier di voler stoppare sul nascere un’operazione politica di cui c’era sentore da giorni nell’esecutivo e nella diplomazia. L’idea di far passare l’Italia come un Paese dove si smantellano le istituzioni di controllo è vissuta come il tentativo di accostare Roma a Budapest, a cui l’Europa ha sospeso i fondi «a tutela degli interessi finanziari» dell’Unione per non avere disposto «un controllo adeguato sulla spesa».

Una manovra spericolata e persino infondata, a sentire fior di giuristi e di leader dell’opposizione come Calenda, che ritengono corretta l’impostazione del governo. Tuttavia Meloni — constatato che «ogni giorno ce n’è una» — ha deciso di replicare, considerando strumentale l’atteggiamento della Ue sulle norme che regolano il ruolo di vigilanza della Corte dei conti. Siccome sono in vigore da tre anni, appare inspiegabile questa forma di doppiopesismo, dato che con i due precedenti gabinetti il tema non è mai stato sollevato: «A meno che il problema sia legato al nostro governo». È un esercizio retorico, perché in tal caso la spiegazione assumerebbe un chiaro significato politico, sarebbe la prova di come sia iniziata la campagna per le Europee. Palazzo Chigi continuerà a rispondere alle obiezioni in punta di regolamento, ma la premier si rende conto che sono mosse dettate dalla scadenza elettorale. E ritiene che trasmettano un segnale di grande debolezza da Bruxelles.

D’altronde, come sottolinea un autorevole ministro, «se le previsioni del voto dovessero realizzarsi e in Europa si concretizzasse una maggioranza tra Popolari, Conservatori e Liberali, cambierebbe tutto. Perciò gli avversari reagiscono». Ecco il motivo per cui oggi le manovre di disturbo verso Roma non sono più attribuite ai tecnocrati di Bruxelles, ribattezzati i «maestrini di Bruges» perché in quella città ha sede una famosa scuola di specializzazione della burocrazia europea. Stavolta il livello del conflitto è più alto: tocca i vertici dell’Unione. E non è un caso se il Ppe, scaldando i muscoli per la campagna elettorale, ha fatto stampare delle locandine contro il vicepresidente socialista della Commissione Timmermans. Così come non è un caso se la presidente popolare von der Leyen, in odore di conferma, si tiene prudentemente fuori dalla mischia.

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Opposizione surrogata

venerdì, Giugno 2nd, 2023

Augusto Minzolini

Spesso quando la politica lascia dei vuoti, ci sono altri soggetti che ne riempiono lo spazio. È una legge della fisica dei fluidi che può essere anche applicata alla politica. È inevitabile e, magari, a volte non è neppure intenzionale. Motivo per cui se oggi un’opposizione divisa e distratta dai propri miraggi ideologici arranca, c’è chi per un motivo o per l’altro finisce per farne le veci. Soggetti «parapolitici» come il sindacato, visto che la Cgil non ha mai smesso di fiancheggiare la sinistra politica. O addirittura istituzionali come Bankitalia, che avendo ceduto molti poteri alla Bce è diventata una sorta di ufficio studi di prestigio che svolge un’azione di stimolo nei confronti del governo. O ancora la Corte dei Conti che interviene sul Pnrr con il rischio di rendere più complicato uno sforzo già di per sé difficile per l’esecutivo.

Le ragioni sono molteplici, specie quando c’è un cambio di stagione profondo come quello determinato dalle ultime elezioni, per cui il vecchio establishment ha pochi rapporti e magari nutre una diffidenza innata verso i nuovi governanti. Così visto che il Pd e i 5stelle appaiono poco efficaci e ininfluenti, nella dialettica politica salgono alla ribalta i potenziali supplenti. È già successo in passato: lo scontro al fulmicotone tra il governatore Ignazio Visco al momento della sua riconferma nel 2017 e il potente di turno di allora Matteo Renzi, fu memorabile. Oggi per Visco, arrivato irrimediabilmente a fine carriera, non si pone neppure il problema di una permanenza al vertice dell’Istituto di via Nazionale, per cui può togliersi i sassolini dalle scarpe: lancia segnali al governo sui ritardi del Pnrr, sposa la posizione di grillini e Pd sul salario minimo, storce la bocca sulle ricette fiscali che piacciono al centrodestra. Il paradosso è che su questi temi il governatore echeggia gli slogan di Maurizio Landini e della Cgil che non digeriscono neppure gli industriali. Così va il mondo.

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L’intelligence, la gita in barca, gli oligarchi russi: i dubbi sul naufragio al lago Maggiore

venerdì, Giugno 2nd, 2023

Andrea Muratore

Il naufragio del Lago Maggiore di domenica 28 maggio si è tinto di “giallo” dopo che è emersa la presenza di un ampio numero di funzionari dell’intelligence italiana e israeliana sulla “Gooduria”, l’imbarcazione naufragata nel tragico incidente dovuto ad avverse condizioni meteo in cui sono morte quattro persone. Tra cui due funzionari del Sistema informativo per la sicurezza della Repubblica che coordina l’intelligence italiana, un ex membro dei servizi segreti di Israele e una cittadina russa, compagna dello skipper dell’imbarcazione.

Scenari d’intelligence

E proprio lo skipper dell’imbarcazione, Claudio Carminati, al centro delle indagini per possibili omissioni securitarie che hanno portato alla tragedia per la tromba d’aria che ha capovolto l’imbarcazione domenica sera, è risultato essere un uomo su cui le agenzie di sicurezza italiane hanno più volte contato per operazioni logistiche e sostegno.

Le fonti di Piazza Dante emerse sui media hanno portato alla ricostruzione precisa delle agenzie coinvolte: l’Agenzia informazioni e sicurezza esterna (Aise) italiana e il Mossad israeliano. Due apparati la cui rilevanza operativa è legata principalmente alle operazioni di teatro all’estero o, nel caso dell’Aise, alle attività di controspionaggio.

C’è stata polemica per la repentina scomparsa degli operativi ricoverati dopo la tragedia dagli ospedali e dalle case di cura, ma ricordiamo che si tratta di una classica operazione dei servizi segreti per evitare che i “metadati” degli agenti, i loro contatti personali, le loro informazioni identificative e sanitarie, potessero essere acquisite da possibili agenti ostili tramite fuga di notizie. E questo si intreccia direttamente alla domanda chiave: cosa facevano gli agenti italiani e israeliani sulle sponde del Lago Maggiore? Proviamo a costruire alcuni scenari.

Il triangolo Italia-Israele-Russia

Il primo scenario è quello che vedrebbe gli agenti italiani e israeliani intenti a “pedinare” sulle sponde del Lago Maggiore, nella zona di Verbania, oligarchi russi e altri personaggi sospetti ritiratisi sulle placide rive del Lago Maggiore, lontani dai riflettori, dopo l’invasione dell’Ucraina. “Negli ultimi tempi sono aumentati gli arrivi di «pesanti» personaggi russi, focalizzati sulla riqualificazione e l’apertura di hotel, per loro ammissione con l’obiettivo dichiarato, sempre che non sia una semplice copertura, di spostare gli investimenti dal lago di Como a qui”, nota il Corriere della Sera.

L’ipotesi è sicuramente interessante, specie se si considera che Israele è un altro Paese in cui molti oligarchi hanno basi d’appoggio o seconde cittadinanze (si pensi al caso emblematico di Roman Abramovich). Dopo che l’attenzione si è concentrata a inizio guerra sul sequestro delle ville sul Lago di Como di oligarchi e magnati di vario livello, è possibile che, complici triangolazioni con la Svizzera in società di comodo, molti big della finanza russa riparati in Italia si siano spostati tra Varese e l’Ossola.

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Crisi Pd, Renzi contro Schlein: perderà anche le elezioni condominiali

venerdì, Giugno 2nd, 2023

Matteo Renzi a valanga contro Elly Schlein. Il ledare di Italia Viva prende di petto il segretario dem in un’intervista a Il Giornale. E ne mette in risalto tutte le contraddizioni. Le posizioni oltranziste di Schlein potranno far recuperare qualche tessera al partito ma difficilmente potranno portarla al governo del Paese. «Schlein funziona per vincere le primarie –  attacca Renzi – ma come sempre chi rappresenta la sinistra massimalista entusiasma la curva degli ultras e poi perde tutte le elezioni, anche quelle condominiali. L’alternativa a Meloni o sarà riformista o non sarà. Il modo per attaccare Meloni è chiederle conto delle sue contraddizioni, non gridare al fascismo. Perché non c’è il fascismo alle porte. E sarà bene che se ne facciano una ragione anche i protomartiri tv che hanno raccontato di lasciare la Rai in nome della democrazia e, in realtà, vanno solo a fare cose diverse o pagate meglio». Così, in un’intervista al Giornale, il leader di Italia Viva Matteo Renzi. «Il petardo Schlein – aggiunge – ha fatto recuperare qualche tessera in sezione e qualche copia in edicola. Ma, alla fine, fare politica richiede talento e coraggio delle scelte: l’armocromista non ti salva se non hai un progetto per il Paese».

IL TEMPO

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Quel nonno di Kiev piegato sulla nipote dilaniata a 9 anni

venerdì, Giugno 2nd, 2023

Domenico Quirico

Quel nonno di Kiev piegato sulla nipote dilaniata a 9 anni

La fotografia l’abbiamo sotto gli occhi e sotto le dita. Il volto non lo vedo, coperto dalla reverenza di un lenzuolo bianco. Non lo vedrò mai. Non saprò se questa bambina di Kiev era bionda o bruna, se era paffuta, se le sue mani cominciavano ad acciuffare le cose… e gli occhi…? Dolci o fieri? Vedo il nonno che la veglia abbandonato su una di quelle sedie di plastica degli umili bar di periferia senza che gli escano parole di dentro: l’illusione di possedere ancora la persona che si ama, di incorporarsi in lei, non fare più che una cosa con la sua sostanza, essere trasformati nel proprio amore vivente… E provare nella carne l’orrore di questa assenza infinita. Vorremmo fargli dono di una tenerezza divina, una consolazione che non sia dell’uomo.

Chissà se lei ha capito che di questo si trattava, di morire. Un cuneo di verità nel soffice non sapere dell’infanzia, le ha strappato l’ingenuità come una benda dagli occhi e ha visto in un lampo tutto ciò che la bomba le toglieva. E’ una immagine sconvolgente perché per metà è di morte e per metà di quiete; più esattamente di un distacco calmo e prematuro come se cose del mondo lì si fossero scolorate d’improvviso. Già: i bambini ucraini, i bambini di Aleppo, di Sanaa, di Sarajevo, di Kabul…

C’è sempre qualcosa di incomprensibile nell’orrore. Non riesci a reagire in modo sensato: repulsione, dolore, paura , lutto, vergogna e nulla di sensato. Nel momento in cui lo vedi ti domandi se riesci davvero a vedere quello che stai vedendo. La cronaca spiega che è stata uccisa da un bombardamento russo , uno dei tanti di questi giorni sulla capitale, in un luogo, l’ucraina, dove da più di un anno!, non è la morte ma la vita ad apparire come un incidente del destino. La vita degli innocenti, dei miseri, dei travolti dalla Storia crudele e dai suoi lucidi burattinai.

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Kosovo ponte dell’odio, la città di Mitrovica è simbolo delle divisioni

venerdì, Giugno 2nd, 2023

dalla nostra inviata Letizia Tortello

KOSOVSKA MITROVICA. Per Milos Petrovic, 36 anni, il mondo «a Sud» finisce lì. In piazza Fratelli Milic a Kosovska Mitrovica, Nord del Kosovo, il «Muro di Berlino» che divide simbolicamente il Paese in due. Milos è alto un metro e novanta e ha il piglio guardingo. Controlla se ci sono infiltrati. Anche se un confine tra serbi e albanesi non c’è, chi si permette di varcare la linea simbolica dell’odio, in questa mattina di manifestazioni contrapposte, serbi del nord e albanesi del sud della stessa città, rischia grosso. Milos ha 36 anni, è seduto su un muretto dipinto coi colori della Serbia, sotto il monumento che ricorderà per sempre come eroi Srdjan and Boban Milic, due membri del Corpo d’Armata jugoslavo di Pristina, uccisi dalla Nato in un bombardamento nel ’99.

Sono le 12 e la piazza di Mitrovica Nord si riempie di gente. Serbi per lo più uomini e giovani. Come allo stadio, l’atmosfera ribolle. Nessuno di loro è lì per caso. È un raduno, anche se i militari della Kfor sono ovunque, quindi non è bene darlo a vedere. Milos guarda fisso dall’altra parte del ponte che lacera Mitrovica, su Telegram arrivano video e notifiche e le fake news si mescolano alla suggestione: «Gli albanesi si stanno muovendo, vogliono venire qui», si dice. A 150 metri di distanza oltre le arcate in cemento sul fiume Ibar, un centinaio di persone è sceso in strada, per farsi vedere e sentire. «Questo è il nostro Stato», urlano dei ragazzini albanesi. Spuntano al collo bandiere dell’Uck, l’Esercito di Liberazione del Kosovo, simboli che sono fumo negli occhi per i coetanei al di là della passerella.

Per Endrit Hoxha, 22 anni, muscoli scolpiti che escono dalla maglietta nera, il mondo «a Nord» finisce lì. In un microcosmo di rivendicazioni tra etnie di una terra che non ha pace e convivenza, anche se il Kosovo si è reso indipendente dalla Serbia nel 2008, ma c’è ancora qualche capitale tipo Belgrado che non lo riconosce. Endrit è con gli amici all’ombra della statua di Isa Boletini, eroe albanese. «Se sono mai andato a Mitrovica Nord? Sì, qualche volta. Ma non mi interessa vedere quella gente, la peggior gente del mondo, i serbi», dice con rabbia. È arrivato da un villaggio vicino per sostenere la polizia kosovara. «Se non gli sta bene vivere lì, tornino da Vucic! – aggiunge, concitato –. Questo Stato è nostro, questo Stato è albanese! Dai Dardani, dagli Illiri, queste terre sono nostre. E anche Montenegro, Macedonia, anche la Grecia, se andiamo indietro. I serbi vedono una cosa e pensano che sia tutto loro».

Le camionette dei carabinieri presidiano il ponte di Mitrovica giorno e notte, ma in questo momento l’allerta è ai massimi livelli, dopo gli scontri di lunedì a Zvecan, tra serbi e militari della Nato, dove sono rimasti feriti 11 alpini e circa 50 persone tra soldati e civili. È un venerdì di festa al Sud, il “giorno dei bambini”, e si montano palchi per l’evento serale. Ma nessuno sa se il concerto si farà. Mai si era vista tanta tensione. «Questa è la nostra normalità. I serbi vogliono sfidare la nostra pazienza, se partono le molotov come l’altro giorno, scoppia la guerra». Al Nord, il racconto è l’esatto opposto. Si dice che due albanesi abbiano osato attraversare il ponte: «Hanno iniziato a provocare e sono stati picchiati», spiega Peter. È quasi la stessa generazione di Endrit, ma trovare chi abbia amici dalle due parti, a Kosovska Mitrovica, è molto raro.

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La vita bugiarda del barman che ha ucciso Giulia Tramontano: le trappole psicologiche e il cinismo tra riti esuberanti della Milano da bere

venerdì, Giugno 2nd, 2023

Simona Buscaglia, Francesco Rotella

MILANO. «Un arrogantello pieno di sé, uno di quelli di cui non ci si può fidare». A chiedere in giro, qui a Senago, oppure a Paderno, dove Alessandro Impagnatiello si trovava con gli amici, il ritratto non è esattamente quello di una bella persona: «La prima volta che l’ho visto ho pensato che fosse un cretino», racconta Emanuele, cugino della donna con cui Alessandro otto anni fa aveva avuto un figlio. «Per fortuna la relazione non è andata avanti visto quanto successo. Giulia invece non l’avevo mai vista. La sera della confessione e del ritrovamento ho detto ai carabinieri di non farlo avvicinare perché lo avrei ucciso con le mie mani». Poi sintetizza con una di quelle parole che non si possono riferire: «Insomma, una vera m…».

L’incontro con Giulia e le bugie di Alessandro, parla l’altra fidanzata del barman omicida: “Lunedì chiesi di quella ragazza, nello zaino ho visto guanti in lattice azzurro”

francesco moscatelli 01 Giugno 2023

Quale baco lavorasse nella testa del giovane barman dall’aria innocente, che shakerava cocktail e menzogne con disinvoltura nella Milano da bere del nuovo millennio, e che per togliersi dall’imbarazzo di una doppia relazione ha ucciso senza esitazione la sua donna con suo figlio in grembo, nessuno lo sa con precisione: non le sue ex fidanzate, che lo hanno scoperto per caso da una foto sul suo cellulare, non i genitori di Giulia che stavano per accoglierlo come un genero e adesso non riescono a darsi pace. Impagnatiello sapeva mimetizzarsi bene nelle stravaganze eccessive della Milano by night, di cui conosceva i riti esuberanti osservati dal bancone dell’Armani Bamboo bar, in pieno centro. Lo si vede in un filmato su YouTube mentre prepara uno dei suoi intrugli tutto preso nel ruolo: il sorriso dolce di un ragazzino che non potrebbe fare male a una mosca.

La madre di Giulia Tramontano prima del ritrovamento del corpo: “Non ci avrebbe mai fatto questo, ormai penso solo il peggio..”

E invece, nelle parole della Procura, Ale – così lo chiamavano le sue fidanzate – diventa un «uomo dalla spiccata capacità manipolatoria e ingannatrice». Ma non basta, non è solo questo. Ale era «un po’ sbruffone, anche da ragazzo», raccontano gli amici di Paderno Dugnano, dove Impagnatiello si andava a rifugiare quando smetteva i panni di sacerdote alcoolico dei bar del centro. Nato a Sesto San Giovanni, quando ormai era già da un pezzo l’ex Stalingrado d’Italia, Alessandro era cresciuto con la famiglia a Senago, uno dei paesi che costellano la cintura della grande Milano: non più campagna, non ancora città. Una grande periferia non di rado anonima: «Si muoveva con uno scooterino tutto scassato. Poi da qualche tempo si era comprato un suv, una bella macchina». Il sigillo, anch’esso finto, di un successo effimero che si esauriva dietro al bancone del bar del centro, frequentato da belle donne e “bella gente”. Ale, soprattutto, era un bugiardo, quando raccontava a Giulia di volere un figlio, quando raccontava all’altra, la ex, che invece era tutto finito. «Prima in casa continuavo a guardare la nostra foto di Ibiza, so che non sono stato un fidanzato ideale negli ultimi mesi, dicci solo che stai bene», scrive su un WhatsApp diretto a Giulia ben sapendo di averla appena uccisa e che teneva avvolta in cellophane nel box dietro casa.

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2 giugno, Mattarella: “Lavorare all’estero non sia una scelta obbligata. Passare dalla fuga di cervelli alla circolazione di talenti”

venerdì, Giugno 2nd, 2023

Alla parata del 2 giugno ai Fori Imperiali a Roma sfilano in 5.500 tra militari e civili. Ad aprire le celebrazioni l’alzabandiera solenne all’Altare della Patria e l’omaggio al Milite Ignoto da parte del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. All’arrivo in Piazza Venezia la premier Giorgia Meloni è stata accolta con un applauso dai cittadini. Presenti anche il ministro della Difesa, Guido Crosetto, il presidente della Camera, Lorenzo Fontana, e del Senato, Ignazio La Russa.

Ci sono i 300 sindaci provenienti da tutta Italia con la fascia tricolore danno il via alla manifestazione, con la presenza, tra gli altri, delle bandiere delle forze armate e della Guardia di finanza, dei Gonfaloni di Regioni, Province e Comuni italiani, dei labari delle Associazioni combattentistiche e d’Arma e le bandiere Onu, Nato, Ue e quelle degli organismi multinazionali in cui operano le forze armate.

Il messaggio del presidente Mattarella
«In occasione della Festa della Repubblica, vorrei rivolgere – attraverso Rai Italia – un saluto ai connazionali che lavorano, studiano e vivono all’estero; ai cittadini di altri Stati, che hanno origine italiana, e che amano le radici della, propria, storia familiare; a tutte le persone che, fuori dai nostri confini, amano, e apprezzano, il nostro Paese». Così il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in occasione della Festa della Repubblica. «Care italiane, cari italiani all’estero, la Repubblica, si sviluppa e progredisce, chiamando a raccolta le, proprie, energie di grande qualità. Per voi, dà testimonianza il vostro vissuto; la vostra intelligenza; la vostra esperienza; la vostra – capacità – di creare reti e canali di comunicazione; di essere ponti, e testimoni, dei valori della peculiarità italiana, a confronto costruttivo con le esperienze e le peculiarità di altri. La Repubblica siete anche voi!», ha aggiunto Mattarella.

«Lavorare all’estero non sia una scelta obbligata. Passare dalla fuga di cervelli alla circolazione di talenti», ha detto il capo dello Stato.

LA STAMPA

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Festa del 2 giugno al Quirinale, la «prima» di Meloni. Brindisi con il presidente, fila di invitati per farsi il selfie con lei

venerdì, Giugno 2nd, 2023

di Monica Guerzoni

Esordio anche per Elly Schlein che la cerca per salutarla

Guerzoni

Ci sono davvero tutti. C’è il prima e c’è il dopo, la destra al debutto e la sinistra che fu, c’è Mario Draghi che commenta la sconfitta della Roma e Giorgia Meloni che si gode la sua prima volta da premier nei giardini del Quirinale

Completo color crema con giacca di tulle ricamata e tacchi alti tempestati di Swarovski, la leader ride e scherza e spara battute in romanesco, è felice e lascia che si veda. Arriva dalla Moldavia, spunta al fianco di Sergio Mattarella e parte l’inno nazionale. Dopo tre anni senza festa del 2 Giugno causa Covid il momento è solenne e decine di smartphone si alzano per immortalarlo. E poiché il cerimoniale del Colle ha preferito evitare al presidente della Repubblica la tradizionale fila per la stretta di mano, è lei che si prende la scena. E la fila.

Per tutti ha un bacio, una carezza, un complimento e nessuna formalità. Parla in inglese, azzarda la lingua dei segni con un sordomuto («so dire solo questo»), abbraccia Bocelli («che splendore di uomo»), gioca con Bonelli («non ti fregare i sassi!»), assesta una pacca sulla spalla a Violante. Mario Monti le racconta di aver appena parlato con il ministro del Pnrr e Meloni, reduce dallo scontro con la Corte dei conti: «Con Fitto stiamo combattendo». Intorno è un assedio. Ambasciatori, generali, parlamentari semplici, vescovi e il parroco che implora un selfie. Lei gli strappa il telefono di mano e si mette in posa: «Posso? In campagna elettorale ho imparato a farli in fretta». Le elezioni sono andate alla grande ed è anche per questo, osserva il neo-direttore del GrRadio Rai Francesco Pionati, se sotto le palme «soffia una brezza bipartisan».

Avvistati tra i tanti Walter Veltroni con la moglie Flavia Prisco, Francesco Rutelli e Barbara Palombelli, Massimo D’Alema e Linda Giuva. Ma Elly Schlein è arrivata? C’è anche la segretaria del Pd, sì, ha scambiato due parole con lo spin doctor di Palazzo Chigi Mario Sechi e ora vorrebbe salutare Meloni, ma le due «esordienti» non si incrociano. La segretaria dem deve accontentarsi di Guido Crosetto che si china a baciarla sulle guancia e vuol presentarle la moglie. «È la terza volta oggi — scherza la leader del Pd — Il rischio è che cominciamo a piacerci troppo!». A una signora che le prende le mani e accenna alla batosta elettorale, Schlein risponde con dolcezza: «Sapevamo che la strada era in salita». Ma il codazzo in arrivo segnala che la premier è vicina e bisogna inseguirla. «Guardate come si stanno pericolosamente avvicinando i bravi giornalisti, gli origliatori seriali», finge di allontanare i cronisti la presidente e intanto geme perché i tacchi a spillo «si sono incastrati nell’erba».

Della nuova Rai nessuno manca e Chiocci parlotta con Vespa. I ministri sfilano uno via l’altro, Tajani, Roccella, Santanché, Giorgetti… Nordio le fa il baciamano e la premier scherza sulla moglie: «Lei mi vuol bene perché cinque giorni a settimana glielo porto via». E Salvini? C’è anche lui, mano nella mano con la fidanzata Francesca Verdini. Due passi più in là si fa notare un capannello di (ex) ministri, Guerini, Franceschini, Boccia e Di Maio. Marco Meloni, già braccio destro di Enrico Letta, fa la sintesi politica: «Meloni è felice? E lo credo, con l’elezione diretta il Quirinale sarà casa sua». Risate amare dei dem mentre la premier agguanta Landini: «Dammi un bacio che ci sono i fotografi». E poi: «L’ho fregato, porello».

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2 giugno, Mattarella depone una corona all’Altare della Patria: la diretta video

venerdì, Giugno 2nd, 2023

La parata per la Festa della Repubblica

CorriereTv

Il 2 giugno 1946 venticinque milioni di italiane (ed era la prima volta per le donne) e di italiani si recarono alle urne per votare l`Assemblea Costituente e per il referendum istituzionale che doveva decidere fra Repubblica e Monarchia. La Corte di Cassazione rese noti i risultati definitivi del referendum: Repubblica 12.717.923 voti (54,3%), Monarchia 10.719. 284 voti (45.7%). Nacque così la Repubblica Italiana.

CORRIERE.IT

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